venerdì 26 luglio 2013

Un ex collega per il venerdì del libro

Ho amato tanto i romanzi di John Grisham, "Il cliente", "Il socio", "Il rapporto Pellican" in primis.

Li ho amati perché parlavano dell'ambiente legale, di studi prestigiosi, cavilli, leggi e scaltri soci d'affari, di ciò che piace a me, insomma!

Mi è piaciuta molto anche "La casa dipinta" e stravedo per "Fuga dal Natale".

Quest'ultimo romanzo, però, non si può dire mi abbia entusiasmato.

La scrittura asciutta e veloce e' scorrevole, il colpo di scena finale non manca e la trama è tutto meno che scontata però...non mi convince, mi sembra ci siano dei buchi, dei vuoti che lasciano un senso di incompiutezza.

Insomma, non il solito Grisham, anche se non certo da buttare.

Questo post partecipa all'iniziativa del venerdì del libro di Home Made mamma, iniziativa bellissima per cui non finirò mai di ringraziarla!

La trovate qui:http://www.homemademamma.com/

 

lunedì 22 luglio 2013

Di sfortune e fortune

Sono ormai quindici giorni che rimando, che evito di dire quel che sto vivendo.
Nessuna tragedia, per carità, ma non è un momento facile.
Non è l'estate che mi ero immaginata e di cui avrei avuto tanto bisogno.
Perché, di punto in bianco, l'Alpmarito e' partito per una nazione lontana, con tre giorni di preavviso e di corse frenetiche, e non ritornerà che ad ottobre.
Lavoro - senza lavoro- lavoro all'estero e non nella vicina Svizzera o Francia, non sia mai.

Nel frattempo, ovviamente, stiamo acquistando casa, un rustico che poi, ovviamente, sarà da ristrutturare interamente.

Mio padre se ne è andato di casa, per vari motivi: in ogni caso, una batosta per mia madre ma non solo.

La mia nonnina adorata non è proprio in piena forma ed è così cocciuta da rifiutare di curarsi come si deve e chiedere aiuto. Una cugina a cui tengo non sta molto meglio.

Ogni volta che ascolto le notizie del giorno, mi deprimo.

In tutto questo, i nostri piani per l'estate sono completamente saltati.
Ho dovuto acquistare un salatissimo biglietto aereo per andare a trovare l'Alpmarito almeno ad agosto, quando avrei tanto preferito la settimana nella solita località di montagna che amo e la settimana al mare, in un campeggio modesto in Francia. Niente lussi ma relax.
Invece mi sciropperò un viaggetto da sola con nano, in una città calda e non so ancora quanto interessante, vedendo l'Alpmarito a tarda sera, o un giorno si è uno no, se proprio mi va bene. Non so quanto il nano ne sarà entusiasta.
Lui inizia solo ora ad accusare il colpo della lontananza dal papà, con capricci e crisi di mammite acuta...mi tocca tenermelo in braccio anche sulla tazza e davvero non so come consolarlo.
In più mi sembra ormai stanco anche del nido, dei soliti orari e della solta routine.

Però...
C'è un però.
Poteva anche andarci peggio.
Avrei potuto abitare in una grande città, lontana da mari, monti e laghi e in preda all'afa.
L'Alpmarito avrebbe potuto rimanere in cassa integrazione (e si, avremmo avuto i soldoni ma di certo pure la depressione, per come e' fatto lui).
Per il resto, difficile vedere un lato positivo.
Intanto, comunque, ho un'infinita' di vallate alpine da visitare anche in giornata, al massimo a due ore d'auto (e di coda, sappiatelo- odio i camperesti!), parenti miei ed acquisiti sparsi tra i monti da andare a trovare, la mamma e i suoceri che mi aiutano con il nano (ognuno a suo modo, ma va bene lo stesso), una piscina all'aperto a 3 km al costo di una piscina normale, un clima ancora abbastanza ventilato e poi, ad una ventina di km/mezz'ora, questo piccolo angolo di paradiso per il nano e non solo.



Se non che questa sera ho un terribile mal di gola, un'emicrania martellante e mi sento uno schifo.
Faccio blog terapia e spero di risvegliarmi in salute, perché se cedo siamo fritti.



sabato 20 luglio 2013

Rabbia e delusione in un sabato di piacevoli passeggiatine

Oggi, in una giornata per altri aspetti tranquilla e piacevole, allergia che mi tormenta a parte, sono accaduti due episodi che hanno generato in me rabbia e delusione.

Il primo è aver letto, su un giornale a tiratura nazionale, un commento sul bambino morto arrampicando in Falesia, di cui ho già parlato in un post pochi giorni fa.

L'articoletto era accompagnato da due commenti. Uno, a mio parere, intelligente, l'altro, invece, eccessivamente superficiale.

Quest'ultima affermava che gli sport estremi andrebbero affrontati con maturità fisica e mentale, verso i 16 17 anni e non prima.

Mi permetto di mettere in dubbio la ragionevolezza di tale consiglio.

Intanto mi piacerebbe capire che 16enni conosce questa esperta, perché io non vedo tanta maturità mentale in quelli che conosco, poi vorrei domandare se ha mai praticato uno sport in vita sua e se non ritiene diseducativo suggerire di non praticare certi sport nell'infanzia, quando il numero di obesi, sedentari e narcotizzati dalla televisione e' in continua allarmante ascesa, secondo le statistiche.

Soprattutto, però, mi fa rabbia sentir definire "estremo" e dunque pericoloso uno sport che:

1- e' molto più di questo, e' uno stile di vita, come tanti sport all'aria aperta o a contatto con gli animali;

2-è l'evoluzione sicura di ciò che fanno tutti i bambini naturalmente, ossia cercare di arrampicarsi ovunque e salire ovunque;

3- di estremo, se praticato come faceva quel bambino, ossia in falesia ( pareti attrezzate con spot e soste sicure, corde, rinvii ecc. E non in libera - slegato- sulla cresta di una montagna in più o meno alta quota),non ha un bel niente, tranne l'incredibile passione e innamoramento che genera in chi lo prova.

Quel bambino è morto per molti motivi, fra cui, forse, anche se non sta certo a me giudicare e svolgere indagini, la disattenzione e la superficialità degli adulti che lo accompagnavano e che avrebbero dovuto prendereste cura come si fa sempre con un 12enne, soprattutto se maneggia oggetti a cui affida la sua vita e che possono essere manipolato da lui o da altri ragazzini. Certamente, però, non è morto perché l'arrampicata in falesia e' uno sport estremo e pericolosissimo.

Sia chiaro, io non voglio diffondere o difendere la diffusione di questo "sport", perché ultimamente e' già diventato fin troppo di moda, per i miei gusti, con conseguenti affollamenti di pareti e ambienti, incremento dei prezzi dell'attrezzatura (perché la legge del mercato, si sa, in Italia non esiste), presenza di persone poco educate che inquinano e non rispettano ne' la roccia ne' la montagna.

Mi infastidisce, tuttavia, che opinionisti e giornalisti si permettano di giudicare ed etichettare ciò che non conoscono, per di più quando, mi pare, c'è di mezzo un bambino.

Il secondo episodio mi riguarda più da vicino.

Oggi, al parco giochi, il nano e' stato importunato da alcuni bimbi più grandi, che hanno cercato di farlo cadere dalla sua bicicletta a, che ovviamente non ha mollato e lo hanno deriso perché ha chiamato la sua mamma in soccorso.

Non c'è lo ho con i bambini, che hanno fatto branco e che, seppur di qualche anno più grande, certo non avevano la maturità per capire che lui era piccolino ecc, ma sono rimasta delusa dai genitori, due coppie, che hanno continuato a chiacchierare tra loro a pochi passi, pur vedendo e ascoltando tutto.

Ecco. Gliene avrei dette quattro, la leonessa che in me si è svegliata all'istante.

Non lo fatto, però, ho portato via il nano, spiegando gli ad alta voce che i bimbi stavano solo giocando e che purtroppo, se qualcuno fa il prepotente, e' meglio andarsene e lasciarlo da solo che non stare a discutere.

Lui forse non ha capito, però ho pensato che una scenata avrebbe fatto male sia a lui che all'autore olezza di quei genitori nei confronti dei loro figli.....e mi sa che se iniziano così, servirà loro tutta la -poca- che ancora hanno!

Per fortuna, come al solito, c'è stato molto altro di cui gioire!

 

giovedì 18 luglio 2013

UTOPIA

Utopia e' una coppia che si ama ancora dopo 40 anni.
Utopia e' un lavoro che si trova, e non a 1000 km di distanza.

Utopia e' una famiglia che può riunirsi tutte le sere a tavola, per ritrovarsi tutte le mattine attorno alla stessa tavola per iniziare la giornata insieme.

Utopia e' uno Stato in cui non servono un milione di carte e permessi e autorizzazioni per fare qualunque cosa.

Utopia e' un Paese in cui puoi dipingere la tua casa del colore che vuoi.

Utopia e' un ambiente in cui non respiri veleni senza neanche saperlo.

Utopia e' trovare tempo per gli amici e amici che abbiano tempo per te.

Utopia e' un sorriso da tutti e per tutti.

Utopia e' empatia.
Utopia e' un vestito che ti calza a pennello e nel tuo colore preferito, senza mai essere fuori luogo.

Utopia e' essere giudicati per i propri meriti e le proprie competenze, non per il proprio aspetto o l'apparenza di successo.

Utopia e' una città in cui non esistono omicidi e donne e bambini non sono vittime di assurde gelosie e ripicche di chi chiama amore un'ossessione.

Utopia e' un mondo in cui rettitudine, sincerità, giustizia, coerenza, impegno, non sono solo slogan o parole ma valori condivisi e coltivati.

Utopia e' un mondo senza il cancro a portarti via le persone che ami.

Utopia e' capirsi, parlarsi e comprendersi, pur continuando ad essere diversi e se stessi.

Utopia e' un cielo senza luci che oscurino le stelle.

Utopia e' una montagna scalata con rispetto.

Utopia e' acqua pura e cristallina, che basta per tutti.

Utopia e' il tuo sport preferito, ogni giorno.


U - non, topos - luogo: utopia purtroppo e' un luogo che non c'è o forse,
un non luogo.

Spesso il termine utopia e' la maniera più comoda per liquidare quello che non si ha voglia, capacità o coraggio di fare....un sogno sembra un sogno fino a quando non si comincia da qualche parte, solo allora diventa un proposito, cioè qualcosa di infinitamente più grande.
Adriano Olivetti
Utopia e' il coraggio di crederci.

E poi c'è il sorriso dolce e furbetto del mio bambino.
E questa, per fortuna, e' realtà.

martedì 16 luglio 2013

Una domenica di scatti alle cascate di Lillaz, a Cogne

Potevamo stare senza montagna???
Ovviamente no.
Così domenica di buon mattino, il nano e la mamma si sono diretti alla volta della meravigliosa Cogne, questa volta in compagnia di un gruppo di conoscenti appassionati di fotografia e dei nostri due "maestri" di scatti.
La bici, come al solito, e' venuta con noi.



Le cascate di Lillaz ci hanno incantato, con il loro magnifico sfoggio di potenza
La mamma ha fotografato poco ma gioito tanto

Peccato solo per l'eccesso di gente.
Lo so, e' una affermazione antipatica ed impopolare ma e' cosi' e io, che non vivo di turismo (altrimenti starei zitta), di molti turisti farei volentieri a meno.
Gelosa del cielo, dei prati, delle cime...quasi come se mi appartenessero.
Ed invece sono io, che appartengo a loro.
Guardare da lontano e non poter essere di nuovo e ancora lassù, un dolore sordo al petto, nostalgia e desiderio....poi il sorriso e le risate del nano, i piedi penzoloni da un muretto, gli occhiali da sole ben calati e lo stupore negli occhi...e la consapevolezza di essere fregata, ora e per sempre.
Perché non posso rinunciare a nessuno dei due.

Sogno la roccia ed il ghiacciaio tenendo per mano un nano in bicicletta.
E mi consolo come posso, tra scatti e chiacchiere in compagnia.




sabato 13 luglio 2013

Fiera equestre

Ivrea non è solo la città del Carnevale con la battaglia delle arance.
Ivrea non è solo la città dell'Olivetti (anche perchè non lo è più da un pezzo, ormai).
Ivrea è anche San Savino e la sua fiera equestre, una delle più importanti di Italia.
Il legame tra la città e i cavalli è scritto già nel nome: "Augusta Eporedia" (colonia romana fondata nel 100 a.c.), considerato che l'etimologia più accreditata (almeno per quanto ne so io) afferma che derivi dal gallico epo (in greco ippo ed in latino equo, cavallo, e reda, che in gallico significa carro, ossia "stazione di carri equestri" o "città di conduttori di carri equestri" (esiste tuttavia anche un'altra etimologia, derivante dall'altro nome utilizzatoda alcuni autori mediovali, Yporia,  designante la città che sorse su un promontorio, dal greco upò, sotto, e oros, monte.
Infatti Ivrea era posta in posizione strategica sulla via dell Gallie, nel tratto collegante Vercelli ad Aosta.
Al legame storico con i cavalli, si è aggiunto quello con San Savino, diventato il Santo Patrono della città dopo che le sue spoglie vi furono portate, nel 956, da Corrado, figlio di Berengario II, Marchese di Ivrea, (tra l'altro, pare che il loro arrivo coincise con la fine di una epidemia di peste).

Così ogni anno, il 7 luglio, la città festeggia il Santo Patrono con una processione e con la Fiera equina, la  domenica, a cui si accompagna un variegato mercato, comprendente anche prodotti alimentari del territorio, accessori e attrezzature per l'agricoltura, il giardinaggio e per l'equitazione, uno spettacolo pirotecnico (sabato sera), le immancabili giostre, esibizioni "acrobatiche" di cavalli durante le serate della settimana, una bellissima sfilata di carrozze d'epoca, per le vie del centro, con equipaggi di solito magnificamente vestiti (il venerdì sera) e, momento culminante della festa, la fiera dei cavalli e la vendita di trattori, la domenica.
Il nano, che è molto attratto dai cavalli, ha apprezzato molto sia la fiera che la sfilata delle carrozze e, ancora di più, la sua grande passione: i trattori "grandi grandi"!
Così, domenica scorsa, alle 8.30 eravamo già in giro, per far visita alle scuderia ed alle esposizione di cavalli ( e pony, perchè l'evento è anche una vetrina per le numerose scuole di equitazione della zona...dolcissimi i pony ed i cavallini nani!) prima dell'arrivo della calca di spettatori e, naturalmente, ammirare con calma i giganti delle campagne...
Ovviamente, il nano non ha tradito il suo nuovo amore...la sua bici! Tra l'altro, ha dimostrato una resistenza fisica non da poco; quando c'era poco spazio o troppa gente per stare sul sellino, la conduceva da solo a mano...tutto pur di averla con sè.
Festa riuscita!
Visita alle scuderie

Anima contadina....

Aria di festa!




Non mancano gli asinelli

 Chissà se, più grandicello, il nano avrà piacere di provare ad anadare a cavallo e se, nel caso, riusciremo ad assecondarlo...putroppo le mie allergie non aiutano.
Il nano ed il suo papà...lasciano indietro la mamma, come al solito intenta a fotografare...

venerdì 12 luglio 2013

Una educazione non convenzionale

Educazione siberiana di Lilin Nicolai
Quando l'Alpmarito ha acquistato questo libro, non lo ha fatto perché indotto dalla prossima uscita della trasposizione cinematografica, ma perché aveva già letto il seguito, Caduta Libera, e gli era piaciuto molto.A giudicare dal titolo e dalla copertina, io ho storto il naso ed affermato che sicuramente sarebbe stato troppo violento e non mi sarebbe piaciuto.
Mi sbagliavo di grosso.

Si tratta di un'autobiografia lucida, chiara e sincera, scritta in modo scorrevole, che ti prende e ti trasporta in una realtà totalmente diversa dalla nostra (o almeno dalla mia), in una infanzia che non avrei mai immaginato, in una Russia che, invece, purtroppo immaginavo, grazie allo studio della storia ed altre letture.Una comunità criminale che però è difficile definire tale, almeno per come la intendo io, come violenza gratuita o ingiusta, contra legem ma soprattutto contro regole sociali accettabili.Quella che racconta Nicolai e' piuttosto una comunità con valori, sentimenti, tradizioni forti, radicate, profonde e in gran parte condivisibili, nata in contrapposizione ad uno Stato di prevaricazione ed occupazione.
Una società in cui la violenza c'è ma, pur non essendo certo per questo giustificabile, e' controllata e orientata verso bersagli ben definiti, in cui gli anziani sono rispettati ed i bambini anche, in cui i tatuaggi non sono ornamenti per apparire, ma raccontano una storia o garantiscono riconoscimento e protezione.Una società in declino, travolta da una criminalità senza senso e misura, di stampo moderno, che ingoia vite, futuro e tradizioni.Il tutto visto con gli occhi di un ragazzo dalla sensibilità profonda e dalla grande intelligenza, la cui sola colpa, per la Grande Madre Russia, e' di aver ricevuto una educazione siberiana.
In altre parole, soldi e tempo ben spesi per un libro che consente di scoprire una realtà diversa e nascosta, a patto di affrontare la lettura senza pregiudizi e preconcetti (come sempre, del resto).E non è neppure troppo violento o impressionante.
Quanto al seguito dell'affascinante vita di Nicolai.....corro a leggerlo!!!!!
Questo post partecipa al Venerdì del Libro di Home Made mamma Homemademamma.


martedì 9 luglio 2013

Felicità è.....

Ricordo ancora una sera di inzio estate, giugno, con la scuola appena finita.
Ricordo mio padre che arriva, che mi chiama da sotto casa, affinchè io esca in balcone (senza sporgerti, attenta!!!!- il terrore di mio padre- ).
Ricordo il vederlo lì sotto, in bici, con un'altra bici al fianco, blu cielo con pagliuzze bianche e scritte adesive fucsia, una mountain bike con cambi Shimano, la seduta da uomo, cioè con  la barra centrale, non di quelle da "donna" da città, una bici vera!.
PER ME
L'aveva portata dal neogzio a casa così, a fianco, cinque chilometri.

Non è stata la mia prima bicicletta, quella purtroppo non la ricordo ma so che dopo quella con le rotelle c'è stata una BMX blu, con le imbottiture in gomma piuma gialle, bellissima.
E poi ricordo questa.
Mi ha accompagnato la mattina a scuola, alle medie e poi la liceo, nelle strade di campagna il pomeriggio, sotto il sole cocente, anche in piena estate, sola o con una amica.....20 kilometri per andare a mangiare un gelato dove era più buono, pedalando senza altro in testa e il contachilometri che girava.
Mi ha accompagnato a scherma, la sera; in giro per città, in biblioteca, a fare commissioni.
La adoravo.
E' ancora nei garage dei miei, distrutta ma sempre lì.

E pochi giorni fa, io e l'Alpmarito ci siamo regalati la stessa soddisfazione e la stessa felicità, con il privilegio di guardare il viso di nostro figlio accendersi, il suo sorriso illuminarsi, i suo occhi splendere di gioia, felice come noi, ai nostri tempi.
La sua prima bicicletta.
Questa



E non importa se invece che pportarla a casa a mano, è arrivata via corriere, scelta e ordinata via Internet dopo due ore (DUE!!) di attente selezioni (materiale, tipo di vernici, altezza sellino, manici, facilità di regolazioni ecc.).
Non importa se non ha i pedali e neppure le ruotine.
Non importa se l'Alpmarito ha dovuto smontare il sellino, aggiungere un foro e abbassarla ancora un pò perchè il nano, in fondo, i due anni consigliati non li ha.

Il nano se ne è innamorato a prima vista e ora non la lascia più.

Una sera di prove di equilibrio e poi è partito, da solo.
Il giorno dopo girava, andava in retro e si lanciava dalle discese. Due giorni dopo saliva e scendeva, in sella, dai marciapiedi. Ora, percorre chilometri e guai a spingerlo e aiutarlo.
Inutile aggiungere che la sera, dopo un ultimo giro prima di andare a dormire, la parcheggia (IO IO! SOLO!) in garage, di fianco alla moto di papà.

Felicità è una bicicletta blu, LA SUA PRIMA BICICLETTA.
E intanto ha 20 mesi.

domenica 7 luglio 2013

Fatalità o irresponsabilità?

Morire a 12 anni per la disattenzione degli adulti, morire a 12 anni per troppa fiducia nelle capacità di un bambino, morire mentre ci si diverte, mentre si arrampica in falesia, in un luogo sicuro o che dovrebbe esserlo.
Arrampicare in falesia non è come fare sci alpinismo, non è come scalare in quota, come fare una via ferrata sulle Dolomiti, una cascata di ghiaccio a Cogne o la traversata del Lyskamm.
Arrampicare in falesia e' più sicuro che girare in auto.
Invece un bambino e' morto, un ragazzino che era già un campioncino, originario della mia città, in gita con istruttori Fasi e amici, piccoli e non.
È morto perché ha scambiato la sua attrezzatura con quella di qualcun altro, montata male.
Ovviamente ci saranno indagini e ci sarà una verità, forse diversa da quella che mi è stata raccontata, a caldo, da amici dell'ambiente. Le mie riflessioni, comunque, non possono che prendere avvio da ciò che mi è stato riferito.
E mi chiedo di chi sia la colpa.
Di genitori troppo fiduciosi, di adulti forse esperti nella tecnica ma affatto pronti ad insegnare (compito che non e' mai semplice), nella mancanza di prudenza e buon senso, anche di fronte a dei minori, quando ci si aspetterebbe che gli adulti fossero ancora più attenti ed accorti?

Sarebbe bastato un controllo prima del via e un casco in testa.
Sarebbe bastata responsabilità.
La nostra vita e quella delle persone a noi care può finire all'improvviso, per tragiche fatalità, e' vero. Se però la causa è un errore che si sarebbe potuto evitare e la vittima un bambino, forse parlare di fatalità e' troppo semplicistico, troppo facile.
Ora, forse, ci saranno divieti e precauzioni imposte dall'alto, magari, come spesso accade, da persone che non sanno neppure di che cosa stiamo parlando.
La testa, però, quella non può imporla nessuno per legge: metterci la testa, è questo il punto.
Nessuno "scarico di responsabilita" firmato dai genitori può fare venir meno la punibilità, almeno penale, di chi doveva vigilare su un minore, con conseguenze di gravità inversamente proporzionale all'età del minore.
Mi chiedo perché non si sappia e non se ne tenga conto.
Magari, se lo sapesse, qualcuno rifletterebbe ed agirebbe con più cautelala, se non per intelligenza, almeno per timore.

Ho un dolore sordo alla bocca dello stomaco per quel piccolo arrampicatore, che era uno di noi, e per la sua famiglia, il cui dramma posso solo immaginare.
E ho paura.
Di non essere in grado di proteggere mio figlio, di fare scelte sbagliate dalle tragiche conseguenze, di essere inadeguata, troppo apprensiva o troppo permissiva, soffocantemente ansiosa o pericolosamente fiduciosa.
Ho paura perché, comunque, il nano non sarà e non è sempre sotto la nostra ala protettiva e nulla dipende solo da noi.

Intanto fuori dalla finestra, una coda ininterrotta di auto mi ricorda che è domenica sera e le gite fuori porta, con il loro carico di gas di scarico e rumori, volgono al termine.
La "mia" Valle adottiva, ancora una volta, avrà dispensato gioia e dolori.
Questi ultimi però, raramente sono "colpa" sua.
L'imperfezione e' umano, la sofferenza anche.

A volte, una domenica di sole e calore non basta.

martedì 2 luglio 2013

L'emozione di una mamma

Ci sono occasioni che mi colgono impreparata, che non so come affrontare e di fronte alle quali vorrei saper mantenere maggior controllo, un certo contegno.
Invece...mercoledì siamo stati alla festa del nido e, anche se lo sapevo da un paio di settimane, ero eccitata come una bambina e curiosa di osservare le reazioni del nano.
Lui inizialmente è rimasto intimidito e un po' spiazzato.
Perché il nido e' anche un po' la sua casa, sua, dei suoi compagni e delle maestre e trovarsi frotte di fratellini/sorelline e genitori che la invadono, non è cambiamento da poco.
Le maestre (bravissime, come al solito) avevano organizzato degli angoli attrezzati con giochino organizzati. Il nano, però, forse perché ancora troppo piccolo o forse perché lui è fatto così, li ha snobbati, divertendosi con gli amici e da solo sullo scivolo, con i palloncini e in una casetta di plastica.
Ad un certo punto e' arrivata la sua amichetta, che lo adora e appena lo ha visto lo ha abbracciato di slancio e sbaciucchiato, mentre lui, come al solito, cercava di divincolarsi, salvo poi rincorrerà e chiamarlo un minuto dopo.
Erano tenerissimi!
Poi è arrivato il momento della canzoncina di saluto per i bimbi grandi, che a vederli mi sono commossa, perché sono ancora così piccoli, in realtà, che pensare che il prossimo anno cambiano scuola mi fa impressione.
Infine la consegna di un piccolo dono ad ogni bambino: una bandierina con la foto di ciascuno da un lato e il testo della canzoncina dall'altra e una maracas artigianale con sorpresa "animale".


Lo sguardo fiero e l'incedere serio e composto del mio nano, che tornava a sedersi dopo aver ritirato il tutto dalle mani della sua maestra preferita, camminando al fianco del suo papà...è una emozione ed una immagine che credo non scorderò mai.
E no, non pubblicherò le foto di quel momento, e' troppo intimo e privato per condividerlo!
Dopo, buonissimi biscotti (ho strappato al cuoco la ricetta, ma non credo che saprò uguagliar lo, erano divini), pizza, insalata di riso e torte, salate e dolci e quattro bimbi, nati a pochi giorni di distanza gli uni dagli altri, seduti affiancati su una panchina di legno a divorare il cibo e sorriderai, a rovesciare l'acqua e combinar pasticci insieme, a condividere e scambiare camion e maracas, complici e amici.
E noi genitori (i papà erano tantissimi, anche grazie all'orario- dalle 17 alle 19 -scelto dalle maestre) felici spettatori di curiose interazioni infantili.

Le maestre, la direttrice e il personale della cucina sono stati meravigliosi e una volta di più, ho capito che il nido, quel nido, e' stata la scelta giusta. Non finirò mai di ringraziarli perché ci hanno regalato una di quelle emozioni che si conservano nel cuore.