venerdì 29 marzo 2013

Mettici un'ora al nido e...

.......trovi positività
Ieri è stata una giornata intensa.
Io e l'Alpmarito, insieme alle mamme di altri due bimbi della stessa età del nano, siamo stati al Nido un'ora e mezza per vedere i nostri bimbi nel loro ambiente.
E' stato emozionante e bellissimo.
Il nano era sorpreso e felice di vederci, abbiamo giocato a fare travasi con la farina gialla e tanti vasetti e mulinelli, come quelli per la sabbia, a piedi nudi, con i tre piccoli e altri bimbi appena più grandi.
Tutti interagivano serenamente con noi, il nano mi lanciava la farina e sporcava i pantaloni tutto felice, ed incredibilmente, proprio i tre piccoli sono stati quelli che si sono concentrati più a lungo sul gioco, per quasi un'ora.
Forse forse, nei momenti di crisi potrei riempire la vaschetta del bagnetto di farina gialla e piazzarla in salotto!!!!
Poi ci siamo sposati in un'ampio salone dedicato a corse e capriole, abbiamo fatto una battaglia di palline asserragliati nel castello contro il papà e i bimbi fuori, e poi scivoli, saltelli sulla palla gonfiabile e tuffi in un mare di palline (ma quanto mi piacciono????)
Sono stati dei momenti gioiosi, spensierati, allegri, teneri e commoventi al tempo stesso.
E quando siamo usciti, lasciando i bimbi a prepararsi per il pranzo, il nano non voleva allontanarsi dal papà, poi però è bastato che la sua maestra preferita gli proponesse di aiutarla a riordinare i giochi, che le ha preso la mano e ci ha salutati.
E si vede che la maestra lo conosce bene, il mio nanetto già tanto grande, per molti aspetti, e tutto precisino.
Quando sono andata a prenderlo, un'altra maestra mi ha riferito che mentre mangiava la pappa continuava a racconatrle che aveva "oato" con la "faina" con mamma e papà.
Ho sempre saputo che al Nido il nano è ben inserito e si diverte, perchè ci va volentieri e fosse per lui, anche se è contento di vedermi quando arrivo, credo si fermerebbe anche qualche ora in più. Vederlo con i nostri occhi, però, è stato veramente bello e rassicurante.
Ho persino provato un pò di invidia per le maestre che trascorrono il loro tempo lavorativo con dei nanetti così simpatici, allegri, teneri. Io, che ho sempre pensato fosse un lavoro massacrante e che non farebbe per me prendermi cura di tutti quei bimbi non miei, in quel momento le ho invidiate.
Anche se ogni tanto il nano torna a casa con qualche graffio o livido, ho avuto la conferma che abbiamo fatto la scleta giusta per lui. Rassicurante.
E poi dopo cena sono anche andata al corso di fotografia ed è stato bello, anche se ora ho sonno da morire.
Ho bisogno di positività, in questo momento di difficili decisioni, conflitti e discussioni per una casa che non è quella che vorrei, perchè non so quello che vorrei e non riesco a trovare il coraggio di rischiare e la chiave per farmi capire, ma di cui non si può più fare a meno.
E incredibilmente, ora splende anche il sole.
Speriamo duri.


giovedì 28 marzo 2013

Di una bella collaborazione e di passeggini

Da oggi inizio una nuova piccola avventura.
Una collaborazione (free) con un bel sito, in divenire: http://www.consiglididonna.it, gestito da una coppia davvero gentile, competente e simpatica.
Quindi, ogni tanto, troverete dei miei articoli anche lì.
Niente di stratosferico, è solo un hobby, ma visto che mi piace scrivere e trovo molto bella l'idea di essere d'aiuto, nel nostro piccolo, ad altre donne e mamme alle prese con maternità, vita quotidiana e nanetti, ho colto questa bella opportunità.
Spero che abbiate voglia di andare a sbirciare su questo sito, tra l'altro molto carino...

Questa volta, vi racconto di come io e l'Alpmarito abbiamo scelto e trovato passeggino e trio (nel nostro caso, in realtà, duo): http://www.consiglididonna.it/durante-la-gravidanza/tempo-libero/acquisti-per-il-bebe/scelta-del-passeggino

lunedì 25 marzo 2013

Il suono dell'amicizia



Nel tempo, alcune amicizie mi hanno deluso e fatto soffrire.
Ho vissuto la fine di un’amicizia come una tragedia, l’emozione amplificata dall’adolescenza, la delusione accuita dal fatto di aver dedicato anni e anni a coltivare quel sentimento, a condividere la vita, i giochi, i pensieri, i sogni, gli amori con una persona che poi ha scelto altre, non all’altezza ma più in vista, più “famose”.
Ed è stato un perdersi per mai più ritrovarsi, troppo cose non dette, non chiarite, troppi silenzi, troppi torti o presunti tali e adesso non so più neanche perchè è finita, ma so che è stato un dolore forte e ora quando la vedo non c’è più nulla, neppure rimapianto, solo indifferenza.
Altre volte, l’amicizia si è persa in scuole diverse, studi diverse, “giri” diversi, stemperandosi con il tempo, come un’acquarello bagnato dalla pioggia.
E mi è rimasto un senso di nostalgia, perchè il filo che ci uniova ci è scivolato di mano in un torrente vorticoso di impegni e conoscenze e quando ce ne siamo accorti era ormai troppo tardi, troppo difficile, o forse, semplicemente, non ci univa più nulla.
Poi ci sono le volte, tante, troppe, in cui credevo in quel sentimento più di quanto ci credesse l’altra/o e qaundo pensavi di essere importante, un amico intimo, un confidente prezioso e scopri che non lo sei, fa male, anche se sei già “grande” e di delusioni ne hai già patite.
Il fatto è che per me l’amicizia è qualcosa che dura nel tempo e non nasce mica con tutti, ma quando c’è è profonda e duratura.
Per altri, però, evidentemente no.
E allora è ancora più bello ed emozionanate scoprire che certi amici, invece, non mi hanno mai lasciata.
Ci sono stati in momenti per me cruciali, anche se forse non lo sapevano neppure che per me fosse così importante. Ci sono al di là del tempo e dello spazio.
Sono quelli amici che senti poco, ma ogni volta è come se non vi foste mai lasciati. Quelli che anche se hanno fatto scelte di vita e percorsi diversi, se sono diversi per idee e opinioni, sono uguali a te o complementari a te e vuoi loro bene, perchè loro ne vogliono a te e sai che ti conoscono davvero e ti accettano.
Sabato sera, finalmente, ho avuto a cena un’amica così e mi ha detto quello che pensavo anche io: so che non ho bisogno di chiamarti tutte le settimane per restare amici.
Ed è stato bello e piacevole e non c’era bisogno di parlare di massimi sistemi perchè il bello era essere insieme e basta, così, con i nostri nani che giocavano e interagivano e le risate “di pancia”, uno sguardo complice e tutto come 28 anni fa...quando eravamo poco più grandi dei nostri nani e ci divertivamo.
E allora, amica cara, anche se non sai neppure di questo blog, perchè mi vergogno a dire che c’è, che scrivo, che sono anche questa,, ho sentito voglia di renderti parte di questo, in qualche modo.
E forse, alla fine, a te lo dirò, che mi trovi anche qui.

domenica 24 marzo 2013

Come zucchero filato



Monterosaski, per me, il più comprensorio di Piemonte e Valle d'Aosta (salvo Limone Piemonte e La Thuile, che ancora non conosco)




Ci sono giorni soffici, come un bastoncino di zucchero filato, freschi e leggermente frizzanti, come un bicchiere d’acqua gassata.
Ci sono giorni lievi e caldi, di un tepore che nasce da dentro.
Sono i giorni in cui ti prendi una pausa, anche se solo per una mattinata, e vai a sciare e ritrovi come d’incanto i sorrisi, la complicità, la leggerezza dell’amore e del tempo.
E la neve di primo mattino, di quella che sai già che all’una sarà sci d’acqua ma per intanto è perfetta e te ne freghi perchè tanto all’una sarai a mangiarti le mitiche crespelle alla valdostana nel tuo rifugio preferito, insieme a Lui e ad un bicchiere di rosso (e di troppo), dove ti senti sempre a casa perchè è anche casa tua, lì ci hai lavorato, lì conosci, lì hanno visto nascere il vostro amore.
E scii, con le piste quasi vuote, solo stranieri in settimana bianca e niente code e niente ressa, anche se qualche badòla riesce comunque a tagliarti la strada e non capisci come si possa essere così incapaci e noncuranti.
Ma pazienza.
Perchè è un giorno speciale e il cielo per il momento è azzurro e anche se poi si velerà non importa perchè vivi il presente e dopo ci sarà il nano da andare a prendere all’asilo e la casa e il lavoro.
Ma non ora.
Ora ci sono le piste per te, per Lui, per gli sci ancora nuovi, perchè da Natale a oggi non è che le occasioni siano state tante.
E si scia, una pista dopo l’altra, una nera dopo l’altra, senza fiato e senza soste, e piega le gambe, le lamine che mordono e il vento tra i capelli, che tanto comunque fa caldo.
Il sole in seggiovia, poche curve spinte e tanta velocità, che questi sono sci da gara e mica si possono far solo pascolare, bisogna mordere la neve, se no cosa li ho a fare e tanto la nera è tutta nostra e per una volta si può spingere al massimo.
Una discesa dopo l’altra.
Quattro ore di fuoco e di neve, che sudi e fili via e ti senti brava ed elegante, anche se non è tutto merito tuo, hai gli sci giusti e la neve perfetta e tanta potenza nelle gambe.


E poi, al pelo, l’ultima seggiovia consentita dallo skipass (che non si spreca nulla) e il rifugio e un amico che aspetta e le crespelle messe da parte, nulla lasciato al caso.

Chiacchere, bis e torta ai mirtilli, caffè e per qualcuno anche il pussa-caffè e poi l’ultima nera goduta fino in fondo, in un soffio, mentre superi i badòla della domenicache un pò ti fanno pena e un pò li ammiri, perchè se tu facessi così fatica a scendere non avresti mai la forza e la voglia di farti tanti chilometri per una pista.
 
Il nano che ci aspetta a casa, baci e risate, una doccia, un paio di mail, due telefonate, giochi e aperitivo con amici, che la giornata va vissuta fino in fondo..


E poi...... niente, si va a letto con le ginocchia gonfie e doloranti, le spalle anchilosate e due, solo due pensieri: se continuo così, con questi sci, è meglio che il casco me lo compri davvero e........ma come diavolo facevamo, solo qualche anno fa, beati universitari, a farlo tutte le settimane, più volte a settimana, tutto il giorno, con un panino al volo???????
E' l’età, ma l'essenziale, in fondo, resta.


p.s. Ma domani, riuscirò a camminare? Sonno profondo.

venerdì 22 marzo 2013

"Il problema è che viviamo"



“- Il problema non è il cibo, non è la fame a farci soffrire.
  - E allora cosa?
  - Il problema è che viviamo. Che troviamo sempre quel tanto che basta per tenerci in vita e così siamo obbigati a restare  in quest’inferno.”

Non credo e non voglio credere che un simile dialogo possa davvero avvenire tra due bambini di dieci  anni.
Forse, però, quando vivi in strada in una città come Bombay fin dalla nascita, dieci anni valgono una vita intera.
Chmadi, il protagonista di questo romanzo, così lirico e così drammatico nello stesso tempo, che è “Il bambino con i petali in tasca” di Anosh Irani,  sa  riconoscere i bambini orfani come lui dagli occhi, che hanno sempre una patina di tristezza che nulla sa far passare.
Però sopravvivono, almeno alcuni, e per questo si sentono fortunati e condannati al tempo stesso.
Chamdi soppravvive grazie al suo passato all’orfanotrofio, dove è stato in qualche modo amato e accudito e dove ha potuto fare scorta di sentimenti ed insegnamenti positivi.
Grazie ad essi, o forse perchè è la sua indole, Chamdi sogna ad occhi aperti e alimenta una speranza che non si infrangerà neppure dinnanzi alla morte di un amico, alla violenza di un “padrone”, alla tragedia di un omicidio.
Perchè , nonostante tutto, il cuore di Chamdi è  buono, come quello  della sua amica Guddu, c he vola con la forza di una canzone.
La speranza, la fantasia  e  l’amicizia sono paracaduti indistruttibili e preziosi, come i petali colorati di una bungavillea.

“L’uomo ha gli occhi chiusi ma parlotta tra sè. Anche Amma lo fa, pensa Chamdi. Una città di così tante persone, e loro non riescono a parlare con nessuno”.

Vale  senz’altro la pena di leggere questo romanzo ma forse, se stavate programmando un viaggio in India, ve ne passerà la voglia.
O forse no , e guarderete i bambini con altri occhi.

Questo post partecipa al Venerdì del Libro di HomeMade Mamma, http://www.homemademamma.com/category/venerdi-del-libro/

giovedì 21 marzo 2013

Blog che ispirano (ed inspirano)!

Una persona il cui blog conoscevo poco poco e che sto inparando ad apprezzare (http://ilmiograndecaos.blogspot.it/2013/03/very-inspiring-blogger.html)  mi ha fatto la gradita sopresa di mandarmi questo premio oltre che farmi dei complimenti che mi fanno piacere, un grande piacere.
E allora, non posso che stare alle regole, che pare prevedano dica sette cose di me, e passi il testimone ad altri.

1. Mi capita di ricordare intere frasi, poesie, copertine,titoli e autori, nomi dei protagonisti, luoghi e descrizioni di un libro ma dimenticare come finisce. Credo sia il mio subconscio che vuole che li rilegga.
2. Per restare in tema.....spesso leggo le ultime due pagine del libro dopo il primo capitolo. DEVO sapere come finirà o almeno illudermi di saperlo, altrimenti non riesco a godermi tutto quello che sta in mezzo, ossia la parte più bella.
3. Mi mangio le unghie e non metto mai lo smalto.
4. Non mi trucco perchè praticamente tutte le marche mi creano irritazione e dopo un paio d'ore non le sopporto.
5. Ho tantissime allergie, alimentari e no.
6. Adoro i cappelli e ogni tanto ne compro qualcuno anche se poi non oso metterli
7. Il pomeriggio, spesso lavoro o scrivo al computer con il nano in braccio che dorme, perchè mi piace averlo vicino e sentire il suo corpicino caldo e il suo respiro (ma non ditelo al papà, che penserebbe che lo vizi troppo!)

Quanto a chi inviare il premio...
http://contofinoa3.blogspot.it/ perchè questa donna, questa mamma, è forte e mi piace, anche quando è in crisi...
http://aspettandogiulia.blogspot.it/, perchè sua figlia, che si chiama come me, è un mito, perchè riesce a raccontare episodi di vita quotidiana con passione e amore, perchè la leggo sempre volentieri
http://dafidanzataamoglie.blogspot.it/, perchè l'ho scoperta da poco ma mi ha già fatto tanto ridere
http://quasigiovane.blogspot.it/, perchè le sue parole spesso sono poesie, perchè è giovane e saggia al tempo stesso, perchè leggo il suo blog da poco ma non ho intenzione di smettere
e infine a 
perchè mi sono accorta che spesso la pensiamo nello stesso modo e altre volte no, ma è sempre aperta al confronto schietto e la sua opinione è sempre motivata e ....niente, mi piacciono le persone coerenti e mi pare che lei lo sia.

mercoledì 20 marzo 2013

Sfide quotidiane e strategie di sopravvivenza

Questo post partecipa al blogstorming di genitoricrescono: http://genitoricrescono.com/sfide-quotidiane-strategie-sopravvivenza/

Il tema di questo mese mi ha portato indietro nel tempo, e poi costretto all'autocritica.

Mio padre aveva adottato la tecnica del "conto fino a tre e poi le prendi" (tranquilli, non c'è bisogno del telefono azzurro): quando stavamo esagerando e non c'era più spazio per trattative, partiva l'avvertimento e poi iniziava a contare.
In certi casi, il tre si dilatava all'infinito (uno, uno e un quarto, uno e mezzo, uno e tre quarti, due ecc.), ed era quando noi iniziavamo ad obbedire ma non avremmo mai potuto concludere in tempo (ad es. riordinare il caos della nostra cameretta o finire gli spinaci nel piatto o prepararci per andare a letto). In questi casi, se persisteva la disobbedienza, semplicemente ci sollevava di peso e ci aiutava fisicamente a fare ciò che dovevamo (di "darle" davvero, neanche il gesto).
In altri ancora, il tre era davvero tre e se non si obbediva, scattava la punizione, sotto forma di sottrazione del giocattolo oggetto di litigio, dipartita prematura dalla festa ecc.: niente di grave ma efficace, anche perchè poi difficilmente tornavano sulle loro decisioni (di solito si trattava di casi in cui questo tipo di conteggio lo usava la mamma).
Poi c'erano i fatti gravi, quelle disobbedienze che provocavano danni fisici al fratello /sorella, episodi di malaeducazione non tollerabile (es., parolaccia a mamma o papà), rottura di oggetti di valore o, gravissimi, comportavano il mettersi in situazioni di pericolo (almeno ad insindacabile giudizio dei genitori!): correre sul marciapiede, uscire dalla porta senza la mano, affacciarsi al balcono ecc.
Lì, il tre era un limite invalicabile. Dopo, se lo si ignorava, pacca sulle mani/sberla sul sedere o ceffone.

Io, da mio padre, ricordo una sola sberla. Da mia madre forse un paio (anche se facevano meno male).
Evidentemente, non ne abusavano. Anche perchè lo scopo non era fare male.
Non serviva: bastava sentire il tono e guardarli per capire che sarebbero stati guai.

Ora, il nano è ancora piccolo e per ora mi sono limitata a qualche lieve pacca sulle mani e basta, dubito che saprei arrivare allo schiaffo e non ho nessuna intenzione di farlo. Però in un paio di occasioni ho contato fino a tre e poi gli ho tolto il gioco.
Piange, certo, ma capisce. Io, invece, rimango con il magone a lungo, anche se dopo ci coccoliamo.
Quando si lancia in capricci (per fortuna raramente), lo lascio sfogare, se riesco tenendolo in braccio. Poi gli passa da sè.

Le sfide quitidiane, comunque, sono altre, come far quadrare tutti gli impegni, riuscire a lavorare e stare con lui senza trascurare troppo il marito ecc.
In qualche modo per ora siamo sopravvissuti, anche se ho avuto qualche crisi isterica di cui mi pento ma è così, quando ci vuole ci vuole.
E poi lavoro. 
Andare in ufficio o lavorare da casa, ma lavorare, mi fa sentire utile, mi appaga, mi ricorda che sono anche una professionista, che esiste ancora quella parte di me.
E poi, lo sport.
Di solito una sera a settimana io, l'Alpmarito andiamo in palestra ad arrampicare DA SOLI e qualche sabato o domenica mattina siamo andati a sciare o a fare scialpinismo, anche solo per tre ore, da soli di solito o con amici. Perchè ora siamo genitori,  ma rimaniamo persone con interessi e passioni e una coppia, anche.
Un'altra sera a settimana invece,  portiamo anche il nano in palestra con noi. Arrampichiamo poco ma lui ride, corre, salta sui tappetoni, gioca con le prese e la palla, si rotola nella polvere e gongola..e poi dorme profondamente. E il weekend a giocare fuori o a camminare o in piscina, ogni volta che è possibile, così si sfoga.

E questa non è strategia, è sopravvivenza.

lunedì 18 marzo 2013

Cicloviaggiando



Perdonatemi la scarsa qualità delle foto, ma non avrei potuto trovarne di migliori per viaggiare sul filo dei ricordi....
Il mio primo viaggio in bici, la mia prima bici da corsa...

Il LUBERON.

E' passato tanto tempo e ora non riesco ancora ad immaginare quando potremo farlo di nuovo, con il nano al seguito. Succederà, prima o poi.
Viaggiare con la bici da un senso di libertà e leggerezza inimmaginabile.
Quella volta, ci eravamo spostati in Francia in auto e dormivamo in albergo, girovagando in bici soltanto durante il giorno...una specie di esperimento; la volta successiva, solo bici e bagagli (minimi) sulla bici.....ma questa è un'altra storia.

Ricordo il sole, il caldo, il museo della lavanda, i fiori, le falesie, il verde elettrico dei prati, i paesini arroccati, le ciclabili e le strade di campagna tutte asfalto sconnesso o terra battuta.
Ricordo la fatica nelle gambe, le spalle anchilosate, i calli alle mani e il dolore al fondo schiena.
Ricordo i su e giù dalle colline, tra campanili e vigneti, ricordo il fresco della discese ed il caldo delle salite.
I colori fluo delle magliette "tecniche", il caschetto che spettina i capelli,  il giallo, il senape ed il rosso delle miniere d'ocra del Luberon e delle colline di Roussillon, ricordo cascate e fontane, panini al volo e macchie di grasso sulle gambe, ricordo le mangiate della sera, i lunghi discorsi fra i pedali, gli occhi brillanti ed i sorrisi innamorati dinnanzi ad un bicchiere di birra fresca, la tranquilla profondità del sonno notturno.
Ricordo un viaggio davvero a misura d'uomo, perchè la bici ti costringe a tappe commisurate alle tue forze e ti regala il tempo per guardarti  intorno e assaporare gli odori, i colori, il sapore dei luoghi e delle persone, ma con poca possibilità di sbagliare strada...perchè poi, indietro, ci devi tornare con le tue gambe!

Questo post partecipa al Fotoviaggiando del Lunedì di Francesca, http://patatofriendly.blogspot.it/2013/03/fotoviaggiando-del-lunedi-la-triste.html

venerdì 15 marzo 2013

Piccoli limoni gialli

"Piccoli limoni gialli" è un romanzo di Kajsa Ingermarsson, ed. Oscar Mondadori, ambientato in Svezia, tra Stoccolma e un paesino di provincia, Lanninge.
La protagonista, Agnes, è un maitre declassata a cameriera, che vive una travagliata relazione sentimentale con un musicista rock di scarso successo, traditore recidivo.
La storia, incentrata sull'apertura di un ristorante d'ispirazione mediterranea, è divertente e scorrevole.
Non mancano luoghi comuni sull'Italia, descritta come terra di limoni, sole e ritmi lenti e rilassati. Un'immagine ben lontana dall'Italia in cui vivo io, anche se forse solo per ragioni geografiche!
Al di là della storia in sè, che comprende innamoramenti, fraintendimenti, scene esileranti (come quella del cuoco - barbone), piatti che fanno venire l'acquolina in bocca, strade antiche, serate di divertimento e colpi di scena, ciò che mi è piaciuto di questo romanzo è "l'altra faccia" di Stoccolma, e della Svezia in generale, che descrive.
Un Paese reale, lontano dall'immagine idilliaca che io per prima mi ero fatta (prima di andarci sul serio), di Stato perfetto con cittadini  felici, donne "coccolate" e tutelate dallo Stato, uguaglianza in coppia e nel lavoro.
L'ambientazione sembra più vicina alla vera Svezia, con centri di collocamento che funzionano bene ma sono comunque affollati, offerte di lavoro che ci sono ma spesso in nero (tutto il mondo è paese, temo), fabbriche che chiudono per trasferirsi in paesi con manodopera a basso costo, cittadine di provincia allo sbando, spopolate e con poche prospettive, sussidi sociali e pensionamenti forzati, molestie sessuali sul lavoro, uomini che in casa non collaborano affatto...
Ma non solo.
E' anche una Stoccolma magica (ma forse perchè mi ricorda il mio viaggio in quella città) e una Svezia di persone che un lavoro se lo inventano ex novo, che sono disposte ad accettare qualunque lavoretto sottopagato pur di non restare con le mani in mano.

Bellissima la battuta sui diversi gusti in fatto di bevande alcoliche degli svedesi e degli italiani (e "sud europei" in generale): dinnanzi ad un cocktail troppo forte e con ingredienti non armoniosamente bilanciati, gli Italiani storcono il naso e si lamentano, gli svedesi tacciono soddisfatti e fra sè e sè ringraziano la dea fortuna per avere l'occasione di bere di più a basso costo!
Non mi pare poi così lontano dal vero!

Lettura piacevole, con tanto di lieto fine, e leggera, ma non troppo, dipende sempre da cosa si cerca perchè qualche spunto di riflessione non manca.

Questo post partecipa all'iniziativa del Venerdì del libro di http://www.homemademamma.com/2013/03/15/venerdi-del-libro-libri-in-6-lingue/.

mercoledì 13 marzo 2013

Il trionfo dell'egoismo

Ho la massima ammirazione per quelle donne o uomini che la mattina riescono a preparare i figli per l'asilo, fare colazione, vestirsi, portare i nani al nido e poi andare a lavoro in orario, tutto da soli.
So che ne è pieno il mondo ma comunque, mi pare un traguardo non da poco.
Questa mattina, causa assenza per lavoro dell'Alpmarito, ho impiegato mezz'ora in più per uscire di casa.
Sono giornate in cui mi accordo dell'aiuto prezioso del papà.

Comunque.
L'altro giorno ho visto per l'ennesima volta una pubblicità di un noto cibo d'asporto.
Al termine di una partita di calcio tra bambini, la squadra vincente esulta, stringendo la coppa, mentre il portiere della squadra avversaria è in procinto di piangere (o piange, ora non ricordo).
Allora il genitore, per consolarlo, compra questo cibo d'asporto per lui e, mi pare (e spero!), la sua squadra.
Così, stringendo il prodotto felice, il portiere sconfitto ride e fa la linguaccia ai bambini con la coppa, che immediatamente si intristiscono.
E così finisce.
Il trinfo dell'egoismo, della cattiveria gratuita, con genitori preoccupati di evitare al loro bimbo anche la minima frustrazione, come se non potessero sopprtare di vederlo deluso per nessuna ragione (a me hanno insegnato che lo sport serve anche per imparare a perdere con dignità, anche perchè vincere sempre è impossibile), a scapito della felicità di altri bambini, che la coppa l'avevano meritata, rovinando loro la festa e suscitando invidia.
Che differenza con le pubblicità di merendine o cibi per l'infanzia che ricordavo io!
Del tipo Ringo, con il bambino nero e bianco che dividono i biscotti e altre in cui il bambino fortunato perchè ha la merenda "buona" la condivide con lo sfortunato che ha il "solito panino"!
Saranno state pubblicità false,con scene di solidarietà e amicizia irrealistiche però mi sembravano più educative.
Facevano per lo meno sperare in un mondo migliore, in un futuro più roseo.
Questa, invece, mi mette solo infinita tristezza.
Che poi, dividere il prodotto e la coppa con l'altra squadra, sarebbe stato così brutto?
E comprare la merenda per tutti???
Ne vendi pure di più!!

Sono esagerata io o anche a voi danno fastidio questi "atteggiamenti"?