venerdì 26 marzo 2021

Le letture di Mamma Avvocato: "Il ragazzo che cavalcava il vento" di Leonardo Soresi

I libri che parlano di sport mi ispirano sempre molto perchè credo che lo sport sia una grande scuola di vita.

C'è stato un periodo in cui ho corso regolarmente, con molte difficioltà ma innegabili soddisfazioni, pur facendolo a livello puramente amatoriale e con tempi da tartaruga appena svegliatasi dal letargo ;-). 

In quel periodo ho letto alcuni libri di podisti che mi hanno motivato (come non menzionare il classico "L'arte di correre" di Murakami), colpito (come "Correre o morire" di Kilian Jornet), interessato (come l'imperdibile "Born to run") o semplicemente divertito e coinvolto (ad esempio "Corro perchè mia mamma mi picchia" o "Parli sempre di corsa" ).

Poi ho evitato, perchè sapendo di non poter tornare a correre, almeno non a breve, mi intristivo.

Quando tra i titoli prenotabili in biblioteca ho trovato questo romanzo, però, non ho resistito.

"Il ragazzo che cavalcava il vento" di Leonardo Soresi,

ed. Ponte delle Grazie, 2014, pag. 266


Il protagonista è un giovane indio tarahumara che ha appena compiuto 16 anni, Javier, che con un paio di huarache (i tradizionali sandali di pelle di cervo), che vive nel canyon del Barranca del Cobre, nel cuore del Messico, insieme al padre.

 Avevo letto dei tarahumara, straordinari corridori, in "Born to run" e quindi sapevo già qualcosa di questa popolazione, che vive in estrema povertà in condizioni difficili, lottando contro i trafficanti di droga che vorrebbero impadronirsi delle loro terre, la polizia corrotta e spesso anche il pregiudizio ed  il disprezzo degli altri messicani.

Nella vicenda narrata nel libro c'è tutto questo ma anche un'interessante protagonista femminile, Juanita, e soprattutto, c'è la corsa, protagonista indiscussa insieme ai sentimenti, alle motivazioni, alle fatiche ed alle gioie di chi ne è appassionato. 

Javier si allena per rarahipa, una corsa ad eliminazione, in cui vince chi non si ferma e che costituisce un vero e proprio rito di iniziazione all'età adulta per i giovani maschi (perchè le ragazzem, anche se vogliono, non possono partecipare). 

"Anzi, era probabile che il rarahipa sarebbe stata l'ultima esperienza che avrebbero compiuto insieme, l'ultimo ricordo comune prima della partenza i Santiago per Chihuahua. E già subito dopo il via si erano separati: nuno davanti e uno in coda  al gruppo. Uno a tirare calci fuoriosi alla palla, non aspettando altro che tutto questo finisse per potersene andare via. L'altro in coda ad aspettare invece chissà cosa: non certo la gloria, nè la vttoria. Forse solo un pizzico di magia, quella che ricopre come polvee d'ali di farfalla i sogni dei bambini che giocano." pag. 42

Lo corre, si confronta con i suoi avversari, anche con chi ha scelto di emigrare e: ... "Come tutti i tarahumara che si erano trasferiti fuori dal nayon, era divorato dalla smania di dimenticare le proprie radici, abbracciando ogni novità che veniva dal mondo esterno. Per lui la corsa non era altro che una formula matematica, in cui solo il meglio allenato e il più esperto potevano vincere. Non capiva che c'era quancosa d'altro: il fuoco, la passione, l'imprevedibilità del destino. Javier sapeva che la vita non era solo tecnica e razionalità: era soprattutto fatta di carne e sangue e di un sogno nasconto in fondo al cuore."  (pag. 52)

E lo sa anche un bianco che vive nel canyon e deciderà di aiutare Javier e la sua ragazza, Juanita, a proteggere la terra che anch'egli ama e ha scelto, anche se questo significherà allenare il giovane per la più difficile ultramaratona americana, la Western States.

Ovviamente gli ostacoli saranno molti, a partire dalla reciproca diffidenza, allo sforzo fisico al passaggio della frontiera da clandestini ma anche lo sconforto, il dolore, il senso di colpa, la pressione altrui.

 "L'unico (consiglio) che posso darti è quello di non adagiarti a fare la vita che fanno quasi tutti, amando poco, lottando poco, lasciando che il tempo scorra senza fare nulla. Ne ho incontrati troppi che hanno vissuto così, e che continuano a raccontarsi giorno dopo giorno che quel poco che hanno combinato è dovuto alla mancanza di talento o alle circostanze sfavorevoli. No, la ragione del poco che facciamo sta sempre in noi. Siamo noi che ci accontentiamo e non tentiamo di vivere i nostri sogni più grandi, nascondendoci dietro la scusa del realismo e del senso pratico." (pag. 264).

Il finale, a sorpresa, è emozionante.

Un libro che è una storia di fantasia ma scritta da chi la Western State Endurance Run, la 100 miglia più importante del mondo tra le monatgne della Sierra Nevada, l'ha corsa davvero e come primo italiano, nel giugno del 2009.

Un romanzo che rammenta quanto sia potente la forza di un sogno, se ci si impegna con tutti se stessi per cercare di realizzarlo.

"La vita non è fare una somma o risolvere un'equazione che ha un solo risultato. Vivere significa cercare di dipingere, ogni giorno, un pezzetto di un quadro, con i pochi colori che ci sono stati dati. Per questo penso che tu possa farcela", pag. 163

Questo è il mio consiglio per il consueto appuntamento con il venerdì del libro, ideato da Paola.

martedì 23 marzo 2021

Intanto che il tempo passa

 Le settimane trascorrono e forse questa sarà l'ultima con le scuole aperte per i miei bimbi, perchè la zona rossa si avvicina a grandi passi. A mano che le proteste di piazza dei giorni scorsi e i numerosi studi che confermano che non c'è correlazione tra frequenza della scuola in presenza e contagi (perlomeno nella fascia d'età fino alle medie), compiano il miracolo.

Intanto, però, si cerca di lavorare e vivere il più pienamente possibile, per quel che queste restrizioni consentono e fra una quarantena e preventiva e l'altra, ovviamente.

Questo blog è nato come un diario in rete e quindi mi sembra giusto annotare quel che accade.

I bimbi crescono e Orsetto, soprattutto, in questo periodo ancor più dei suoi fratelli.

Domenica, primo giorno di primavera, ha imparato anche lui a pedalare, senza rotelle.

Così adesso siamo tutti e cinque ciclisti!

A vederlo, soprattutto da dietro, è facile confonderlo con il Ricciolino ed infatti ogni tanto le maestre della scuola dell'infanzia si confondono e lo chiamano con il nome del fratellone. Lui non se la prende.

D'altro canto, adesso i due maschietti giocano spesso insieme, alla lotta o con le macchinine o con le carte dei Pokemon o di Dragonball. 

Principessa si cambia vestiti almeno tre volte al giorno, scegliendo con cura abbinamenti e capi che le piacciano. In questo è pari pari al fratellone alla stessa età. O anche ad adesso, visto che il Ricciolino continua a farlo.

Non c'è giorno che non indossi una gonna o un vestito, meglio se con i brillantini o con i volant o perlomeno plissettata, preferibilemente in tutte le tonalità del rosa e del viola, con qualche concessione al rosso.

Spesso la sera indossa il pigiama (ovviamente o rosa o viola) e poi sopra il tutù da ballerina o la gonna con le luci al led che le ha regalato il mio sobrio fratellino. Poi mi chiede di mettergli video di ballerine con la musica classica e semplicemente balla, in salotto. E che nessuno la disturbi!


Code, trecce e codini sono una richiesta continua. Le scarpette da ballerina, le sue pantofole di casa.

Poco le importa di rompere un paio di collant al giorno e di tornare a casa con la gonna strappata o sporca di terra e erba, lei deve vestirsi "da ballerina" anche a scuola.

Da un lato, mi dispero, dall'altro sono contenta che si senta libera di esprimere se stessa, giocare in ogni modo e andare in bici anche con la gonna, il tutù o qualunque altro abbigliamento desideri.

Orsetto è l'unico che fa poche storie per gli abiti, indossa quasi tutto, purchè i pantaloni siano morbidi e le scarpe "da corsa". Ha bucato il piumino in mille punti infilandosi nelle siepi della scuola e perde piume mentre cammina. Lui ne ride di gusto, felice. In generale però è molto meno pasticcione di sua sorella, pur essendo molto fisico nel gioco. La sua amichetta del cuore è sempre la stessa e quando la nomina lo fa con aria sognante. Però mentre fino allo scorso anno giocava anche molto da solo, ora preferisce i suoi amichetti della scuola dell'infanzia.

Orsetto e Principessa hanno sviluppato un linguaggio tutto loro, fatto di giochi "per finta" che riprendono giorno dopo giorno  e di cui solo loro riescono a tenere il filo. 

La loro complicità è bellissima, da osservare. Anche se ogni tanto si picchiano, litigano e si mettono in castigo a vicenda.

Principessa appena torna a casa da scuola si aggrappa al ciuccio ed al suo doudou. Li molla solo mentre è immersa in un gioco. Quando cerchiamo di riservarli all'ora della nanna, ci guarda dall'alto dei suoi tre anni e mezzo e ci dice: "Ma sto giocando alla bambina piccola PER FINTA, il ciuccio ed il pupazzo MI SERVONO perchè sono una bebè".

E quindi niente, la furbizia va premiata e vince lei.

Quando siamo in ritardo e Orsetto si lancia in uno dei suoi interminabili capricci di puntiglio, piangendo sdraiato per terra, fino a che non minaccio di lasciarlo dove è e di andarmene, Principessa si mette a piangere anche lei implorando di non lasciarlo, perchè "è il mio fratellino!" e facendomi sentire una mamma di m....

E' molto protettiva verso Orsetto, che la premia lasciandole decidere 2 volte su 3 quale gioco fare e facendosi comandare quasi a bacchetta.

Il Ricciolino ha imparato ad usare le scarpe da ciclismo con gli attacchini, usa ogni pezzo di asfalto per allenarsi con lo skate e sogna gare di bici tutte le notti. E' praticamente autonomo nello studio, anche se io insisto per fargli fare più esercizi di francese, farlo leggere, scrivere e ripetere le lezioni, quando ha c'è tempo. La stagione di sci nordico lo ha aiutato a stare bene e gli è piaciuta molto.

 Senza non so come avremmo fatto.

E' un periodo in cui legge molto da solo, oltre alle nostre letture serali a due. 

Legge sia in francese che in italiano, soprattutto se si tratta di fumetti, da Tex a Topolino ad Asterix e Obelix.

Negli ultimi weekend in casa ci siamo ridati al giardinaggio

Abbiamo seminato in ogni tipo di vasetto fiori e vegetali vari, fatto talee e trapiantato fiori e viti. Messo resi e creato aiuole. Il prossimo passo sarà ingrandire il minuscolo orticello dell'anno scorso.


Qualche soddisfazione il giardinetto ce la regala. Soprattutto perchè la bellezza della natura è qualcosa che mi stupisce sempre e ha sempre il piacere di rischiararmi l'umore.

Io sto cercando di trovare uno spazio quotidiano per una breve meditazione e anche se fatico molto, sono 10 minuti che mi regalano un sonno migliore.

E poi mi sono data allo studio della prima serie di Asthanga Yoga. Prima o poi mi stufero' di ripetere sempre la stessa sequenza ma per ora ogni giorno è diverso, perchè ogni giorno compio progressi o noto particolari da correggere.

Manca sempre tanto, troppo. Soprattutto mancano stare con gli amici e lo sport. Questa notte ho sognato di nuotare e sentivo persino l'odore del cloro sulla pelle, la sensazione di pressione al naso durante le virate e..niente, mi sono svegliata quasi piangendo da quanto mi manca. Orsetto e Principessa chiedono sempre più spesso quando andremo in piscina ed in palestra d'arrampicata insieme. Il Ricciolino guarda le rocce e domanda quando potremo tirare fuori corda e imbrago. 

Abbiamo collezionato una serie infinita di merende, cene ed inviti a casa nostra ed a casa di nostri amici e amichetti dei bambini promessi per "quando si potrà", per le quali dovremmo poter rivivere l'anno che abbiamo di fatto perso. E invece.

 Cerco di vivere nel presente ma continuo a temere il futuro incerto. I bambini, intanto, crescono e, quando abbiamo bisogno di tirarci su il morale, prepariamo una torta, impastiamo una pizza, compriamo il gelato e andiamo a passeggiare o pedalare nei campi.


Crostata cioccolata e pere per la festa del papà

venerdì 19 marzo 2021

Le letture dei gemelli: "Quando sarò grande", per la festa del papà

 Per un lungo periodo le biblioteche  della mia zona hanno funzionato solo su prenotazione dei volumi on line. Ora sono di nuovo aperte ma temo che durerà poco.

Orsetto e Principessa sono ancora piccoli per scegliere un libro solo dalla copertina e dal titolo e comunque non voglio che stiano davanti al pc o al telefono, perciò mi sono messa a spulciare le recensioni per capire quali albi ordinare per loro.

Purtroppo i miei gusti non sono i loro e quindi non sempre ho compiuto la scelta giusta, pero' qualche chicca l'abbiamo scovata.

Una di queste è perfetta per la prossima FESTA DEL PAPA' 

"Quando sarò grande" di Astrid Desborde e Pauline Martine, 

ed. La Margherita, 2017 (in Italia), pag. 37



Ettore, un bambino, è in spiaggia con il suo papà. Guarda in cielo le rondini, che volano all'altro capo del mondo e domanda se, "da grande", anche lui se ne andrà lontano.


E' solo la prima di una serie di interrogativi che Ettore pone al padre, dando voce alle più comuni paure di ogni bambino (e, in fondo, di ogni adulto), con un linguaggio semplice e comprensibile per i bambini ("E se cado?" ,"E se scende la notte?", "E se si alza il vento? ecc), che sottointende sentimenti e dubbi universali: la paura della solitudine, degli imprevisti che stravolgono il cammino, dell'ignoto, dell'isolamento, della noia, il senso di impotenza o di inadeguatezza  e così via.



Il papà risponde con affermazioni positive e chiare, che rassicurano senza banalizzare, ricordando al suo bambino che la forza per affrontare il futuro è già dentro di lui e intorno a lui e che un genitore è sempre vicino al proprio figlio, anche quando non sembra.

Un libro delicato come le sue illustrazioni, con un ritmo quasi ipnotico che risulta efficace ed è piaciuto molto ai miei bimbi.

Per parlare d'amore e di crescita in modo non sdolcinato.

Senza fretta, perchè come ricorda il padre ad Ettore: "Hai tutta la vita davanti a te".



Ecco il mio consiglio di lettura per questo venerdì del libro.

lunedì 15 marzo 2021

Riflessioni sparse del momento.


Questo post sarà confuso e arrabbiato.

Però ho bisogno di scriverlo.

Ho troppa voglia di urlare e piangere per ciò che non riesco a farmi andare bene, a "digerire".

In qualche modo ho bisogno di buttarlo fuori.

 Il lavoro. Non il mio, il lavoro in generale. 

Ci sono professioni, posizioni e mestieri tutelati ed altri no. 

Non mi interessa perchè e per come la stuazione sia quella che è, mi interessa il fatto che il Covid sia stato l'ennesima occasione sprecata per modificare lo status quo, per portare davvero uguaglianza.

E invece è ormai un anno che c'è chi gode di congedi, non retribuiti o  parzialmente retribuiti, permessi, malattie e diritto allo smart working e chi non ha nulla di ciò. Chi lo smart working non lo vuole proprio, perchè in realtà è multiworking, eppure è obbligato.

Chi percepisce uno stipendio intero sempre, che lavori 8 ore in presenza o 4 a casa o non lavori proprio e chi non ha neppure più la possibilità di lavorare o di trovarlo, un lavoro.

Chi ha diritto di assentarsi e rinviare se si prende il Covid o è in quarantena e chi questo diritto non lo ha e deve pagarsi un sostituto, sperando di averne le risorse, di trovarlo e che lavori bene.

Chi ha la pensione o il reddito di cittadinanza senza aver mai lavorato o avendo lavorato per una manciata di anni e chi non ne maturerà mai il diritto, perchè appunto non può lavorare. 

E sorvoliamo sugli importi della pensione e dei sussidi e sulla disuguaglianza interna, tra chi ha contribuito e chi no.

Chi è stato vaccinato perchè fa un certo mestiere e poi è a casa comunque, molto spesso costretto, anche se vorrebbe essere in presenza.

E non è che il mal comune sia mezzo gaudio. 

Io non voglio che si tolga a chi ha più tutele, vorrei che si dessero a tutti gli stessi diritti. E invece continuano ad esserci lavoratori di serie A e lavoratori di serie B. 

Tra questi ultimi, anche chi un lavoro fuori casa non lo ha e quindi si pretende che faccia di tutto e di più e per giunta in silenzio.

La scuola.

Io ho frequentato 5 anni di elementari a tempo pieno con due maestri che si alternavano. Sempre gli stessi. I miei maestri erano "I" maestri, per me. Io per loro non ero solo un nome sul registro. A distanza di quasi 30 anni vengono ancora alle nostre cene di classe, se li incontro si ricordano i nomi dei miei fratelli, la professione che esercito, dove vivo o si informano di tutto. Erano un punto fermo.

Le questioni tra compagni si risolvevano in classe, tra compagni spontaneamente e, se necessario, compagni e maestri. Non con note o colloqui. E vi assicuro che funzionava.

Mio figlio di maestri e maestre in 4 anni ne ha già cambiati, per fortuna non tutti, non la maggior parte.

A molti studenti italiani è andata decisamente male.

 Durante il primo lockdown,  lui li ha sentiti dopo tre settimane in una vidoechiamata di gruppo di 45 minuti, una volta a settimana. Adesso  la DAD viene attivata solo se è a casa tutta la classe (se no e-mail o registro elettronico per i compiti a casa), rigorosamente con il programma che ha deciso la scuola (e chissene se non funziona con un altro marchio di pc o su quelli più obsoleti), nell'orario che ha deciso la scuola.

In altre scuole, funziona diversamente, in alcuni posti meglio, in altri peggio. Scuola che vai, situazione che trovi e le famiglie devono far andar bene tutto.

Non metto in discussione la preparazione o la bontà delle insegnanti, perchè noi siamo fortunati in questo.

Eppure mi sembra non ci sia un particolare rapporto, effettiva vicinanza.

Era arrabbiato, mio figlio, quando a Pasqua dell'anno scorso si è sentito augurare "Buona Pasqua" . Perchè cosa c'era di bello in quella Pasqua chiusi in casa con la propria famiglia stretta (nella migliore delle ipotesi) e basta, da un mese ormai? E d'altro canto, cosa dire a questi bambini, al di là dallo schermo?

Ai piccoli è andata meglio, con videochiamate e messaggi. E senza il rpoblema di DAD, compiti e didattica,certo. 

Non è scuola dell'obbligo, ma spiegalo a bimbi di due anni e mezzo che l'educatrice con cui stavano mezza giornata o tutto il giorno cinque giorni su sette, da quando avevano sei mesi, di punto in bianco non la possono più vedere e toccare? Non è un trauma psicologico? Non è un pò come essere abbandonati? E il sentimento di queste educatrici, che con i bimbi che accudiscono sviluppano un forte rapporto affettivo?

La scuola che apre - chiude- riaprirà o forse no. Perchè chi ci crede più?

In cui non si sa il giorno prima che libri verranno usati il giorno dopo perchè si preferisce decidere all'ultimo in base a come va, però i bambini dovrebbero imparare a programmarsi compiti e studio e dividiamo tutti i mille fascioletti da foderare. Pero' si portano tutti a scuola, perchè non si sa.

In cui  non si può scegliere con chi giocare perchè  "bisogna giocare con tutti" , anche con chi magari proprio non ti piace o si lamenta sempre con la maestra se non si fa come dice lui/lei, ma con il Covid giocare rigorosamente senza toccare nessuno, senza toccare la palla o altro, con la mascherina e possibilmente a distanza.

Una scuola in cui a  giugno, quando erano aperti i centri estivi, i bimbi frequentavano i parchi giochi, mezza Italia ricominciava a viaggiare e stare al mare o con gli amici, non ci si poteva incontrare tutti neppure per un saluto informale perchè la singola dirigente scolastica non era d'accordo e questo prevaleva su tutto.

La scuola che doveva spostarsi all'aperto, rinnovarsi, migliorare per sfuggire al contagio ed invece si sta comunque sempre in aula e con sempre più divieti e limiti ed è la prima ad essere chiusa, quando i numeri salgono, come se in fondo, fosse cosa da poco.

La scuola, in cui è stata reintrodotta la materia "educazione civica", con fondamenti di diritto, che chiede a bambini delle elementari di firmare (ripeto, minori di anni 16, firmare) un patto di "corresponsabilità" in cui i bambini stessi si obbligano a monitorare il proprio stato di salute e segnalare i compagni che non rispettano le regole. 

Tra delazione ed omertà, forse c'è una via di mezzo?

In cui un anno fa veniva imposto addirittura quando far mangiare la frutta o lo yogurt (merenda obbligatoria da portarsi da casa), se come merenda del mattino o del pomeriggio perchè: "La scuola deve educare, anche in campo alimentare !"  (come se tutti avessero le stesse esigenze nutrizionali e lo stesso metabolismo, peraltro). 

L'anno dopo, visto che c'è il Covid, non si lavano neppure più i denti dopo pranzo, la merenda ognuno faccia come pare e in mensa un trionfo di monouso e rifiuti.

La scuola dei protocolli, ma solo quando fanno comodo, e dell'ipocrisia, in cui bambini ed insegnanti si barcamenano come possono, cercando di sopravvivere e magari lasciare un pò di spazio alla didattica. Tradizionale, ovviamente.

Perchè poi, in tutto questo, io mi preoccupo del bisogno di socialità e confronto con i coetanei dei miei figli, ovviamente perchè "non ho capito che c'è chi è in TI o in una bara, ci sono altre priorità, loro hanno tutta la vita davanti, pensa alle cose serie"  ; ho necessità di "parcheggiarli" a scuola perchè "sono un genitore degenere che non sa educare i propri figli e li ha fatti solo per sbolognarli" ; mi preoccupo anche che imparino qualcosa perchè "sono il tipico prodotto di una società in cui conta solo il nozionismo e sfornare piccoli robot che producano un domani un reddito e si mantengano".E già, mi avete beccata.

I vaccini

Io credo nella libertà di scelta, soprattutto in termini sanitari. 

Ciò posto, vogliamo procurarci o no questi benedetti vaccini, svizzeri, inglesi, italiani, russi o americani che siano, purchè siano?

Vogliamo consentire a chi vuole correre il (relativo) rischio, di vaccinarsi?

Vogliamo proteggere i più anziani e fragili che continuano a morire o solo guadagnare consensi elettorali (ah già , votare è fuori discussione da anni) vaccinando per categorie, dipendenti pubblici del comparto sanità, scuola e forze armate in primis?

E poi pure la popolazione carceraria, prima dei pensionati?

Senza considerare l'età, se abbiano davvero maggior probabilità di ammalarsi, se abbiano già una sorta di immunità (seppur temporanea da malattia o no) ecc.

E poi comunque chiudiamo i reparti ospedalieri e le scuole e mandiamo ai domiciliari i carcerati, vaccinazioni o non vaccinazioni effettuate.

Ma tranquilli: "Potenzieremo il sistema di vaccinazione e tracciamento!" Da domani, sempre da domani.

Leggo le notizie, cerco di capire cosa capita o nonn capita all'estero e non mi capacito.

I criteri e le zone

Semplicemente, non se ne può più.

Non se ne può più di annunci al venerdì o alla domenica sera, per regole che forse valgono dal giorno dopo, forse ci concedono il fine settimana per abituarci. Forse no perchè poi la gente "se ne approfitta" o forse sì "perchè lo avemamo promesso".

Non se ne può più delle "cinquanta sfumature di arancione" , con regole sempre diverse, da sommarsi alle ordinanze regionali, provinciali, comunali, che ovviamente il cittadino deve scovare, leggere ed interpretare.

Decreto o dpcm, opinioni del CTS o scelta della forza politica del momento....in ogni caso, confusione su confusione.

Senza contare la nuovissima fonte del diritto italiano: "Le faq del Governo"!

Il mio insegnante di diritto costituzionale si starà rivoltanto nella tomba.

D'altro canto, siamo passati dall'Europa unita al divieto di circolazione fuori dal Comune di residenza, domicilio o abitazione (prego, scelgasi un criterio tra i tre, tanto non si capisce neppure quale prevalga), passando per la "frontiera regionale" e le zone rosse provinciali (ma non dovevano essere abolite? Ah no, solo sulla carta) eppure dopo un anno, un anno intero, la situazione non è che sia migliorata molto.

E' colpa dei cittadini che non rispettano le regole. 

E allora andateli a cercare, magari fuori dallo stadio o a pregare per la morte di Maradona, o per le vie dello shopping (pero' che comprino e paghi con la carta, mi raccomando, perchè se no c'è evasione e poi i negozi chiudono e via così), se proprio pensate sia colpa loro, non impedite a tutti gli altri poveri cittadini allo stremo della resistenza psichica di passeggiare in parchi e giardini, in campagna o in montagna o sul lungo mare, o ai bambini di scendere dallo scivolo o andare in altalena.

E intanto, vaccinate, tracciate e curate. INvece di promettere e parlare, che tanto ormai la credibilità  è evaporata.

I medici

Qui si apre un mondo. Quelli che curano seguendo il protocollo, quelli che prescrivono diversamente, quelli che continuano a visitare e quelli che manco rispondono al telefono.

Quelli negazionisti e quelli terrorizzati. Quelli che parlano in tv o sul web e quelli che fanno ciò che possono, come possono, in silenzio.

Quelli che, a sentir loro "gli ospedali sono pieni, lavoriamo con ritmi disumani" e altri, che lavorano nello stesso posto, che rassicurano: "non è vero niente, è occupato solo il 20% dei posti letto, sono i colleghi che ora che devono lavorare si lamentano".

Quelli che serve la vitamina D, quelli per cui preghiere e tachipirina curano tutto e quelli che se non inizi subito con un cocktail di farmaci non hai speranza.

Io so solo che sono estremamente disorientata. Confusa, spaventata e disorientata.

Continuo ad avere fiducia ma è sempre più un atto di fede.

Virologi / infettivologi / opinionisti / giornalisti e politici.

Niente. Li considero tutti alla stessa stregua e non li sopporto proprio più. 

Non intendo sprecare altre parole, per loro.


E...basta.

Adesso vado a seminare piantini di verdure e fiori e fare yoga, i primi perchè "non si sa mai", i secondi perchè c'è bisogno di bellezza e colore (non sulla mappa dell'Italia) e la terza perchè ho necessità di sviluppare endorfine e la palestra di arrampicata e la piscina sono ancora chiuse, per dpcm. No anzi, forse per decreto. Vabbè.




venerdì 12 marzo 2021

Le letture di Mamma Avvocato: "La settima promessa" di Michela Tilli

 "La settima promessa" di Michela Tilli 

ed. Garzanti, 2020, pag. 204



Per questo appuntamento con il venerdì del libro, voglio consigliarvi un romanzo che parla di amicizia tra adolescenti ma anche di un tema molto forte: la criminalità organizzata e la sua capacità di infiltrarsi in ditte, imprese, famiglie e tessuto sociale, anche nel cuore del Nord Italia, nel quartiere Quarto Oggiaro di Milano.

Le protagoniste di questo libro sono due ragazzine in prima media, in epoca pre-Covid, quando ancora la scuola era sempre aperta e le amicizie erano fatte di incontri di persona, di pomeriggi a casa di amici, di autobus per andare in libreria, di presenza.

La famiglia di Agata ha un'officina che naviga in cattive acque, i suoi genitori e suo fratello litigano spesso e, seppur ella sappia di essere amata, si sente lasciata sola nella nuova avventura scolastica, considerata troppo piccola per capire ed essere messa a conoscenza di quanto sta accadendo ma anche troppo grande per essere accudita e seguita come quando era bambina.

Una condizione normale che caratterizza l'adolescenza ma aggravata dal clima pesante che Agata respira in casa.

La sua compagna di banco, Immacolata, apparentemente così sicura di sè ed incurante del giudizio altrui, amante dei libri e dello studio, le sembra un modello inarrivabile, diverso da quello offerto dalle compagne, e in poco tempo Agata abbandona le sue amiche d'infanzia per instaurare una bella amicizia con "Imma".

"Erano sei le cose più belle che ci erano venute in mente. La settima l'ha aggiunta lei. È la cosa più bella di tutte, è una corazza da indossare in battaglia, è la luce che indica  la strada in una notte buia, è la mano che si allunga per farti rialzare, è il coraggio di andare avanti sempre, anche quando il mondo ti dice di no, anche quando hai tutti contro. Ma soprattutto è una promessa."

Solo che la famiglia di "Imma" non è una famiglia normale e, indizio dopo indizio, litigio dopo litigio, Agata verrà a scoprirlo, fino al doloroso punto di rottura.

Non sarà, tuttavia, una fine, come si comprende sin dalle prime righe del romanzo,perchè un'amicizia sincera è un dono prezioso che puo' accompagnare  nella vita, in un modo o nell'altro.

La scrittura, molto scorrevole (infatti l'ho divorato in due sere), consente di immedesimarsi in Agata e farsi travolgere dalle sue emozioni. La sua lettura potrebbe essere occasione per parlare di criminalità organizzata agli adolescenti, in modo per loro comprensibile.

Una storia di adolescenza, di vita quotidiana e di sentimenti ma anche un invito forte a denunciare, a vincere l'omertà, ad avere il coraggio di guardare in faccia la realtà della mafia, anche quando la realtà è nascosta da una facciata di apparente rispettabilità e gentilezza.


venerdì 5 marzo 2021

Le letture di Mamma Avvocato: "Proprio come te" di Nick Hornby

 Questo venerdi', per il consueto appuntamento ideato da Paola, vorrei consigliare l'ultimo romanzo pubblicato  in Italia (per Guanda, settembre 2020), di

Nick Hornby, 

"Proprio come te" 

 

Questo romanzo racconta una storia d'amore. 

Non pero' la classica storia d'amore romantica e un po' melensa, ma semplicemente la narrazione di un sentimento di attrazione e affetto tra due persone.

La sua peculiarità è che si tratta di due persone apparentemente molto diverse tra loro, per ceto sociale di appartenenza, colore della pelle e livello di istruzione e disponibilità economica, oltre che per età.

E' quindi una storia d'amore e di uguaglianza nei sentimenti, al di là delle opinioni personali, del peso dei pregiudizi e del fardello dello sguardo altrui, ovvero dei giudizi sociali.

Si svolge in una Londra divisa dal referendum sulla Brexit, in cui le persone tendono naturalmente a schierarsi in due fazioni, quasi senza accorgersi che, in realtà, ciascuno è comunque portatore di interessi diversi ed ha maturato le proprie convizioni sulla base di differenti esperienze e dunque non c'è una vera unità neppure all'interno di ciascun schieramento.

Confesso che questo aspetto del romanzo mi ha molto colpita perchè dall'Italia non mi ero resa conto che, forse, per gli inglesi quella votazione ha costituto davvero  da un lato un potente collante, dall'altro un acceso motivo di scontro sociale e le sue conseguenze non sono state solo economiche e lavorative.

I protagonisti, una donna bianca di mezza età con un matrimonio alle spalle e due figli a carico ed un giovane di colore con una madre un po' bigotta, vivono con semplicità e naturalezza il sentimento che li coglie ma anche con consapevolezzaed un lucido sguardo sulla realtà che li circonda.

I dubbi ci sono, alimentati dalle interazioni sociali, tuttavia alla fine prevale la voglia di vivere il presente e stare bene, indipendentemente da tutto e tutti.

Come personalmente credo dovrebbe avvenire sempre, in un rapporto affettivo.

Una storia che pare proprio autentica e "normale", vicina alla quotidianità del lettore eppure a suo modo eccezionale, in una Londra che si dibatte tra la spinta alla chiusura e la tendenza all'apertura.