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lunedì 15 febbraio 2016

Consigli di look invernale ? Chiedo il vostro aiuto!

Non sono mai stata una amante dello shopping di abiti e scarpe (con le borse od i cappelli, è un'altra storia), a meno che non si tratti di vestiti sportivi e colorati.
La linea non mi aiuta.
Non sono sovrappeso, ma non sono mai stata magra. Non è la mia costituzione, c'è poco da fare.
In più, non sono una che getta/da via i vestiti solo perchè "fuori moda" o non mi piacciano più: finchè mi vannno e non sono rovinati, tendo a teneremeli.

Trovo stressante girare per negozi in cerca di capi che mi stiano bene, odio la "prova camerino", con le luci al neon impietose che abbattono colori e colorito ed evidenziano i difetti, non sopporto le commesse con dieci anni meno di me (ma anche mie coetanee) che si permettono di darmi del tu senza avermi mai visto prima (a voi dà fastidio o sono l'unica?)

D'estate, è più facile trovare abiti, pantaloni e camiciette un pò sfiziose che mi piacciano, colorate e leggere.
D'inverno, invece, è tutta un'altra storia, a meno che non mi trovi in un raro momento di "febbre da shopping" (come in questo caso).
Poi, però, mi fa piacere indossare capi nuovi!

Così, ogni anno, in tempo di saldi, mi riprometto di rinnovare il guardaroba e, puntualmente, o non lo faccio (come quest'anno), oppure acquisto o chiedo di regalarmi, ma non ciò di cui avrei davvero bisogno.
E la mattina, davanti a specchio e guardaroba, entro in crisi.
Vi basti sapere che il mio "consulente di immagine" è il ricciolino biondo, che ha buon gusto, certo, ma anche quattro anni!

Così, sulla scia dei post di Veronica e del suo #misentofiganchesenonlosono e dei bellissimi disegni di Gab che illustra i suoi abiti con "un vestito al giorno" , ho provato a fotografarmi durante le mattinate settimanali e chiedere il vostro consiglio.
Le foto lasciano il tempo che trovano, sia per inquadratura che per luminosità, visto che ero sempre di fretta e ho usato l'autoscatto dove mi trovavo, vi prego di non farci caso.

Mi piacerebbe che voi, amiche/i blogger, mi deste un parere spassionato.
Sono presentabile?
Vi piacciono o no?
Cosa cambiereste?

 

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Come vedete, il nero ha un posto d'onore, forse fin troppo!

Particolare del look della foto precedente
Questo abbigliamento..

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..meglio con questa giacca lunga...

 o con questa corta in velluto ? (Entrambe sono nere)

(o meglio che cambi totalmente?)

Prometto di non offendermi! Però voi siate clementi e ricordatevi delle mie premesse, perchè vi assicuro che mettermi " a nudo" così, per me non è facile (ah, se sapessi disegnare come Gab)!!!

Per ora vi risparmio gli abbinamenti sportivi che uso il fine settimana, perchè in quelli mi sento bene ed a mio agio.


lunedì 19 ottobre 2015

Rimedi per riccioli ribelli

Il ricciolino biondo ama i suoi capelli e non è particolarmente propenso a tagliarli.

Tuttavia, periodicamente, crescendo, tendono a finirgli negli occhi.

Così, dopo aver visto a scuola delle bimbe con il cerchietto o delle fascette per capelli, me ne chiesta una verde, "come un pirata"!

Io ho pensato di approfittarne per riprendere in mano ferri e gomitoli e garantirgli le orecchie al caldo, in vista dei primi freddi.

Il risultato è tutt'altro che ottimo, si vede che sono arrugginita ed avrei dovuto lavorare le striscia di colore in un'altra direzione. Inoltre, i colori sono frutto della scelta del ricciolino combinata al riciclo dei gomitoli avanzati, tuttavia mio figlio ne è stato entusiasta e ora la sfoggia con orgoglio.

E a me questo basta!

 

 

venerdì 3 luglio 2015

"La moglie dell'aviatore"

Lo scorso venerdì, a causa di problemi, lavoro e imprevisti, ho mancato l'appuntamento con il Venerdì del Libro di Paola.

Ora voglio recuperare, anche perchè ho letto una biografia veramente appassionante, interessante e ben scritta, che consiglio a tutti:

"La moglie dell'aviatore" di Melanie Benjamin

Neri Pozza editore, pag. 413

 

Se non lo avete ancora letto, a mio parere dovreste farlo.

Non è un libro leggero da divorare sotto l'ombrellone interrotte dai figli, ma una biografia appassionante da gustare con calma, con un avvio un pò lento che però poi conquista.

Vi basti pensare che è piaciuto sia a me, che all'Alpmarito, che ancora lo sta leggendo, di solito con gusti diversissimi dai miei, nonchè a mia madre, a mia nonna ed alla mia collega di studio (tutte "divoratrici di libri").

E' la storia della famiglia Lindbergh, dell'aviatore che per primo, in solitaria e quando era ancora un ragazzo, sorvolò l'Oceano, viaggiando dall'America a Parigi e dando avvio all'era dell'aviazione commerciale, oltre che aiuto a quella militare.

E' uno spaccato di storia americana ed europea, di un'epoca che sembra lontanissima ed invece non lo è poi così tanto, dalla secondo guerra mondiale alla grande depressione.

E' una lettura di interesse sociologico,  che racconta in modo efficace il ruolo della donna nell'America e nell'Europa dei primi decenni del 1900.

Soprattutto, però, è la storia di un uomo coraggioso ed audace e di una donna ancora più forte, tenace, intelligente e moderna, Anne Morrow Lindbergh, figlia di un ambasciatore statunitense e banchiere, la prima a prendere il brevetto da pilota in America, la prima a diventare operatrice radio, l'equipaggio dell'eroe, il membro femminile della "coppia volante" che battè il record di velocità di traversata degli Stati Uniti.

Eroina vera e spesso dimenticata, moglie fedele, scrittrice e madre di sei figli, divisa tra l'adorazione per il marito e la passione per il volo e l'amore per i suoi figli, costretta ad affrontare la perdita cruenta del primogenito.

Una donna che la società ha prima spinto al ruolo della moglie fedele e priva di pensieri propri, e poi incitata a trovare la propria voce e "contenere" il marito, soprattutto nelle sue infelici scelte politiche.

Una che aveva già capito che la conciliazione tra il ruolo di donna, madre e moglie, è qualcosa di quasi impossibile e che ciò nonostante, oltre a contribuire alla grandezza del marito, fu una pioniera dell'aviazione americana, riuscendo infine ad uscire dall'ombra di un compagno comunque sempre amato, per essere almeno in parte se stessa.

E' la storia di un amore intenso ma travagliato, di due persone non comuni e della loro vita, raccontato benissimo dalla scrittrice, con dei passaggi in cui non ho potuto fare a meno di angosciarmi, altri in cui avrei voluto spronare Anne, altri ancora, infine, in cui mi sarei congratulata con lei.

Quando lo leggerete, fatemi sapere cosa ne pensate !!




 

giovedì 16 aprile 2015

Orgoglio di mamma. E di donna.

Sei anni fa, la mattina di un sabato di aprile, io e l'Alpmarito eravamo cosi'.


Uno dei giorni più felici della mia vita, grazie al nostro amore.


Chi l'avrebbe detto che, esattamente sei anni dopo, ci saremmo ritrovati a guardare, emozionati ed orgogliosi, una scena come questa:


Nostro figlio che pedala per la prima volta sicuro, senza rotelle.




E invece, a tre anni e cinque mesi, tu, mio piccolo grande amore, hai superato la paura e, forte dell'equilibrio appreso sugli sci e con la tua amata bici senza pedali, sei partito.

Come i grandi, senza rotelle.
Con il campanellino verde trovato nel l'uovo di Pasqua.
Con la tua bici arancione, il colore vivace che tanto ti piace e ti rispecchia.



Fiero, felice.
Cantando e ridendo mentre pedalavi, cercando di raggiungere la cuginetta grande.

Mentre in giardino, spuntavano i mughetti, gli stessi del mio bouquet da sposa.


Sei anni dopo, una giornata in cui non avevamo programmato nulla di speciale, e' diventata, all'improvviso, molto speciale, grazie al nostro bimbo ed  alla meraviglia della primavera.

E ora si che mi tocca correre per stargli dietro!!!



giovedì 2 aprile 2015

Un'apprendista libraia a New York

"Lo strano caso dell'apprendista libraria" di Deborah Meyler, ed. Garzanti, 2014, pag. 348



Ho scelto questo romanzo in biblioteca perché avevo bisogno di una lettura un po' più sentimentale, da alternare, di sera, al giallo che era già sul mio comodino, e perché il titolo era accattivante.



Esme Garland, ragazza inglese approdata a New York con una borsa di studio in storia dell'arte a Cambridge, e' innamorata di Mitchell Van Lauven, giovane rampollo di una famiglia benestante, professore di economia donnaiolo è piuttosto arido, ma anche affascinante, per la più giovane Esme, che rimane incinta.
La storia ruota tutta intorno alle decisioni di Esme ed alla Civetta, libreria dell'usato sulla Broadway, in cui Esme inizia a lavorare per arrotondare i proventi della borsa di studio.
Li' lavorano il proprietario, un eccentrico vegano iper salutista, George, Luke, un giovane ed ombroso musicista ed altri impiegati, che si alternano per tenere il negozio sempre aperto, pure di sera ed il fine settimana.
Soprattutto, però, alla Civetta e' pieno di clienti e simil aiutanti affezionati, soprattutto senzatetto di buon cuore che George cerca di aiutare in qualche modo.
Persone buone, generose e "vere", così le considera Esme, che alla fine capisce che è meglio stare con loro, che con i ricchi snob e falsi della città.

Un romanzo che si legge velocemente, che dopo le prime pagine comunque attira, scorrevole e con alcune riflessioni interessanti e personaggi non banali ma, purtroppo, anche con qualche stereotipo di troppo, un numero che a me e' parso eccessivo di "figure" quasi di sfondo, citate ma poi poco approfondite e marginali, che tolgono un po' di spazio, ed una storia che avrebbe potuto essere forse maggiormente originale.
L'ambientazione, ossia la piccola libreria dell'usato nella grande città, comunque, affascina.
I momenti più belli del libro sono certamente quelli di autocritica della protagonista e le riflessioni legate alla maternità.

Insomma, un romanzo carino ma che "lascia poco" a fine lettura.

Con questo post partecipo al Venerdì del Libro di Paola.


martedì 24 marzo 2015

Tamponando si impara..ovvero 10 cose che ho imparato sulle auto

Tutto nella vita può essere di insegnamento.
Anche se, a volte, proprio non lo vorremmo!
E allora ecco che cosa ho imparato io dal mio piccolo incidente.

1) Ammettere immediatamente di avere torto, quando si ha torto, semplifica i rapporti e calma gli animi. In più, può evitare pure contravvenzioni.

2) In termini di sconti o incentivi delle case automobilistiche, vale  più una macchina da rottamare, anche se incidentata, che una in buono stato, non vecchia e con meno di 100.000 km.
Cosa non si fa per incrementare il consumismo!! ( E io mi sento in colpa)

3) Non basta girare dieci concessionarie ed essere pronti a pagare subito l'intero prezzo, per avere un auto nuova in pochi giorni.
No, perché adesso le auto le costruiscono o assemblano solo quando hanno gli ordini, mica prima. Quindi bisogna mettere in conto da un minimo di 30 a un massimo di 50 giorni per avere la vettura scelta.
Se non si hanno auto sostitutive imprestate da familiari o amici a cui abbondano (???? Ma davveo qualcuno li ha? ) e non si è serviti da mezzi pubblici, non resta che cercare tra quelle in pronta consegna o già in arrivo, ed accontentarsi

4) Eh sì, accontentarsi, anche se a caro prezzo.
Perchè, non illudetevi, anche così ci vorrà almeno una settimana per i passaggi burocrati e le auto saranno immancabilmente o nere o bianche e piene di accessori  che non avevate chiesto e di cui non vi importa nulla,  ovviamente pure molto costosi.
O così o nulla, tocca trovare un compromesso con il portafoglio ed i desideri.

5 ) Le pubblicità mentono, spudoratamente, senza ritegno ne' pietà.
Dicono un prezzo e poi scopri che non corrisponde a nessuna auto reale.
Il 50 % in più è il minimo da aggiungere, più spesso e' il 70% perché, quando indaghi, scopri che praticamente è tutto di serie, anche ciò che non vuoi.
Pressochè inutile girare concessionarie per trovare il prezzo migliore: all'interno di ciascun segmento di auto e decisa la motorizzazione, le differenze sono minime, come gli allestimenti e, a mio modesto parere di persona non particolarmente interessata all'estetica del mezzo, pure esternamente simili.

6 ) I progettisti e produttori di auto evidentemente pensano che i guidatori siano deficienti patentati, letteralmente.
Altrimenti non si spiegherebbero: sensori di parcheggio, allarmi sonori per le porte aperte, i finestrini aperti, le luci accese, le cinture, l'abbassamento della temperatura esterna e la pressione degli pneumatici, la riserva ed i tagliandi da fare.
La mia auto nuova suggerisce persino quando è il caso di scalare le marce (e sbaglia, questo l'ho già appurato!!!)
Manca solo che mi avvisino quando ho la febbre  e mi ricordino di pagare bollo e assicurazione e recuperare il nano a scuola...

7) Ciascuno si sorprende, emoziona e delude per cose diverse: l'Alpmarito era interessato al motore, alla estetica, ai sensori di parcheggio in retro  (che poi, io non ho mai bocciato in retro!!), ai consumi, alle ruote ed al limitatore di velocità; io mi preoccupavo della visibilità offerta da lunotto posteriore e anteriore durante le manovre, della luce nel bagagliaio, dell'Isofix e degli airbag; entrambi ci siamo assicurati che si potesse disattivare l'Esp (pericolosissimo sulla neve).
Il nano era deluso del colore: lui avrebbe voluto un'auto arancione o al massimo viola, possibilmente arancione fuori e viola dentro, anche se era disposto a tollerare anche il rosso.
E poi voleva solo appurarsi che ci fosse posto per il suo seggiolino, giustamente.
I negozianti, invece, ci hanno annoiati per ore con storie sul telefono collegato senza fili, l'uscita usb nella radio, il computer di bordo, la radio con volanti ai comandi (e lettore cd nel cruscotto lato passeggero, comodo eh?!?!!) ed il vano portaoggetti refrigerato (serve per i preservativi secondo voi? Io non osato chiedere!)
Uno ha avuto il coraggio di dirmi che potevo scegliere se usare le app preferite mentre guido: ma secondo te, se mi distraggo senza nulla, e' il caso di giocare su facebook?!? Dovrebbe essere fuori legge!
Ma davvero che ci sceglie un auto per queste cose?!?

8) La possibilità di chiedere il rimborso del bollo auto in caso di rottamazione del veicolo o la compensazione con il nuovo, e' prevista per legge, riconosciuta in tutta Italia ed è indicata anche sul sito della Regione Autonoma Valle d'Aosta, eppure no, qui non si può fare, non si sa perché.. Parola di Aci e ufficio trasporti (nel dubbio, io la domanda la farò comunque, poi si vedrà!)
Sempre caro mi fu quest'ermo paese.

9) La legge di Murphy non risparmi le auto: il giorno del ritiro dell'auto nuova dalla concessionario, l'altro mezzo di casa e' finito dal meccanico per riparazioni al motore (NON causati da incidenti!)
Quando si dice aver fortuna!
Come dite? Mezzi pubblici? Qui non esistono proprio e mentre il mio ufficio e' raggiungibile a piedi, la scuola del nano no, salvo partire con 45 minuti di anticipo.
E ovviamente fa freddo e piove.

10) Avere un'auto nuova significa farsi mille paranoie in più e perdere tempo, tanto tempo.
A lavarla, a cercare il parcheggio giusto, a controllare che non vi urtino con una portiera, a trovare i pulsanti giusti per ogni cosa, a connettere il telefono (!!), a riempire l'abitacolo degli oggetti INDISPENSABILI (fazzoletti, torcia, assorbenti di riserva, salviettine, copertina, parasole, telecomando, cd, taccuino, modello cid intonso, penna, cartine stradali, calzascarpe, appendiabiti pieghevole, raschietto togli ghiaccio, panno, triangolo, ruota di scorta, cacciavite a stella - sì, l'Alpmarito pernsa che forare capiti spesso e si prepara di conseguenza - catene da neve - qui obbligatorie fino al 14 aprile - ecc.).

Queste cose le sapevate già? Sono scontate?
Si vede che non sono passati 9 anni da quando avete comprato la vostra ultima auto!

P.s. Ode alla mia amica Citroen dal cuore granata come il mio, che mi ha accompagnato per 160.000 km e 9 anni, classe 2003 e  200.000 Km segnati: mi mancherai, tanto e comunque.
Tu, compagna di avventure e viaggi, tu che hai portato a spasso la mia panza e visto nascere il nano. Tu, vittima innocente dei miei riflessi rallentati da stress e stanchezza.

venerdì 20 marzo 2015

"Un karma pesante"...come il mio di questi giorni!

Niente, ancora non riesco a scrivere di nuovo con regolarità.
Troppi impegni, troppe scadenze, troppi problemi.
Però l'appuntamento con il Venerdì del Libro non voglio saltarlo di nuovo.
E siccome son giorni impegnativi, vi parlo di un libro non proprio allegro e rilassante.

"Un karma pesante" di Daria Bignardi, ed Mondadori, 2010, pag. 190


Avevo comprato questo libro a luglio, quale supplemento di un settimanale femminile, mentre risalivo una vallata montana per trascorrere un fine settimana sereno.
Poi, però, presa dalle passeggiate e dalle esplorazioni del nano, non lo avevo letto.

Non sempre si è capaci di fare più mestieri o si hanno più talenti e, considerando che ritengo la Bignardi presentatrice de "Le invasioni barbariche" molto brava e la Bignardi che avevo conosciuto in un rifugio di montagna, dove lavoravo, ormai molte estati fa, mi era stata subito simpatica, temevo che come scrittrice si sarebbe rivelata una delusione.

Poi nei giorni scorsi ho letto le recensioni positive di due blogger, in occasione del Venerdì del Libro (scusate, non ricordo di chi si trattasse), anche se relative ad altri romanzi della Bignardi, e l'ho ripreso in mano.

Ecco, non è che il libro non mi sia piaciuto, però non mi ha neppure entusiasmato:
è scritto abbastanza bene, il personaggio principale, la regista Eugenia, e' complesso e sfaccettato, come piace a me, nonchè ben descritto, però la storia, che poi è il racconto di episodi della vita della protagonista, raccontati in prima persona, non mi ha convinto.
Mancano avvenimenti, un filo conduttore chiaro e c'è un non so che di abbozzato e incompleto, anche nel racconto del rapporto con il marito e con il fratello.
In compenso, ci sono rilfessioni profonde e dal sapore autobiografico, sentimenti che sembrano veri, perchècontrastati, contrastanti e non univoci, come accade nella realtà.
Non c'è molta allegria, questa no, però il finale è ricco di speranza e di consapevolezza.

Insomma, non da scartare ma neanche da non perdere.
In ogni caso, la lettura conferma la mia impressione che l'autrice sia  una persona completa e interessante.

"Nessuno sopporta il tuo dolore, la tua tristezza, nemmeno chi ti ama di più. Soprattutto chi ti ama di più. È più facile che a darti una mano sia il primo che passa, che quelli che ti vogliono bene."
(A volte è vero, l'ho provato sulla mia pelle. Altre, per fortuna, no.)

"Le bambine mi danno così tanta gioia che quasi non riesco a parlarne: è come se fosse troppa, per me, come se non me la meritassi del tutto.
Crescerle e' faticoso, molto più difficile che fare film, e sono meno brava, ma è la cosa più importante che faccio, quello che mi ancora a terra, il senso che cercavo, per banale e primordiale che sia.
Nono sarei stata capace di vivere, senza di loro. Sarei volata via, come un pallone troppo gonfio che spezza il filo: qualcuno mi avrebbe vista sparire in cielo e poi - puf - sarei esplosa, disintegrata nel niente.
Non che pensi di lasciare tracce sulla Terra - ricordo già poco io dei nonni, niente dei bisnonni-, in cent'anni, uno sputo di tempo, spariamo tutti. È il loro amore a tenermi qui: da sola, non so se sarei stata capace di volermi bene abbastanza per restare, per cercare di essere una persona degna, o almeno decente.
Vivere per cosa? Per il piacere? Che noia.
Il male sarebbe già un poco più interessante, un sentimento meno effimero, ma l'unico male accettabile e' quello che possiamo fare a noi stessi, e non è un progetto vincente.
La sola possibilità che abbiamo, quaggiù, e' vivere per gli altri."
(Io, per molti versi, condivido).

Voi avete letto altri libri suoi? Vi sono piaciuti? E questo?

venerdì 30 gennaio 2015

Arlington park e la gabbia della maternita'

" Arlington park" di Rachel Cusk, pag. 262, ed. 2007,Mondadori, Euro 17,50.




Ho cercato questo romanzo in biblioteca dopo aver visto un servizio in cui intervistavano alcuni scrittori contemporanei inglesi, tra cui l'autrice.
Sono rimasta molto colpita dalle sue parole, dall'ammissione che, dopo l'uscita dei suoi romanzi, abbia subito una sorta di isolamento e sia stata aspramente criticata da moltissime donne e madri.
Perché questo romanzo parla di donne che si sentono in trappola, depresse, "morte" dentro, soffocate dal marito, dai figli, dal quartiere borghese e tranquillo in ci vivono, dalle loro scelte di vita, talora inconsapevoli, talora lucidamente volute, eppure rivelatesi inadeguate.
Juliet, ad esempio, che pensa che tutti gli uomini uccidano le donne, piano piano, impercettibilmente ma inesorabilmente, rubando loro anima e sogni, soffocandole e soggiogandole, in un sottile gioco psicologico di denigrazione, in cui la maternità ha un ruolo fondamentale.
Lei, con una laurea e voti brillanti, lei che tutti pensavano sarebbe diventata "qualcuno", ora è  "solo" una madre ed una moglie, nonché una ordinaria insegnante.
E allora cerca disperatamente di allontanare le sue giovani allieve dagli uomini, proponendo loro la lettura di romanzi con figure femminili ribelli o, al contrario, fragili e spezzate proprio dalla scelta del matrimonio e della maternità.

Amanda e' fredda, forse incapace di provare amore. E la sua missione e' sopravvivere al figlio maschio, che in quante tale fatica ad amare, come Juliet, e crescere la figlia a sua immagine e somiglianza, per proteggerla dalla vita.

E poi c'è l'amica incinta del quarto figlio, che vede la luce dopo aver affittato una stanza libera della casa, scoprendo nelle inquiline che si susseguono una via di fuga e imparando a vedere sotto altra luce la sua esistenza, prima subita.

E Christine, che più che depressa pare sguazzare nel cinismo, nella cattiveria e nell'egoismo, ma ha almeno il pregio di non nascondersi dietro falsità e perbenismi e di chiamare le cose come stanno.

Cinque donne che hanno in comune il luogo di residenza e la condizione di moglie e madre, descritte, nei loro pensieri e nelle loro azioni, in un ordinario giorno feriale di ad Arlington Park, nella periferia benestante e collinare di Londra, quasi in un altro mondo.
Si incontrano, parlano e interagiscono con i propri figli, svelando la loro insoddisfazione e frustrazione e cercando, ciascuna a modo suo, la propria via di fuga, aspirando alla accettazione di se'.

Sentimenti che si possono comprendere, almeno in parte.
Perché dubito vi siano madri e mogli che non siano mai sentite, anche solo per un istante, quasi soffocate dai legami familiari.

"La famiglia era un luogo pericoloso in cui vivere: turbolento come il mare aperto sotto un cielo insidioso, con alleanze mutevoli, le raffiche di cattiveria e di bontà, le grandi onde battenti di malumore e mortalità, l'incessante alternarsi di calma e tempesta. Poteva arrivare un acquazzone o un raggio di luce rasserenante, ma alla fine non c'era più differenza! Il significato degli avvenimenti scompariva, se paragonato alla necessità di farcela, di sopravvivere." (Pag. 206).

Un romanzo forte, bellissimo, intenso, doloroso, triste, cinico, spietato e sincero, sulla condizione femminile e la maternità.
Da leggere con lo stato d'animo adatto, ma da leggere.
Non fosse altro che per rallegrarsi della propria felicità è ricordare che la vita va scelta giorno per giorno.
Ripensandoci, la mia malinconia post parto in confronto è stata una passeggiata!

La scrittrice e' nata nel 1967 e ha scritto cinque romanzi. Vive a Brighton con il marito fotografo e le figlie.

domenica 11 gennaio 2015

Anno nuovo, vestiti nuovi

Non sono un'amante dello shopping.
O meglio, lo sono se si tratta di comprare abiti o calzature sportive.
Il resto, che io chiamo "vestiti da lavoro", soprattutto se invernali, non mi entusiasmano, anche per la gran predominanza di nero e per la loro necessaria serieta'.
Però nella mia professione l'immagine conta molto (e non solo nella professione).
Così, anno dopo anno, approfitto dei saldi e dei regali di Natale per piccoli rinnovi di guardaroba.

In cambio, sia perché l'Alpmarito lo pretende, sia perché gli spazi non consentono di fare altrimenti, ho dovuto dare via qualche cosa: una camicia ormai distrutta dall'uso (che d'altro canto non aveva meno di quindici anni di onorato servizio), un piumino giallo che adoravo (sette anni di servizio, seppur stagionale), un paio di jeans irrimediabilmente bucati (quattro anni), due pile ormai incapaci di trattenere il calore (non scrivo gli anni di servizio perché sono talmente tanti che me ne vergogno!), un paio di scarpe sportive (dieci anni??? Però le usavo poco, va detto), un paio di stivali.

Ed ecco, tra regali (tanti) e acquisti (pochi), il mio bottino "invernale":


Da usare con in jeans o come sotto giacca con il tailleur



Con le calze nere e gli stivali, sopra una giacca nera o un copri spalla in lana.


 Piumino veramente caldo e leggero!





pantaloni da sci


Camicia azzurra


Sciarpina

Pantaloni da corsa invernali. Già provati, ottimi.

Adesso capite perché nonostante cerchi di buttare via gli armadi sono sempre pieni!
Cosa ne pensate dei miei nuovi "tesori"?




venerdì 10 ottobre 2014

"La compagna di scuola"

" La compagna di scuola" di Madeleine Wickham, alias Sophie Kinsella, pag. 285, Modadori
Questo venerdì del libro una recensione veloce e all'ultimo, ma non volevo mancare!
Un romanzo rosa per passare piacevoli ore di sfago, con tutti gli ingredienti per un bel libro leggero: amore, amicizia, personaggi femminili dai tratti molto enfatizzati ma non del tutto inverosimili, tradimenti, sensi di colpa, maternità, lavoro, problemi familiari (tra parenti assenti e suocere fin troppo presenti) protagoniste simpatiche e, soprattutto, un lieto fine assicurato, anche se dal sapore dolce e amaro.
C'è persino, descritto in modo egregio, il senso di solitudine e di malinconia del post partum, quel sentirsi insieme tremendamente felici e tremendamente escluse dal mondo sociale e lavorativo abituale, così, all'improvviso, con la difficoltà di chiedere aiuto e ammettere le proprie debolezze.
E poi i dialoghi, sempre fulminanti e veloci, come i film americani ma con humor un po' inglese.
Ciò che mi piace di più dei romanzi di questa autrice.
In sintesi, non un capolavoro ma un romanzo rosa molto piacevole.

venerdì 5 settembre 2014

Le mamme nel deserto: un libro e tante emozioni!

"Mamme nel deserto. Ma come ci siamo finite in Kwait?" di Drusilla Galelli e Mimma Zizzo, pag. 156, Carsa Edizioni, Collana Expat, storie di italiani nel mondo.
Era da tre settimane che volevo scrivere di questo libro, ci pensavo anche mentre lo divoravo, in tre serate, dopo averlo accolto, con gioia e gratitudine, in casa mia.
Però avevo bisogno di lasciar sedimentare le impressioni, districare i pensieri, trovare il tempo e le parole.
Perché e' bello e me lo sono goduta dalla prima all'ultima pagina.
Ha solo due difetti, a mio parere:
1. forse presuppone un po' troppo che il lettore abbia seguito le due autrici tramite il loro blog (come ho fatto io!), che tra l'altro meritava e merita, molto;
2. e' troppo corto!!!
Eh si', perché crea dipendenza e stimola la curiosità, al punto che alla fine io ho dovuto rileggermi e leggermi un sacco di post, per rispondere a molte delle domande che si erano formate nella mia testa, e comunque avrei voluto e vorrei saperne di più e ancora.
Su cosa?
Sulla loro vita quotidiana in Kwait, sulla loro organizzazione domestica, sulla loro famiglia, sulle loro amiche e sulle tante donne che hanno incrociato e con le quali hanno intessuto relazioni più o meno strette, donne di cui si intravede l'intelligenza, che stimolano la voglia di conoscere e sapere.
E poi, naturalmente, vorrei sapere di più sul Kwait, sulle usanze, le credenze e i modi di vivere di Expat e locali.
Perché devo ammetterlo: questo libro e il blog delle autrici mi hanno consentito di prendere coscienza della mia ignoranza di molte realtà, nel senso letterale del termine, pur confermando, al contempo, alcune idee che mi ero già fatta.
E io adoro saperne di più, soprattutto se da una fonte attendibile e vicina come l'accopiata Mimma e Drusilla!
Il libro, però, non è solo questo.
E' un diario a due voci, un racconto intimo e senza filtri, dei pensieri, dei sogni e delle delusioni delle mamme nel deserto. E' la storia di una amicizia e di due mamme.
Non nascondo che inizialmente sono rimasta un po' perplessa per il tono enfatici ed entusiasta con cui vengono sempre descritti l'esperienza di expat e la vita in Kwait. Poi, leggendo e riflettendo, ho capito il senso del modo di affrontare il Kwait e l'esperienza di vita all'estero delle autrici, ho capito che le difficoltà ci sono state e ci sono, la nostalgia e qualche rimpianto,forse, anche.
Eppure, di pessimismo e note negative e' pieno il mondo, di ironia ed autoronia, positività, coraggio, ottimismo e voglia di vivere e sorridere, invece, non c'è n'è mai abbastanza.
D'altro canto, le citazioni iniziali scelte da Mimma e Drusilla, dicono tutto.
E poi, tutti noi preferiamo ricordare e trasmettere il meglio di noi!
Certo, ciò non toglie che io non condivida del tutto le opinioni delle autrici e la loro scelta di vita, perché ho l'impressione che in questo momento storico ci voglia la stessa dose di coraggio a restare in Italia o partire.
Inoltre, anche se mi spiace ammetterlo, per una donna perdere la propria indipendenza economica e rinunciare ad un mestiere che piace e paga e' veramente una decisione che si potrebbe pagare cara.In questo, però, forse sconto l'influenza della mia professione e delle vicende che hanno toccato la mia famiglia anche recentemente.
In utilmo, la condizione di molte persone, in primis le donne, in paesi come il Kwait, per quello che ho letto e ascoltato da varie fonti, non e' certo invidiabile e non so se sarei disposta a vivere e lavorare in un posto così, contribuendo ad alimentare un sistema che non condivido.
Si tratta, comunque, di considerazioni personali che nulla tolgono al libro.
Dopo aver letto e apprezzato questo diario, mi ha fatto veramente commuovere la notizia che Drusilla non farà ritorno in Kwait e come non mai, ho sentito il desiderio di incontrare lei e Mimma, di farmi travolgere dai loro racconti, dal loro entusiasmo e dalla loro creatività.
Sarebbe bello avere due amiche così!
Intanto, attendo che esca un altro libro della collana e, soprattutto, che Mimma e Drusilla si rimettano a scrivere (avete capito?!!!?E' un vero e proprio appello)!
In sintesi: ovviamente consigliato, soprattutto a tutti quelli che apprezzano il blog delle mamme nel deserto e/o le storie anticonvenzionali e sono curiosi di natura.
Con questo post, in extremis, partecipo al Venerdì del Libro di Paola.
P.s. Il libro lo trovate in vendita qui e su amazon.
Informazioni sulla collana Expat e sulla storia di Mimma e Drusilla, oltre che sul loro blog, anche qui.



venerdì 29 agosto 2014

Non dirmi che hai paura

"Non dirmi che hai paura" di Giuseppe Catozzella, pag. 236, I Narratori di Feltrinelli ed., Euro 15,00
Il romanzo racconta la storia di Samia Yussuf Omar, atleta somala, nata e vissuta a Mogadiscio, qualificatasi, a soli 17 anni, per le Olimpiadi di Pechino, senza un allenatore professionista, senza tabelle di allenamento, senza un'alimentazione adeguata o anche solo sufficiente, persino senza un campo di allenamento, mossa solo dalla passione per la corsa e dal desiderio di riscatto, per se' e per tutte le donne somale.
Destinata a partecipare a quelle di Londra del 2008, Samia, dopo essere stata costretta a dire addio al suo più grande amico, "vittima" di una guerra tra etnie tanto insensata quanto crudele, dopo essere stata costretta a lasciare la sua famiglia, a conoscere un lutto devastante, dopo aver cercato di allenarsi in burqua, sfidando di notte, per le strade di una città devastata, le bande armate e il coprifuoco, dopo aver tentato ogni strada, dopo tanta lotta e fatica, morirà nel Mar Mediterraneo, a pochi giorni da quella gara olimpionica in cui sognava di partecipare.
A cui lei, più di ogni altro, avrebbe avuto diritto di partecipare.
Un viaggio nella guerra, nel dolore, nella fatica, nella vita e nelle speranze di tanti profughi che continuano a sbarcare nelle nostre coste.
Soprattutto, però, un viaggio nel coraggio, nella passione, nella forza della vita e dello sport.
E' una storia di sacrifici ma anche di amicizia, quella vera, che supera pregiudizi e fazioni.
E' l'esempio di come alcuni di noi abbiamo un talento speciale, che può portarti lontano, se non fisicamente almeno con il pensiero.
E' la storia di come un atleta, prima Mo Farah per Samia e poi Samia stessa per molte donne, possa diventare un simbolo e alimentare sogni e speranze.
Non è un libro facile da descrivere e forse neppure da digerire.
E' un libro facile da leggere però, che prende e entra dentro, con la sua protagonista eccezionale, la sua famiglia, unita e saggia, il suo amico Ali', le numerose e mai inutili comparse, che lasciano il segno.
Come il padre di Samia:
"Poi si è sistemato sulla sedia come a guardarsi meglio, a osservarmi per la prima volta con altri occhi.'Sei una piccola guerriera che corre per la libertà', ha detto. 'Si', sei proprio una piccola guerriera.' Mentre parlava aveva preso ad aggiustarmi la fascia elastica sulla fronte. le nostre dita si sono toccate. 'Se davvero ci credi, allora un giorno guiderai la liberazione delle donne somale dalla schiavitù in cui gli uomini le hanno poste. Sarai la loro guida, piccola guerriera mia.'"
"Quel giorno, allo sparo dello starter, mi sono dimenticata di tutto. Non era mai successo, ma da allora non ha più smesso di succedere, ogni volta che ho vinto. La mia mente e' riuscita a creare il vuoto e fissarsi soltanto sulle cose positive.

Il giorno del mio decimo compleanno ho sentito che la corsa mi liberava dai pensieri. Aosi, metro dopo metro, chilometro dopo chilometro, la bambina magro linea era riuscita a superare la prima parte del gruppo, e a mettersi dietro ai quattro più veloci.
Nella testa avevo le parole di aabe, e il gesto con cui mi aveva calato la fascia di spugna sulla fronte. 'Un giorno guiderai la liberazione delle donne somale dalla schiavitù in cui gli uomini le hanno poste. Sarai la loro guida, piccola guerriera mia.'.
Ogni volta che ho corso, da quel giorno in poi, ho ingoiato metro su metro masticando queste parole salvifiche di mio padre, le parole di Yusuf Omar Nuru, figlio di Omar Nuru Mohamed.
La liberazione del mio popolo e delle donne dell'Islam.
Quel giorno ho vinto." (Pag. 48-49).

Come il suo amico Ali'.
"Facevamo sempre gli stessi discorsi, raccontarci il nostri futuro ci tranquillizzava, ci faceva stare bene. E non solo perché da fuori ogni tanto sentivamo arrivare gli spari dei mortai. No, era proprio il racconto in se'.
Ali' ma a raccontare, e io amavo ascoltarlo. Amavamo il modo in cui la storia si era evoluta da quando era uscita la prima volta dalla sua bocca, il modo in cui si era aggiustata sulle cose che piacevano di più a me o a lui. Era tranquillizzante sapere come sarebbe andata a finire, era un bel modo di passare le serate. non come la voce dolcissima di Hodan, ma quasi, In quelle settimane, in quei mesi, io è Ali abbiamo messo in comune tutto quello che avevamo, senza paure e avidità: ci siamo scambiati i sogni." (Pag. 68)
"Volevo diventare la velocista più forte di tutta la Somalia, cosa che significava andare a correre al Nord, a Hargeysa, in Somaliland. ma non era facile, perché avevo bisogno di qualcuno che mi accompagnasse, io i soldi non c'è li avevo, così come non li aveva Ali.E poi il Nord si era dichiarato indipendente, dicevano che detestavano la guerra, e quindi chi voleva andare al nord, anche soltanto per una gara, non era ben visto dai gruppo armati.

In più, proprio nelle settimane in cui Nassir aveva deciso di seguire Ahmed, tutto stava cambiando a Mogadiscio.
Al- Shabaab aveva preso molto potere, e si cominciava a parlare dell'apertura delle Corti islamiche. ...La vita in città, nel giro di poche settimane, era diventata impossibile. Soprattutto per le donne, ma non soltanto per loro.
Poi, in un solo giorno e' accaduto quello che mai dovrebbe succedere da nessuna parte.
un giorno, un giorno come qualunque altro, senza niente all'orizzonte, ne' cataclismi ne' rivoluzioni.
In un giorno tutto e' cambiato.
da un giorno all'altro e' stato vietato ascoltare la musica.
Non si poteva più, ne' nelle strade ne' nelle case....
....Da un giorno all'altro sono stati chiusi tutti i cinema....
...Da un giorno all'altro gli uomini sono stato obbligati a indossare i pantaloni lunghi, non potevano più farsi vedere per strada con quelli corti.E dovevano anche rasarsi i capelli a zero, oppure portarli lunghi, in stile afro, con le barbe lunghe. le mezze misure non erano più contemplate.
Le donne poi.Alle donne non era più consentito fare niente, rischiavano anche a camminare per strada.Provarci senza burqua era un azzardo che poteva costare la vita.
Da un giorno all'altro le tradizioni del nostro paese sono cambiate.La terra del sole e dei colori si è trasformata in un campo di addestramento a cielo aperto per estremisti.
Tutti i nostri garbasar, i jamar, gli hijab colorati non andavano più bene. Si potevano usare per lavare il pavimento. Avevamo l'obbligo di indossare il burqua nero, quello che lascia scoperti soltanto gli occhi.
Ma la cosa peggiore, perché sembrava una punizione, era stata la decisione di tenere spenti i pochi lampioni che di sera illuminavano alcune piazze del centro e qualche viuzza.
La sera, infatti, molti si radunavano nelle piazze, sotto i lampioni, a leggere.Pochissimi avevano l'elettricità in casa.
....Quei luoghi erano la nostra biblioteca a cielo aperto. Ora, come anche la biblioteca vera, tutto era precluso cancellato, vietato.
Al-Shabaab era riuscito a radere al suolo la speranza di un popolo intero. Tutto ciò che fino a quel giorno era stato difficile da realizzare ma possibile, era diventato impossibile.
Il sogno, la speranza e la libertà erano stati cancellati con un'unica mossa.
Da un giorno all'altro.
..E niente più correre." (Pag. 81-82).
E io mi domando una volta di più, il senso di questa nostra Europa che ci lascia soli di fronte al dramma dell'immigrazione, colpevoli solo di avere un Paese con chilometri di coste, e il senso di operazioni costosissime, come Mare Nostrum, che forse servono solo ad alimentare un sistema di traffici illegali, lasciando morire i più e non offrendo abbastanza a chi si salva.
Mi chiedo a chi convenga tutto questo.
"Ero talmente triste che non avevo paura di niente. La paura e' un lusso della felicità." (Pag. 160).

Con questo post partecipo al Venerdì del Libro di Home Made Mamma e ringrazio i suoi partecipanti, perché senza i loro suggerimenti non avrei scoperto questo bellissimo libro!


domenica 8 giugno 2014

"Ultimamente" io

Da qualche tempo Verdeacqua  pubblica mensilmente i suoi "ultimamente", inviatando tutti noi a scrivere i nostri.
Questa volta raccolgo l'invito.

Ultimamente sogno troppo e concludo troppo poco.
Ultimamente sogno troppo e concludo troppo poco (la ripetizione non è casuale).

Ultimamente penso sempre a vacanze che non posso permettermi, e non solo per denaro.
Ultimamente ho un desiderio che non riesco ancora ad esprimere in questo spazio e che ancora non si avvera.
Ultimamente questo mi spaventa tanto e nello stesso tempo mi solleva.
Ultimamente sono stanca e questo strascico di inverno che non passa mai non aiuta, per niente.
Ultimamente cerco di pensare positivo ma fatico tanto, troppo.
Ultimamente sono sconfortata dai risultati elettorali.

Ultimamente compio gli anni (oggi) e non è che mi faccia cosi' piacere.

Ultimamente la mia amica continua a stare male e io non riesco ad arrivare a lei.
Ultimamente la mia famiglia d'origine non è più un porto sicuro e mi sento in un mare in tempesta.

Ultimamente ho tagliato i capelli e virato sul ramato, anche se non si vede.
Ultimamente corro e ci sto pure prendendo gusto.
Io. Incredibile.
Ultimamente guardo una piantina che spunta e cresce, protendendosi ogni giorno di più verso il sole e poi guardo lui, il mio amore piccolo che ha piantato i semini alla scuola materna poco più di una settimana fa e mi stupisco di quanto cresca in fretta, anche lui, proteso verso il sole ed il domani.


Ultimamente mi commuovo facilmente.
Soprattutto a vedere gli occhi di un amico innamorato.
Con quella luce che non si può descrivere.
Soprattutto a vedere gli occhi di un folletto felice che pedala forsennato in sella alla sua bici arancione.
Con quella luce che non si può descrivere.
Ultimamente nella mia pelle ci sto meglio, negli orari e nelle scadenze imposte dal lavoro e dagli altri, sempre meno.
Ultimamente a volte indosso scarpe con i tracchi.

 Ultimamente, forse, sta nascendo una nuova amicizia.
Ultimamente sono sempre io, confusa e a volte felice, altre no.
Ultimamente voglio chiudere in positivo, anche i post.

Perché oggi sono 32.