Venerdì ho assistito ad una conferenza / scambio di idee in tema di "Riconoscimento", inteso, da quanto ho capito, come capacità dei genitori di "vedere" il proprio figlio come individuo a sè e dargli il giusto "peso" nella famiglia.
Alcuni esmpi, però, a volte nulla c'entravano con il riconoscimento, come lo intendo io.
Attaccare un bottone alla maglia del figlio, ad esempio, secondo me, è un dovere, un obbligo educativo e morale, non un gesto di "riconoscimento", così come ricordarsi di andarlo a prendere al termine delle attività extrascolastiche (un pò di provocazione per risvegliare l'uditorio?)!
Il senso del discorso globale, comunque, era che ciascuno genitore dovrebbe dare il giusto peso alla personalità del figlio, ai suoi gusti, preferenze ed espressioni, con parole (che secondo la relatrice oggi usiamo fin troppo) ma anche con azioni e "non azioni" (ad es., rispettando i suoi silenzi o i suoi sfoghi), ovviamente secondo il proprio stile.
E fin qui, mi è parso un discorso alquanto scontato, a parte stimolare una riflessione (che non guasta mai) sul fatto che spesso siamo portati a proiettare sui figli i nostri gusti o diamo per scontato che le sue preferenze rimangano immutate nel tempo, nonchè che i gesti e le parole che contano per noi e per nostro figlio non sono necessariamente gli stessi degli altri genitori e relativa prole, poichè ciascuno di noi ha una personalità differente (tradotto: se mio figlio non da particolare importanza al cibo o a giochi creativi ma adora avere la possibilità di fare un giro in bicicletta o vestirsi con determinati colori, sarà un maggior "riconoscimento" per lui colorargli la maglietta o uscire prima da lavoro per portarlo al parco invece di cucinargli una torta o costruire con lui un castello di carta e non importa se vanno più di moda le seconde azioni che le prime o se le altre mamme penseranno che sei una pessima madre perchè non hai portato la torta fatta in casa alla festa della scuola).
Ho trovato molto interessante, invece, il discorso "sociologico" di fondo, espresso secondo me molto bene e riassumbile in una affermazione: la famiglia degli anni '50 in Italia era soprattutto "normativa", quella di oggi è tendenzialmente "affettiva"
Anzi, la stortura è che spesso è troppo "affettiva" (ad esempio, seconod la Dott.ssa, è eccessivo chiamare i figli "amore") e se, da un lato, ciò può rendere le persone più sensibili e comunicative, dall'altro le lascia impreparate ad affrontare difficoltà e frustrazioni.
I concetti di "normativo" e "affettivo" venivano poi associati a quelli di "canone materno" e "canone paterno", indicandi tipologie educative e "modi di porsi" nei confronti dei figli (non necessariamente riconducibili alla figura materna o paterna, soprattutto nei tempi attuali).
Non proprio calzante per la mia esperienza personale però stimolante, perchè mi ha costretto a ripensare all'educazione che ho ricevuto (secondo me ben bilanciata) e che stiamo impostando con il nano (forse un pò troppo "normativa" da parte mia).
E poi ho riconsiderato certi gesti di mia suocera: per lei preparare all'Alpmarito piatti che io non posso mangiare o non mi piacciono ma a lui sì (in mini porzioni consegnate all'ultimo, che ti costringono a ripensare tutta la cena in un nano secondo) è un gesto di cura e ricoscimento (che non riesce ad esprimere a parole o in altro modo)...considerarlo così mi aiuta a tollerarlo meglio!
In ogni caso, queste occasioni di riflessioni e confronto secondo me, a piccole dosi, sono molto utili, anche se, tra i partecipanti, ci sono sempre le solite mamme "so tutto io", "io il libro l'ho già letto e so già tutte le risposte giuste", con mania di protagonismo, che mi costringono a mordermi la lingua!
E poi sabato ad acquaticità abbiamo portato il nano nella piscina grande: era serio serio ed è stato bravissimo!! A fine lezione avrà fatto mille tuffi e mille discese sullo scivolo in vasca, felice e concentrato.
Sembra che questo momento ssettimanale tutto per lui in acqua, con noi due vicino, gli piaccia tanto, anche se preferisce non avere intorno troppi bimbi (avevamo già capito che non ama affollamento e confusione): e questo basta per decicdere di iscriverlo anche alle prossime sei lezioni, pur se significa pasare lì tutti i sabati pomeriggio.
Sarà un buon "riconoscimento"?
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lunedì 28 ottobre 2013
giovedì 31 gennaio 2013
NUOTO
e perdo il
conto delle vasche
Nuoto
e perdo il
filo dei pensieri
Nuoto
e perdo il
senso delle ore
Nuoto
e prendo il
ritmo del respiro
Nuoto
e sento
solo il rumore dell’acqua intorno a me
Nuoto
e mi godo
liquide carezze
Nuoto
assaporando
trasparenza
Nuoto
mentre la
mente si riempie di blu
Nuoto
e un grumo
si scioglie nello stomaco
Nuoto
e mi sento
la testa divenir più leggera man mano che le membra
diventan
più pesanti
Nuoto
e ritrovo
me stessa
Nuoto
e
null’altro importa
Nuoto
e sono viva
Dove altri
vedono noia e ripetitività, io vedo un paradiso fluido.
E vorrei
non uscire mai.
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