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martedì 6 marzo 2018

La TIN: un'esperienza indimenticabile


La TIN: una esperienza che lascia il segno.


I miei gemellini sono nati a 35 settimane + 3 giorni, a causa di un arresto di crescita del maschietto.
Sono dunque dei bimbi prematuri anche se, per fortuna, con una prematurita’ lieve poiché, avendo superato l’importante traguardo delle 35 settimane di gestazione (con la terapia cortisonica a 34 settimane, quando minacciavano di nascere),  e non avendo altre patologie, sono nati con piena autonomia respiratoria.
Non hanno dunque avuto bisogno di ossigeno e, pur essendo entrambi piccolini (2200 gr  la mia bimba,1670 gr. il mio bimbo), la femminuccia ha trascorso solo una notte (immediatamente dopo la sua nascita) in culla termica, mentre il maschietto ha trascorso due giorni in incubatrice, restando per in TIN qualche giorno.

Poter abbracciare un figlio subito dopo il parto sembra scontato, naturale. 
Così mi era sembrato con il ricciolino.
Con i gemellini, ho scoperto che,invece, è un dono immenso.
Li ho visti e salutati subito ma solo per un istante.

Quando mi sono risvegliata dall’anestesia ho dovuto rimanere immobile a letto e ho potuto tenere in braccio la mia bambina solo una decina di ore dopo.
Ore annebbiate e stanche ma anche lunghissime.
Il mio piccolino, invece, ho potuto rivederlo solo il giorno ancora successivo, in terapia intensiva neonatale, dopo aver guardato in lacrime due foto sul cellulare.
La prima volta che sono potuta andare da l'io ho solo pianto, non osando neppure aprire lo sportellino per toccarlo.
Quando, finalmente, mi hanno invitato a farlo e, dopo poche ore, a tenerlo in braccio e dargli il latte, un po’ con il biberon ed un po' con il sondino, è stata una emozione incredibile.
Ogni volta che accedevo al reparto, lo vedevo così piccolo e fragile (con il calo fisiologico dei primi giorni, più importante nei prematuri, era sceso a 1500 gr): stava a pancia in su nella sua culletta, in tutine taglia 00 comunque enormi per lui e avvolto dalle copertine come in un bozzolo, gli occhietti i primi giorni quasi sempre chiusi.
Mi sentivo impotente, incapace, impaurita.
La sua crescita, la sua cura, non dipendevano da me.
È stato il personale della terapia intensiva neonatale di Torino, la TINO, che mi ha fatto comprendere quanto la presenza mia e del papà fosse preziosa per lui, quanto lui avesse bisogno di noi e del mio latte, se e nella quantità in cui fossi riuscita a produrlo.

Il mio bimbo ha trascorso in TIN solo 13 giorni.


Nulla, rispetto ai mesi di ricovero che vi trascorrono i neonati gravemente prematuri o malati ed i loro genitori.
Nulla, rispetto all’arco di una vita o, anche solo, alla prima infanzia di un bambino.
Una eternità, nella percezione mia e del suo papà.
13 giorni, di cui sette trascorsi ricoverata due piani più sotto, con la piccolina ma lontano dal mio bimbo “grande”, gli altri lontana da lui, ad andare e venire per stare insieme almeno un paio d’ore, lasciando fratellone e sorellina a casa con la nonna.

Quei giorni di TIN hanno lasciato il segno, su di me come, ne sono certa, su tutti i genitori che hanno varcato le porte di un reparto di terapia intensiva neonatale, per una manciata di giorni come per lunghi mesi.

L’esperienza della TIN è difficile da spiegare, impossibile descrivere efficacemente le sensazioni e le emozioni, positive e negative, che si provano.
È come entrare in un’altra dimensione, dove paura, dolore, speranza e gioia, convivono e si alternano continuamente.

Il suono dei tanti monitor di controllo dei bimbi, gli schermi che mostrano i parametri vitali, i genitori dagli occhi stanchi eppure pieni di vita e di speranza che siedono accanto a culle ed incubatrici, o camminano per i corridoi.
Il silenzio e, contemporaneamente, il rumore continuo.
Le mamme che tirano il latte nelle apposite stanze, contrassegnando il botticino con il nome del loro bambino, gli incontri con i medici e gli specialisti, 
le foto nella saletta per i genitori..
Foto di creaturine piccolissime, così fragili eppure così forti e combattive, a fianco di quelle degli stessi bimbi, diventati “grandi” come i loro coetanei non prematuri. Foto accompagnate da biglietti di ringraziamento.
Quelle foto mi hanno rincuorato, come i sorrisi di incoraggiamento e gli sguardi di comprensione di tutte le mamme ed i papà incrociati in quei giorni in reparto e le parole misurate e competenti dello staff dei medici e delle infermiere.

Ho imparato molto da questa esperienza: l’aiuto prezioso di due chiacchiere o anche solo dello sguardo di una persona che ha vissuto una esperienza simile, la differenza quasi miracolosa che può fare un giorno in più nella pancia della mamma, l’importanza di poche gocce di latte o della capacità di 
suzione autonoma, la straordinaria spinta alla vita che la presenza della mamma o del papà rappresenta per un bambino, il conforto profondo del contatto pelle a pelle e della voce “di casa”.
Ho capito la forza ed il coraggio di genitori alle prese con problemi gravissimi o situazioni fragilissime, ben lontane dalla nostra, eppure capaci di sorridere ai loro bimbi e lottare con loro, trovando anche il tempo per incoraggiare altri genitori smarriti.

Prima, quando mi raccontavano di neonati prematuri, annuivo e cercavo di immaginare, ma non comprendevo davvero cosa provassero i loro genitori.
Ora so di non sapere cosa significhi avere un figlio nato troppo presto, prestissimo, trascorrere mesi in TIN, magari portarlo a casa attaccato all’ossigeno e poi alle visite di follow up.
Ho provato, però, cosa significa avere paura per il proprio figlio prima ancora che nasca, perché qualcosa non quadra, perché è troppo presto e le incognite sono tante.
So cosa significa entrare in TIN, sedersi accanto ad una incubatrice senza poter abbracciare il proprio figlio e attendere la notizia che ha assunto, in un modo o nell’altro 10 ml di latte o guadagnato 10 gr di peso, esultando per tali traguardi come se avessi vinto alla lotteria.
Seppure, fortunatamente, solo per pochi giorni.

Pochi giorni di vita sospesa.
Quando niente di quello che accade fuori dal reparto è importante.

So cosa significa vederlo imparare a che cucciare dal biberon, prendere peso e finalmente, un giorno, sentirsi annunciare che può tornare a casa.
Che è pronto.

Non lo dimenticherò mai, così come ricorderò con gratitudine il TINO ed il suo personale.

lunedì 26 febbraio 2018

Scuola primaria: le mie prime impressioni

Scuola primaria: le mie prime impressioni



La pagella del primo quadrimestre della scuola primaria, la prima per il ricciolino, è stata consegnata ed è ora di un primo, provvisorio bilancio.

Il cambio di scuola e dunque i compagni quasi integralmente nuovi (solo una bambina già amica), non sembra aver pesato più di tanto sul ricciolino, che va a scuola abbastanza volentieri e non si lamenta, neppure quando all’orario ordinario aggiungiamo il doposcuola.
La classe è poco numerosa, gli alunni ben seguiti, le aule di grandezza adeguata, la palestra presente e gli insegnanti sembrano nel complesso volenterosi.

Il cambio del “servizio mensa”, invece, ha avuto effetti negativi: se prima era un momento di nutrizione e socialità che apprezzava e non chiedeva mai di saltare, ora lo eviterebbe sempre.
La ragione è  presto detta e duplice: la gestione per mezzo di una cooperativa, con inservienti che non sono le sue maestre, non amano particolarmente i bambini e, in mancanza di autorevolezza, usano la sottrazione di minuti di intervallo post pasto come arma di ricatto per ottenere il silenzio, peraltro senza andar troppo per il sottile (vi basti sapere che sono i bambini più grandi, a turno, a “segnare” gli altri che parlano e questo compito viene assegnato come se fosse un “premio” - secondo me un sistema diseducativo e sadico); una stanza “mensa” di dimensioni non adeguate al numero dei bambini e dall’acustica disastrosa, che rende effettivamente molto rumoroso il pasto, disturbando le inservienti (e gli stessi alunni).

Una combinazione disastrosa. È davvero un peccato, perché noi crediamo molto nel pasto come momento di socializzazione, scoperta di sapori e, anche, sano sfogo dopo ore di lezione ed immobilità faticose.

Quanto alla didattica, ci lascia alquanto perplessi che si sia ancora allo stampatello maiuscolo ed a “decine ed unità” , però confido (mio marito no, 
non posso parlare al plurale) che le insegnanti sappiano il fatto loro e che siano, semplicemente, cambiati i metodi che erano stati usati quando noi eravamo bambini.

Cosa non ci piace della realtà della primaria? Purtroppo tanto.
1- i compiti a casa;
io sono sempre stata favorevole, in linea di principio. 
Immaginavo, però, compiti alla portata dei bambini, ovvero che potessero eseguire da soli (con controllo finale del genitore e eventuale intervento per spiegare quanto nonno compreso), e commisurati al periodo festivo. 
Invece…. filastrocche da imparare a memoria tutte le settimane (che ovviamente il genitore deve leggere e memorizzare per poterla insegnare e chiedere ripetutamente), esercizi con “consegne” scritte in stampatello minuscolo (non ancora studiato a scuola) e termini troppo complessi ecc. 
Questi sono compiti per i genitori, non per gli alunni !
Non discuto la quantità, per ora mai eccessiva, ma il tipo di compiti sì, dunque.
Ed il momento in cui sono dati.
Mi sta bene durante le feste, già meno durante il fine settimana, decisamente troppo breve per tutti, bambini in primis.
Li disapprovo totalmente durante la settimana o “ come recupero”.


Non solo. 
Continuo a chiedermi perché insegnanti, che hanno una settimana lavorativa di 24 ore e ampi periodi di ferie, estive e invernali, abbiano giustamente  il diritto di dichiararsi stanchi e di riposare nel fine settimana e durante le feste, come qualunque altro adulto lavoratore, mentre ai bambini sia imposto di esercitarsi non stop, dopo aver trascorso a scuola più di otto ore al giorno per cinque giorni la settimana e in età in cui non vi è oggettivamente necessità di apprendere mnemonicamente un gran numero di nozioni varie.
Un aspetto purtroppo tipico del nostro sistema scolastico che gli insegnanti pare non intendano  proprio a modificare.

2- gli intervalli sempre all’interno dell’edificio, a meno che non si verifichi la combinazione magica: sole, caldo non eccessivo (altrimenti sudano troppo!), assenza di vento.
Stiamo parlando della Valle d’Aosta, non della Sicilia (a proposito, se qualcuno che legge ha figli che frequentano scuole nel Sud Italia, come va dalle vostre parti? meglio su questo fronte?), dunque la suddetta combinazione è praticamente inarrivabile.
Eppure pare che la popolazione abbia resistito e si sia moltiplicata nei secoli…strano vero?
Niente,siamo fermi alla tanto radicata quanto errata equazione: freddo/pioggia/vento = malanno del povero pupo.
Così i bambini rimangono nei corridoi, a sentirsi sgridare perché “corrono” o sono “troppo vivaci”. Gravissimi difetti per bambini di 6/10 anni, vero?!?
Ed alla fine, ovviamente, i bambini si ammalano lo stesso.
Non c’e peggior sordo di chi non vuol sentire

3 - scioperi e assemblee sindacali in orario scolastico, con conseguente “sospensione delle lezioni”. 
Sei mesi scarsi di scuola e ne abbiamo già collezionati alcuni.
Evidentemente il diritto allo sciopero degli insegnanti è prioritario rispetto al diritto alla istruzione dei nostri figli (che però, per quelli stessi insegnanti, devono svolgere i compiti a casa proprio in nome di irrinunciabili “esigenze didattiche” e per il bene della loro istruzione), nonché prioritario rispetto al diritto al lavoro dei genitori.
Inutile discutere con insegnanti chiaramente schierate (peraltro a favore della stessa forza politica contro cui scioperano e di cui discutono le scelte nelle assemblee) e con alcune mamme compiacenti.
Anche in questo caso, non c’e peggior sordo di chi non vuol sentire.

4 - le sostituzioni numerose di insegnanti. In questo caso non ci sono colpe, solo una serie di sfortunati e fortunati eventi: una maternità, un infortunio, un master e qualche problema familiare. Nulla di grave, i bambini sono andati avanti comunque e immagino che i prossimi anni andrà meglio.
Tuttavia, un po’ di dispiacere e disorientamento a sentire il ricciolino ed i suoi compagni, c’è.

Non vi ho parlato del “gruppo WhatsApp” , semplicemente perché ho inserito l’Alpmarito, non avendo io l’applicazione.
Tra mamme, sul web e non,  circolano storie terribili al riguardo.
Nel nostro caso, per il momento  è uno strumento ben gestito e nessuno ne abusa.

E voi, come procede l’esperienza della primaria con i vostri figli?
Che dite, andrà migliorando o peggiorando?



giovedì 1 febbraio 2018

L'importanza di "sentirsi a casa" e di gesti e parole gentili

L’importanza di “sentirsi  a casa”

Sono cresciuta in una cittadina di provincia e ormai da molti anni vivo in un paesino, ad una ventina di chilometri di distanza dalla mia cittadina di origine.
Nel tempo, soprattutto grazie alla nascita del ricciolino ed al suo percorso scolastico, mi sono creata una rete di conoscenze e amicizie in zona, pur mantenendo alcuni degli “amici di prima”.

Questo luogo ha i suoi difetti, così come ne aveva la mia cittadina di origine e come credo abbia ogni luogo al mondo, tuttavia mai come nell’ultimo anno appena trascorso, ho capito quanto sia stata fortunata a incontrare qui, sul mio cammino, persone meravigliose e generose come quelle che ci sono state vicino.
Mamme e  papà di amichetti e compagni di scuola del ricciolino, ma anche maestre, educatrici, amici, che nell’ultimo periodo di gravidanza e dopo il parto, ci hanno telefonato, mandato messaggi, sono venuti a trovarci, ci hanno portato regali, cibo, invitato a cena e dato aiuto concreto, anche facendo divertire il ricciolino o, più semplicemente, facendomi percepire il loro l'interessamento ed il loro calore.

Loro sono stati più efficaci di una medicina.

Il ricovero pre parto in ospedale è stato pesante e improvviso ma, in quel momento, ero talmente preoccupata per la salute dei piccoli e per i problemi logistici da affrontare, che non avevo neppure molta voglia di parlare. 
Il mio ricovero post parto ed il periodo di TIN del mio orsetto, per quanto breve, è stato devastante, fisicamente e psicologicamente. 
Avevo solo voglia di piangere e di sfogarmi, un po' per il fisiologico calo di ormoni, un po' per le fortissime emozioni che dovevo in qualche modo esternare ed elaborare, un po’ per la paura del piccolo in TIN, non ultimo per la nostalgia per il ricciolino, per la stanchezza già accumulata e che continuava ad aumentare, per le difficoltà di organizzazione ecc.
In ospedale, poi, non c’era alcun modo di avere un po’ di privacy e io non riuscivo a parlare o piangere dinnanzi a tutte quelle persone estranee che, o stavano lavorando, o erano a loro volta alle prese con le loro emozioni, positive e negative e certo non avevano voglia di ascoltare/ vedere le mie
Un giorno ho avuto occasione di parlare con la psicologa di supporto dei genitori dei piccoli in  TIN e le ho detto che dopo tre settimane in quello ospedale, in una città che non era la mia, con il caldo assurdo di quei giorni ed il ricciolino lontano, sentivo che sarei stata meglio e avrei ritrovato le forze solo tornando a casa.
Lei mi ha detto che non sarebbe stato così facile.

Perché non sapeva, non poteva sapere, quel che avrei trovato a casa.

Non è stato facile, certo. 
Non lo è ancora e ancora so di non aver “digerito” tutto quel che abbiamo affrontato nell’ultimo periodo (non parlo solo di eventi negativi, eh, anche le forti emozioni felici!) e la stanchezza non ci ha mai abbandonato e spesso sembra sopraffarmi.
Anche perché nuovi contrattempi e problemi di salute continuano a sorprenderci e sfiancarci.
Però.

Mi hanno dimessa di venerdì, primo pomeriggio. 
Era l’ultimo giorno di scuola materna del ricciolino e noi siamo arrivati a prenderlo, direttamente dall’ospedale, nell’ultima mezz'ora utile, con la sua sorellina (orsetto era ancora ricoverato in TIN).
La sera stessa, siamo stati a vedere il ricciolino e gli altri bimbi al concerto di percussioni organizzato dalla scuola.
Ero dimagrita, mal messa e stravolta, ma mi sono sentita a casa, euforica di essere con il ricciolino, di poter salutare le maestre al termine del bellissimo percorso scolastico e, soprattutto, ho sentito la forza dell’affetto sincero di tante persone non appartenenti alla cerchia familiare e da cui non mi aspettavo tanta attenzione.
E ho continuato a sentirlo nei giorni e nei mesi successivi.
Così come ho sentito forte e chiara la vicinanza di tante amiche virtuali conosciute tramite questo piccolo spazio in rete.

E niente, avevo ragione: mi sono sentita subito meglio e più forte.
Non so se è quando sarò in grado di ricambiare e se sono stata capace di far sentire la mia gratitudine agli amici ed ai conoscenti per ciò che hanno fatto per me, per noi.
Non so se il cerchio di affetto che ci ha circondati sia dipeso da luogo in cui viviamo, dal nostro stile di vita e da quello delle persone che frequentiamo, o da semplice fortuna o se sia sempre così.

Però so che non dimenticherò e non finirò mai di essere riconoscente per chi ci ha aiutato e per tutti quelli hanno avuto per noi gesti gentili e parole di incoraggiamento ed affetto.

mercoledì 13 dicembre 2017

Ricapitolando. Ovvero, pezzi di vita.

Il tempo scorre troppo in fretta, anche se a momenti sembra non passare mai.
Non riesco ad annotare quanto vorrei la vita che vivo.
Eppure c'è.

Nell'ultimo mese, giorno più, giorno meno:

- il ricciolino ha messo per la prima volta i pattini da ghiaccio.
Dopo due ore di pattinaggio entusiastico (paura e difficoltà zero), è caduto di faccia, battendo il naso.
Abbiamo terminato la serata al pronto soccorso, per fortuna senza alcuna conseguenza.
E poi ha pattinato di nuovo e io con lui (no, non sono mai caduta, però di paura ne avevo!);

- Orsetto ha iniziato lo svezzamento, perchè di pianti, rigurgiti e sua sofferenza, ne avevo abbastanza.
Pappa lattea, frutta, qualche passato con farine ecc. e, a seguire, comunque il biberon.
Bene, non benissimo ma meglio di prima.
In teoria avrebbe iniziato anche Principessa ma a parte sputacchiamenti e facce schifate, non abbiamo portato a casa nulla. Quindi per ora continua con il biberon e pace;

- abbiamo festeggiato il compleanno del ricciolino, quest'anno solo con nonni, zii e cugini, come da sua espressa richiesta. E' stato bello ritrovarsi e fare insieme le torte. Ora però basta fino a Natale!

- sono stata alla riunione del nido, ho iscritto i piccoli e concordato la data dell'inserimento.
Poco più di sei mesi e si inizierà, a breve.
Io non sono pronta, per nulla. Loro, al solito, saranno più bravi di me.
Comunque sia, sono emozioni forti;

- sono stata a teatro con il ricciolino, una cara amica e la sua bimba. Abbiamo visto Pinocchio, a breve assisteremo ad uno spettacolo natalizio. Attori bravissimi, bellissimo uscire soli io ed il ricciolino, ancora di più avere anche un appuntamento fisso con la mia amica e vedere i nostri bimbi incantati dallo spettacolo. E lo devo a lei, che mi ha avvisato in tempo (e si è pure fatta da sola la lunga coda per gli abbonamenti).

- abbiamo addobato la casa a festa. 
La nuova casa, per il suo primo Natale con noi.
Poi ha anche nevicato e reso tutto più magico (e più scomodo).
E niente, anche queste sono emozioni;

- il portafogli perso è stato ritrovato. Troppo tardi per evitare di rifare tutto ma tant'è. Era nell'ovetto di Principessa. Dentro la fodera, sotto il sedere. Roba che se lei non ci avessse rigurgitato sopra costringendomi a smontarlo interamente e il ricciolino non ne avesse approfittato per usarlo come dondolo per improvvisate montagne russe, non sarebbe mai uscito;

- pure la gattina, scappata dopo il trasloco, c'è. Solo che gira nei dintorni, risponde miagolando alle chiamate, qualche volte si fa accarezzare, mangia il cibo lasciato fuori dalla porta ma stop. Non entra, graffia se presa in braccio, si inselvatichisce ogni giorno di più. Però sta bene e questo attenuta il dispiacere.

- ho affrontato i primi colloqui con le maestre alla scuola elementare. Seduta davanti ad un banchetto, con tre maestre dietro ad una fila di banchi uniti a guardarmi. Quasi mi sentivo sotto inquisizione, riportata di botto indietro nel tempo.
E' andata bene, il ricciolino è vivace ma bravo. Io, comunque, non avevo dubbi in proposito;

- andiamo regolarmente in palestra ad arrampicare e qualche soddisfazione c'è anche per me. Il mal di schiena, però, è tutt'altro che un ricordo. Temo mi perseguiterà ancora per molti mesi;

- abbiamo trascorso tre giorni interi a montare mobili. Potrebbero rilasciarci un diploma in materia, ormai. Sono venuti bene, quasi tutti. Ora lo spazio e i contenitori ci sono, non resta che svuotare scatoloni e mettere ordine. Quando, non si sa.

Che altro?
Ah sì, ho finalmente il mio piano e quindi ho ricominciato a suonare.
Gioia pura, anche se, dopo tanto tempo, è un pò come ricominciare da capo.

Quanto ai miei bimbi (tutti e tre), a volte urlo, mi dispero e mi sento esaurita.
Poi uno di loro mi sorride.
E passa, ovvio, cosa lo dico a fare?
Alcuni la chiamano "tenerezza", io penso che sia una vera e propria arma segreta di cui la natura ha dotato i cuccioli di ogni specie.

Nel frattempo, casa nostra è sempre un porto di mare, riempita ad ondate di parenti, amici, conoscenti. Feste, pizzate, cene, merende. Quasi sempre improvvisate. Ogni occasione è buona e, per quanto a volte sia faticoso, ci piace proprio così.

E a voi? Come va la vita? Cosa mi sono persa, frequentando poco il web?

giovedì 30 novembre 2017

Il momento migliore

Ultimamente il momento più bello delle mie giornate non è quello in cui tutti e tre i bimbi sono stati sfamati e messi a letto e, finalmente, dormono. Quello è il secondo.



Il momento più bello è quello in cui la casa è ancora immersa nel silenzio, pochi rumori ovattati giungono dalle vie dintorno, qualche luce inizia ad illuminare le finestre vicino e casa nostra.
Io sorseggio la mia acqua calda, preparo la merenda per scuola del nano e il primo biberon, qualche volta, se è abbastanza presto, mi faccio il caffè in solitudine.
Poi vado in camera e li sveglio, uno per uno.

Orsetto dorme a pancia in giù, raggomitolato e compatto.
Lo prendo in braccio delicatamente e lo volto verso di me.
Lui si stiracchia e sospira, si stropiccia gli occhi con i pugnetti e poi, con calma, spalanca due sfere azzurrissime, mi guarda e si apre in un tenero sorriso.
Lo cambio e lui continua a sorridere, stiracchiarsi e aggrapparsi alle mie mani ed alle mie braccia.
Io lo sbaciucchio e me lo coccolo.
Quello è il momento migliore della mia giornata.

Principessa dorme a pancia in su, con le braccine aperte ai lati della testa, le mani gelate sempre fuori dalla coperta e/o dal sacco nanno, completamente abbandonata al sonno.
Le sfioro le manine e le guance e la chiamo e lei sorride già prima di aprire gli occhi.
Poi mi guarda e ride anche nelle profondità nocciola del suo sguardo.
Scalcia e si agita perchè la prenda in braccio.
Mentre la cambio, continua a sorridere con le gote rosse e si stiracchia.
Poi controlla la stanza e sembra registrare la situazione.
Purchè non ci metta troppo tempo, perchè lei la mattina ha fame.
Quello è il momento migliore della mia giornata. 

Il ricciolino è sempre a pancia in giù ma un pò storto, di solito di traverso nel letto, scomposto e abbracciato alla sua nanna e/o ad un altro peluche.
I riccioli biondi formano un groviglio, il corpo caldo e sempre un pò scoperto, che non c'è pigiama o piumone che tenga.
Lo chiamo, lo bacio, lo accarezzo, lui si gira e rigira, sospira, protesta e non si alza.
Se va bene apre gli occhi.
lo tiro su con fatica e me lo abbraccio stretto, anche se diventa ogni giorno più lungo.
Il suo risveglio dura 15/20 minuti e non è più poetico come quando era un bebè.
Però mi sorride e si illumina, almeno una volta.
Quello è il momento migliore della mia giornata. 

Un momento, anzi tre.
Che mi scaldano il cuore, che mi danno forza e che mi porto dentro tutto il giorno, pronti ad essere rievocati e assaporati all'occorrenza.

giovedì 16 novembre 2017

Di gelosia, pavor nocturnus e sonnambulismo

A quattro mesi e mezzo dalla nascita dei fratellini, il ricciolino inzia a manifestare un pò di gelosia e chiede attenzioni.
Circostanza che mi rassicura, in un certo senso, perchè preferisco che esterni il suo malumore, quando c'è e chieda coccole, piuttosto che tacere e stare male.
Almeno così posso parlargli e correre ai ripari, per quanto possibile.

Il momento in cui si manifesta di più la gelosia è la sera.
I piccoli, infatti, dormono in camera con me/noi, per evitarmi di fare le scale continuamente. Il ricciolino, però, ha la nuova cameretta al piano di sopra.
Un pò perchè non è ancora abituato alla nuova casa, un pò perchè è l'unico a dormire sopra (anche se le porte ancora non ci sono!!!), un pò per i fratellini, vuole dormire nel lettone o, comunque, vi arriva durante la notte, praticamente sempre.
Ad essere sincera, a me non disturba più di tanto, dal momento che comunque il sonno interrotto ce l'ho sempre, però tentiamo di non fargli prendere l'abitudine.
Però, insomma, le notti si stanno facendo troppo movimentate in questo periodo!

Una notte, verso le due, io e l'Alpmarito veniamo svegliati di soprassalto da un botto e rumore di ceramica/vetro che si rompe.
Ci mettiamo a sedere spaventati e ci accorgiamo che il ricciolino si è infilato nel lettone.
Io penso subito a ladri, l'Alpmarito, razionale, obietta che sarebbero ladri ben maldestri per fare tutto questo chiasso.
Ci alziamo e controlliamo la casa, in cerca della fonte del rumore. Nulla.
Mentre stiamo tornando a letto, quasi inciampo su un piatto. Sì, un piatto fondo di ceramica, per terra davanti al fondo del letto.
L'Alpmarito allora collega il tonfo al senso di pressione sui piedi che ha sentito subito prima di girarsi e sentire il rumore.
Evidentemente il piatto era stato posato in fondo al letto e lui, muovendosi, ne ha provocato la caduta.
Il mistero però, è come ci sia finito, visto che entrambi siamo sicuri che la sera non fosse lì!

Noi, una spiegazione ce la siamo data, soprattutto perchè la mattina, il ricciolino ci ha confidato di aver avuto fame durante la notte...

Eh già.
Ci sono stati un paio di episodi di pavor nocturnus, con il ricciolino che gridava nel letto con gli occhi sbarrati, dormendo, sudaticcio.
Poi ci sono gli incubi di cui racconta ogni tanto al mattino e..episodi di sonnambulismo.
Una notte ho sentito che il ricciolino scendeva le scale e si dirigeva verso quelle che portavano all'ingresso, dove avevamo dimenticato la luce accesa, chiamando suo padre.
Peccato che il suddetto padre avesse dato una mano di tintura protettiva ad acqua la sera prima sugli scalini di legno e dunque dovessero asciugare...
Mi sono precipitata a fermarlo, scoprendo che dormiva.
Un'altra notte l'ho trovato che piagnucolava in bagno, poichè dormendo cercava di tirare su l'asse del wc per fare pipì e non lo trovava, perchè era già su.
Piu' spesso, lo sento o lo vedo parlare, andare a bere, spostare giochi o cuscini..tutto dormendo.

Altri genitori, mia madre e mia suocera in primis, mi hanno assicurato che l'inizio della sucola elementare ed i 6/7 anni per molti bambini sono il momento dei primi incubi e pure mio fratello maggiore e mio marito sono stati sonnambuli, da bambini (va bè, l'Alpmarito ancora parla, nel sonno, ma solo in francese!!!), dunque la cosa non ci preoccupa, anche perchè questi episodi si verificano sia che dorma con me/noi o da solo (segno che non è questione di gelosia o di paura dettata dalla solitudine) ma...confesso che prima di dormire controllo finestre, porte e gas...non si sa mai!

E voi, confermate che ci sono periodi in cui i bambini hanno un pò di incubi? Se sì, quando è successo ai vostri figli?



martedì 14 novembre 2017

Un neonato o due gemelli: differenze

Un neonato e due gemelli: differenze


Premessa: questo post non vuole essere una lamentela (la maternità gemellare comporta un carico di amore e soddisfazioni che ben può immaginare qualunque mamma e che non sono in discussione), ne’ ha lo scopo di terrorizzare le future mamme e, in particolare, chi attende gemelli.
Però l’effetto potrebbe essere quello, quindi astenersi donne facilmente impressionabili!

1- L’arrivo di un neonato rivoluziona gli spazi di casa, tra vestitini, biberon, sdraietta, culla, fasciatoio ecc.
Con due, a parte il fasciatoio, serve tutto doppio, con conseguente aumento di ingombro e di costi (salvo prestiti, di cui mi sono ampiamente avvalsa).
Io, per esempio, ingenuamente pensavo di poter far dormire i gemelli insieme il primo anno, visto che il lettino che avevo era grande ed il ricciolino lo ha usato fino ai tre anni: ho dovuto farmi prestare subito una culla e, fra poco, un altro lettino, perché i due messi vicini si disturbano e danno “botte”. Involontarie, eh, ma sempre botte sono.
Stessa cosa per il passeggino.
Pensavo di poter usare qualche volta il singolo o la singola carrozzina, infilandocene due, nei primi mesi.
Vi dico solo che ci sono riuscita un’unica volta e la principessa di casa ha infilato un bel dito nell’occhio all’orsetto.

2- Il costo della vita aumenta esponenzialmente. È più difficile riuscire ad allattare, tanto più in via esclusiva (leggenda vuole che si possa, io però non ho mai parlato con nessuna che lo abbia fatto davvero), dunque ci vuole il latte in polvere. Tanto. E tanti biberon.
Il consumo spropositato di pannolini è presto detto: viaggiamo su una media di 10 al giorno, dunque un pacco standard ci dura due o tre giorni.
Impossibile pensare a quelli lavabili: non potendo passare il pannolino da un figlio all’altro e dovendo duplicate la scorta base, diventa arduo ammortizzare la spesa. 
Non è solo un problema economico, anche se dovendo acquistare doppio la botta è pazzesca (lo so che con due figli di età diverse sarebbe lo stesso ma, credetemi, diluire i consumi fa la differenza).
E’ un problema logistico.
Per chi, come noi, era abituato a una spesa “grossa” ogni quindici giorni, è stravolgente accorgersi che le scorte non bastano mai…per non parlare di caricarle in macchina!

3- Inoltre c’è il problema dello stoccaggio e della raccolta rifiuti. 
Nel mio paese, ad esempio, l’indifferenziata viene ritirata una sola volta a settimana, mentre noi abbiamo un sacco di pannolini ogni due giorni.
Vi lascio immaginare la puzza.

4- Vestiti e bavette doppi. Lavatrici sempre piene, sterilizzatore sempre in funzione.

5- Non si smette mai di somministrare pasti. Con un neonato, si hanno dei momenti di tregua. Quando i pasti iniziano a distanziarsi di tre o quattro ore, si riacquista autonomia di movimento. Con due per ottenerla bisogna sincronizzarli perfettamente, ergo dargli da mangiare in contemporanea e dunque essere, preferibilmente, in due sempre. 
E anche così non basta, perché ciascuno ha i suoi ritmi e non sempre coincidono.
Dunque uno dei due dovrà sempre mangiare quando dovrete uscire.

6- Corollario del punto precedente, quando uno dorme, l’altro è sveglio. 
Se si sta per uscire, uno dei due farà la cacca o rigurgiterà. O entrambi.
E’ matematico.
Riposare di giorno è impossibile. Va già bene se di notte dormono entrambi.

7- Passeggino e seggiolino auto, vestizione e svestizione, borsa del cambio e dei biberon. 
Muoversi con un neonato è sempre impegnativo, lungo o corto che sia il tragitto.
Con due, è una avventura: il passeggino doppio, indipendentemente dal modello, è ingombrante. Non passa dalla porta dei negozi e dei bar, non passa in mezzo alle macchine se parcheggiate vicino, non si chiude mai con una mano sola, spesso non sta neppure sui marciapiedi, troppo stretti o ingombri e, in più, è doppiamente pesante.
A questo aggiungeteci doppi cambi, biberon e vestizioni e avrete un’idea del tempo che si impiega per prepararsi e uscire e di come sia poco agevole muoversi.
Fasce e marsupi? Certo, quando sarete con uno solo, ovvero raramente.

8- Capitolo auto. Se avete anche un altro figlio ancora in età da seggiolino, preparatevi a passare a quei fantastici modelli monovolume, stile furgoncino. Che, non me ne voglia nessuno, saranno pure comodissimi ma, insomma, l’estetica è un’altra cosa e il piacere di guida pure. Per non parlare del costo.

9- I pianti. Inevitabili. Perché puoi essere presente finché vuoi ma ci sarà sempre un momento in cui hanno fame entrambi e piangono, sono sporchi o stanchi entrambi e piangono ecc. e più di uno alla volta in braccio è impossibile tenerne. Ed è straziante, a volte, oltre che gravemente pericoloso per la vostra sanità mentale ed i rapporti di vicinato.

10- Il male alla schiena e alle spalle. Anche senza volerli tenere spesso in braccio, per evitare i pianti, saranno pochi i momenti in cui non ne avrete su uno. Il pasto, il ruttino, l’addormentamento, le coliche ecc., a turno o, purtroppo, in contemporanea (così uno piangerà, vedasi punto precedente).
Schiena e spalle, purtroppo, ne patiranno le conseguenze.

11 - La disponibilità a tenerli. Anche la nonna più in gamba e giovane, con due non reggerà quanto con uno. E non obietterà quando annuncerete di volerli iscrivere al nido a sei mesi.

12-  Le domande e battute della gente. Ne vogliamo parlare? Meglio di no, dai, potremmo scrivere un trattato. Sappiate, però, che sarete considerati un po’ un fenomeno da baraccone, sempre.

Tranquilli, però, vi sono anche aspetti pratici positivi.
Un esempio? Non vi accorgerete di come siete conciate, perché non avrete il tempo di guardarvi allo specchio; non avrete bisogno della palestra per recuperare la linea, poiché sollevamento bimbi e passeggino appiattiranno la pancia in men che non si dica. E poi non avrete tempo per mangiare o lo farete sempre con una mano sola. 
Se, come me, avete tante scale in casa e siete sole, anche la cellulite non sarà più un problema: lo step che farete per entrare e uscire di casa basterà ad eliminarla.
Ah, quasi dimenticavo. Molto probabilmente, i primi mesi, non vi serviranno neppure sistemi contraccettivi.


No. Decisamente uno non fa per due.

lunedì 16 ottobre 2017

Son giorni in cui...

Son giorni in cui reinventare.

Son giorni caotici, stancanti e strani.
Son giorni in cui frenesia e corse si alternano a momenti di pace e affettuosità, come i pianti disperati, spesso all’unisono, a dolcissimi sorrisi e mani baffute da stringere e baciare.
Son giorni da mamma che deve anche riuscire a lavorare, anche se ne farebbe a meno. O forse no. Chissà.
Son giorni di scatoloni abbandonati negli angoli, lavori e lavoretti che sembrano non finire mai, scelte continue da prendere e intoppi come se piovesse.
Son giorni di solitudine e nervosismo ma anche, all’improvviso, di famiglia.


Cerco una routine quasi impossibile, organizzo e preparo senza riuscire mai neppure a pareggiare, rincorro impegni miei e non, agognando riposo e aiuto, che però poi non so chiedere o che comunque non servirebbe, perché il più non è delegabile.

 Mi sento enormemente fortunata, ma anche prosciugata.
Navigo a vista, senza riuscire a vedere la riva, pur sapendo che deve pur esserci, da qualche parte.
Contrasto le lacrime con i sorrisi, rispondo che va tutto abbastanza bene nella speranza di convincere me stessa per prima. 
E poi, a volte, mi accorgo che è proprio così, che va bene davvero, che il peggio, per ora, è alle spalle.
Basterebbe dormire di più.


E intanto, penso e mi interrogo. Troppo. Come al solito. Perché a volte si può solo mettere un piede davanti all’altro, curando di riuscire almeno a saltare gli ostacoli e sperando di non perdersi l’ un l’altro in corsa

lunedì 21 agosto 2017

#Scintille di gioia n. 8 (21.08.2017)

Scintille di gioia


L’ultima settimana, ancor più delle altre di questa estate, è stata strana, quasi surreale. 
Ho vissuto un po' fuori dal tempo, complice il silenzio lavorativo ed extralavorativo delle vacanze altrui, la sospensione degli allenamenti del ricciolino ed i ritmi rallentati della cittadina.
Presa dai miei soliti impegni da mamma ma più libera da altri incombenti e pensieri, fatta eccezione per quelli derivanti dal cantiere.

In tutto ciò, pur nella stanchezza ormai cronica ed estrema, ho vissuto più di un momento di gioia e voglio ricordarlo.

1- il mio primo giro in moto dopo anni. L’occasione è stata una commissione per la casa, che si è trasformata in un pretesto per stare un paio d’ore soli, io e lui, a cavallo della moto. 
L’ebrezza dell’aria fresca, delle curve e del contatto, anche se  la spensieratezza del periodo “pre maternità” non tornerà più.

2- la perdita del primo dentino. Ebbene sì, il ricciolino ha perso il suo primo dente da latte e lo ha fatto a suo modo, senza drammi o scene plateali.
Semplicemente, nel pomeriggio, in una pausa dei suoi giochi con gli amichetti, è venuto a bere ed ho notato il buchino. Lui neppure se ne era accorto!
Io mi sono commossa, quasi stupendomi che un tale avvenimento, che segna la crescita del mio bambino, non fosse accompagnato da squilli di tromba.
È una sciocchezza lo so, ma le lacrime hanno fatto capolino dai miei occhi mentre, contemporaneamente, pensavo a quanto sono fortunata ad essere mamma del mio ricciolino.

3- sono tornata ad arrampicare, dopo la pausa dovuta alla gravidanza. 
Si è trattato di metter su la corda in tre monotiri facili, in falesia, per far salire il ricciolino ed un suo amichetto, dunque nulla di particolarmente impegnativo o esaltante, d’accordo.
Però intanto ho rimesso le scarpette ai piedi, l’imbrago ai fianchi (e mi sta ancora,yeah!) e le mani sulla roccia calda.
Son soddisfazioni.

In più sono stata al lago con mia madre e i bambini, riuscendo persino a fare il picnic con i gemellini, due volte, e poi siamo riusciti ad incontrare amici e amiche che non vedevamo da tempo, chiacchierando piacevolmente.
Insomma, tra una poppata, un cambio ed un rigurgito, sprazzi di gioiosa normalità e socialità !
Con questo post partecipo all’iniziativa del lunedì “Scintille di gioia” ideata da Silvietta.
Se volete partecipare anche voi- ed io vi invito a farlo- queste sono le regole da seguire:

1- utilizzando l'hastag #scintilledigioia condividete con una foto su Instagram, Facebook, Twitter e/o un post sul blog tre momenti felici vissuti la settimana precedente;

2-nominate il mio blog e date le istruzioni su come partecipare;

3- invitate chi volete a partecipare a questo bellissimo gioco;


4- inviatemi i vostri momenti felici alla mail fiorellinosn@gmail.com mettendo come oggetto "Scintille di Gioia", in modo che io non me ne perda nemmeno uno