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mercoledì 20 luglio 2016

ORGOGLIO (e tanti ricordi)

Ieri è stata una giornata importante per la mia famiglia.
Una giornata che ci ha regalato gioia e orgoglio.

Ieri il mio fratellino si è laureato.

Ed è stato, semplicemente, orgoglio e felicità per la sua emozione, la sua gioia, il suo sollievo.



Nell'elegante scenario del Castello del Valentino di Torino, in un'aula moderna in cui si è respirata prima tensione e poi euforia, io, i miei genitori, mia nonna, mio fratello, le mie nipotine e, naturalmente, il ricciolino biondo, abbiamo ascoltato la discussione della sua tesi e, soprattutto, sorriso felici alla proclamazione!


E dopo, mentre scattavamo foto e festeggiava con noi ed i suoi amici, ho fatto un tuffo nei ricordi, ripensando ad un giorno di 10 anni fa, autunnale anzichè estivo, in un'altra aula, in un'altra facoltà, con la stessa tensione ed emozione, quando ad esporre ero io.
E poi ancora indietro, a 12 anni fa quando, due anni esatti dalla successiva (nella stessa data in cui, guarda caso, ho superato anche l'esame di Stato e che mi avevamo indicato come DPP), ho conseguito la laurea di primo livello e ancora prima, quando a discutere la sua tesi è stato mio fratello maggiore.
Ho pensato a mia nonna, che penso mai avrebbe immaginato di vedere laurearsi sua figlia e tutti e tre i suoi nipoti.
Ho pensato ai sacrifici economici suoi e dei miei genitori, ho pensato alla fatica di noi studenti, tra libri, esami, burocrazia e viaggi infiniti dalla provincia "alla città".
Ho pensato che questo "pezzo di carta" che chiamano diploma di laurea, anche quando non serve a trovare il lavoro dei sogni, o non serve a trovare UN lavoro qualunque, è comunque una conquista che ti resta dentro.
Una soddisfazione grande, che ti porti dietro.
E tutto il cammino che ti ha condotto ad ottenerlo, merita rispetto e aiuta a crescere.

Quindi, fratello, che ancora non sai cosa vorresti fare "da grande" e se e quando questo diploma ti sarà "utile" economicamente e lavorativamente parlando, sappi che ieri è stato uno di quei giorni che ricorderai per sempre e noi con te.


E già che c'ero, io ieri ho sognato, in grande.



giovedì 10 marzo 2016

Essere un secondogenito o una secondogenita.Il brutto di essere il secondo figlio.


Ogni volta che leggo e sento discorsi relativi ad avere più figli, mi pare che tutti i genitori si preoccupino della reazione del primogenito e giustifichino le proprie scelte con riferimento anche/solo al benessere del primogenito.
Una delle domande classiche che sento rivolgere alle neo bismamme è: "Come ha preso la nascita il primogenito? E' geloso?"
Mamme che temono di non poter amare il loro secondo figlio quanto il primo (salvo poi amarlo altrettanto quando nasce, ovviamente), mamme che temono di trascurare il primogenito, che si preoccupano di far arrivare un regalino al primo in occasione della nascita del secondo o che invitano parenti e amici in visita a prestare attenzione (e portare un dono) anche al primo figlio.

Niente di male, si intende. Anzi, mi paiono precauzioni, preoccupazioni e curiosità fondate.
Però...
C'è un però.
E' raro che qualcuno si preoccupi di come si troverà, questo secondogenito, arrivando in una famiglia già formata, di come si sentirà rispetto al primogenito, di cosa penserà, nella vita, del suo essere arrivato secondo.

Io sono la seconda di tre figli, l'unica femmina, ed ho sempre pensato che l'ordine di nascita abbia in qualche modo influito sul mio carattere e la mia personalità.
Perchè così come non è facile passare da figlio unico a primogenito, non è però neppure facile essere sempre e comunque il secondo.

Essere secondi vuol dire non poter godere mai dell'attenzione esclusiva di genitori e nonni (nonchè di altri parenti e amici di famiglia).
E non parlo di momenti dedicati in modo esclusivo ad un figlio piuttosto che all'altro, perchè questo è possibile volendo, e molti genitori lo fanno.
Parlo della consapevolezza di essere il primo ed unico pensiero della propria mamma al risveglio, che i tuoi genitori pensano a te prima di ogni altra cosa, si preoccupano solo di te e della tua felicità e salute prima di ogni altra preoccupazione.
E vi assicuro che si percepisce, 
Essere secondo vuol dire doversi adattare non solo a due genitori, ma a due genitori + 1, un bambino, uno che è pari a te (ossia non adulto e figlio quanto te).
Sin dal primo respiro.

Essere secondo vuol dire che, per quanto i tuoi genitori/nonni ti amino quanto il primo figlio, le loro emozioni nei confronti di ciò che dirai e farai, saranno comunque sempre diverse rispetto a quelle che hanno provato di fronte alle prime volte del loro primogenito.
Perchè lo stupore, la meraviglia, la magia delle prime volte del tuo primo figlio, non credo si possano ricreare assolutamente identiche e con la stessa intensità anche in merito al secondo/terzo ecc.
E, lasciatemelo dire da figlia (non da bismamma, perchè non lo sono), è una sensazione che si percepisce.

Essere secondi significa dover sgomitare per crearsi un posto in famiglia, per imporre i propri bisogni e i propri desideri, sempre.
Dal giocattolo al cibo in tavola.
Perchè è vero che i secondogeniti spesso possono contare su un fratello/sorella più grande con cui giocare, che adorano ed imitano, e sui suoi giochi ed amici, però è anche vero che spesso abitudini, ritmi e gusti imposti dal primogenito si sono ormai radicati e non vengono modificati se non con fatica.

Essere secondogeniti significa adattarsi a abiti, giochi, mobili per l'infanzia di seconda mano, non dico sempre, ma di sicuro qualche volta.
Non comprati apposta per te, ma per il primogenito e poi "passati" a te, anche se ancora troppo grandi, se vecchi o del colore che non ti piace.

Essere secondogeniti significa subire il confronto con il primogenito e con le aspettative create dal carattere, dalle reazioni e capacità del primogenito, a casa come a scuola (se è la stessa).

Essere secondogeniti significa dover sempre cercare di attirare le attenzioni e meritare l'approvazione dei propri genitori in campi diversi da quelli in cui eccelle il primogenito, perchè altrimenti hai perso in partenza o ti imbarchi in una guerra senza fine con tuo fratello/sorella.
Oppure significa adattarsi a non primeggiare mai.

Essere secondogeniti significa non avere mai la prima/ultima parola in ogni discussione.
Oppure adattarsi a ingoiare parole e opinioni e stare in silenzio.

Significa sentirsi zittire perchè "sei troppo piccolo" o sentirsi rispondere "sei troppo piccolo per capire", non solo da genitori, nonni, parenti ecc., come qualche volta accade a tutti, ma anche da un primogenito che si atteggia a sapientone e che, in effetti, percepisci più forte e competente, perchè più grande.

Essere secondogeniti significa ricevere un giudizio non solo dei genitori, ma anche del primogenito e quest'ultimo, a volte, per te significa ancora di più.

Essere secondogeniti significa sentirsi presentare come: "la mia sorellina/il mio fratellino" agli 
amici del primogenito, quando quel "-ino" ti sta davvero stretto, non fosse altro che per il desiderio di tutti i bimbi di sentirsi grandi.

Essere secondogeniti significa avere qualcuno che sminuisce le tue conquiste, magari inconsapevolmente, spesso senza mala fede, ai tuoi occhi prima ancora che agli occhi di genitori ed estranei.
Perchè, ad esempio, se hai appena imparato a leggere e vuoi mostrare quanto sia straordinario e cerchi di spiegarlo, è difficile che tuo fratello/sorella grande a un certo punto, pur lodandoti, non ti dicano anche che loro, comunque, lo sanno già, ci sono arrivati prima di te (e non importa se è un prima dettato solo dalla legge del tempo).

Essere secondogeniti significa aspirare sempre alla compagnia ed ai giochi del primogenito, che però spesso e volentieri ti rifiuta o tende ad emarginare.
E comunque, per i suoi amici, resterai sempre "il fratello/la sorella di".

Essere secondogeniti significa dormire sempre più in basso nel letto a castello, non ricevere certi regali "perchè tanto ha già quello del fratello/sorella", significa occupare una stanza che non è mai stata tua, ma solo "sua" e poi "vostra"/"nostra" e magari pure occupare i cassetti/ante dell'armadio liberati dalle sue cose per le tue.

Essere secondogeniti significa, a volte, avere meno possibilità di scelta, perchè se tuo fratello/sorella già fa basket/danza il martedì e giovedì in un posto, difficilmente tua madre e tuo padre ti iscriveranno al corso di musica/pattinaggio o quel che si vuole che si svolge in altro luogo le stesse sere/pomeriggi, per ovvi motivi.
E qausi sicuramente tenteranno anche il colpo di farti appassionare allo stesso sport o alla stessa attività extrascolastica, così da facilitare l'organizzazione familiare e ottimizzare costi e attrezzature.

Essere secondogeniti significa subire il condizionamento che le esperienze con il primogenito hanno impresso ai tuoi genitori.

Essere secondogeniti significa, a volte, sentirsi l'ultima ruota del carro.
Soprattutto se un genitore, sottovalutando il dolore che sta infliggendo, te lo dice pure.

Ecco perchè, non dovrebbe stupire così tanto che, a volte, siano più gelosi i secondogeniti dei primogeniti.

P.s. Doverosa precisazione: con questo post non voglio sostenere che i secondogeniti crescano necessariamente male o si sentano sempre trascurati, ma solo far notare i lati negativi del nascere per
secondo (ma anche per terzo, quarto, quinto ecc.)
Perchè, secondo me, troppo spesso non ci si pensa neppure.
Ovviamente ci sono anche alcuni lati positivi, sempre secondo la mia esperienza. Li trovate qqui

domenica 3 gennaio 2016

Capodanno semplice

Ormai da anni, il nostro tradizionale capodanno in due e' una cena con un gruppo di amici, a casa di una coppia di essi, in mezzo alla neve.

In origine, andavamo in quota, il piatto forte era la burguignonne, accompagnata da una adeguata quantità di vino, con i botti della mezzanotte, su cui non ci risparmiavamo.

Poi arrivarono i primi bimbi e i cani, la bourguignonne fu sostituita da piatti preparati da ciascuna coppia è portato in loco, per evitare incidenti ai piccoli, la quantità di botti diminuì e pure l'alcol, almeno per le mamme (a cui poi toccava guidare per tornare a casa).

Qualche volta, visto l'alto tasso di neonati, alla mezzanotte arrivammo a stento, mezzi addormentati sul divano.

Da allora, il numero di bimbi e' sempre aumentato, il piacere di stare insieme e' rimasto invariato.

Quest'anno, però, noi abbiamo dovuto abbandonare, perché la mia tosse/raffreddore non accenna a passare, nonostante antibiotici, aerosol, cortisonici, mucolitici e sedativi presi in quantità da ormai tre settimane. E siccome nel gruppo e' arrivata da poco più di venti giorni una nuova piccolina, proprio non potevo correre il rischio di attaccarle non meglio identificati virus e batteri.

Così abbiamo improvvisato una pizza con altri amici e la loro bambina, a casa.

Ed è stato un benvenuto al 2016 semplice, sereno, allegro e gioioso.

Il ricciolino biondo entusiasta, tra balli sfrenati, travestimenti e giochi, l'atmosfera giusta.

 

E io non avrei voluto essere da nessuna altra parte.

Solo, tutti noi avremmo preferito un countdown sulle reti Rai e Mediaset, che abbiamo acceso dieci minuti prima della mezzanotte, decente, al posto dei soliti ormai vecchi cantanti italiani e delle loro canzoni, peraltro spesso in dialetto, anziché nella lingua nazionale....decisamente un'immagine dell'Italia di cui non vado fiera e in cui nessuno di noi si è riconosciuto: che tristezza!

Le recite improvvisate dei nostri bimbi, per fortuna, ci hanno salvato!

BUON 2016!

 

P.s. E voi avete visto la TV? Cosa avete pensato di quei programmi?

 

mercoledì 30 dicembre 2015

Il Natale che è stato

Le feste sono ancora in corso ma il tanto atteso Natale e' già trascorso.
Come ogni anno, mi sorprendo per quanto sembri lunga ed intensa l'attesa, numerosi i preparativi, enormi le aspettative e poi, invece, il Natale trascorra così in fretta.
Per me Natale è sempre la Vigilia, con il suo cenone a casa dei miei, che lo scorso anno mi è mancato molto e quest'anno, invece, mi sono goduta, anche se non c'eravamo tutti.
Questa, però, è una realtà a cui mi sto lentamente abituando e, d'altro canto, tutti noi ci destreggiamo tra desideri e doveri e bisogna fare delle scelte, alla fine.
La tavola sfarzosa della Vigilia, il menù ricco e buono, che non sono mai riuscita ad onorare per intero, perché dopo svariati antipasti ed il primo, al massimo assaggio il contorno, non c'è più spazio per la carne.
Prima della cena, c'è stata una mattinata a preparare ancora biscottini natalizi, tante telefonate di auguri fatte ad amici e parenti e una visita ad un amichetti del ricciolino, per giocare un po'.
Dopo, c'è stato il gioco da tavolo, con la tombola sostituita dal memore delle tartarughe ninja, i balli e l'arrivo di Babbo Natale.
L'emozione, la felicità ed il sorriso del piccoletto di casa e' qualcosa che non so descrivere ma che tutti i genitori conoscono bene. Io, questa volta, ho vissuto il momento e trascurato la macchina fotografica.
Casa nostra e' stata invasa dai supereroi, dalle loro armi speciali, dalla loro versione Lego, ma anche da libri ..tutti prontamente e ripetutamente fotografati dal ricciolino biondo, ormai fotografo professionista!
Il giorno di Natale e Santo Stefano sono stati un tripudio di spacchettamenti, spostamenti da una casa all'altra, brindisi, chiacchiere, giochi (Risiko, il mitico Risiko a cui non ho mai vinto in ventitreenni di tentativi).
E mentre fuori non si scorgeva traccia di neve,
Foto del ricciolino biondo
..noi mangiavamo, mangiavamo, mangiavamo.
Sempre, rigorosamente, in numerosa e affettuosa compagnia.
Quella pubblicità che dice che il cibo, per gli italiani, non è soltanto cibo, l'avete presente?
Ecco, appunto.
Non pago di cotanta beltà, il ricciolino biondo ha continuato a fare colazione e merenda a suon di fette di pandoro.
E, se ve lo state chiedendo, no, non abbiamo ancora chiuso i festeggiamenti, perché dopo il parentado, ci sono gli amici, da invitare a cena, per il the', da cui andare a mangiare una pizza o un dolcetto... sempre che il mio stomaco sopravviva, ovviamente!
Voi, come avete trascorso il Natale? Anche voi mangiate così tanto?!?

mercoledì 9 dicembre 2015

E tutto riacquista senso e calore.

Ed anche questo "ponte" e' archiviato.

Noi lo abbiamo passato quasi sempre in casa, tra mail di lavoro, scartoffie, cantiere, compere natalizie, pulizie ed il ricciolino biondo malaticcio.

E' stato ancora, anche, l'8 dicembre, festa dell'Immacolata che a casa mia ha sempre rappresentato "il momento" tanto atteso: la preparazione dell'albero di Natale e del presepe, i ninnoli natalizi recuperati dalla cantina e finalmente esposti alla vista.

Anche quest'anno, malgrado la mancanza di volglia ed entusiasmo mia e dell'Alpmarito, la tradizione e' stata rispettata.

Abbiamo cercato tutti e tre insieme un albero nuovo (che quello vecchio ormai aveva dato, dopo dodici anni di onorato servizio - no, non lo abbiamo buttato, e' solo stato declassato ad albero da esterno, tanto per aggiungere qualcosa!), sempre sintetico (perché in casa vicino al termosifone, quello vero avrebbe fatto una miserabile ed immeritata fine) ma folto e festoso.

E poi lo abbiamo riempito di luci e dei nostri addobbi.

Quelli fatti a mano, negli anni in cui il mio tempo libero e la mia passione creativa non erano tutti ancora per lui...

 


E quelli acquistati in giro per l'Europa e l'Italia, nei classici mercatini natalizi.
 

Senza dimenticare quelli vintage e i classici dell'Ikea.

Il nostro presepe equo solidale e' tornato ad occupare un posto d'onore (perché non serve credere in un Dio per apprezzare un simbolo di amore). Il bambino e' già nato, si', perché: "Mamma, non possiamo certo lasciarlo solo nella scatola, al buio, senza mamma e papà, per tanto tempo!!"

Abbiamo compensato la mancanza di cime innevate, scherzo beffardo del clima, con fiocchi alle finestre, ovviamente tutti posti a portata delle manine del ricciolino che li ha incollati.

Infine, abbiamo riesumato dalle scatole in cui sono gelosamente custoditi, i carillons delle feste, che io adoro, da sempre.

Ci sono momenti, nella vita, più ricchi di magia e sentimentalismo.

Altri in cui discordie, difficoltà, lutti o anche solo il trascorrere inesorabile del tempo, rendono più difficile gioire delle feste, del Natale, della vestizione festa della casa, della ricerca dei doni.

E poi arriva il momento in cui sei lì, seduta in salotto per terra, sul tappeto con tuo marito vicino ed il ricciolino biondo che vi abbraccia, l'albero davanti a voi, sfavillante di luci e decorazioni, la gatta che ronza intorno cercando una carezza ogni tanto e provando con le zampette la tenuta degli addobbi, e il piccolo uomo se ne esce dicendo che vorrebbe restare sempre così, con in quel momento, noi tre insieme e l'albero.

"Mamma, adesso che ci sono io, il Natale ti piace di nuovo tanto, vero?"

E tutto riacquista senso e calore, almeno per un po'.

 

E voi, come avete trascorso questi giorni? Sugli sci, in casa, sani o malati, in giro per l'Italia o per acquisti?

mercoledì 26 agosto 2015

14 anni insieme

"Dovunque tu andrai, amore mio, io ti seguirò.

Sarò la tua ombra e il tuo respiro.

Sarò per te quello che l'ape e per il fiore,

Quello che il convolvo azzurro è per lo stipite della casa a cui si attorciglia,

Sarò l'uccello che vola nel tuo cielo,

La luce che illumina i tuoi pensieri,

Il viso sorridente che ti viene incontro nel sogno..."


Da quattordici anni, niente altro che noi. Prima in due, ora in tre.

Ovunque, tranne che in Antartide!!! (Capito, Alpmarito?!?)

lunedì 10 agosto 2015

Oggi come allora, sul sentiero dei ricordi: da Fondo a Tallorno ed alla Pera diiij Cros

Le prime volte che ci sono stata ero una bambina piccola.
Vi ho trascorso intere settimane d'estate, anno dopo anno, con il mio fratellone e due o tre amici, sia "vacanzieri" sia "del posto".
Costruivamo dighe di sassi nelle guie, per poi farci il bagno, facevamo pic - nic sul roccione, quello piatto piatto lungo lungo che facevamo a gara a trovare, giocavamo a carte stesi su una coperta, saltavamo da una roccia all'altra, spesso a torso nudo e, ovviamente, scalzi.
La nonna, a sorvegliarci, leggere e giocare con noi.

A volte ci andavamo a piedi, la lunga strada stretta tutta curve che ci pareva un viaggio nel viaggio, le rarissime auto a cui fare attenzione, gli scherzi ed i giochi.
Altre era il nonno a portarci o a riportarci indietro, andando o tornando da una giornata di pesca, su e giù per il torrente.

C'erano occasioni in cui si saliva anche per i sentieri, oppure momenti di freddo, fame o temporale che ci spingevano a trovare riparo del baretto della frazione, con i giochi di legno (la trottola!) e le torte sempre buonissime. O il gelato. Aspettando il ritorno del nonno e, quindi, il rientro in auto.

Alcuni giorni si saliva un pò sul sentiero, fino ad arrivare, con il nonno, alla grande cascata con la guia profonda.
Ci sono foto di me, mio fratello maggiore e mio nonno alla cascata, altre più recenti di me, mio fratello maggiore e pure il mio fratellino, sempre con il nonno, alla cascata.
E poi c'è la foto di quando ci sono tornata con il mio ragazzo, quello che ora è mio marito.
Non ho foto di quando, l'ultima volta, la cascata con il roccione in pratica non c'era più, devastata dall'ennesima strada poderale.

Eppure la frazione è rimasta la stessa e la rete dei sentieri, i borghi, il bar, il torrente, le guie e il roccione piatto, ci sono ancora.
E rivederli, questa volta con mio figlio, mio marito e mia madre, è stata pura emozione.

Pensando a te, nonnino.

Il ponte di pietra di Fondo, Traversella (TO), Valchiusella, quasi casa tua.



Salendo verso Tallorno, dove la tua famiglia aveva un alpeggio.



E poi arrivare a Tallorno, fare un pic nic con un amichetto del centro estivo del ricciolino, incontrato per caso, scoprendo che ha genitori simpatici ed una sorellina adorabile.




guardando le mucche..

Fermarsi a cercare di indovinare qual era il tuo alpeggio, girare per il borgo, in gran parte ristrutturato 

E poi fare il bagno nel torrente, ancora.
































Tornare indietro e al bivio, lasciar rientrare nonna e nipote per la comoda mulattiera e salire io e lui, quasi di corsa, lungo il Sentiero dei Mufloni (segnavia n. 13) alla Pera diij Cros



Un luogo dove si respira l'immenso del cielo, l'anima della montagna, a picco sul vuoto.

Infatti, ci sono 136 incisioni, tra cui tre coppelle, 12 figure cruciformi, 57 figure antropomorfe preistoriche oltre a 35 segni non classificabili.

E meditare un pò.


Non c'è luogo migliore per lo yoga.

Poi di nuovo giù, di corsa davvero, fino a Fondo, al gelato nello stesso bar, lasciando che i ricordi si sovrappongano, con un velo di dolce malinconia.



Correre con il vento, sentendosi volare (anche se probabilmente a sguardo esterno è tutt'altro= e pensare che forse la corsa in montagna mi è più congeniale di quella su strada...se solo si potesse fare unicamente in discesa!!!

























 E il giorno dopo, risvegliarsi con un male ai muscoli delle cosce che mai nessuna corsa 
sull'asfalto.




I ricordi felici della nostra infanzia ce li portiamo nel cuore, non intaccati dal tempo. Se poi si associano a luoghi bellissimi che hanno conservato, almeno in gran parte, il loro fascino, allora è magia.