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giovedì 4 ottobre 2018

Festa dei nonni: ricordando i miei

Ho letto su Wikipedia (sommo detentore della verità per chi ha fretta), che il fiore simbolo della festa dei nonni è il "Non ti scordar di me" (tra l'altro il mio fiore preferito), e che questa ricorrenza è nata in America ed è stata introdotta in Italia nel 2005, fissandola al 2 Ottobre, per celebrare l'importanza dei nonni nella famiglia e nella società in generale.

Foto dal web
Ora, io a queste feste credo poco.
Soprattutto se promosse da uno Stato come il nostro, che tenta di addossare ai nonni prestazioni di assistenza che sarebbe il primo a dover garantire, a giudicar dai testi di legge, dalle intenzioni dei politici e dal livello di tassazione che ci è imposta.
Molto ci sarebbe da scrivere, sul valore e sulla funzione dei nonni, sull'importanza del legame nonni - nipoti, sulle mie speranze quando guardo i miei figli e in merito al mio futuro ...ma non importa.

Oggi (sì, lo so, con due giorni di ritardo) ho deciso di concedermi il tempo di pensare con calma, almeno per un pò, ai miei nonni ed a quello che hanno significato per me.

Di nonni ne ho avuti, di fatto, solo due. E nessun nonno bis.
I miei nonni paterni, infatti, sono mancati entrambi giovani, quando ero ancora molto piccola.
Ho un solo ricordo della nonna, forse costruito attraverso racconti familiari, più che registrato personalmente, e poche fotografie.
Non è che fossero poco presenti, è solo che la loro vita è terminata troppo presto, rispetto a quando è cominciata la mia.
Io, però, sono qui anche grazie a loro.

Ho avuto la fortuna di nonni materni eccezionali.
Mio nonno se ne è andato ormai da anni, ancora giovane, per colpa di una malattia bastarda che mi ha tolto quel poco di fede che nutrivo, ma c'è stato.
C'era, quando sono nata.
C'era, quando ho imparato a camminare,ad andare in bicicletta, quando ho preso la varicella al mio primo Natale, quando ho imparato a parlare.
C'era, soprattutto, all'uscita da scuola, per portarmi agli allenamenti di scherma ed in piscina, ad accogliermi sulla soglia a casa, a farmi compagnia quando i miei uscivano, per venirmi a prendere da amichetti, per portarmi in montagna o in campagna, per regalarmi fiori e lasciarmi fare danni nel suo orto.
C'erano i pomodori maturi, le fragoline selvatiche, le violette che mi portava.
C'era ai pranzi in famiglia del weekend, nelle ricorrenze ma anche praticamente tutti i giorni d'estate, per molti anni.
Mi ha insegnato moltissimo, mi ha aiutato tantissimo.
Eravamo molto diversi ma anche molto legati, come scrivevo ormai quattro anni fa, ricordandolo in questo piccolo spazio mio.
C'è ancora, nei miei ricordi, gesti, pensieri.
C'è, in me.

Mia nonna è una donna forte di carattere, che ha affrontato a testa alta molte difficoltà e dolori, molti lutti prematuri.
E' estremamente sensibile, un pò permalosa, molto dolce con nipotini e bis nipoti, sempre disponibile.
Lei è un pò il mio faro, il mio esempio e modello.
Non si ferma mai, non smette mai di fare, creare, rassettare, muoversi, esserci.
E io penso sempre a quanto tempo in più vorrei trascorrere con lei.
Ora ha occhi solo per i bis nipoti (cinque!) e, forse, è giusto così.
Lei c'era quando c'era mio nonno e ha avuto la fortuna di festeggiare con lei anche la patente, la maturità, la laurea triennale e quella specialistica, nonchè l'esame di abilitazione.
Lei ha tenuto in braccio il mio primogenito appena nato, subito dopo il papà e mia madre.
Lei ha tenuto in braccio la mia principessa appena nata, subito dopo il papà e mia madre.
Spesso, in occasione di compleanni e festività, accompagna i suoi regali con bigliettini meravigliosi, pieni del suo amore e della sua tenerezza.
Lei è colei che mi ha insegnato a fare a maglia (anche se l'allieva non è molto diligente, nonnina!), le basi dell'uncinetto (che però non è tanto nelle mie corde) ed il punto croce, che è rimasto una mia passione.
Lei stira in modo che i vestiti sembrino nuovi di zecca.
Lei legge talmente tanto da far impazzire la bibliotecaria, secondo me!!!

Un giorno mio fratello minore mi ha detto: "Tu e F. siete più fortunati di me. Voi avete vissuto più momenti accanto al nonno, avete costruito più ricordi di quanto ho potuto fare io."

E' vero e non dovremmo dimenticarci mai che l'affetto delle persone che amiamo, il tempo che trascorriamo con loro, è quanto di più prezioso ci sia nella vita.

Grazie nonni.
E grazie mamma, meravigliosa nonna per i miei bambini.


lunedì 24 settembre 2018

QUANDO SIAMO IN DUE

Quando siamo in due

 

Quando siamo in due, la mattina è meno pesante sistemare i bambini in auto e partire per scuola e nido.
Perchè le scale con bimbo in braccio le faccio una sola volta e i giri per caricare la macchina di sacche, borse e cartelle di lavoro, diminuiscono da tre a due.
Perchè mentre uno sistema la cucina, l'altro può rifare il letto, senza sottrarre il doppio di minuti preziosi al conto alla rovescia per l'uscita di casa, che la mattina i minuti mancano sempre.

Quando siamo in due, spesso a pranzo mi tocca cucinare e impego un'ora per un pasto che in genere mi sbrigo in 15 minuti netti.
Però altre volte cucina lui e comunque due parole in tranquillità tra adulti, riusciamo a scambiarcele.

Quando siamo in due, si può andare in bagno con la porta chiusa.

Quando siamo in due, portare il ricciolino ad allenamento non è un problema.

Quando siamo in due, posso portare i gemelli ai giardinetti senza l'ansia di perderne uno o che entrambi si lancino ingiochi spericolati, su due strutture diverse.

Quando siamo in due, il passeggino nei tratti brevi può rimanere in auto e Orsetto e Principessa possono camminare.

Quando siamo in due, è più facile andare dalla pediatra, nel cui ascensore non entra il passeggino doppio.

Quando siamo in due, la spesa grossa al supermercato con i tre bambini è una delle incombenze settimanali, non una delle sette fatiche di Ercole.

Quando siamo in due, posso andare ai convegni, perchè i bimbi al nido puoi andare a prenderli lui, che ha i seggiolini-auto montati e non vede la missione come "impossibile".

Quando siamo in due, il ricciolino può godere di momenti di attenzione esclusiva.

Quando siamo in due, possiamo andare in montagna con i bambini a camminare, che è la cosa che ci piace di più fare.

Quando siamo in due, svegliare i gemelli dal riposino pomeridiano, dare loro la merenda, cambiarli e andare a prendere il ricciolino a scuola, è sempre una corsa, ma più umana che da sola.
Perchè uno può rimanere in auto mentre l'altro corre all'uscita.
Quando siamo in due, la cena dura sempre troppo, però il dopo cena è più facile, perchè mentre uno lava Orsetto e Principessa e li prepara per la notte, l'altro può spreparare la tavola, lavare i piatti e pulire la cucina. 
E magari si riesce anche a sentire un tg o il ricciolino che legge ad alta voce.

Quando siamo in due, per le nove i bimbi sono quasi sempre a letto, mentre se sono sola, ci metto anche mezz'ora in più.

Quando siamo in due, diventa possibile pensare di uscire per un pasto fuori o andare da amici o a qualche festa di paese. Oppure si può portare il ricciolino a letture ad alta voce o a teatro. 
Perchè talvolta lo faccio anche da sola , ma che fatica assurda!!!

Quando siamo in due, è tutto un pianificare, prendere decisioni e discutere strategie comuni.
E poi c'è sempre qualcosa da aggiustare che era rimasto indietro e così si finisce per non potersi fermare mai.
Finisce che non c'è mai tempo per la coppia.

Quando siamo in due, nonostante spesso sia difficile, mi sento meno sola.

Quando siamo in due, assurdamente, siamo più in ritardo che quando sono sola.
Quando siamo in due, inspiegabilmente, siamo più in ritardo che quando sono sola.

Restano due problemi, oltre a quello (in fondo trascurabile) dei ritardi:
  1. io ormai mi sono creata una routine ed una organizzazione fatta per reggere sulle mie spalle l'essenziale e a fatica tollero deviazioni dal mio modo di affrontare gli impegni e le incombenze;
  2. quando siamo in due...accade troppi pochi giorni e, quando succede, la mole di impegni rimandati a "quando siamo in due" e la stanchezza accumulata rendono difficile mantenere calma e armonia.
E niente, una soluzione ancora non l'abbiamo trovata.

Sì, a volte la nonna fa le veci del "secondo" ed è di grande aiuto, a volte qualche "recupero" da/per scuola e/o allenamento del ricciolino lo fanno il nonno e la nonna, però per molti versi, come è d'altronde giusto che sia, non è la stessa cosa che quando siamo in due, io e lui.

Voi? Cosa cambia quando siete soli a gestire i figli/casa/lavoro/impegni extrascolastici e quando siete in due? Siete quasi sempre sole/i o in due?

mercoledì 13 dicembre 2017

Ricapitolando. Ovvero, pezzi di vita.

Il tempo scorre troppo in fretta, anche se a momenti sembra non passare mai.
Non riesco ad annotare quanto vorrei la vita che vivo.
Eppure c'è.

Nell'ultimo mese, giorno più, giorno meno:

- il ricciolino ha messo per la prima volta i pattini da ghiaccio.
Dopo due ore di pattinaggio entusiastico (paura e difficoltà zero), è caduto di faccia, battendo il naso.
Abbiamo terminato la serata al pronto soccorso, per fortuna senza alcuna conseguenza.
E poi ha pattinato di nuovo e io con lui (no, non sono mai caduta, però di paura ne avevo!);

- Orsetto ha iniziato lo svezzamento, perchè di pianti, rigurgiti e sua sofferenza, ne avevo abbastanza.
Pappa lattea, frutta, qualche passato con farine ecc. e, a seguire, comunque il biberon.
Bene, non benissimo ma meglio di prima.
In teoria avrebbe iniziato anche Principessa ma a parte sputacchiamenti e facce schifate, non abbiamo portato a casa nulla. Quindi per ora continua con il biberon e pace;

- abbiamo festeggiato il compleanno del ricciolino, quest'anno solo con nonni, zii e cugini, come da sua espressa richiesta. E' stato bello ritrovarsi e fare insieme le torte. Ora però basta fino a Natale!

- sono stata alla riunione del nido, ho iscritto i piccoli e concordato la data dell'inserimento.
Poco più di sei mesi e si inizierà, a breve.
Io non sono pronta, per nulla. Loro, al solito, saranno più bravi di me.
Comunque sia, sono emozioni forti;

- sono stata a teatro con il ricciolino, una cara amica e la sua bimba. Abbiamo visto Pinocchio, a breve assisteremo ad uno spettacolo natalizio. Attori bravissimi, bellissimo uscire soli io ed il ricciolino, ancora di più avere anche un appuntamento fisso con la mia amica e vedere i nostri bimbi incantati dallo spettacolo. E lo devo a lei, che mi ha avvisato in tempo (e si è pure fatta da sola la lunga coda per gli abbonamenti).

- abbiamo addobato la casa a festa. 
La nuova casa, per il suo primo Natale con noi.
Poi ha anche nevicato e reso tutto più magico (e più scomodo).
E niente, anche queste sono emozioni;

- il portafogli perso è stato ritrovato. Troppo tardi per evitare di rifare tutto ma tant'è. Era nell'ovetto di Principessa. Dentro la fodera, sotto il sedere. Roba che se lei non ci avessse rigurgitato sopra costringendomi a smontarlo interamente e il ricciolino non ne avesse approfittato per usarlo come dondolo per improvvisate montagne russe, non sarebbe mai uscito;

- pure la gattina, scappata dopo il trasloco, c'è. Solo che gira nei dintorni, risponde miagolando alle chiamate, qualche volte si fa accarezzare, mangia il cibo lasciato fuori dalla porta ma stop. Non entra, graffia se presa in braccio, si inselvatichisce ogni giorno di più. Però sta bene e questo attenuta il dispiacere.

- ho affrontato i primi colloqui con le maestre alla scuola elementare. Seduta davanti ad un banchetto, con tre maestre dietro ad una fila di banchi uniti a guardarmi. Quasi mi sentivo sotto inquisizione, riportata di botto indietro nel tempo.
E' andata bene, il ricciolino è vivace ma bravo. Io, comunque, non avevo dubbi in proposito;

- andiamo regolarmente in palestra ad arrampicare e qualche soddisfazione c'è anche per me. Il mal di schiena, però, è tutt'altro che un ricordo. Temo mi perseguiterà ancora per molti mesi;

- abbiamo trascorso tre giorni interi a montare mobili. Potrebbero rilasciarci un diploma in materia, ormai. Sono venuti bene, quasi tutti. Ora lo spazio e i contenitori ci sono, non resta che svuotare scatoloni e mettere ordine. Quando, non si sa.

Che altro?
Ah sì, ho finalmente il mio piano e quindi ho ricominciato a suonare.
Gioia pura, anche se, dopo tanto tempo, è un pò come ricominciare da capo.

Quanto ai miei bimbi (tutti e tre), a volte urlo, mi dispero e mi sento esaurita.
Poi uno di loro mi sorride.
E passa, ovvio, cosa lo dico a fare?
Alcuni la chiamano "tenerezza", io penso che sia una vera e propria arma segreta di cui la natura ha dotato i cuccioli di ogni specie.

Nel frattempo, casa nostra è sempre un porto di mare, riempita ad ondate di parenti, amici, conoscenti. Feste, pizzate, cene, merende. Quasi sempre improvvisate. Ogni occasione è buona e, per quanto a volte sia faticoso, ci piace proprio così.

E a voi? Come va la vita? Cosa mi sono persa, frequentando poco il web?

lunedì 16 ottobre 2017

Son giorni in cui...

Son giorni in cui reinventare.

Son giorni caotici, stancanti e strani.
Son giorni in cui frenesia e corse si alternano a momenti di pace e affettuosità, come i pianti disperati, spesso all’unisono, a dolcissimi sorrisi e mani baffute da stringere e baciare.
Son giorni da mamma che deve anche riuscire a lavorare, anche se ne farebbe a meno. O forse no. Chissà.
Son giorni di scatoloni abbandonati negli angoli, lavori e lavoretti che sembrano non finire mai, scelte continue da prendere e intoppi come se piovesse.
Son giorni di solitudine e nervosismo ma anche, all’improvviso, di famiglia.


Cerco una routine quasi impossibile, organizzo e preparo senza riuscire mai neppure a pareggiare, rincorro impegni miei e non, agognando riposo e aiuto, che però poi non so chiedere o che comunque non servirebbe, perché il più non è delegabile.

 Mi sento enormemente fortunata, ma anche prosciugata.
Navigo a vista, senza riuscire a vedere la riva, pur sapendo che deve pur esserci, da qualche parte.
Contrasto le lacrime con i sorrisi, rispondo che va tutto abbastanza bene nella speranza di convincere me stessa per prima. 
E poi, a volte, mi accorgo che è proprio così, che va bene davvero, che il peggio, per ora, è alle spalle.
Basterebbe dormire di più.


E intanto, penso e mi interrogo. Troppo. Come al solito. Perché a volte si può solo mettere un piede davanti all’altro, curando di riuscire almeno a saltare gli ostacoli e sperando di non perdersi l’ un l’altro in corsa

martedì 3 ottobre 2017

Ritrovarsi. 25 anni dopo.


Sono passati 25 anni.
25 anni da quando sedevamo in quei banchi bianchi, disposti a ferro di cavallo in un aula grande, la più grande della scuola, e super attrezzata.
25 anni dalla visione delle puntate dei documentari, dalle lezioni di programmazione con il linguaggio basico, dallo yoga nell’ora di religione, dalle spiegazioni sul corpo umano con il modellino gigante, dalle piantine sui banchi per insegnarci a prenderci cura di qualcuno o qualcosa, dal giradischi durante il pranzo, dagli intervalli lunghissimi per godere della natura, con il sole ma anche con la neve e la pioggia.

Eravamo tanti e diversi ma con due maestri molto speciali.
Due persone appassionate e piene di interessi, che hanno saputo trasmettere a tutti noi energia, curiosità, determinazione.
Che ci hanno tenuti uniti giorno per giorno.
Che ci hanno spronato a coltivare i nostri sogni.
Che ci hanno dato tempo e spazi, rispettando ognuno di noi e senza mai forzarci.
Che ci hanno dato fiducia.
Che hanno trasformato una realtà scolastica in una esperienza di crescita personale.

Perché non può essere un caso se dopo 25 anni ci siamo trovati in buon numero intorno ad un tavolo, a ridere, ricordare e raccontarci rispondendo alle domande della maestra (del tipo: “ sei soddisfatto della tua vita?”, mica roba scontata e con il richiamo perentorio a fare silenzio e ascoltare gli altri, mostrando quel rispetto e quella empatia che lei ha sempre considerato più importante di qualunque regola ortografica), scoprendo poi che per tutti quel ciclo scolastico era stato il migliore e che i semi piantati tanti anni fa, in modo lieve e inconsapevole erano germogliati nelle nostre scelte di adulti e nelle nostre passioni.
Dal nuoto, il rugby e lo sci di fondo, alla musica, dallo yoga e alle tecniche di respirazione alla scrittura, dalla valorizzazione dell’amicizia ai legami familiari.

E, pur nei diversi percorsi e nella lontananza geografica a cui la vita ci ha condotti, con qualche ruga e capello bianco (o senza più capelli!) ma in fondo sempre gli stessi, un po' ci siamo ritrovati.

Soprattutto, però, abbiamo ritrovato i noi stessi bambini e loro, C. e M., i maestri che hanno così positivamente influenzato la nostra vita.
Ora, con questa consapevolezza, se potessi viaggiare nel tempo, cercherei di fissare nella memoria ancora più particolari, perché quanto siano preziosi certi momenti, spesso lo scopri solo vivendo e lasciando sedimentare.

Al mio ricciolino ed a I., che hanno da poco iniziato la primaria con uguale entusiasmo, anche se purtroppo non insieme, auguro fra 25 anni di poter raccontare lo stesso delle loro rispettive classi e insegnanti!

P.s. Quanto a te, amica mia che mi leggi e che c’eri, accanto a me, noi non ci siamo mai perse, solo distratte un attimino, tra studi, matrimoni e maternità, proprio come i nostri maestri raccontavano che è successo a loro.




lunedì 25 settembre 2017

Il mio parto gemellare

Attenzione: post lungo e ad alto contenuto emotivo, ma a finale lieto!

Oggi, a tre mesi da quel 23 giugno che ha cambiato la nostra famiglia, mentre la piccola dorme dopo la prima poppata del mattino ed il piccolo inizia dare segni di risveglio, mentre la caffettiera grande (il primo caffè è sempre doppio!) è sul fuoco, vi voglio raccontare il mio parto, partendo dal ricovero.

La gravidanza sembrava andare a gonfie vele, a parte la stanchezza che a maggio ormai si faceva sentire, decisamente più che per quanto accaduto con il ricciolino, nonostante gli integratori di ferro e l’aumento di peso contenuto.
In effetti, negli ultimi giorni di maggio, avevo intuito che qualche cosa non andava, ma ne’ la mia ginecologa ne’ i medici dell’ospedale di Aosta, sembravano preoccupati e d’altra parte, l’ambulatorio per le gravidanza gemellari di Torino, contattato telefonicamente, continuava a rispondermi che le gemellari bicoriali e biamniotiche, come la mia, non le seguivano, non essendo di per sè a rischio ed avendo loro già molti pazienti,  ameno che non vi fossero problemi particolari.
Poi, pochi giorni dopo, mentre ero in ufficio, iniziano contrazioni persistenti. Sono solo alla 31 settimana per cui, dopo qualche ora, chiamo l’ostetrica del vicino poliambulatorio, che mi invita ad andare subito al pronto soccorso.
Vado a Torino, dove passo il pomeriggio e parte della sera: mi dicono che il collo dell’utero è accorciato ma in modo tutto sommato normale, che non sono contrazioni serie, che i flussi dei cordoni ombelicali sono a posto ma non l’accrescimento del maschietto: non è cresciuto per nulla dall’ultima eco (fatta ad Aosta meno di un mese prima, in cui mi avevano segnalato che uno dei gemelli era più piccolo dell’altro ma non c’era da preoccuparsi perché accadeva spesso).
Il dottore aggiunge che può essere sintomo di una grave malformazione (quale? Nessuna risposta, o meglio: “se avesse fatto l’amniocentesi lo sapremmo!”) oppure di un problema al cordone ombelicale o ancora, assolutamente nulla.
“Bisogna attendere almeno 15 giorni per una nuova misurazione e poi si vedrà”.
Nel frattempo devo stare a riposo (ma non a letto) e prendere il Buscopan.
Un doccia gelata. 
Fortunatamente i giorni passano, nonostante le contrazioni continuino.
Torno a Torino a 33 settimane per l’eco di accrescimento: ancora nessuna crescita del maschietto e anche la femminuccia è cresciuta sotto il minimo percentile.
Mi invitano a prenotare una visita all’ambulatorio delle gravidanze gemellari e, quando faccio presente che ho telefonato ripetutamente senza esito, mi suggeriscono involontariamente una scorciatoia, ovvero di iniziare ad andare all’ambulatorio "day service", per il “bilancio di salute pre parto”, ad accesso libero.
Era il giorno della recita di fine anno alla materna del ricciolino, il giorno successivo al mio compleanno e mi accompagnava mia madre.
Siamo tornati in fretta da Torino per assistere alla fine dello spettacolo, anche se mi veniva da piangere dalla preoccupazione, oltre che dalla commozione per il mio ometto.

Tre giorni dopo sono all'ambulatorio "day service" e parlo con una ginecologa premurosa che coglie al volo la situazione, telefona direttamente ad una collega della gemellare e mi prenota d’urgenza per il pomeriggio stesso.
Per farla breve, finalmente mi considerano abbastanza a rischio e vengo inserita nel circuito ospedaliero: nonostante l'arresto di crescita i bambini non sono in sofferenza e mi rimandano a casa con appuntamento a due giorni dopo.
Sono a 34 settimane, mi ricoverano e fanno la terapia cortisonica per i polmoni.
Sono giorni di ansia e attesa, di caldo insopportabile, travagli in camera e nostalgia del ricciolino e di casa, di monitoraggi continui, assenza di privacy e insonnia, dieta monotona e insipida e peso invariato. 
Mia madre è sempre al mio fianco.
Poi, il 22 giugno, nuova eco: crescita invariata per il maschietto e anche la femminuccia è cresciuta ben al di sotto della media.
A questo punto, mi dicono che a breve mi indurranno il parto.
Già sapevo, dal ricovero, che sarebbe stato vaginale (i bambini sono entrambi cefalici) - e a me va benissimo, perchè non vedo motivo di rischiare un taglio - e senza possibilità di spinale o epidurale, neppure in caso di taglio d'urgenza.
Essendoci già passata, nonostante le storie terribili di travaglio ed induzione a cui ho assistito e che ho mio malgrado sentito durante il ricovero, sono relativamente tranquilla.

Finalmente, venerdì 23 nel primo pomeriggio partono con l’induzione, avvisandomi che in genere ci vogliono dalle 12 alle 24 ore per partorire.
Sono a 35 settimane.
Avviso l’Alpmarito perché rientri dal lavoro all’estero senza però mettergli fretta, viste le previsioni.
Trascorrono sei ore ma solo nelle ultime due inizio ad avvertire contrazioni, molto ravvicinate ma che non mi impediscono di passeggiare, parlare e stare sotto la doccia. Rompo le acque.
Visita: nessuna dilatazione
Torno in camera e dopo pochissimo le contrazioni diventano ravvicinate e forti, sento che devo partorire subito.
Avviso l’ostetrica che inizialmente non mi crede, in fondo mi ha visitato dieci minuti prima e non c’era alcuna dilatazione. Frattanto, appena in tempo, arriva l’Alpmarito.
Io insisto che secondo me è il momento della fase espulsiva ed infatti: dilatazione completa in 15 minuti!
Corsa in barella fino alla sala parto e mentre arrivano anche il primario e il neonatologo e l’ostetrica indossa il camice, in nove minuti nascono entrambi i gemelli.

Tuttavia, a causa di una forte emoraggia, ho appena il tempo di vedere i bambini in braccio al papà e sentire il conto delle perdite ematiche ad alta voce (angosciante!!!), che l’anestesista mi addormenta.
Mi risveglio che è già mattina, ancora in sala parto. 

E' andato tutto bene ma la paura è stata tantissima, per me in primis, ma anche per l'Alpmarito e mia madre, che attendevano fuori senza veder più uscire i medici.
I viaggi a Torino, le mille telefonate per riuscire a prenotare una visita, la fatica del ricovero e la paura in sala parto, acquistano senso. 
Se non fosse stata lì, chissà ora come staremmo, noi tre.

Il pomeriggio mi portano in camera la piccola, dopo una notte in culla termica e i controlli del caso, con tanto di biberon, perché non devo muovermi e in quel momento non mi passa neppure per la testa di provare ad allattare.
Il mio piccolo posso vederlo solo il giorno ancora successivo, quando finalmente posso alzarmi dal letto e salire in terapia intensiva neonatale.
E vedendolo in incubatrice, piango.






martedì 5 settembre 2017

Questa casa

Questa casa

Stiamo per salutare questa casa e, pur essendo felice del cambiamento, in questo ultimi giorni mi ha preso un po’ di nostalgia.




Perché questa casa,
quando ancora era solo un letto, un tavolo ed una libreria,
ci ha visti diventare “noi”.

In questa casa,
mentre eravamo ancora in due,
ho preparato la mia tesi,
e l’esame di stato.

In questa casa,
quando ancora era “un’open space”,
abbiamo accolto parenti e amici,
letto, brindato, riso, giocato e pianificato,
semplici gite e viaggi a lungo desiderati,

In questa casa,
che abbiamo liberato,
pulito, pavimentato e tinteggiato con le nostre mani,
abbiamo sognato 
il nostro futuro.

Questa casa,
dalla posizione infelice
ma dalla vista splendida,
ha assistito al mio diventare mamma,
allargandosi e mutando per accogliere un bambino.

In questa casa,
ho portato la mia gatta,
salvandola,
e l’ho vista diventare mamma.

Ero in questa casa,
quando ho temuto,
per due terribili,
infinite ore di incertezza,
per mio marito
e qui l’ho vegliato
in una notte d’ansia,
ringraziando che la montagna non se lo fosse portato via.

Questa casa 
che è stato il teatro di feste,
anniversari, amore,
amicizie,
ma anche di litigi,
telefonate attese e mai giunte,
delusioni e rabbia,
è stata il mio rifugio,
in tempi di malattie, lutti e notizie di separazioni,
e l’eco della mia gioia,
ad annunci di nuove vite e nuove coppie.

In questa casa,
ho curato, cantato, ninnato, ballato e giocato
con e senza mio figlio,
ma anche fotografato,
dipinto, cucinato, praticato yoga,
ricamato, dormito, vegliato, montato mobili e spento candeline.

Questa casa,
mi ha visto provare il mio abito di nozze,
preparare e disfare valigie,
uscire in due e tornare in tre,
uscire in tre e tornare in cinque,
piangere, di gioia e di dolore,
sorridere e gioire.

Questa casa, 
dove ho trascorso parte della mia vita adulta,
in fondo,
so già che un po' mi mancherà.

Perché questa casa,
come tutte le case vissute,
è più di quattro mura e un tetto,
più di un semplice contenitore di oggetti,

è un contenitore di umanità.

giovedì 18 maggio 2017

Piccole grandi gioie

Piccole, grandi gioie della vita. 
Rigorosamente NON in ordine di importanza:

1) il messaggio via web di un'amica ormai expat da anni, incinta come me ma di una settimana in meno, che chiede come va e ti aggiorna e si aggiorna sulle reciproce ecografie del terzo trimestre;

2) la telefonata di una cugina che abita dall'altra parte del Nord Italia, ma è come se fosse qui, che arriva puntuale per sapere come è andata la suddetta eco; e poi io richiamo per sapere come è andata la prima comunione della sua bimba;

3) le e-mail di altre due amiche, che si informano su come sto e sull'andamento della gravidanza. Ed è subito scambio di foto e chiacchere virtuali;

4) un pacco che giunge a sopresa, con una lettera di accompagnamento che mi commuove e tanti pensierini fatti con il cuore (e le mani), da un'amica "virtuale". E mi scopro a pensare che sono questi gesti spontanei e generosi a rendere una persona speciale ed a illuminare la tua vita;

5) vestitini e body che tornano a riempiere la cassettiera, culle che oltrepassano di nuovo la porta di casa, offerte di prestiti di ovetto, abbigliamento ecc. che piovano da ogni dove, generosamente;

6) una udienza che mi aveva tolto il sonno che va bene;

7) un pranzo fuori con un'amica d'infanzia, a metà settimana. Un'ora e trenta che vola chiaccherando e che, dopo, mi fa sorridere e canticchiare per tutto il pomeriggio;

8) una merenda in tardo pomeriggio con gelato in giardino, al sole, con il ricciolino che gioca con amichetto e sorella e noi mamme che parliamo e ci rilassiamo. E l'ora di cena arriva in un lampo;

9) i sandali di nuovo ai piedi. E non importa se questi ultimi non sono perfetti e non ho messo lo smalto. Basta poterli portare;

10) i movimenti dei miei due fagiolini, frequenti e forti, che mi ricordano che loro ci sono. E mi rassicurano (e va bene così, anche se spesso mi svegliano);

11) il ricciolino biondo, con la sua divisa, quella della squadra di bici. Felice.



lunedì 8 maggio 2017

Il flusso dei ricordi



Domenica.
Colazione insieme, poi doccia e crema, mentre Lui corre ad aiutare una cugina con lavori edili.
Perché Lui ha quella  la generosità d'animo che fa anteporre ai propri bisogno, alle proprie urgenze, le richieste altrui. Anche se questo vuol dire ritardare i lavori della nostra, di casa, quando di tempo già non ce n'è. Lui è una di quelle persone che credono che prima o poi tutto il bene che fai torni indietro, dagli stessi o da altri, non importa. E anche se qualche volta sbuffo e protesto per il tempo e le attenzioni sottratte a noi, alla sua famiglia, e perché vedo il suo grado di stanchezza, la verità è  che amo questo aspetto di Lui.

 Io, leggings neri, calze bianche e la stessa camicia ampia a scacchi di lana di quando avevo 13 anni ed andavano di moda, 
Io, seduta su uno scalino, affronto scatoloni.

Taglio, apro. E tornano i ricordi.
Le prime settimane durissime, di straniamento, sonno, incredulità, paura. La fatica di adattarsi ai ritmo, il peso della responsabilità, quel sentirsi prigionieri dei bisogni di una creatura tanto piccola quanto tirannica nelle sue necessità. 
La casa invasa da parenti e amici, il sollievo di parlare con adulti e contemporaneamente la stanchezza di non poterli mettere alla porta per dormire almeno un po'. 
Il silenzio dei giorni di inverno sola, tra pioggia, freddo, cielo plumbeo, un paese che ancora non avevo mai vissuto veramente e mi appariva estraneo, il pensiero del lavoro accantonato, l'attesa della sera e del suo rientro.

E poi le tutine profumate di bucato, stese in fila ad asciugare come soldatini di pace, i colori pastello, le creme morbide e profumate, l'odore della sua pelle, l'emozione del primo bagnetto, i pugnetti chiusi e il facciano rilassato immerso nel sonno. 
Il sospiro soddisfatto dopo la poppata, i sorrisi, le faccette buffe ed i gorgheggi, la lallazione e i primi tentativi di di mettersi a carponi, la testolina ciondolante, gli occhioni aperti sul mondo, la manina dalle unghie sempre lunghe che stringe forte la mia, così ruvida e sgraziata al confronto.
L'amore, che ti assale come un'onda e ti fa quasi piangere di commozione, al solo guardarlo.

Mentre cerco e recupero biberon, ciucci, bodies primi mesi, riduttori e fasciatoio,
mentre il ricciolino di là dorme ancora, con gli stessi pugnetti chiusi e lo stesso faccino sognante, solo con una cascata di riccioli biondi sul cuscino in più,
mentre fuori piove, ancora, in questa primavera che somiglia all'autunno,
io mi immergo nei ricordi e mi domando come sarà, se sarò in grado, se ce la faremo.

Perché loro, Lei e Lui, saranno un Lei e Lui diversi, persone differenti dal fratello, da conoscere, amare e crescere. 
Perché Lui e Lei saranno Lui e Lei, due, in contemporanea. 
Perché ci sarà il ricciolino, ancora così piccolo ma nello stesso tempo già così grande.
Perché non ci sarà Lui grande da aspettare tutte le sere, in soccorso tutte le notti. 
In compenso, ci sarà un trasloco, un paese nuovo, un altro ciclo scolastico da iniziare, il lavoro da sperare e ritmi da riscrivere.

E io sono qui, che apro e chiudo scatole, con indosso gli stessi vestiti della tredicenne che ero ma con capelli bianchi che fanno capolino e nuove rughe sulla pelle e nella testa.
Ho paura, eppure non vedo l'ora.



martedì 2 maggio 2017

Yoga e meditazione in gravidanza: la mia esperienza !

In passato ho già avuto modo di parlare sul blog di libri dedicati allo yoga e del mio innamoramento per questa disciplina (non saprei come definirla, visto che non si tratta di uno sport), iniziato alle elementari e intensificatosi lo scorso anno, grazie ad un corso dal vivo e insegnanti virtuali speciali.

Lo yoga mi ha aiutato a trovare un po' di serenità nell'attesa di una seconda gravidanza che si ostinava a non arrivare ed ora, posso ben affermare che sia la mia salvezza.

Infatti la pancia cresce a ritmo sostenuto e io ho molti piu' disturbi che quando aspettavo il ricciolino, un po' perchè ho cinque anni in piu', sicuramente perchè questa volta porto in grembo due vite anzichè una, non da ultimo per la presenza del ricciolino stesso, che richiede attenzioni, nonchè per il maggiore stress economico, lavorativo e familiare.

Il tempo e le occasioni per passeggiate e nuoto sono ridottissimi e richiedono una certa dose di organizzazione e preparazione, invece la pratica dello yoga è sempre a mia disposizione ed è rapidamente diventato una compagna quotidiana di vita.
Basta un po' di spazio, un tappetino e...relativa tranquillità (a volte ho il ricciolino che mi gira in tondo giocando, a volte i cartoni di sottofondo, pero' riesco comunque ad estraniarmi).

Vi dedico da pochi minuti (ripetendo diverse volte una versione del Saluto al Sole specifica per la gravidanza) a mezz'ora, di solito al mattino (diciamo una media di 15 minuti), spesso mezz'ora in pausa pranzo, a volte dai 15 minuti all'ora anche la sera.

Ci sono giorni in cui pratico per tre volte al giorno, altri in cui riesco solo pochi minuti al mattino o alla sera, sempre almeno uno a settimana in cui non riesco a praticare per nulla, in media pero' riesco a dedicare allo yoga sui trenta minuti al giorno, a volte aggiungendovi dieci minuti di meditazione guidata.
Non sono rari i casi in cui ho approfittato dell'insonnia, per fare yoga!

Non tantissimo a livello di quantità, mi rendo conto, ma la costanza sta dando i suoi risultati: per il momento sto mantenendo un minimo di flessibilità e contrastando mal di schiena e gambe gonfie.

Soprattutto, pero', il tempo dedicato allo yoga è tempo per me e i miei fagiolini.
Mi concentro sul mio corpo, sul respiro e sulla vita che cresce dentro di me, libero la mente e reagisco meglio allo stress.

Non che non urli o sbotti piu' o riesca a farmi scivolare addosso probemi e preoccupazioni senza sforzo (MAGARI!!!!) ma... sono certa che senza starei molto peggio, me ne accorgo quando proprio non riesco a mettermi sul tappetino!

In tutto questo, al momento ho due alleati principali: Laura, con le sue lezioni sul sito Yoga N'Ride, e un libro di yoga per la gravidanza, acquistato dopo averlo preso in prestito per provare dalla biblioteca, di cui vi parlero' nel prossimo post.



Di Yoga N'Ride ho già parlato, la differenza ora è che è da qualche mese che ho sottoscritto l'abbonamento mensile (14,99 Euro al mese, 1 Euro il primo mese di prova, con carta prepagata, nel mio caso) e dunque ho accesso libero, a qualunque ora del giorno e con qualunque dispositivo, a tantissime lezioni e "mini corsi", tra cui uno specifico per la gravidanza.


In realtà, quest'ultimo pur non dispiacendomi, inizio ad apprezzarlo davvero solo ora, poichè lo stile dell'insegnante (che non è Laura, in questo caso, anche se il corso è nel suo "pacchetto"), era un po' troppo tranquillo e ripetivo per il mio modo di essere.
Immancabile, almeno una volta la settimana, è invece una sessione di pratica dedicata al pavimento pelvico (seguendo il link vedrete la mia preferita)...sperando che mi aiuti al momento del parto !

Mi piace moltissimo la possibilità che mi da il sito di cambiare sempre lezioni, ripetendo quelle che preferisco e scegliendo in base alle esigenze del momento ed al tempo a mia disposizione, che siano 15 minuti o un'ora.
Io infatti, pur non annoiandomi mai quando si tratta di vasche in piscina o di correre, ho bisogno di cambiare spesso se si tratta di esercizi o asana, altrimenti mi passa la voglia.
E poi Laura risponde puntualmente ai miei commenti ed alle mie richieste specifiche (inviate via mail), suggerendomi le varianti o lezioni piu' appropriate al mio stato.

Non mi sento sola, insomma!
Poi c'è il blog in cui, in modo approfondito ma chiaro, Laura spiega tutti i segreti e gli aspetti dello yoga come in parte, seppur con stile diverso, Claudia Porta (qui, peraltro, trovate anche una sequenza specifica e gratuita di quest'ultima per la gravidanza)

In questo modo, mi sono avvicinata alla meditazione guidata, seppur per ora per 10/15 minuti, ed allo yoga nidra, provando tra l'altro non solo i video di Laura ma anche quelli di Claudia Porta su quest'ultimo ed il rilassamento guidato.
Purtroppo, pero', mi addormento nove volte su dieci quando tento di praticare yoga nidra (se non sapete cos'è, trovate qui e qui una spiegazione esauriente e la possibilità di provare gratuitamente, rispettivamente conla guida di Laura o Claudia) e senza arrivare neppure a metà della sessione guidata!!!
Il che è un vantaggio se decido di dedicarmi allo yoga nidra di notte, dopo essermi svegliata in preda alle ansie.
Con la meditazione e le visualizzazioni me la cavo meglio, nonostante all'inizio fossei decisamente scettica.
Mi sento ancora un po' ridicola, invece, quando affianco alla pratica i mudra, specifici gesti delle mani con varie funzioni, della cui utilità ancora dubito (sono come San Tommaso, io).
Adoro provare le diverse tecniche di respirazione, o pranayama, quando la rinite allergica ed il raffreddore me lo consentono, che trovo immediatamente rasserenanti o energizzanti, a seconda del tipo.
Inoltre, dopo le prime volte, in cui faticavo fisicamente a tirare fuori la voce per l'imbarazzo e lo scetticismo, sto prendendo gusto persino ad usare i suoni, come l'OM, poichè ho imparato a sentire le vibrazioni che risvegliano dentro di me e, soprattutto, la loro efficacia sulla mente.

P.s. Questo post non è sponsorizzato (ma se Laura volesse farmi uno sconto o aggiungere alla sua offerta sul sito una lezione breve per contrastare raffreddore o rinite allergica, di certo non mi offenderei, ;-).

Semplicemente tengo molto a condividere la mia esperienza, nella speranza che possa essere d'aiuto e di esempio ad altre donne in gravidanza in cerca di uno sfogo sano e salutare, nonchè dare merito, nel mio piccolo spazio, a chi mi sta aiutando ed accompagnando in gravidanza con il suo lavoro, cartaceo o on line, fatto bene e con passione!

lunedì 10 aprile 2017

Sport in gravidanza, secondo me

Avvertenza: questo post non è un elenco di consigli o precetti su se e quali sport praticare in gravidanza.

Il web è pieno di articoli e post di quel tipo e, avendone cercati e letti un buon numero, posso affermare che sono sostanzialmente tutti uguali e ugualmente, per me, lo dico senza giri di parole, di scarsa utilità.



In genere, infatti, le donne in gravidanza vengono invitate a praticare sport regolarmente ma: senza sudare ovvero non accrescere esageratamente la temperatura corporea, senza faticare troppo per non far accellerare i battiti, senza prendere traumi o cadere.
In pratica, viene consigliato sempre e solo di praticare nuoto, meglio se in corsi per gestanti, acquagym per gestanti e camminare. Con tranquillità, però. Tutto qui. Ah no, anche lo yoga è consigliato (come se ne esistesse un solo tipo, come se fosse uno "sport"). Stop.

Io vi dirò invece quella che è la mia opinione e la mia personale esperienza, da persona che è pur sempre solo alla sua seconda gravidanza e non ha alcuna preparazione medica, lo preciso. Sappiatelo. Non sto istigando nè invitando nessuno a fare come me.

Temo che ci sia un eccesso di prudenza ed allarmismo sullo sport in gravidanza. Ovviamente ci sono casi e casi e donne e donne.
Se non hai mai praticato alcuno sport regolarmente, è quanto meno azzardato provare a fare qualcosa di più che acquagym o lunghe passeggiate proprio in gravidanza.
Idem se si hanno problemi medici particolari o se le indicazioni (motivate) dei ginecologi sono nel senso di evitare sforzi ecc.
In quel caso, mi pare normale adeguarsi, ricordando che, per quanto lunghi e sofferti, saranno comunque soltanto nove mesi in una vita.

Ciò detto, io sono rimasta perplessa quando, alla prima visita della mia prima gravidanza, il ginecologo mi ha consigliato di smettere non solo di arrampicare e sciare ma anche di andare in bicicletta e a camminare in montagna. All'epoca non correvo ancora, se no mi avrebbe consigliato di lasciar pedere anche quello.
Con molta onestà intellettuale, alle mie richieste di spiegazioni, mi ha detto che tali sport andavano evitati non perchè di per sè pericolosi per i movimenti richiesti ma: 1) per evitare che, in caso di aborto o minaccia di aborto, anche non causato da cadute ecc., io potessi passare la vita a colpevolizzarmi per aver praticato sport (come mi ha riferito essere successo a sue pazienti), incapace di accettare che purtroppo a volte è solo la natura che fa il suo corso;  2) per cercare di eliminare alcuni dei fattori di rischio cadute e traumi di cui è piena la vita, tenendo conto che non è pensabile smettere di muoversi in auto o in treno, non uscire di casa per non inciampare nel marciapiede ecc. 

Perchè la verità secondo me è che il rischio di un incedente in auto, di una caduta per le scale o di portare troppi pesi o fare sforzi eccessivi tra spesa, altri figli o lavori di casa è decisamente superiore al rischio di farsi male praticando in modo consapevole sport a cui si è già abituati da tempo.
Come se su un'aereo presurizzato non si fosse come ad oltre 3000 mt di quota.
Solo che se non ci sono necessità mediche evidenti, nessuno consiglia alle donne di non svolgere lavori domestici, di non prendere i figli in braccio, di non guidare o di non andare in aereo...piuttosto di stare a casa da lavoro, quello sì. Chissà perchè, eh?

Io all'epoca arrampicavo, sciavo (discesa) e nuotavo. Mi è venuto naturale smettere con i primi due sport, dopo un solo tentativo, perchè ero io stessa a non sentirmi a mio agio e questo rovinava il gesto ed il divertimento. Per fortuna, poi, avevo il nuoto e ho continuato.
Sudando e faticando, pur cercando di non spingermi al massimo come prima e ascoltando di più i segnali del mio corpo.
Tre volte a settimana, in pausa pranzo, come prima, due se gli impegni di lavoro impedivano di fare di più, 40 vasche da 50 mt all'inizio, 35 da metà gravidanza, 30/35 alla fine, perchè il tempo da dedicare allo sport era sempre quello ma io ero più lenta.
Alla fine, ho nuotato anche tutti i giorni, nella speranza di smuovere il ricciolino a nascere (ci sono riuscita a 41+5).

Non era per non ingrassare, come pensava qualcuno (i miei chili li ho presi e mangiavo ai quattro palmenti), ma perchè ne sentivo la necessità, fisica e psicologica.

Sono stata benissimo e non ho preso nessuna delle paventate "terribili e ricorrenti infenzioni" che i più mi avevano prospettato.
Forse è stata fortuna, forse no, non lo so.

So solo che conosco altre donne che hanno fatto lo stesso, altre che, facendo le maestre di sci per vivere, hanno continuato anche in gravidanza, altre che hanno fatto gite di sci alpinismo e persino arrampicato, in palestra e fuori, fino a che la pancia non è diventata troppo ingombrante per l'imbrago.
Donne che hanno fatto ciò che sentivano che il loro corpo era pronto a fare, ciò che le faceva stare bene. E sono state bene.

Eppure hanno ricevuto sguardi di disapprovazione, critiche aperte e spesso feroci, battute del tipo "se poi perdi il bambino, sarà solo colpa tua", roba da non dire neppure alla tua peggior nemica, visto che non mi risulta alcuna correlazione diretta tra sport e aborto.
Critiche anche dal mondo dello sport che, soprattutto per alcune discipline, è ancora molto maschile.
Solo che il loro modo di fare andava contro la "mistica della maternità" prevalente e dunque non piaceva.
Solo che smentiva l'assunto gravidanza = malattia, dunque "sto a casa e mi faccio coccolare" che alcune donne usano come scusa (e che non giova affatto a quelle per cui, purtroppo, è davvero così o agli ultimi mesi, quando per tutte noi ogni incombenza si fa oggettivamente più pesante e avremmo bisogno di maggior comprensione), dunque non piaceva.

Se siete curiosi, questo post su climbing, gravidanza e critiche gratuite è bellissimo. Leggetelo.

E poi io ho camminato, anche in montagna. A sei mesi finiti di gravidanza, siamo andati al Rifugio Benevolo, mt. 2285, poi al Rifugio Gabiet (mt. 2375) e in molti altri luoghi. Io stavo bene, avevo fiato, anche se procedevo più lentamente in salita e più cautamente in discesa, e non ho mai avuto problemi. Quando sono iniziati mal di schiena o di gambe o il fiatone, sono passata a rimanere in piano, senza tanti patemi.
Eppure ricorderò sempre gli sguardi degli altri escursionisti, alcuni increduli, altri critici, solo qualcuno bonario e affettuoso. Manco stessi andando sulla cima del Monte Bianco con i ramponi ai piedi!

Questo per dire che, forse, in questo come in altri campi, si critica e consiglia senza conoscere davvero. E lo fanno anche coloro che in teoria dovrebbero essere esperti.
E no, non è cosa di poco conto perchè se sei davvero abituata ad essere una persona attiva e sportiva, fermarsi è davvero difficile, per il fisico e soprattutto per l'umore.
Già la gravidanza è un periodo di grandi cambiamenti e sconvolgimenti, anche se fortemente cerata e voluta, se poi ci si mette l'abbandono di tutte le (buone) abitudini, senza un reale motivo medico che lo giustifichi, è facile patire.

Come sta andando in questa seconda gravidanza, per me?

E' certamente più dura. Il peso accumulato sino ad ora non è tanto (secondo le tabelle ed i medici): 6 kg in quasi 6 mesi), però io ho più dolori di schiena e gambe che con il ricciolino. 
E poi c'è lui, la casa in un altro posto ed il lavoro più impegnativo, oltre che l'Alpmarito lontano.
In più, continuo ad avere tanto sonno e soffrire di insonnia.
Dunque no, non è la stessa cosa della prima gravidanza e questo influisce, come è normale che sia.

Ora in piscina riesco ad andare solo una volta a settimana e neppure tutte le settimane (però quasi, dai). Quando ci sono, però, sono sempre io e se non sono 40 a 35 vasche da 50 in un'ora arrivo comunque. E mi sento bene, più leggera, più viva.

Ho praticato sci di fondo una volta a settimana, anzichè discesa (ma anche per seguire il ricciolino nella sua attività), fino a febbraio, quando ho iniziato a lamentare dolori alle anche ed a non divertirmi più perchè andavo troppo piano. Così ho smesso senza troppi rimpianti. Ci sarà tempo per ricominciare.

Ho smesso subito di correre ed arrampicare, perchè non mi sentivo affatto tranquilla e mi mancano da matti, però so che ho fatto, per me, la scelta giusta.
Conosco, però, donne che hanno continuato con i loro ritmi e secondo il parere dei loro medici, senza alcun problema particolare.
Camminare cammino poco, perchè prima era buio ed inverno e per mancanza di tempo e voglia, chè a girare come un criceto sulla ruota nei dintorni non avevo proprio voglia. 
Adesso, con il bel tempo ed il tepore, molto di più.
 In compenso ho accompagnato il ricciolino in brevi giri in bici sino ad un mese fa senza problemi.

Cerco di compensare il mio invariato bisogno di movimento con la pratica dello yoga, che mi sta aiutando tanto e, pur non essendo come una bella corsetta o una bella uscita in bici (che mi mancano, soprattutto in questa stagione, quanto mi mancano!), mi regala altri benefici, impagabili.

Questo discorso, però, merita un post a parte.

E voi? Come avete vissuto o non vissuto lo sport in gravidanza? Cosa ne pensate?

p.s. Se vi consigliano di nuotare solo o prevalentemente a rana, anzichè a stile libero, diffidate: lo dice qualcuno che non ha mai nuotiato sul serio!