mercoledì 22 febbraio 2017

Insegnamo a non fingere! #vialamaschera #stormoms

Io sono eporediese, pertanto per me Carnevale non è mai stato tanto sinonimo di "maschere" o "travestimenti", bensì di battaglia, arance e antiche tradizioni.
Certo, da bambina mascherarmi non mi spiaceva e adesso piace molto al ricciolino biondo.



A guardare le foto dei mie costumi carnevaleschi di bambina ora, confesso che un po' rabbrividisco.
Alcuni erano costumi molto belli, confezionati dalla mia disponibilissima nonna.
Altri...come quella volta che mi hanno vestita da contadinella o da uovo per la sfilata di paese.
Terrificante.

Perché dietro una maschera, un travestimento, possiamo fingere per un po' di essere diversi, di essere un'altra persona. In questo senso, la maschera aiuta a rendere più realistico un sogno.
Niente di male, dunque, ad indossare una maschera di tanto in tanto.
Il problema è quando si è costretti a farlo, per convenzione sociale, per lavoro, per estrema timidezza o insicurezza.

Non sono mai stata brava, in questo.
Troppo spesso mi si legge in viso ciò che penso anche quando vorrei nasconderlo (il che il più delle volte si rivela un difetto non da poco) e se con l'esperienza al lavoro indossare una maschera e' diventato con il tempo molto più semplice, nella vita extralavorativa ogni anno che passa mi rende più insofferente alla finzione.

Certo, a volte nascondersi dietro una maschera di indifferenza o di cortesia e' utile, per allontanare  scocciatori o tagliar corto di fronte a gesti o osservazioni sulle quali è meglio sorvolare.
Perché lasciar andare a volte è l'unica per non farsi il sangue cattivo!

Però  sono sempre più convinta che non sia giusto mascherare i propri sentimenti, che non sia giusto piegarsi alle convenzioni, soffocare se stessi.
Soprattutto di fronte a nostro figlio.
Perché, se da un lato è fondamentale mostrare che bisogna saper vivere in società, adattandosi per amor di convivenza, ad alcune situazioni, dall'altra penso sia ancor più importante insegnare a camminare a testa alta e difendere le proprie opinioni.
Invece le maschere più indossate sono proprio quelle dell'ipocrisia...

Un po' meno falsità, nel mondo, non farebbe male!
E anche un po' meno dolore, perché purtroppo anche di quelle maschere è pieno il mondo e quelle
non sono finzione.


Con questo post partecipo al tema del mese delle #stormoms: #vialamaschera

lunedì 20 febbraio 2017

#Scintille di gioia n. 6 (20.02.2017)

Questa settimana voglio raccontarvi le scintille di gioia della settimana....del ricciolino e mie !


Questa volta, infatti, ho chiesto a lui di dirmi i tre momenti che gli avevano dato più gioia della settimana scorsa. Eccoli!

1 - quando una io e la mamma abbiamo costruito la casa grande di Lego e poi abbiamo giocato a "pesca l'animale", anche con papà;

2- quando siamo andati tutti e tre a Gressoney a fare sci di fondo e dopo la lezione ho scalato con il mio amico la montagnona di ghiaccio;

3- quando io e mamma siamo andati a vedere l'uscita degli Abba' ad Ivrea e ho raccolto tante caramelle e prima siamo andati a pranza dalla nonna bis con anche la nonna.

E queste sono le mie:

1- le pulizie di casa fatte con calma con la collaborazione del ricciolino che mi ha aiutata a passare l'aspirapolvere e sistemare chiacchierando allegro e poi ha perfino deciso di apparecchiare lui da solo la tavola e lo ha fatto bene, ricordandosi tutto (e mettendo a tutti il coltello a sinistra, come al solito, perché a lui inspiegabilmente piace così);

2- sabato siamo andati a fare sci di fondo a Gressoney e il cielo terso ci ha regalato una vista sul Monte Rosa splendida, con la neve che ha retto alle temperature insolitamente alte degli ultimi giorni.
Il ricciolino ha fatto molti progressi e vederlo sfrecciare sicuro e sorridente sugli sci mi ha reso orgogliosa e mi ha scaldato il cuore;

3- uguale identica a quella del ricciolino (a parte il suo entusiasmo per le caramelle!)

"Scintille di gioia" è un'idea di Silvia, sul suo blog trovate tutte le istruzioni per partecipare e condividere le vostre scintille, per non dimenticare i momenti felici!

venerdì 17 febbraio 2017

Le letture del ricciolino biondo: "La magia del mio nome"

La scelta del nome per il proprio figlio/a è uno dei momenti più importanti della gravidanza, a mio parere.

E' motivo di confronto, è la spinta a sognare e immaginare nostro figlio e il suo futuro, è la realizzazione di un desiderio che magari coltiviamo sin dall'infanzia (io immaginavo di avere una bambina e chiamarla Camilla), è un dono, un augurio, ma anche una responsabilità nei suoi confronti.

Noi per il ricciolino abbiamo scelto con attenzione un nome molto particolare, antico (anzi due, seppur contino come uno).

"Dare un nome" ad un figlio è infatti il primo gesto di riconoscimento che gli offriamo, un gesto di amore.

Così, quando ho avuto l'occasione di compiere un altro gesto di amore per il ricciolino, legato al suo nome, l'ho colta al volo.
Soprattutto perchè si tratta di un libro e chi mi legge sa quanto io adori i libri, per adulti e per bambini!
 Sto parlando di:  

"La magia del mio nome" della  The Story Tailors, 

prezzo base € 26,90, pagine 66  (dipende dalla lunghezza del nome,
con un minimo garantito di 38 pagine)


L'azienda produttrice è una startup di Barcellona il cui obiettivo dichiarato è "far diventare realtà i sogni dei bambini", attraverso una fiaba personalizzata che guidi il piccolo protagonista alla scoperta del significato di ogni lettera del suo nome, qualunque esso sia.

Confesso che, leggendo la pubblicità, ho temuto si trattasse di una storia troppo forzata o poco appassionante per i bambini.
Invece, quando il libro è arrivato a casa nostra e abbiamo potuto sfogliarlo, ho visto l'emozione dipingersi sul viso del ricciolino, eccitato ed entusiasta di leggere una storia davvero dedicata a lui ed al suo nome unico.




Leggendolo, si è immediatamente accorto che il bimbo protagonista aveva i capelli biondi e gli occhi marroni come lui (seppur privo di ricciolini) e ha controllato con cura che il suo nome fosse scritto correttamente, cercando tutte le lettere, che ormai riconosce.



Ci siamo immersi nel racconto, un viaggio attraverso una foresta incantata che, tra scenari ambientali diversi e incontro con animali e altri personaggi di ogni latitudine, conduce alla scoperta di singole caratteristiche associate ad ogni lettera del nome, fino al rientro a casa del piccolo protagonista, più consapevole e soddisfatto della propria unicità.




Le illustrazioni sono coloratissime e vivaci (dunque accattivanti anche per i più piccoli), il passaggio da un'avventura all'altra è un pò slegato per i miei gusti ma il ricciolino non ha mostrato di accorgersene, forse perchè la straordinaria capacità di sognare dei bambini fa sì che per loro sia assolutamente naturale passare camminando dal polo nord alla savana africana.
Le caratteristiche caratteriali associate alle lettere non sono scontante ("adorabile", "nobile", "dotato di sense of humor") e questo a me è piaciuto molto, oltre ad essere lo spunto per ampliare il vocabolario del ricciolino) e, fatto per me importante, ho potuto inserire l'intero nome composto del ricciolino, compreso di accento scritto correttamente!
Certo, la storia così è risultata lunghetta per la lettura della buonanotte (66 pagine) però noi la affrontiamo comunque tutta d'un fiato!


Ero tentata di scegliere la lingua francese (la storia è disponibile in italiano, inglese, tedesco, francese, olandese, spagnolo e catalano) però poi ho pensato che essendo un mio dono al ricciolino e volendo leggergliela io, fosse meglio l'italiano.
Se e quando ci sarà un fratellino o una sorellina, però, proverò con il francese. 

Il libro è pensato per bambini fino agli otto anni ed io pensavo che il ricciolino, non sapendo ancora leggere, non riuscisse ad apprezzarla pienamente.
Invece, poichè il nome del bambino/a, sia all'inizio che alla fine della storia e così pure ciascuna lettera via via "scoperta" sono in stampatello maiuscolo, il ricciolino non ha avuto difficoltà.


Il libro, stampato con inchiostro ecologico in carta spessa, in formato A4 orizzontale, è abbastanza resistente, pur non essendo un cartonato e si può scegliere tra copertina rigida o morbida.

La chicca?
La possibilità di inserire una dedica personalizzata in prima pagina.
Il che è utile per renderlo un regalo speciale, sia per nostro figlio, come nel mio caso (il ricciolino si è commosso quando ha capito che la dedica erano parole mie per lui), sia come dono di battesimo o per la nascita di un bimbo speciale o qualche altra ricorrenza.
Sicuramente, infatti, è originale ed, essendo un libro per bambini, si va sul sicuro!

Crearlo è davvero facile e veloce.
Basta andare su questo sito, scrivere il nome del vostro bimbo o della vostra bimba, scegliere il protagonista, tra l'altro personalizzando non solo il sesso (bambino o bambina) ma anche il colore dei capelli e della carnagione (capelli biondi, castani o neri, carnagione chiara o scura - mancano il colore degli occhi e i capelli rossi - speriamo che li inseriscano) e cliccare su "crea".
Si potrà quindi sfogliare l'anteprima della storia, controllando che sia di nostro piacimento, prima di acquistare.
Nel mio caso, tra l'ordine e la consegna sono trascorsi davvero pochi giorni (per la precisione sette, compresi sabato e domenica) ed al libro era allegato un buono sconto per il prossimo ordine.
Se siete curiosi, qui trovate un breve video di presentazione.


E' dunque questo il mio consiglio di lettura per il venerdì del libro di questa settimana.

p.s. Questo è un post sponsorizzato (sotto forma di ricezione di codice sconto per l'acquisto di un libro).

mercoledì 15 febbraio 2017

Facciamo il punto

E così, in un lampo (si fa per dire) siamo arrivati a metà febbraio.
Cosa è accaduto nel frattempo, oltre a quello che ho già scritto in questo spazio virtuale?
Di tutto, eventi brutti ed eventi belli,  soddisfazioni quotidiane e altrettante preoccupazioni, però oggi ho voglia di mettere "nero su bianco" solo le note felici, perchè è questo ciò che voglio ricordare.

Il ricciolino ha finito il corso di nuoto a dicembre e quest'anno non ha mai fatto storie per andarci, perchè c'erano anche i suoi amichetti.
Ha imparato poco, perchè il gruppo era decisamente disomogeno e l'insegnante meno brava di quella degli anni scorsi, però ha fatto movimento, si è divertito e io ho approfittato dei 40 minuti di lezione per un pò di nuoto libero. Quindi il bilancio è comunque positivo.
Per qualche strano motivo, non ho scattato una foto in tutto il corso e ora me ne pento.
Sarà per il prossimo giro.



Sempre a dicembre, è iniziato lo sci di fondo.
Quest'anno abbiamo iscritto il ricciolino allo sci club, anzichè "comprare" il pacchetto di lezioni collettive.
Il rapporto costo/numero di lezioni è migliore, lui ha compagni fissi, l'insegnante (peraltro una giovane cugina) è sempre la stessa, l'orario più comodo e la qualità stessa delle lezioni è decisamente migliore di quella delle collettive pensate per "i turisti" (il che secondo me è assurdo).



Abbiamo però curato di scegliere quello tra gli sci club della zona meno votato all'agonismo, cosicchè non ci sono pressioni di sorta e questo ci piace.
Il ricciolino va volentieri (a parte un giorno in cui si è lanciato in una scenata madre), noi giriamo per la pista a nostra volta.



La durata delle lezioni è aumentata, dall'ora del primo anno, all'ora e mezza dell'anno scorso, alle due ore attuali. D'altro canto, il ricciolino è cresciuto e dunque è in grado di reggere un "carico" di lavoro maggiore (la componente "esercizi sotto forma di gioco" è comunque rimasta fondamentale, come è giusto che sia).
Anzi.


Finisce sempre che ha ancora energie da vendere e quindi vuole rimanere a sciare con noi oppure giocare con la neve con gli altri bambini.
Poi, appena salito in macchina, crolla.
Tutto ok, dunque.
Nelle ultime settimane ha finalmente nevicato ed il paesaggio ora assomiglia a quello che è normale attendersi in montagna d'inverno.



Tra gennaio e domenica scorsa il ricciolino ha partecipato anche a due gare di corsa da 400 mt l'una, in sterrato nella campagna, accompagnato dal nonno.
Io sono andata a vederlo alla seconda ed è stato bellissimo osservare con quanto impegno i piccoli atleti si riscaldavano e gareggiavano, in un clima di complicità e divertimentoche mi è piaciuto.

riscaldamento con il nonno


L'arrivo
Il ricciolino è stato soddisfatto del risultato perchè, come mi ha spiegato, aveva "fatto del suo meglio" (come gli chiediamo sempre noi di fare, di qualunque attività si tratti), perchè aveva "superato tanti bimbi grandi come lui" (i più piccoli non li considera) anche se altri ancora erano arrivati prima, i suoi "compagni di squadra" più grandi avevano fatto il tifo per lui e...io avevo portato due toast al prosciutto da mangiare subito dopo, perchè a lui il pane e marmellata che offrono "fa schifo e ho sempre fame"!!!

Il cibo e la pulizia delle scarpe infangate sono infatti stati la sua prima preoccupazione al traguardo.

tecnica di pulizia delle scarpe del ricciolino

Insomma, lo spirito sano dello sport per ora sembra averlo compreso!
In più, hanno premiato con la medaglia tutti i bambini, con loro grandissima soddisfazione.





Infine, i preparativi per il Carnevale si sono fatti pressanti.
Alla scuola materna è già tutto organizzato per la sfilata del Carnevale storico dei piccoli, sul ponte romano del paese il diavolo è stato appeso e quello della scuola, che sarà bruciato al termine della sfilata, preparato.
Ogni giorno i bambini ripassano le canzoni del Carnevale, seguono settimanalmente il "corso di percussioni" della scuola, per preparsi allo spettacolino e provano per la sfilata, con i ruoli ormai assegnati (a sorteggio).
Strade e scuola del paese si sono riempite di bandiere e anche nella mia cittadina le vie e le piazze si sono riempite dei colori delle squadre.



Domenica siamo stati a vedere l'uscita degli Abbà (i piccoli rappresentanti dei rioni cittadini) ad Ivrea, abbiamo controllato che le divise fossero pronte ed il ricciolino ha potuto esercitarsi al tiro in Piazza Ottinetti, con palline morbide arancioni, provando anche l'ebrezza di tirare da un carro!!!



Un'esperienza che lo ha entusiasmato e cercheremo di ripetere la prossima domanica, quando sarà riorganizzato in attesa dell'inizio della vera battaglia!



E per ora, questo è tutto!
E voi, come avete trascorso le ultime settimane? Qualche evento degno di nota con i vostri bambini?

lunedì 13 febbraio 2017

Piccole creazioni: sacchettino porta scarpe a punto croce e telo mare personalizzato

Il percorso del ricciolino alla scuola dell'infanzia è ormai quasi concluso e quindi non ha più bisogno di nuovi corredini, così come è ormai archiviato il tempo dei bavaglini.

Io, però, non smetto di mettermi periodicamente a "crocettare" per lui.
Ultimamente il ricciolino aveva bisogno di un sacchetto di stoffa per riporre le scarpe da arrampicata (o per mettere quelle da ginnastica pulite per la palestra) ed allora, prendendo spunto dalla storia dei draghi del Latemar che lo aveva appassionato questa estate, abbiamo scelto insieme il soggetto ed i colori e mi sono messa al lavoro.



Ho ricamato il draghetto arancione su una striscia in tela Aida con il bordino, già pronta all'uso, per poi crocettare di seguito, in diverse tonalità di verde accesi, il nome del ricciolino in stampatello maiuscolo (per l'iniziale ho usato un filo munilé verde speciale, con i brillantini, difficile da ricamare, perchè tende a "disfarsi" quando inserito nell'ago ma dalla resa "luccicante"),  ricamando infine le "fiamme" del draghetto sopra la scritta, che altrimenti sarebbe stata di dimensioni ridotte rispetto al draghetto.

Poi mia nonna ha confezionato il sacchetto rettangolare della misura adatta alle scarpe con della tela di cotone grezzo e spesso che aveva recuperato da vecchie lenzuola di famiglie ingiallite (ma va bene qualunque stoffa, purchè, a mio parere, non sintetica, affinchè le scarpe traspirino e si asciughino quando ritirate), chiudendolo su uno dei lati corti con l'apposizione di una striscia di velcro bianca.
In alternativa avremmo potuto usare due cordini, come per i sacchettini della scuola ma, stufa di recuperare con l'ago cordini che rimangono infilati nell'asola, di disfare nodi o di dover rimettere i cordini dopo che li aveva sfilati fuori completamente, ho optato per questa soluzione.



E' bastato infine cucire il bordino ricamato a punto croce, stirare il tutto e...voilà, il sacchetto era pronto !

Ora anche il ricciolino riordina le sue scarpe con maggior piacere e può infilarle nello zainetto insieme ai vestiti di ricambio e la merenda senza sporcare nulla.

Questa estate, invece, andando al lago o in piscina, con altri bambini, con le cuginette e con il centro estivo, è sorta la necessità di personalizzare il telo mare in microfibra che usava, così da distinguerlo da altri uguali o simili (anche perchè credo che ne abbiano venduti a migliaia).

Il ricciolino ha scelto un soggetto molto amato in famiglia: una bella Ducati rossa fiammante, alla quale ho aggiunto le sue iniziali, nel colore da lui scelto (rosso, arancione e verde vanno per la maggiore, come avrete intuito).

 Il tutto usando uno scampolo dello stesso bordino in tela Aida bianca con bordino (si comprano a metri in merceria), questa volta cucito per traverso su un angolo.


Ed ecco pronto all'uso il telo personalizzato !!!

Due lavori a punto croce veloci, di grande soddisfazione ed indubbia utilità.

Che dite, vi piacciono?
Avete idee per confezionare qualche altro accessorio utile per il ricciolino da suggerirmi? 
Ho avanzato ancora un pò di bordino e i soggetti carini e la voglia non mi mancano!

venerdì 10 febbraio 2017

Le letture di Mamma Avvocato: "Il bar delle grandi speranze"

Ho saltato gli ultimi appuntamenti con il venerdi' del libro, una volta perchè le condizioni fisiche mie e del ricciolino non lasciavano tempo per null'altro che la pura sopravvivenza, un'altra per impegni lavorativi...pero' non ho smesso di leggere.
Anzi, ho letto "bene".

L'ultimo romanzo finito, infatti, si inserisce perfettamente nella scia di belle letture con cui ho terminato il 2016 ed iniziato il 2017. Di che si tratta?

"Il bar delle grandi speranze" di J.R. Moehringer

ed. Picwick, 2014, euro 10,90, pag. 486




La vita, dall'infanzia all'età adulta, di un ragazzo povero, figlio unico di madre single, alla periferia di New York.
Un vero e proprio "romanzo di formazione americano", anche se non on the road, bensi' in gran parte ambientato in un pub. 
Sî', perchè Manhasset è il paese dell'alcol, tutti ne consumano in grande quantità e la chiesa e il bar "Publicans" costituiscono i due poli della vita sociale del luogo, l'uno posto all'inizio, l'altro alla fine della stessa via principale.
Nel ba, J.R. (il cui nome ha tutta una storia che fa parte del romanzo) cerca quegli esempi maschili che gli mancano a casa, quella dei nonni, dove vive a periodi alterni, insieme alla madre, alla zia, alle numerose cugine, allo zio ed ai nonni stessi.
Nel bar lavora lo zio. Nel bar gli uomini di Manhasset trovano una famiglia, consolazione, aiuto, solidarietà, divertimento, risate, compagnia, modelli, discorsi.

Il bar sarà la costante della vita di J.R., da bambino il cui padre ha preso il volo senza mai contribuire al suo mantenimento, ad adolescente timido, a studente dotato ma insicuro di Yale, fino a quando, fattorino al New York Times, si rifugerà ogni sera nel bar in cerca di forza e speranza ma anche per annegare la sua frustazione.

E sarà il bar, o meglio la sua chiusura, in un certo senso, a salvarlo.

Intorno a J.R. ruotano personaggi maschili indimenticabili, dal proprietario del Pubblicans, Steve, allo zio Charlie, al resto del personale e degli avventori abituali, ciascuno con il suo carattere e le sue storie, ciascuno portavoce di un pezzetto di società, ideaologia e cultura diverse che insieme si completano, perchè: 

"...La gente non capisce quanti uomini ci vogliono per fare un brav'uomo. La prossima volta che vai a Manhattan e vedi uno di quegli imponenti grattacieli in costruzione, fa' attenzione a quanti uomini sono impegnati in quell'impresa. Per costruire un uomo solido, ci vogliono tanti uomini quanti ne servono per costruire una torre."  (pag. 264)

Solo alla fine, dopo gli studi, le delusioni sentimentali e professionali, la disperata ricerca di un rapporto con il padre e, soprattutto, le grandi disillusioni che accompagnano, purtroppo, il raggiungimento della "maturità", J.R. capirà che il suo modello "maschile" lo aveva sempre avuto accanto: sua madre.

Una madre che lo protegge, cresce, indirizza e conforta con una strordinaria forza d'animo, come solo una madre sa fare. L'immagine stessa della solidità e della determinazione che J.R. cercava negli uomini.

"Era una divina bugiarda, una geniale bugiarda e stava mentendo anche a se stessa, cosa che mi fece apparire le sue bugie in una luce completamente nuova. Capii che dobbiamo mentire a noi stessi di tanto in tanto, dirci che siamo forti e capaci, che la vita è bella e il duro lavoro avrà la sua ricompensa, e poi provare a trasformare le nostre bugie in realtà. Questio è il nostro compito, la nostra salvezza, e questo legame tra mentire e procaee ero uno dei tanti doni che mi aveva fatto mia madre, la verità che era sempre esistita dietro le sue bugie.....Ero sempre stato convinto che essere un uomo significasse saper tenere duro, ma questa era una cosa che mia madre aveva fatto meglio di chiunque altro. E tuttavia, aveva anche capito quand'era il momento di mollare...."  (pag. 457).

Un romanzo che  mi è piaciuto e mi ha colpito molto, ben scritto, scorrevole e mai noioso, ricco di riferimenti letterari e di discorsi, monologhi e dialoghi forse un po' improbabili per un pub ma certamente appassionanti ed intelligenti.



Ecco il mio consiglio di lettura per questo venerdi del libro!

L'autore è stato scelto da Andre Agassi per aiutarlo a scrivere la sua autobiografia, "Open". 
In effetti, evidentemente non a caso, avevo apprezzato moltissimo anche "Open" (di cui avevo parlato qui).
 

martedì 7 febbraio 2017

Il paradosso dei cartoni animati "educativi"

La recente influenza mia e del ricciolino ha elevato per qualche giorno il numero di cartoni anonimati "subiti" e "sorbiti", portandomi a prendere coscienza di un paradosso.

I moderni cartoni animati sembrano tutti pensati per "educare" o, meglio ancora, "insegnare", a differenza di quelli degli anni '80, almeno per quello che ricordo io.

Immagine tratta dal web

Prendiamo, ad esempio, alcuni tra quelli apprezzati dal ricciolino:

- i "Super wings", in cui in ogni puntata viene indicata una parola o una usanza caratteristica di un paese del mondo e la "missione" degli aerei dovrebbe portare i bambini a imparare qualche nozione di geografia, ovviamente scelta senza un criterio logico facilmente rinvenibile;

- "Blaze e le mega macchine", in cui ogni avventura è il pretesto per introdurre nozioni sparse di geometria (es. il concetto di angolo e ampiezza dell'angolo), fisica (es. le leve), matematica (es. il concetto di maggiore o minore) ecc., in modo peraltro del tutto estemporaneo e, anche in questo caso, senza un filo logico che leghi le diverse puntate. In più, si cerca di insegnare vocaboli tecnici relativi al motore, ai diversi tipi di veicoli a motore e non ecc., operando trasformazioni alle macchine con la sola forza della "ripetizione del vocabolo giusto";

- "Dora l'esploratrice" , che personalmente non sopporto per quella sua vena di esagerato buonismo e le continue canzoncine senza capo nè coda. Il cartone vorrebbe insegnare l'inglese con l'unico metodo che sconsigliano tutti i manuali dedicati al bilinguismo che ho letto e tutte le insegnanti di lingue straniere che conosco: mischiando qualche vocabolo in lingua straniera e in frasi costruite e pronunciate in italiano, oppure inserendo frasette in inglese in un discorso in italiano. Anche in questo caso, senza che sia facilmente comprensibile quale sia il criterio logico seguito per scegliere il vocabolo o la frase della puntata;

- "La casa di Topolino" insegna a contare, a riconoscere concetti matematici, numeri e lettere e a cercare soluzioni alternative ai problemi, grazie ai fantastici "strumentopoli" di cui miracolosamente dispone Topolino ad ogni puntata;

- "Curioso come George" affronta temi quali l'ecologia (raccolta differenziata, difesa degli habitat degli animali selvatici, difesa dell'ambiente, gli orti sul tetto), la metereologia, l'astronomia ecc. partendo dai "pasticci" della scimmietta George che, da detto, cerca sempre di porvi rimedio e apprendere, aiutata da un illuminato "uomo dal cappello giallo" che non perde occasione per portarla a scoprire da vicino fenomeni fisici, naturali e scientifici.

In aggiunta, ci sono tutti quei cartoni che cercano di spiegare ai bambini alcune regole di vita civile e trasmettere valori come la forza dell'amicizia, l'importanza della solidarietà, della pace, dell'aiuto reciproco e della collaborazione, come "Gli orsetti del cuore", "La dottoressa Peluche", lo stesso "Curioso come George", i "Paw Patrols" ecc.

Ora.
Sia chiaro che non ho nulla da eccepire sulle intenzioni degli inventori/sceneggiatori di tutti questi cartoni animati, sicuramente nobili e condivisibili.

Ciò che mi disturba è:
- il metodo, che manca del tutto o io non comprendo e che, secondo me, andrebbe rivisto da pedagogisti o insegnanti competenti.
Ditemi voi che senso ha cercare di spiegare il concetto di ampiezza dell'angolo in una puntata e poi alla puntata successiva tornare a parlare di come riconoscere un numero, oppure indicare sul mappamondo il Congo senza mai aver mostrato ai bambini neppure dov'è l'Italia;

- la pretesa di rendere il cartone "interattivo" (comune ad alcuni), ponendo domande ai telespettatori e poi complimentandosi dopo qualche secondo per una risposta che potrebbe non essere stata data o esserlo stato in modo sbagliato e che comunque non è stata percepita, oppure incitando i bambini a ballare o ripetere vocaboli più e più volte a voce alta, sempre poi complimentandosi per "aver aiutato" il protagonista.
Mio figlio ora ha cinque anni ma ha capito da un pezzo che il teleschermo non registra le sue risposte e mi ripete ogni volta quanto gli  sembrino sciocche e inutili tali domande. E ai "ringraziamenti" del protagonista risponde con un sonoro: "Uffi, hai fatto tutto da solo, non lo capisci ?!"

- il lessico fantasioso, che contrasta con i termini tecnici ed i vocaboli in lingua straniera che si vorrebbero insegnare.
Solo per dirne una, perchè la dottoressa Peluche non  può segnare i sintomi sul grande libro delle "malattie" anzichè della "bua" e dare alle malattie stesse dei termini corretti o, quanto meno, usare espressioni realmente esistenti? Cambierebbe il senso dei cartoni? O forse gli ideatori sono convinti che i bambini si esprimano tutti così? E voi, davvero volete un figlio che parla di "bua" e "sgonfitosi"? Per sdrammatizzare le pratiche mediche ed avvicinare i bambini alla medicina, è proprio necessario arrivare a questo punto? Non basta usare delle perifrasi?
Davvero desideriamo bambini che sappiano come funziona un motore ad elica ma chiamino "bue" le malattie?

- in ultimo, ma primo per importanza, l'assoluta ignoranza della consecutio temporum e delle regole grammaticali basilari della lingua italiana.
I congiuntivi sono perfetti sconosciuti, le espressioni con "a me mi" si sprecano, i condizionali sembrano non essere mai pervenuti e così via.
Basterebbe aggiungere quella esagerata cadenza romana e le frasi smozzicate alla Totti per ottenere una replica su scala animata dei programmi di intrattenimento televisivo che instupidiscono gli italiani (o forse li rispecchiano, ma cerco di essere ottimista).

Una delle poche eccezioni mi pare proprio "Curioso come George" (però il ricciolino lo guarda mentre io lavo i piatti, dunque potrei essere semplicemnete stata troppo distratta io).
Sono arrivata al punto di rimpiangere "Masha e l'orso" e "Peppa Pig" (magari incorrono negli stessi errori ma non me ne ero accorta perchè all'epoca in cui andavano per la maggiore in casa nostra non ascoltavo con attenzione?).

Fatemi capire: anche i cartoni animati sono diventati un pretesto per "stimolare" l'apprendimento nei bambini della matematica, della logica e delle lingue straniere e poi si "cade" nell'imbarbarimento della lingua italiana?

Un paradosso che non mi piace per nulla.

Ditemi che non sono la sola, per favore!





domenica 5 febbraio 2017

Una domenica a Milano: tra "The art of the brick", una passeggiata in centro e una merenda tra "blogger"

Domenica scorsa, in quello che avrebbe dovuto essere l'ultimo giorno di apertura (poi spostata al 5 febbraio), siamo finalmente riusciti ad andare a Milano a visitare la mostra "The Art Of The Brick" di Nathan Sawaya.

Alle dieci, all'apertura, avevamo già i biglietti (dal prezzo tutt'altro che basso), grazie alla nostra amica, milanese di nascita e valdostana d'adozione (;-), che alle nove e mezza era già sul posto!
Cosi' non abbiamo fatto coda, che invece era lunghetta quando siamo usciti.

Tre adulti e quattro bambini, siamo rimasti una buona ora e mezza, riuscendo a gustarci le opere nonostante l'affollamento di visitatori, anche se io sarei rimasta tranquillamente mezza giornata...bellissima!!!

Mi sono piaciute le sculture, vere e proprie opere d'arte in mattoncini Lego, dai molteplici temi.


Mi è piaciuta la filosofia dell'artista, ex avvocato, ben condensata in alcune sue "affermazioni" e nella descrizione di alcune opere.

La capacità di descrivere l'animo, la creatività ed il potere del pensiero umano, scegliendo di esprimersi con un mezzo semplice, per molti versi "povero" e comune, come i mattoncini di uno dei giocattoli piu' diffusi al mondo negli ultimi anni.


La chiara consapevolezza che la cultura, l'apprendimento e il gusto artistico possano essere trasmessi anche in modi non convenzionali, magari proprio con opere di Lego che aiutino a imparare la geografia o il sistema solare o avvicinino all'arte classica e moderna.

La sezione della mostra dedicata alle riproduzioni di grandi capolavori in questo senso è emblematica, oltre che splendida.
Peccato che nelle nostre scuole, troppo spesso non ci sia spazio per "metodi alternativi" di insegnamento, come se apprendere dovesse sempre far rima con "faticare" e "annoiarsi".



E non si tratta solo di sculture, come verrebbe da pensare considerando la tridimensionalità dei mattoncini ma anche di ritratti e riproduzioni di dipinti.

L'artista, pero', a mio parere emerge ancor di piu' dalla sezione dedicata alle costruzioni Lego con cui Nathan Sawaya da corpo ai propri incubi.


L'opera preferita del ricciolino? Io avrei detto lo scheletro di dinosauro gigante, simile in tutto e per tutto a quelli dei musei di storia naturale, invece....è stata questa!

(dovrei pormi qualche domanda sulla sua serenità?!?)

La mia preferita?

Non poteva che essere questa, con il "motto" che la accompagnava.


Molto interessante anche l'ultima sezione della mostra, dedicata ad immagini surreali di una società americana in preda alla solitudine ed all'artifizio, con gigantografie di cartoline modificate per inserirvi un oggetto in Lego, esposto insieme (non so se la foto rende ma è davvero impressionante e suggestivo).


Al termine del percorso espositivo, lo shop (con prezzi folli) ma anche tavoloni con pezzi di Lego e Lego Duplo in cui lasciar "creare" i nostri piccoli artisti, ovviamente super apprezzato da tutti i bambini !


La nostra giornata è proseguita con una puntatina nella moderna Piazza Gaia Aulenti, che la nostra amica era curiosa di vedere come fosse venuta dopo i lavori del 2012....e poi dritti in Piazza del Duomo.


I nostri bimbi, cosi' colorati e scalmanati rispetto alla media delle persone e dei bambini in giro (quasi tutti in tinte austere e camminanti ubbidienti vicini ai genitori), spiccavano nella folla...


Dopo qualche disguido e ritardo per la difficoltà di trovare un posto in cui farli mangiare a prezzi abbordabili in centro (ovviamente loro puntavano al Mc Donald's che pero' era strapieno), i bambini si sono divertiti a scorrazzare per i cortili del Castello Sforzesco, dove io ho potuto finalmente conoscere un'altra blogger che leggo sempre, Deborah, ovvero Mamma al Cubo, ed il suo secondogenito.

Per la merenda si è aggiunta anche Francesca, di Patato Friendly, con la sua famiglia e...ci siamo gustati un caffè e dei dolcetti con vista sul Duomo....questa volta trovando posto da Mc Donald's !

Per me è sempre emozionante poter chiaccherare viso a viso con persone che leggo e con cui dialogo di solito solo da dietro uno schermo, anche perchè, pur apprezzando l'opportunità del web e dei blog, preferisco gli incontri "reali" (pure se mi viene da parlare ininterrottamente per coprire la mia timidezza e quindi forse sembro logorroica!).

Insomma, una super domenica di cui sono stata molto soddisfatta (un po' meno l'Alpmarito, che pur apprezzando la mostra e la compagnia, odia le grandi città, la folla ed il traffico e dunque minaccia sempre di avermi accompagnato "per l'ultima volta").