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venerdì 8 marzo 2019

Le letture del ricciolino biondo: per mamma e papà !


Per il consueto appuntamento con il venerdì del libro di Home Made Mamma, due albi per bambini, dedicati al rapporto con papà e mamma ed entrambi consigliati da Mamma Piky.

"Che fatica mettere a letto...papà!"  di  Coralie Saudo


 

Una storia che ha conquistato il ricciolino e noi genitori perchè è la perfetta ricostruzione del momento serale della preparazione per la nanna (o forse sarebbe meglio dire, della "lotta" per la messa a nanna!), però visto con gli occhi di un bambino ed al contrario.




Nell'albo, infatti, è il figlio a dover mettere a dormire il padre che si comporta come un bambino capriccioso, rifiutando di indossare il pigiama, insistendo per mille favole della buona notte, chiedendo al bambino di poter dormire nel lettone per paura del buio ecc.

Divertente e molto originale, anche nelle belle ed incisive illustrazioni !

 Dai 4 anni.

****

"Mi vorrai sempre bene mamma?" di Astrid Desbordes




Un libro che, secondo il ricciolino, fa capire ai bambini che: "... anche quando la mamma non sembra che ti voglia bene perchè ti sgrida, urla o ti mette in castigo, in realtà ti vuole comunque bene e te ne vorrà sempre."



Una scrittura semplice e delicata, con illustrazioni a tinte pastello divertenti ed esplicative.

Dai 3/4 anni.

lunedì 8 maggio 2017

Il flusso dei ricordi



Domenica.
Colazione insieme, poi doccia e crema, mentre Lui corre ad aiutare una cugina con lavori edili.
Perché Lui ha quella  la generosità d'animo che fa anteporre ai propri bisogno, alle proprie urgenze, le richieste altrui. Anche se questo vuol dire ritardare i lavori della nostra, di casa, quando di tempo già non ce n'è. Lui è una di quelle persone che credono che prima o poi tutto il bene che fai torni indietro, dagli stessi o da altri, non importa. E anche se qualche volta sbuffo e protesto per il tempo e le attenzioni sottratte a noi, alla sua famiglia, e perché vedo il suo grado di stanchezza, la verità è  che amo questo aspetto di Lui.

 Io, leggings neri, calze bianche e la stessa camicia ampia a scacchi di lana di quando avevo 13 anni ed andavano di moda, 
Io, seduta su uno scalino, affronto scatoloni.

Taglio, apro. E tornano i ricordi.
Le prime settimane durissime, di straniamento, sonno, incredulità, paura. La fatica di adattarsi ai ritmo, il peso della responsabilità, quel sentirsi prigionieri dei bisogni di una creatura tanto piccola quanto tirannica nelle sue necessità. 
La casa invasa da parenti e amici, il sollievo di parlare con adulti e contemporaneamente la stanchezza di non poterli mettere alla porta per dormire almeno un po'. 
Il silenzio dei giorni di inverno sola, tra pioggia, freddo, cielo plumbeo, un paese che ancora non avevo mai vissuto veramente e mi appariva estraneo, il pensiero del lavoro accantonato, l'attesa della sera e del suo rientro.

E poi le tutine profumate di bucato, stese in fila ad asciugare come soldatini di pace, i colori pastello, le creme morbide e profumate, l'odore della sua pelle, l'emozione del primo bagnetto, i pugnetti chiusi e il facciano rilassato immerso nel sonno. 
Il sospiro soddisfatto dopo la poppata, i sorrisi, le faccette buffe ed i gorgheggi, la lallazione e i primi tentativi di di mettersi a carponi, la testolina ciondolante, gli occhioni aperti sul mondo, la manina dalle unghie sempre lunghe che stringe forte la mia, così ruvida e sgraziata al confronto.
L'amore, che ti assale come un'onda e ti fa quasi piangere di commozione, al solo guardarlo.

Mentre cerco e recupero biberon, ciucci, bodies primi mesi, riduttori e fasciatoio,
mentre il ricciolino di là dorme ancora, con gli stessi pugnetti chiusi e lo stesso faccino sognante, solo con una cascata di riccioli biondi sul cuscino in più,
mentre fuori piove, ancora, in questa primavera che somiglia all'autunno,
io mi immergo nei ricordi e mi domando come sarà, se sarò in grado, se ce la faremo.

Perché loro, Lei e Lui, saranno un Lei e Lui diversi, persone differenti dal fratello, da conoscere, amare e crescere. 
Perché Lui e Lei saranno Lui e Lei, due, in contemporanea. 
Perché ci sarà il ricciolino, ancora così piccolo ma nello stesso tempo già così grande.
Perché non ci sarà Lui grande da aspettare tutte le sere, in soccorso tutte le notti. 
In compenso, ci sarà un trasloco, un paese nuovo, un altro ciclo scolastico da iniziare, il lavoro da sperare e ritmi da riscrivere.

E io sono qui, che apro e chiudo scatole, con indosso gli stessi vestiti della tredicenne che ero ma con capelli bianchi che fanno capolino e nuove rughe sulla pelle e nella testa.
Ho paura, eppure non vedo l'ora.



lunedì 30 gennaio 2017

La scelta della scuola primaria

In questi giorni ho compiuto un altro dei passaggi che io considero importanti nella mia vita di madre: l'iscrizione alla scuola primaria di mio figlio.

L'iscrizione

In proposito, ho molto da dire: intanto la questione della iscrizione con modalità telematica, che probabilmente non è uguale in tutta Italia ma ancora una volta mi ha confermato l'idea che ci sia qualcosa di profondamente errato e contraddittorio in tutte le riforme e innovazioni che proclamano una presunta "semplificazione burocratica".
Per iscrivere mio figlio ho dovuto "attivare" il mio fascicolo sanitario elettronico, una sperimentazione che consente di avere on line un databese di tutti i dati sanitari e i risultati degli esami medici, in una sorta di fascicolo personale, a cui potrebbero accedere medico di base, specialisti, pediatra ecc.
Peccato che io non avessi nessuna voglia di attivarlo, dal momento che: 
a) non mi fido della privacy on line e qui si tratta di dati sensibilissimi;
b) per autorizzare i medici ed il personale ospedaliero ad accedere i dati ho dovuto autorizzare anche la Regione, che gestisce il sistema, e l'Agenzia delle Entrate, che quindi si faranno ancora di più i "c..i" miei e potranno usare quei dati per decidere di eliminare determinati farmaci/cure dal piano sanitario, per valutare il mio reddito e il mio stile di vita e, chissà, magari per venderli alle aziende farmaceutiche ed il tutto, ahimè, con il mio "preventivo consenso" ad accedere ai dati (in teoria limitato ma si sa come vanno queste cose);
c) è una sperimentazione di poca utilità perchè limitata alla regione in cui vivo, laddove molti esami e referti non venmgono caricati on line e comunque si possono (a volte si devono, non essendoci alternative) fare nella regione limitrofa e dunque non compariranno mai.
E poi, in sostanza, mi sembra null'altro che un modo per costringere almeno un genitore per coppia ad attivare un "servizio" che pochi hanno scelto volontariamente di avere!

Ovviamente, per attivare la tessera, ho dovuto recarmi presso uno sportello in orari predefiniti, di persona, e firmare consensi su consensi. 
Dunque, ho evitato code e sportelli per l'iscrizione cartacea a scuola ma alla fine ho perso lo stesso tempo (e consumato carta) per l'attivazione della tessera.
Una genialiata davvero, che mi ha lasciato in dotazione un lettore di smart card che non funziona, svariate informative cartacee e pagine di codici, username e password che rischierò di perdere.

A parte le polemiche, è stato interessante notare la struttura e le "voci" della domanda di iscrizione.
La casistica prevista per indicare il regime di potestà genitoriale e collocazione del figlio è impressionante: se non erro ho contato una decina di voci diverse, tra cui l'affidamento a strutture quali "case-famiglie", la collocazione prevalente presso uno dei genitori con affidamento ad entrambi, l'affido esclusivo a parenti ecc.
In tutto questo quasi non trovavo quella che non so se è ancora la casistica più frequente statisticamente: "ambedue i genitori esercitano la Patria Potestà ed il minore abita con loro" .
Da notare, per chi non è del mestiere, che la "Patria Potestà", inspiegabilmente scritta in maiuscolo (perché?????), non esiste più, sostituita dall'espressione più corretta e rispettosa della parità tra i sessi e dei diritti dei bambini, di "responsabilità genitoriale", con la riforma del diritto di famiglia del dicembre del 2013.
Segno dei tempi che cambiano e dell'ignoranza dei nostri amministratori (e programmatori).
Poi la parte relativa all'insegnamento della religione cattolica e delle lingue: scegliendo di non iscrivere mio figlio al primo, mi sono ritrovata questa dicitura: "In caso di scelta di non avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica è necessario perfezionare la domanda di iscrizione presso la scuola entro l'avvio del nuovo anno scolastico", giusto per semplificare la vita a chi esce dal coro.

La domanda sugli insegnamenti delle lingue straniere è formulata in modo talmente astruso e pleonastico che merita menzione, senza ulteriori commenti:
"E' favorevole al potenziamento delle competenze linguistiche di suo/a figlio/a da relaizzare tramite la completa attuazione degli adattamenti delle indicazioni nazionali del curricolo alla realtà regionale e, in particolare, tramite l'individuazione delle discipline o di parte di esse da insegnare in lingua francese, inglese o tedesca?"

"Relaizzare" e "curricolo" sono le espressioni usate nel modulo, giuro.

La scelta

In tutto questo, con molta fatica, abbiamo fatto la nostra scelta tra tre possibili scuole primarie:
- quella del Comune in cui sorge "casa nuova";
- quella del Comune di residenza;
- quella del Comune limitrofo, in cui attualmente il ricciolino frequenta la scuola materna.

Esclusa subito la prima perchè non prevede il bilinguismo e dunque l'insegnamento della lingua francese  (oltre all'inglese ormai presente ovunque), che noi invece vorremmo per quanto possibile tentare di coltivare,
per quel che mi riguarda, ecco gli elementi che ho valutato io:

- Vicinanza a casa
- Comodità di parcheggio/accesso
- Vicinanza al luogo di lavoro
- Vicinanza ai nonni (o ad altri parenti)
- Offerta di servizio di prescuola e dopo scuola, nonchè doposcuola del mercoledì (in Valle d'Aosta il mercoledì pomeriggio le scuole sono chiuse)
- Flessibilità e costi di tale servizi
- Costo del servizio mensa
- Orari di entrata/uscita e compatibilità con gli impegni lavorativi
- Presenza di amichetti o comunque bimbi che il ricciolino già conosce

Non ho considerato la preparazione degli insegnanti, essendo secondo me un criterio molto soggettivo.
Io  ho comunque "drizzato le orecchie" da tempo e domandato in giro senza pudore e, per fortuna, ho avuto ampie rassicurazioni in merito per entrambe le scuole.
Sicuramente, se così non fosse stato, ne avrei tenuto conto come elemento primario.
Non ho valutato  neppure il numero degli alunni per classe o la loro cultura di provenienza, perchè penso che gli effetti dipendano dalla capacità degli insegnanti di gestire classe e approccio educativo e mi pare molto difficile valutare a priori se possono essere elementi negativi o positivi.

Alla fine ho scelto quella che mi offriva una maggiore vicinanza al mio luogo di lavoro e ai nonni paterni, maggior comodità di parcheggio /accesso, con i servizi di pre e dopo scuola garantiti e più flessibili, minori costi (ho preparato una tabella e valutato l'ipotesi "peggiore" di utilizzo di ogni supporto+ mensa per raffrontare i costi mensili) per i servizi stessi e la mensa.
In altre parole, ho "sacrificato" l'aspetto "amichetti", ovvero continuità scolastica.
In parte perchè nell'altra scuola, dove ci sarebbero due classi, non è possibile prevedere se e con quali amici potrebbe trovarsi, in parte perchè alcuni di essi comunque hanno un anno in più e quindi li incontrerebbe solo nell'intervallo, in parte perchè non è possibile prevedere come si evolveranno queste amicizie nel tempo, mentre è più semplice prevedere costi e problemi logistici, in parte perchè tutto il resto "giocava a sfavore".
Inutile aggiungere che per me è stata una decisione sofferta e che farò di tutto per cercare di consentire al ricciolino di coltivare queste sue amicizie al di fuori della scuola, come fatto sino ad ora, agevolata dalla realtà piccola e raccolta in cui viviamo e dai buoni rapporti intrattenuti con i loro genitori (anch'essi diventati nostri amici).

E voi, avete avuto possibilità di scelta? Se sì, quali fattori avete considerato?
Cosa ne pensate dell'iscrizione per via telematica e come erano i moduli che avete compilato?


giovedì 17 novembre 2016

Crescere forti e determinati

Il ricciolino, per i suoi cinque anni, ha domandato, tra le altre cose, un paio di pattini a rotelle, come quelli dei grandi.

La nonna lo ha accontentato e, quando li ha scartati, ne è stato entusiasta e ha voluto provarli subito, già in casa!


Grande è stato il suo stupore quando ha compreso che, per usarli, era meglio dotarsi di tutta una serie di protezioni (nel nuovo "color Capitan America", come ha ribattezzato l'accoppiamento blu e rosso) e, soprattutto, che non era affatto "facile come andare in bicicletta" o come "lo sci di fondo".




Eh sì, perchè per nostro figlio andare in bicicletta, prima con quella senza pedali a 18 mesi, poi con quella da grandi praticamente subito senza rotelle, è sempre stato semplice e quasi immediato. 
E neppure con gli sci ha avuto particolari difficoltà, trovando in un baleno il suo equilibrio.

Si aspettava che fosse la stessa cosa con i pattini e invece....

E' ruzzolato a terra più volte (trascinandosi anche il papà, ma vi risparmio la foto!) e comunque, nelle sue prime due uscite in pattini (per ora non abbiamo potuto farne di più, causa meteo, buio serale ed impegni), ha spesso stretto la mano del suo papà o del nonno, per farsi aiutare.

E' stato bello, per me, fotografare il ricciolino impegnato ad imparare con il supporto del papà.


E' stato bello vederlo affidarsi a lui e capire, una volta di più, quanto sia importante il ruolo dei genitori (ma anche dei nonni).

Un ruolo di supporto e di guida, di rassicurazione ma anche di incoraggiamento all'autonomia, di spinta a provare e riprovare (come recentemente ha scritto anche Veronica, prendendo spunto da criiche ricevute), affrontando le paure e le difficoltà.

E' stato bello vederlo rialzarsi ancora ed ancora e provare a "fare da solo", anche nell'indossare le protezioni ed allacciarsi/slacciarsi i pattini.


Ed è stato bello vedere la sua stanchezza e la sua soddisfazione, dopo.


Non so se e quando imparerà a sfrecciare sui pattini come pedala o scia.
Non so ancora se la voglia di pattinare sarà passeggera o se diventerà un altro modo duraturo per divertirsi e muoversi.

Quello che so, però, è che solo grazie alle cadute ed alle difficoltà, si impara a crescere e diventare forti.

Per quella che è la mia esperienza personale, ciò che si conquista regala soddisfazioni durature e spesso apprezziamo più ciò che otteniamo con un pò di fatica che ciò che ci viene quasi instintivo, a meno di non avere per esso una grande passione o inclinazione (e qui tocchiamo un tema di cui ha parlato da poco Beat).


Per questo, anche se l'instinto di facilitare mio figlio in tutto e proteggerlo è sempre presente, a volte forzo me stessa a non intervenire, a lasciar provare, a renderlo autonomo.
In questo, suo padre, che vede ovunque meno pericoli di me, è ancora più bravo, trasmettendo al ricciolino molto fiducia in se stesso (e un pizzico di incoscienza!). E' un'attitudinedi cui sono grata, che ci bilancia come genitori.

Vorrei che il ricciolino imparasse a gestire piccoli fallimenti e frustrazioni fin da piccolo, quando si tratta di delusioni tutto sommato di poca importanza oggettiva (anche se per lui contano tantissimo), perchè impari a superarle e ripartire e diventi un adulto sicuro di sè e determinato.

Chissà se ci riuscirò.

Intanto, lo porto a pattinare!






giovedì 27 ottobre 2016

La scuola "giusta": noi siamo stati fortunati

Un paio di giorni fa, ascoltando l'ennesima brutta notizia di educatrici arrestate per maltrattamenti ai bimbi a scuola, mi è venuto spontaneo pensare alla materna frequentata dal ricciolino biondo, per quello che sarà il suo ultimo anno, visto che ormai è tra i "grandoni".

Non che sia possibile un confronto con quella realtà, essendo scontato che nella quasi totalità delle scuole dell'infanzia e dei nidi non accada nulla di simile, ovviamente.


Però ogni tanto mi raccontano particolari di altre scuole materne dove, ad esempio, le maestre non accompagnano i bimbi in bagno, non puliscono loro il sederino, non li cambiano di abiti se si sono bagnati o sporcati (e non parlo dei bimbi di cinque anni ma anche di quelli di tre), non tagliano gli alimenti ai pasti, impongono ai genitori di mandare i figli senza scarpe con i lacci, senza gonne, senza maglie o pantaloni con bottoni, senza collant ecc ecc., per fare meno fatica ed in più non lasciano entrare i genitori nelle aule per prendere o portare i piccoli (non ho capito perché, mi auguro sia una questione di igiene).
Tutte richieste e rifiuti che sarebbero state impensabili nella scuola che io ed i miei fratelli abbiamo frequentato anni fa e, fortunatamente, anche in quella del ricciolino e che vengono motivati con la scusa che le maestre sono educatrici laureate, non assistenti o bidelli.

Proprio la scorsa settimana c'è stata la seconda riunione con le insegnanti dall'inizio dell'anno, con la spiegazione di quello che sarà il "tema dell'anno", le informazioni sulla programmazione ed i progetti che cercheranno di attuare e l'elezione dei rappresentanti di classe.
La riunione per me è stata anche l'occasione per poter parlare, prima, con le maestre di mio figlio.

In questi due anni e una manciata di giorni, non sempre mi sono trovata in sintonia con tutte loro o ho capito il loro approccio educativo.
Spesso il primo ed il secondo anno il ricciolino è tornato a casa con vari graffi e lividi, a volte causati da compagni/e di scuola, altre dalla sua irruenza nel gioco.
Talvolta, però, mi sono scontrata con le maestre perchè non era possibile capire chi fosse il responsabile e cosa fosse accaduto oppure mi veniva riferito che non sapevano nulla perchè non avevano visto o che "ciò che succede a scuola, lo risolviamo noi a scuola".
Io ho sempre ritenuto che i genitori abbiano il diritto di sapere e che l'azione aggressiva andasse punita, la reazione del bambino che si difende, invece, no.
A meno di non essere davvero eccessiva, si intende.
E ho sempre pensato che, mentre una o due sviste siano normali, visto che i bimbi sono tanti e le maestre poche, non fosse però ammissibile non accorgersi di nulla più volte.

In questo, non ho mai trovato l'appoggio delle educatrici, che puniscono chi inizia e chi reagisce allo stesso modo e, addirittura, a volta soltanto il secondo, perchè sono intervenute tardi e dunque non hanno visto l'intera scena e la violenza "è sbagliata a prescindere" (che è anche vero, però io non credo sia sia corretto, nè per la vittima nè per l'aggressore, porgere sempre l'altra guancia).

Una situazione che mio figlio percepisce come ingiusta quanto noi genitori, come ha detto più volte.

E' successo che, di fronte a questa "strategia" delle maestre, il ricciolino abbia iniziato a chiudersi con loro, a non chiedere il loro aiuto, reputato inutile e/o addirittura controproducente, scegliendo piuttosto di difendersi da solo e poi subire la sgridata o il momento di "time out" con frustrazione.
E' successo che dallo scorso anno il ricciolino che mai prima, era stato aggressivo e mai lo è stato al centro estivo, con i cuginetti o nello sport, abbia spinto intenzionalmente due bimbi senza motivo e adesso, stufo di subire, reagisca quando viene spinto o graffiato da altri.

E questo non mi è piaciuto per nulla e a nulla è valso parlarne con le educatrici.
Almeno fino all'ultimo colloquio, forse. Ma questo me lo dirà il tempo.

E' tuttavia questo l'unico appunto che mi sentirei di muovere alle maestre, fino ad oggi.
Certo, ci sono altre piccole scelte che io non farei (come non fare lavare loro di denti dopo pranzo, un pomeriggio a settimana dopo la merenda far vedere un cartone animato, dispensare caramelle come premi in alcune occasioni, la recita di fine anno che devono organizzare e fare le mamme dei bambini "grandoni" - !?!?- ecc.), però si tratta di questioni di poco conto che so che non influiranno nè sulla salute nè sulla educazione del ricciolino e che, secondo me, rientrano nel giusto ambito di libertà di organizzazione della didattica e del proprio lavoro che spetta alle maestre.

Anzi.
Penso sia importante che i bambini imparino fin da piccoli che viviamo in una società con un complesso di regole e norme che possono anche non piacerci ma che dobbiamo rispettare.
Che comprendano che persone diverse hanno approcci diverse, compiono scelte educative diverse e non sempre in sintonia, che tuttavia vanno accettati.
Che capiscano che non sempre si può scegliere, che ci sono tanti sistemi e ambienti a cui bisogna adeguarsi, pur guardando a tutte le regole con spirito critico.
Penso sia importante imparare a confrontare e giudicare ma anche guardare le cose da altri punti di vista, mettersi nei panni degli altri, ascoltare le motivazioni e rispettare anche ciò che non si condivide, quando è necessario.

Dunque, sono stata fortunata. Siamo stati fortunati.
Magari restano ferme sulle loro posizioni, però con le maestre del ricciolino si può parlare quando e quanto si vuole, senza prendere appuntamenti, senza formalismi, senza problemi.
Il ricciolino ed i suoi compagni entrano ed escono da scuola contenti.
La mattina posso accompagnare mio figlio in classe, come gli altri genitori, posso osservare l'interazione dei bambini tra loro e con le maestre, vedo l'affetto e l'attenzione con cui queste ultime liaccolgono, anche quando hanno altri 18 bambini scalmanati da guardare, tra cui alcuni piccolissimi in lacrime perchè la mamma è appena andata via.
Arrivando fuori orario, si può rimanere basiti dalla confusione ma, in realtà, basta una parola per capire che le maestre hanno la situazione sotto controllo ed è un caos produttivo.

L'entusiasmo, l'allegria e la voglia di fare si respira sempre.
I progetti sono tanti, le uscite sul territorio a costo zero altrettante, i lavoretti e le iniziative infiniti.
Ed io, di questo, sono molto grata alle maestre.

Perchè non mi è difficile immaginare che per loro non sia facile arrivare la mattina con il sorriso e tenerselo tutto il giorno, lasciando fuori dalla scuola preoccupazioni, ansie o dolori. 
Perchè le risorse sono sempre poche e le istituzioni concedono sempre con difficoltà ed estrema parsimonia.
Perchè i bimbi sono tanti e loro poche e quando una maestra è malata il primo giorno di assenza non viene neppure sostituita (misura introdotta dalla c.d. "buona scuola" di cui ancora non mi capacito).
E se non è facile guardare uno o due figli, figuriamoci tenerne sotto controllo 15/18 contemporaneamente.
Perchè non si tirano mai indietro. Sbucciano la frutta, consolano, abbracciano, sgridano, insegnano, puliscono i sederini, piantano fiori e/o verdure in giardino, fanno pulizie extra, aiutano le mamme nel momento del distacco o a far affrontare altre tappe di crescita ai bimbi.
Perchè il loro lavoro è importante e si vede che lo fanno con impegno.
Anche se sono umane e qualche volta, ai miei occhi, sbagliano.

Dunque sì, non sono d'accordo con loro su un aspetto, ma per tutto il resto e nel complesso, io mi sento fortunata di averle trovate e non posso che pensare all'angoscia ed alla preoccupazioneche, in questo stesso momento, stanno provando genitori di bimbi meno fortunati di me.





venerdì 21 ottobre 2016

"Notti in bianco e baci a colazione": le letture di Mamma Avvocato

"Notti in bianco, baci a colazione" di Matteo Bussola

 ed. Einaudi, 2016, Stile Libero Extra, Euro 17,00, pag. 169

 

Ho letto questo libro, che vorrei consigliare oggi per l'appuntamento con il venerdì del libro di Paola, dopo aver letto questo post entusiasta di Maria Elena.

Io non posso che confermare il suo giudizio positivo e dirvi che è piaciuto tantissimo anche a me.

Non si tratta di un romanzo ma di una raccolta di riflessioni, pensieri, episodi di vita e dialoghi con le figlie raccontati dall'autore, Matteo Bussola, architetto, fumettista e padre di tre bambine piccole.
Alcuni racconti sono esilaranti, come quelli riguardanti i dialoghi con operatori telefonici, altri commoventi, altri ancora ironici e divertenti, altri poetici e profondi.
Tutti, però, parlano al cuore dei genitori e, in una certa misura, tutti i genitori si possono riconoscere nel senso del libro.

Non solo e' ben scritto e coinvolgente ma ha anche un valore aggiunto: sono quasi sempre, infatti, le madri a raccontare la genitorialita', a descrivere le emozioni e sensazioni della maternità. Pochi sono i libri che, come questo, consentono di cogliere il punto di visto paterno della genitorialita'.
Questo, secondo me, rende "Notti in bianco e baci a colazione" ancor più interessante (tra l'altro, la copertina è bellissima).

Io l'ho letto in pochi giorni e poi riletto con più calma, per assaporarlo.

Unica nota negativa è che, se siete donne e mamme, dopo averlo letto forse vi verrà voglia di chiedere a vostro marito se ha anche lui pensieri simili a quelli espressi dall'autore.
E non è detto che sia una buona idea!


"Gibran in una nota poesia diceva che i genitori sono come l'arco dal quale, come frecce viventi, i figli vengono lanciati in avanti.
La cosa che Gibran non ha detto è che ogni figlio è una freccia a due punte. Quando la scocchi, la prima punta si allontana veloce da te, seguendo la propria traiettoria in un futuro che non ti appartiene. La seconda, invece, viene scagliata all'indietro e si conficca per sempre nel tuo petto di genitore, per ricordarti che resterai arciere anche senza frecce, e che quel dolore che sentivi incombere come un presagio fin dal suo primo giorno, ora è qui per non andarsene mai più e scandirà il resto della tua vita.
Ogni padre e ogni madre sono accumunati da una ferita che non si rimargina.
Quella ferita è più forte perfino dell'amore che li ha uniti e li unisce. E' ciò che li ha trasformati da amanti in arcieri, da complici in reduci. E quella punta di freccia inestraibile è ciò che permetterà per sempre ai loro cuori, nonostante tutto, di continuare a battere come fossero uno." Pag. 169



lunedì 30 maggio 2016

‪#‎ceravamotantoamati‬: Giorno dopo giorno



Sarà la mia professione.
Sarà un caso.
Sarà che ormai i miei amici e conoscenti si sono quasi tutti sposati e spesso hanno anche procreato.
Sarà che, per via dell'età di mio figlio, ormai frequento tendenzialmente famiglie.
Sarà che sono uscita dal tunnel dei primi tempi con un neonato ormai da un pò e questo ridà prospettiva ai momenti trascorsi (ovvero aiuta a dimenticare molte difficoltà e ricordare con nostalgia i momenti di gioia).
Sarà quel che volete ma ultimamente mi pare di essere circondata da coppie che scoppiano.
E sì che negli scorsi due anni ho partecipato ad un numero elevato di matrimoni!

Oppure, più banalmente, si scoprono crisi coniugali (o personali che coinvolgono anche la coppia) di persone riguardo alle quali proprio "non lo avresti mai detto".

E' la vita.
La statistica ricorda che è un fenomeno tutt'altro che raro e, soprattutto, per esperienza personale ormai so che i figli non risolvono i problemi di coppia, come molti si ostinano a pensare, semmai li aumentano, almeno nel breve periodo.

Perchè prima, al di là del lavoro, le preoccupazioni sono meno.Per non parlare delle coppie che si sono formate ai tempi delle superiori o dell'università (come nel mio caso), in cui al massimo si litigava in preda la nervosismo pre-esame.

Perchè prima, se c'erano risorse economiche limitate, ne soffrivate solo tu e lui e non c'era il pensiero del futuro da offrire ai propri figli.

Perchè prima era un attimo decidere di uscire al sera, cenare a latte/caffè e biscotti (no, vabbè, questo con l'Alpmarito non è mai stato possibile, però con qualcosa di freddo sì), partire per un viaggio o prendersi la giornata per andare a sciare insieme.
Era un attimo posticipare l'orario della cena, passare una giornata di pioggia guardando un film dopo l'altro o andare a fare una via lunga di arrampicata con il frontalino (così se proprio tardiamo e viene buio, almeno riusciamo a scendere).

Perchè prima, banalmente, c'erano meno responsabilità e pure meno incombenze domestiche.

Soprattutto, però, il sentimento era spesso ancora "fresco", l'amore non ancora logorato da anni di compromesso, le incomprensioni non ancora trasformate in muto rancore.

Io non so come si vivesse "lo stare in coppia" e come si gestissero i sentimenti 30 anni fa, 50 anni fa, 80 anni fa. Non lo so e non saprei dire se era peggio di adesso, uguale o se "si stava meglio quando si stava peggio".
Mi pare, però, che la spinta a soddisfare immediatamente ogni desiderio, anche comprando a rate un viaggio esotico o un televisore al plasma o l'ultimo modello di smartphone (non certo bisogni primari) non sia mai stata così forte. Basta guardare le pubblicità, per accorgersene.
Il "diritto alla felicità", d'altro canto, è una idea moderna: condivisibile, per carità, ma forse non quando viene interpretata come "convizione" di aver diritto ad essere "sempre soddisfatti", ad ottenere sempre e comunque, non importa a che prezzo, ciò che si vuole (o si crede di desiderare, salvo poi accorgersi che non basta non appena lo si è ottiene).

Così, quando questa convizione viene frustrata dalla realtà, perchè ci si trova alle prese con un esserino che dipende completamente da noi e i suoi bisogni primari diventano la priorità, è facile cadere nel vortice dell'insoddisfazione, sfogarsi con l'altro membro della coppia e, magari, addossare a lui/lei la colpa di tutto.

Oppure, più banalmente, le elucubrazioni di cui sopra non c'entrano nulla.
Solo che nasce un figlio e tutto il resto passa in secondo piano. E si è più stanchi, per tutto e tutti.
Non a caso la privazione del sonno è considerata una vera e propria tortura.

Perchè, siamo sinceri, chi di noi una volta diventato genitore, non ha pensato, almeno una volta al giorno, alla settimana, nella vita,  di aver FATTO DI PIU' del partner, di essere PIU' STANCO, di aver PIU' DIRITTO DI LAMENTARSI ?
E, spesso se non sempre, questa sensazione è vissuta in contemporanea da entrambi i genitori, che finiscono per non capirsi più.

Allora, l'unico modo per restare a galla è forse guardarsi negli occhi e ripensare a cosa ci aveva fatto innamorare l'uno dell'altra, armarsi di pazienza e trovare mille e una strategia per restare a galla nel quotidiano, emergendo ogni tanto da soli e/o in due per prendere fiato e aria, fino a che il peggio sarà passato, accettando che l'innamoramento sia solo una fase, intensa, bellissima, certo, ma solo una fase (o forse intensa e bellissima proprio perchè una fase), ma comprendendo che l'amore, quello vero, è qualcosa di più e di diverso,
qualcosa di cangiante,
qualcosa di capiente.

Tanto da saper contenere prima una coppia e poi una famiglia, che sia di due, tre, quattro o più persone.

Non credo sia facile. Non credo sia sempre per sempre.
Credo, però, che valga sempre la pena provarci. Comunque vada poi.
E se andrà,  allora la coppia post - figli diventerà una squadra imbattibile e il pre-figli sembrerà solo una copia sbiadita della vita vera.

Con questo post, dico la mia sul tema del mese delle Stormoms




giovedì 28 aprile 2016

Educhiamo......in bilico su una slickline, fra euforia e paura


Educare: il compito, la responsabilità e il privilegio di ogni genitore.

Un compito, un dovere, un onere. Perchè educare costa fatica, fisica e mentale.
Non si può "lasciar passare" perchè si è stanchi, bisogna trovare sempre (o quasi) la forza di correggere, spiegare, insegnare, suggerire, reguardire, sgridare.

Non si possono allentare troppo i nostri freni inibitori, lasciare che rabbia, frustrazione o dolore prendano spesso il sopravvento, perchè l'esempio vale più di mille parole.

Tutto questo costa fatica, a volte anche vergogna ed umiliazione, perchè gli  altri sono tutti lì a guardarti e giudicarti come genitore e come persona  (e non importa se non è vero, perchè a te sembra che siano tutti lì per quello).
Tutto questo costa impegno, studio, dedizione.
Leggiamo manuali, articoli, linee guida, pareri di esperti, andiamo a conferenze, ci conforntiamo con altre mamme, con gli educatori,  con i nostri genitori, con gli amici. E poi cerchiamo di mettere in pratica, adattando i consigli alla realtà quotidiana.

Una responsabilità: c'è la scuola, ci sono i circoli sportivi, gli istituti musicali, le colonie/centri estivi, i parenti ecc., però sono i genitori in primis ad essere responsabili della condotta dei propri figli, giuridicamente, economicamente e, soprattutto, moralmente.

Una responsabilità, non esclusiva ma certo condivisa, che rimarrà sulle nostre spalle sempre, anche quando saranno adulti.
Perchè il tipo di persone che diventeranno dipenderà anche dal tipo di genitori che siamo stati.
Non solo da quello, sicruamente non  totalmente da quello, forse neppure per la maggior parte da quello, ma almeno in parte sì.

Un privilegio: abbiamo la possibilità di trasmettere a qualcuno i  nostri valori, le nostre idee, i nostri insegnamenti, di correggere i nostri errori e quelli dei nostri genitori, di aiutare nostro figlio a diventare una persona migliore, anche migliore di noi, a diventare un adulto libero, felice, consapevole, buono.
E non mi pare poco. 

Non dovrebbe stupirci, allora, che educare sia così difficile.

Io, però, ogni giorno ne rimango sopresa.

E' come camminare su una slickline, in bilico fra l'euforia e la paura, fra libri, consigli e guru dell'educazione e la saggezza popolare, fra il cuore e la ragione, fra il troppo ed il troppo poco, fra la presenza e l'assenza consapevole, fra l'offerta di stimoli e la sovrastimolazione, alla continua ricerca di un equilibrio.


Immagine dal web. Mamma avvocato è a disposizione dell'autore per eventuali richieste di cancellazione

Tutti noi, credo, vorremmo un figlio che sicuro di sè, capace di fronteggiare le difficoltà, di digerire le sconfitte e di lottare per i propri sogni,  che sappia godere dei successi raggiunti ma che non ami sopraffare nessuno e non diventi egocentrico, rispettoso di se stesso e degli altri, in grado di comprendere il valore delle cose ma non loro schiavo, con un sistema di valori solido ecc. ecc. ecc.

Eppure.

Se si loda troppo, si rischia di crescere un figlio egocentrico, saccente e incapace di ammettere i propri errori e vedere i propri limiti,
se si loda troppo poco, si rischia di crescere un figlio insicuro, fragile, senza il coraggio di inseguire i propri obiettivi,
se si pongono troppi limiti e troppe regole, si rischia di soffocare la sua personalità e creatività, di farne un frustrato, succube ed infelice oppure, al contrario, un ribelle anarchico,
se non si pongono limiti, regole e divieti a sufficienza, si rischia di farne una persona perennemente insoddisfatta, incapace di empatia e asociale,
se si stimola troppo, si rischia di renderlo un bambino infelice, stanco, iperattivo, incapace di attenzione e concentrazione,
se si stimola troppo poco, è in agguato l'apatia, si compromette lo sviluppo del cervello e la crescita corretta del corpo, si tolgono opportunità,
se si coccola troppo e si aiuta troppo, si soffoca e si rende il figlio insicuro e dipendente,
se lo si fa troppo poco, il rischio è nuovamente l'insicurezza, la paura, l'incapacità,
e così via.

La paura di sbagliare e il senso di colpa per una occasione di felicità momentaneamente negata, per quel visetto contratto sull'orlo delle lacrime, sono sempre dietro l'angolo, come la stanchezza.

Quando, però, a distanza di tempo improvvisamente tuo figlio ti sorprende con un gesto o un comportamento spontaneo, che dimostra che quei limiti, quelle regole, le ha interiorizzate...
quando, a distanza di tempo, improvvisamente tuo figlio ti chiama per guardare un fiore o un palazzo e ti dice: "Vedi mamma, come è bello questo o questo?"..
quando offre i suoi giochi ad una amichetta, divide la merenda con i compagni, propone di spegnere i cartoni e di stare a tavola tutti insieme, a chiaccherare...
quando vede immagini di morte e distruzione in tv e disegna un cannone che spara solo fiori...
quando ti chiede di andare a trovare un'altra persona che sa essere ammalata "perchè così è contenta, al parco possiamo andare un'altra volta"....
quando saluta con un sorriso chi incrocia per strada...
quando sgrida un adulto che ha posteggiato in un parcheggio riservato ai portatori di handicap dicendogli che è veramente cattivo fare così, perchè se si hanno le gambe che funzionano bisogna essere felici e camminare...
quando perde e dice "non importa, però adesso mi alleno mamma e la prossima volta vincio io"...
quando preferisce un giro in bicicletta con te, al cinema, un corsa nei prati, ai giochi sul tablet, un libro nel lettone, ai cartoni...

quando tutto questo succede, allora sai che vale la pena di sopportare pianti, capricci, "mamma non ti voglio, sei cattiva" e visetti tristi,  perchè ti accorgi che, in fondo, pur con tutti i tuoi limiti, le tue imperfezioni, le tue cadute e sfuriate, stai seminando bene.
E un giorno, se all'impegno si aggiungerà un pizzico di fortuna, forse raccoglierai bene.
Altrimenti, avrai almeno la consapevolezza di averci messo tutto l'impegno e l'amore del mondo.

Perchè educare è un atto d'amore verso i nostri figli e verso la società intera.











venerdì 1 aprile 2016

Le letture di Mamma Avvocato: "Le regole che fanno crescere"


 "Le regole che fanno crescere" di Maggie Mamen,  

ed. Piemme, 2006, pag. 234, Euro 9,00


Il libro tratta i modi per riconoscere, curare e, soprattutto, evitare preventivamente, la c.d. "Sindrome del Bambino Viziato".
Lo fa spiegando di comprendere che i genitori agiscono in buona fede e vogliono tutti crescere bambini felici, tuttavia a volte il modo in cui i figli recepiscono i messaggi che inviamo è diverso da quella che era la nostra intenzione oppure portiamo all'estremo delle convinzioni che finiscono per produrre conseguenze non volute.
Ad esempio, se noi diciamo: "Vogliamo che i nostri figli siano sereni e felici" , lo potrebbero pensare: "Devo essere sempre sereno e felice. Quando sperimento perdita o fallimento o mi sento triste, arrabbiato, frustrato o deluso, qualcuno deve farmi sentire meglio" o ancora, se noi cerchiamo di far sentire i nostri figli sempre stimolati ed arricchiti da attività, sport, corsi ecc, loro possono interpretare il messagio cosi': "Non mi devo annoiare mai. Mi si deve chiedere di fare solo cose stimolanti e arricchenti, non cose barbose e noioso. Se non mi interessa, non lo faccio" ed applicare questo pensiero anche allo studio, ai compiti, ai doveri di casa, all'igiene ecc.
Io mi sono accorta, ad esempio, che nel tentativo di far sentire nostro figlio considerato ed ascoltato sempre, gli abbiamo fatto credere che deve sempre partecipare a qualunque decisione e questo fa si' che, a volte, quando cio' non è ovviamente nè giusto nè possibile, lui si opponga con decisione alle nostre scelte e non capisca.
Ci stiamo lavorando.
Con schemi semplicficativi e molti esempi pratici, l'autrice invita a mettere a fuoco gli obiettivi educativi che vogliamo raggiungere, riflettere sul nostro stile genitoriale, imparare a riconoscere i sintomi del "bambino viziato", verificare che i nostri messaggi siano esattamente compresi.
Spesso, infatti, la volontà di dare ai nostri figli libertà di scelta, supporto, conforto, il desiderio di nutrire la sua autostima e non farlo sentire mai solo, la voglia di non fargli subire comportamenti che noi stessi abbiamo subito con disagio, di evitare eccessi di severità e freddezza, portano a risultati abnormi, a crescere bambini incapaci di pazienza e rispetto delle regole, isolati dai coetanei ed arrabbiati.
Quanti se ne vedono di bambini cosi', in giro ? E quante volte, osservando i genitori, ci chiediamo e loro stessi si chiedono, come sia possibile che siano diventati cosi'? Dove hanno sbagliato ? Dove abbiamo sbagliato o potremmo sbagliare noi?

"E' nella natura umana smuovere cielo e terra per evitare ai propri figli disagio e sofferenza. E' uno dei nostri obiettivi. E' nostro compito far si' che siano sicuri, sani e che le cose vadano sempre meglio. Troviamo molto difficile tollerare che i nostri figli siano arrabbiati con noi. Chi non si è sentito raggelare quando suo figlio gli ha detto: "Ti odio!", "Sei la peggior mamma del mondo!"....(omissis)...Se già non siamo sicuri del valore del nostro metodo educativo, l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno è che i destinatari dei nostri sforzi esternino al mondo i nostri peggiori timori relativi alla nostra performance....Regrediamo di colpo e ritorniamo ad avere quattro, dieci o quindici anni. Come possiamo essere dei genitori efficienti se siamo noi stessi ancora dei bambini? A volte ci spaventa la nostra stessa risposta rabbiosa, e temiamo di non riuscire a controllarci e di poter far del male a qualcuno, con un assalto fisico o verbale. Di conseguenza molti di noi faranno tutto cio' che è in loropotere per evitar la rabbia dei propri figli. Ci ripensiamo, riduciamo le aspettative, cambiamo i ruoli e alla fine diamo loro cio' che vogliono: è piu' facile essere il genitorie di un bambino contento di noi...."
Pag. 44.

Il bello è che, come spiega l'autrice, spesso basta correggere alcuni messaggi per ottenere risultati notevoli, senza venire meno alle proprie convinzioni e senza dover cambiare il nostri stile educativo e, soprattutto, senza curare con farmaci problemi che non sono vere e proprie sindromi mediche.

Rispetto ad altri libri sull'educazione che ho letto, questo volume è piu' tecnico ma mi sembra anche molto obiettivo e ragionevole, incentrato sul ruolo dei genitori e volto a consetire scelte educative consapevoli.
 Inoltre, riporta alcuni brani di altri autori che ho molto apprezzato, come queste semplici ma non per questo banali:
REGOLE DI VITA 
Se lo apri, lo richiudi.
Se lo accendi, lo spegni.
Se sblocchi, lo riblocchi.
Se lo rompi, lo ammetti e lo ripari.
Se non sai ripararlo, chiami qualcuno che lo sappia fare e paghi il dovuto.
Se lo prendi in prestito, lo restituisci nelle stesse condizioni, se non in condizioni migliori.
Se ci tieni a qualcosa, ne hai cura.
Se sporchi, pulisci.
Se lo sposti, lo rimetti a posto.
Se appartiene a qualcun'altro e desideri usarlo, chiedi il permesso.
Se non sai come farlo funzionare, lascia stare.
Se non sono affari tuoi, non fare domande.
Se non è rotto, non cercare di aggiustarlo.
Se danneggia la reputazione di qualcuno, tieni la bocca chiusa.
Se illuminerà il giorno di qualcuno, allora dillo.

Tratto da "Lists to Live By", di Alice Gray.


QUANDO CREDEVI CHE NON GUARDASSI
Di un bambino

Quando credevi che non guardassi, ti ho visto appendere il mio primo disegno sul frigorifero e subito ho avuto voglia di farne un altro.

Quando credevi che non guardassi, ti ho visto dar da mangiare a un gatto randagio e ho imparato che è bene essere gentili con gli animali.

Quando credevi che non guardassi, ho visto che preparavi il mio dolce preferito e ho imparato che le piccole cose possono dare un tocco speciale alla vita.

Quando credevi che non guardassi, ti ho sentito recitare una preghiera e ho imparato che cè un Dio al quale potevo rivolgermi in ogni istante e ho imparato ad aver fiducia in Lui.

Quando credevi che non guardassi, ti ho visto preparare un pasto e portarlo a unamica malata, e ho imparato che tutti noi dobbiamo aiutarci e prenderci cura luno dellaltro.

Quando credevi che non guardassi, ti ho visto donare il tuo tempo e il tuo denaro per aiutare persone che non avevano nulla, e ho imparato che coloro che hanno qualcosa devono donare a chi non ha nulla.

Quando credevi che non guardassi, ti ho sentito darmi il bacio della buonanotte e mi sono sentito amato e protetto.

Quando credevi che non guardassi, ti ho visto occuparti della nostra casa e di tutti coloro che vi abitano e ho imparato che dobbiamo aver cura di ciò che ci è stato dato.

Quando credevi che non guardassi, ho visto come non venivi meno alle tue responsabilità anche quando non ti sentivi bene, e ho imparato che, una volta cresciuto, avrei dovuto essere responsabile anchio.

Quando credevi che non guardassi, ho visto le lacrime sul tuo viso e ho imparato che, a volte, le cose fanno male, ma che si può piangere.

Quando credevi che non guardassi, ho visto che mi amavi e ho desiderato essere tutto ciò che potevo essere.

Quando credevi che non guardassi, ho imparato le lezioni più importanti della vita, che mi serviranno per essere un adulto buono e produttivo.

Quando credevi che non guardassi, ti ho guardato e volevo dirti: "Grazie per tutte le cosa che ho visto quando credevi che non guardassi."

Ciascuno di noi, genitore, nonno, parente o amico, influenza la vita di un bambino. Per il mondo sei qualcuno, ma per qualcuno sei il mondo.



Tratto dal libro "You Thought I Wasn't Looking" di Mary Rita Schilke Korzan, distribuito da Andrews McMeel Publishing, riportato nel libro di Maggie Mamen a pag. 134-136.





Se siete arrivati fino in fondo a questo lungo post, lo avrete capito: libro consigliato!
Con questo post partecipo al Venerdi del Libro di Home Made Mamma.
 

lunedì 21 marzo 2016

Ritrovarsi

Da troppo tempo l'Alpmarito lavora tanto, troppo, anche nel fine settimana. Lo fa per noi, per se stesso, perché non si può non fare.

Quando non lavora, ci sono le commissioni e il ricciolino biondo, da seguire, con cui stare, con cui giocare, come è giusto che sia.

Però, a volte, bisogna anche ricordarsi di essere una coppia. Ritrovarsi.

Per me, la mezza giornata rubata al lavoro e agli impegni della scorsa settimana e' stato questo: ritrovarsi.

Su una pista praticamente vuota, i muri della nera ben battuti e a disposizione, il sole alto nel cielo, nessuna coda, una discesa dietro l'altra, la velocità, il Monte Rosa a incorniciare il tutto. Sentirmi bene.

Godersi la sciata e la montagna tutta nostra.

E noi, a fare ciò che ci è sempre piaciuto fare.

In fondo, bisognerà pure trarre qualche vantaggio nell'abitare a venti minuti dalle piste da sci, visto che tutti i fine settimana si subisce l'inquinamento da traffico turistico e l'imbottigliamento davanti a casa!

domenica 17 gennaio 2016

Imparare a contare e a riconoscere i numeri (nonché le lingue) giocando

Il ricciolino biondo ha sempre voglia di giocare.

Ed è normale per un quattrenne pieno di voglia di vivere.

Solo che a volte, la sera dopo la cena o il pomeriggio dopo la scuola, noi siamo distrutti e lui, anche se con gli amichetti, ha bisogno di calmarsi un po' e fermarsi.

Per quanto lui non stia fermo davvero neppure con i giochi da tavolo o mangiando!

Per intrattenerlo e, nel contempo, aiutarlo ad imparare i numeri, che lo affascinano in modo particolare, nelle tre lingue (italiano, francese e ora anche inglese che stanno introducendo alla materna), abbiamo allora iniziato a proporgli dei giochi da tavolo classici, anche se rivisti con i personaggi dei cartoni o delle storie del momento.

E funziona, sia per noi tre/due soli, sia quando si associa qualche nonno, un cuginetti o un amichetto.

Il nostro preferito del momento, regalo della Befana, e' questo: la scatola contiene un tabellone che da un lato ospita il gioco dell'oca, in versione Petit Prince del cartone animato appena uscito al cinema (di cui vi parlerò presto, perché ci ha incantato) con l'Aviatore, Le Petit Prince, Madame (la mamma della piccola protagonista) e la bimba, con i serpenti che ti fanno indietreggiare fino alla casella in coda e l'aquilone che ti fa avanzare siano alla sua punta e tante stelline decorative.

100 caselle con un bellissimo e grande dado di legno decorato da stelline gialle al posto delle palline, così da imparare a contare, prima per capire il punteggio fatto, poi per muovere la pedina sul tabellone.

D'altro lato c'è quello che ai miei tempi si chiamava "Non t'arrabbiare", un gioco che io adoro e che, davvero, può far litigare perché la situazione può ribaltarsi all'ultimo: lo conoscete anche voi, vero?

Anche le pedine (quattro per ciascuno dei quattro personaggi), come il dado. sono di legno robusto e molto carine. Hanno solo la fastidiosa tendenza a cadere facilmente quando a giocarci e' il ricciolino biondo! Io le avrei fatto un po' più stabili.

Il bello di "Non t'arrabbiare" e' che è anche un gioco di strategia, dunque sviluppa pure la logica, oltre alla virtù della pazienza, senz'altro la più difficile da apprendere per i piccoli!!!

A Capodanno, dagli amici, abbiamo giocato ad un'altra versione del gioco dell'oca Dami, quello delle Storie del Bosco di Tony Wolf,della Giunti: veramente curatissimo nelle illustrazioni, simpatico e ben fatto, con l'albero centrale pop-up.

Come qualsiasi altra versione del gioco, i bimbi sono invogliati a contare.

Poi ci sono le carte dell'Uomo Ragno, trovate nel l'uovo di pasqua già l'anno scorso e molto apprezzate del ricciolino.

Si possono usare per due giochi diversi, con spiegazioni incluse: action game ed il gioco delle famiglie.

Noi, però, le usiamo come se fosse "Uno", per imparare a riconoscere i numeri (da 1 a 4), le lettere maiuscole ed i colori, necessarie per fare gli abbinamenti, il tutto sempre in francese.

Con il tempo, il nano e' diventato sempre più abile e si diverte.

Infine, questa confezione di giochi matematici, ricevuta in regalo per lo scorso compleanno da un amichetto del cuore con la mamma previdente ed intelligente.

Anche in questo caso, usiamo tutti i giochi cercando di ripetere i numeri in francese e usando vocaboli in francese per descrivere la loro forma. Ovviamente, però, va benissimo anche in italiano o in inglese o in qualunque altra lingua!

Il cartone e' abbastanza robusto, i colori vivaci e le immagini accattivanti, in più gli incastri fungono sempre da strumento di controllo della correttezza degli abbinamenti.

Ci sono 7 giochi diversi, dalla tombola in cui contare gli animali della fattoria o dei numeri (a seconda di come si girano i cartoncini), al palazzo in cui conteggiare le persone sul balcone ed abbinarle ai numeri (e dall'altro lato semplice addizioni) ,

 

E poi giochi di logica per apprendere le forme geometriche e gli insiemi (mezzi di trasporto, frutti, persone, animali ecc.) ed imparare a fare le somme.

Anche in questo caso, spesso cerchiamo di usare il francese per indicare qualunque forma, animale e oggetto e contare, tanto per cercare di allenarci un po' al bilinguismo!

Ovviamente, l'Alpmarito corregge e riprende più me che il ricciolino biondo, il quale però è decisamente più pigro!

E voi, che giochi suggerite per sviluppare logica e matematica divertendosi, magari in compagnia?

Vi piacciono questi?

P.s. il post non è sponsorizzato, ma solo il frutto della voglia di condividere idee ed esperienze con altre mamme e, possibilmente, trovare passatempi intelligenti per i pomeriggi di pioggia, i giorni di malattia o le serate in casa!

 

giovedì 30 luglio 2015

"Bruciare" le esperienze. Non è che forse stiamo esagerando con i bambini?

Ancora centro estivo.
Sì, lo so che ne ho parlato (anzi, scritto), giusto l'altro ieri e che ho ammorbato tutte/i con i miei dubbi da mamma insicura.
Lo so che ci siete passate quasi tutte (o ci passerete presto) e che la questione è tutt'altro che nuova, ma giuro che questa volta non voglio riflettere sul senso del centro estivo, l'assurdità o meno delle vacanze scolastiche estive lunghe, le difficoltà dei genitori, i nonni ed il costo (esoso) della collocazione estiva presso strutture pubbliche o private.


E' solo che è dal centro estivo e dalle attività che ho visto proposte negli altri che ho esaminato che scaturisce questi miei pensieri (peraltro per nulla originali): non è che si esagera nell'organizzare il tempo dei bambini anche in vacanza?
E soprattutto, non è che le attività proposte, per quanto all'apparenza entusiasmanti dal nostro punto di vista, non sono adatte ai bambini più piccoli ?
Non è che l'appiattimento delle età nell'organizzazione dei centri estivi o simili, è eccessivo?
E ancora:  si sottovaluta un pò troppo l'aspetto sicurezza o, comunque, che gli animatori o educatori sottovalutano troppo le proprie responsabilità ed i rischi che corrono ?
Non è che abbiamo (mi ci metto anche io, in prima fila) troppa fretta di farli crescere, troppa ansia di farli divertire, troppa paura di non offrire loro abbastanza stimoli ed opportunità?

La scorsa settimana, al secondo giorno di centro estivo hanno portato i bimbi in un lago a 20 km, in canoa ed a fare il bagno.
Ora. Il rapporto adulti/bambini era ottimo, gli adulti hanno tutti o figli o nipoti o fratelli/sorelle minori e una certa esperienza, hanno usato due piccoli "bus" con le cinture, so che c'erano anche gli istruttori di canoa al lago e che i piccoli hanno sempre tenuto addosso braccioli o giubbotto life (mio figlio), anche sulla riva.

Però mi chiedo: non bastava la piscinetta nel prato o quella pubblica aperta? Era proprio necessario portare dei bimbi di 3 - 4 anni che non sanno nuotare ?
Intendiamoci: io e l'Alpmarito portiamo nostro figlio in kayak in un altro lago, ma è un kayak antiribaltamento, un lago non accessibile ai veicoli a motore e senza mulinelli, lui indossa ovviamente il giubbino e noi siamo i genitori.

Nel centro estivo vicino a casa, dove avevo iscritto il nano per la prossima settimana (ma ora ho cambiato idea e starà con i nonni, poi la settimana successiva, se i nonni sono provati o vogliono andare da qualche parte, lo rimando a questo, così almeno riduco i traumi da cambiamento), è previsto, nel corso dell'estate, rafting nel fiume a 60 km, gita ad una fiera mediovale annuale con molta affluenza a 50 km, un parco acquatico con scivoli, trampolini ecc. a 30 km, una gita in montagna non si sa dove e via dicendo.
Per carità, ci sono anche attività più tranquille, come assistere ad esibizioni di "agility dog" (anche se io ho sempre paura dei cani), provare aikido e judo, giochi con la palla ecc.e su questo non ho nulla da ridire.
Il resto, invece...

E se dovesse capitare qualche cosa? E se si perde/annega/cade/spaventa? Gli animatori non conoscono i bambini, li hanno appena visti, al più li guardano da una settimana, come possono sapere come reagiranno ? Si rendono conto della responsabilità che si assumono ? Dei risvolti penali ed economici che potrebbero avere eventuali incidenti? In molti centri estivi/oratori/campi scuot sono diciottenni o poco più!

Ciò che mi turba maggiormente, però, è che anche semplicemente insistendo per fare entrare un bambino in piscina, potrebbero fargli odiare l'acqua per l'intera estate se non di più e altri piccoli "traumi" simili che forse maestre e genitori sarebbero in grado di evitare, conoscendo decisamente meglio il bambino.
Ho sentito raccontare da diverse mamme esperienze simili.

E poi: se a tre / quattro anni gli fanno fare rafting e parchi acquatici, a 14 anni cosa proporranno loro ? Sempre le stesse attività o parapendio e paracadutismo ? Non è che si rischia di far "bruciare" loro le tappe ? Di crescere bambini che saranno adolescenti annoiati che hanno già provato di tutto ? 
Sono davvero attività pensate per i bambini o proposte in realtà volte ad impressionare i genitori ?

Perchè in fondo, alle mie domande per capire cosa non gli piaccia del centro estivo o della scuola, mio figlio risponde sempre la stessa cosa: non gli piace non  poter correre e giocare con gli  amichetti o con scivolo, altalena o sabbia liberamente e dover invece fare delle attività strutturate e decise da altri.
Vorrebbe solo essere libero di giocare molte ore, d'estate.

E allora ben vengano cake design (che ha impegnato un'oretta) e un giro sul pony al posto della notte in tenda per i grandi, ben venga la giornata nella piscina comunale scoperta, ben vengano anche le passeggiate in sentieri di montagna non pericolosi o in campagna, ma basta canoa e assolutamente no al rafting e al parco acquatico a tre anni!

 Cake design al centro estivo! La creazione del mio ricciolino biondo (e di chi lo ha aiutato!)



Io ho vissuto con angoscia tutta la giornata al lago, ho persino telefonato all'educatrice per ripetere le mie raccomandazioni. Vero è che devo imparare a lasciarlo andare, a fidarmi di lui. Vero è che le mie angoscie sono state amplificate da mia madre, che anzichè rassicurarmi, mi ha fatto una testa così sui pericoli che correva il suo nipotino e su quanto fossi incosciente a lasciarlo andare. Vero è che anche la mamma dell'amichetto ha confessato di essere stata preoccupata e ha chiesto che la settimana seguente non ripetessero l'esperienza.
Vero che forse sono una madre iperansiosa.
Però credo che certe attività ed esperienza vadano affrontate ad una età adeguata e, possibilmente, insieme o alla presenza dei genitori.

Forse detto da una che porta il nano ad arrampicare o in kayak e a due anni lo ha portato in giro in elicottero intorno al Monte Bianco, può sembrare "leggermente" incoerente, ma credo che la differenza stia nel fatto che erano tutte attività  a cui noi eravamo preparati, per le quali avevamo scelto con attenzione materiali e modalità. E poi eravamo due adulti per un bambino, il nostro.

Certo è che questa esperienza mi ha insegnato che anche noi dobbiamo cercare di non aver fretta di fargli vivere emozioni ed esperienze.
Anche perchè gran parte della gioia e della soddisfazione è data dall'attesa.

E voi, cosa ne pensate ?
Sareste state tranquille, al mio posto?
Sono io che sono troppo ansiosa e paranoica?
Lascereste il vostro bimbo di quattro anni andare a fare attività simili ?