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venerdì 14 febbraio 2020

È per questo che i figli si ammalano

È per questo che i figli si ammalano.

Per ricordarci quanto bisogno abbiamo, loro delle coccole,noi delle loro braccine strette intorno al collo.
Per costringerci a fermarci e perderci a guardare i loro occhi lucidi di febbre e pieni di amore.
Per spazzar via ogni altra preoccupazione che non sia in primis per la loro salute.
Per farci ridimensionare le aspettative, riprogrammare le giornate e rinviare il rinviabile,
constatando che sì,si può.
E a recuperare ci penseremo poi, ché è vero che a tutto c'è rimedio,quando c'è la salute,come ci diceva la nonna.


È per questo che i figli si ammalano.
Per ricordarci l'importanza dei piccoli gesti di cura, il potere nutriente di una minestrina, il valore di un abbraccio, il piacere dei grattini sul pancino,l'avvolgente della copertina sul divano, l'ipnosi sonnacchiosa indotta da una maratona di cartoni.
Per farci eccheggiare, nei gesti e nella mente, l'eco delle raccomandazioni materne.
Per rammentare quanto sia indispensabile per guarire, l'amore.

È per questo che i figli si ammalano.
Per fare tornare unico, anche solo per una manciata di ore, il figlio che non lo è più.
Per fare assaporare l'esclusiva a chi non l'ha mai provata.
Per avere il privilegio di ascoltare la sua vicina un po'incerta eppur squillante, nel silenzio delle ore normalmente dedicate al lavoro.
Per indurci a tenere stretta la sua manina nella  nostra,n accorgendoci di quanto sia già cresciuta.
Per indurci a vegliare il loro sonno, come quando erano neonati, accarezzando i capelli sudati ed il visetto arrossato, sospirando ad ogni colpo di tosse.

È per questo che i figli si ammalano.
Per darci una buona scusa per acquistare un pacchetto di figurine,un giochino inutile, un giornalino, anche se diseducativi.
Per spingerci ad offrire una caramella,anche prima dei pasti, anche con i denti appena lavati.
Per vederli cresciuti, dopo, di qua che centimetro, come saggezza popolare vuole.

È per questo che i figli si ammalano.
Per mostrarci quanto sono forti e non farci dimenticare quanto sono ancora piccoli, e fragili.
Per amarli ancora di più, mentre il mondo corre dietro i vetri della cameretta.

Perché non c'è amore come il loro per noi, innamorato più innamorato di noi per loro.
Anche se è San Valentino.

giovedì 24 ottobre 2019

Son notti travagliate

Son notti travagliate

Attenzione: astenersi dalla lettura stomachi delicati !

Ogni genitore lo sa (e pure i nonni, se non hanno preferito dimenticarlo):
Signor Diarrea e Signorina Vomitina arrivano sempre di notte.
Possibilmente nel cuore della notte e nel pieno della fase REM.
Fanno la loro comparsa silenziosamente, senza bussare, senza telefonare prima per avvertire. Maleducati!
Quando si manifestano, è già troppo tardi per intervenire e salvare, per lo meno, letto e piumoni.
Sì, perché Signor Diarrea e Signorina Vomitina arrivano preferibilmente in autunno/inverno, meglio se quando diluvia da giorni.
Se è primavera, è di quelle piovose, 
se è estate, allora è quando si è in vacanza, rigorosamente in albergo o in casa altrui.


Signorina Vomitina io me la immagino come una donna alta alta e secca secca, nubile e senza figli non per scelta, resa acida e pettegola dalla solitudine.
Lei gode, a impossessarsi dei nostri pargoletti e renderli dei mostriciattolo che rigurgitano latte o cibo acido, squassati dai tremori e indifesi.
Lei ride, mentre il povero genitore di turno (di solito la mamma, più rapida a reagire, interpretare i rantoli notturni e fiondarsi fuori dal suo letto in quello del nanerottolo cercando con tuffo carpiato di salvare dal disastro appiccicoso e rancido almeno il piumone ed i pupazzi per la nanna preferiti!) 
finge una pazienza che non ha e fa la doccia al figlio piagnucolante, mette a mollo in acqua calda e sapone o lava subito pigiamo, lenzuola, coprimaterasso, doudou, guanciali e quant’altro, riveste il bimbo, lo dota di capiente bacinella a bordo letto e poi riprepara il suddetto letto e somministra acqua rigorosamente gelata o coca-cola fredda, che conserva in dispensa proprio per queste evenienze (e per bersela di nascosto dai figli nei momenti di sconforto).
Il tutto imprecando tra se’ e se’ o bassa voce, contro il destino beffardo o incolpando l’altro genitore o addirittura se stesso di non aver messo - proprio quella notte li’- il coprimaterasso cerato o aver usato -proprio quella notte li’- il piumino d’oca!
Se tutto va bene (bene un paio di balle!), mente il figlioletto riprende sonno in un nano secondo, il genitore stremato può collassare su letto o divano e cercare di riprendere sonno.
Ovviamente con orecchio vigile e attento ad ogni cambio di sospiro o colpo di tosse che potrebbero preannunciare un altro attacco di vomito.
Se va male, il genitore stremato ed assonnato dovrà pure lavare il pavimento e, proprio mentre starà ancora rivestendo i figlio o, appunto, disinfettando per terra o ancora -diabolica Signora Vomitina!- non appena collasserà sul letto,
il bambino ricomincerà a espellere, non beccando neppure di striscio la bacinella, giustamente.
Altro giro, altre docce, lenzuola, pigiamo, coperte, lavaggi, vestizioni, fino al mattino, quando al suono della sveglia, il piccolo miracolosamente si addormenterà tranquillo.
 LUI/LEI, non il genitore.
Perché Signora Vomitina e Signor Diarrea arrivano sempre durante la settimana, quando il giorno dopo la sveglia suona inesorabile e sono in programma miliardi di impegni, possibilmente richiedenti un alto livello di attenzione e capacità neurologiche.
Se giungono di venerdì sera, è perché sabato almeno uno dei genitori lavora.
Se giungono di sabato, è perché si è in viaggio o in procinto di partire, magari pure con mezzi pubblici dai servizi igienici notoriamente puliti o per un luuuuuunghissimo tragitto in auto.
Diabolici Signorina Vomitina e Signor Diarrea!!!

Signor Diarrea io me lo immagino tondo, basso, calvo e con un aspetto solo apparentemente innocuo e bonaccione. 
Tutto vestito in varie sfumature di marrone, colore con cui lui ama dipingere pelle, vestiti, lenzuola e coperte dei poveri bambini che prende di mira.
Ancor più silenzioso di Signorina Vomitina, che di solito manda avanti per seguirla a ruota appena lei ha terminato il suo sporco lavoro, il suo transito lo riconosci dall’odore. 
Terribile e temuto risveglio olfattivo.
Le sue tracce sono ancora più difficili da mandare via dai tessuti, però, grazie al cielo, anche quando le vittime sono molto piccole, alla terza o quarta limonata ben zuccherata che il genitore li costringe ad ingurgitare tra pianti e divincolamenti, non potendo somministrare medicine, di solito Signor Diarrea si ritiene soddisfatto e toglie il disturbo.
Per ricomparire la notte successiva, tra crampi ed effluvi maleodoranti, nel fratellino/sorellina di turno, per poi concedere una visita anche ai genitori.
Personcina educata, eh!

Cari miei Signor Diarrea e Signorina Vomitina, lasciate che ve lo dica con il cuore, una volta per tutte e a nome dei genitori di tutto il mondo: ci avete rotto!!!

P.s. L'illustrazione è opera di Elisabetta
grafica, ispirata dal post! Grazie Elisabetta!


giovedì 20 giugno 2019

L'attesa

La finestra affaccia sullo stesso viale alberato e sulle colline che nascondono le ville della Torino benestante.
Però qui si vede anche la piazzola dell'el'elicottero, che di la' sentivo ma non vedevo.
Anche il sottofondo rumoroso del traffico intenso è lo stesso, così come il caldo, quell'afa umida e quella luce troppo forte, che se non ci sei abituato ti toglie il fiato e la voglia.

Lei sonnecchia, perché non c'è molto altro da fare, quando sei ferma in un letto d'ospedale, con le medicine ad incrementare la stanchezza e l'apatia.

Vado a cercarmi un Magnum, non bianco come allora, perché lo hanno finito, ma classico.
Anche il bar è diverso. Questo è nell'atrio del piano terra, otto piani sotto.
L'altro lo raggiungevo infilandomi di nascosto in ascensore e scendendo per cinque piano, passando dai sotterranei, ed era quello dell'ospedale vicino, collegato al mio.
Perché mica avrei potuto, in teoria, uscire al reparto. Eppure insistevano che dovevo mangiare tanto e mi riempivano di riso bollito scondito, patate lesse scondite, yogurt bianco se andava di lusso, pezzi di parmigiano asciutto, come secondo, e banane.
Ad un certo punto sono arrivato a portarmi cinque banane al giorno. Manco fossi una scimmietta.
Io sognavo Magnum bianchi e caffe' e, una volta al giorno, camminavo fino al bar, in pigiamo e con l'attacco della flebo nel braccio, che tanto era ovvio da dove venissimi, con quel pancione.

Due giorni in ospedale, a pochi metri di distanza da quello in cui ero io, sempre a giugno, sempre in questi stessi giorni, sempre con il caldo. E' inevitabile smuovere ricordi, un trauma che forse non ho ancora superato, visto che quando ne parlo o ne scrivo, ancora mi salgono le lacrime agli occhi.

I monitoraggi, la flussometria, l'eco di accrescimento, il cortisone e la paura che qualcosa non andasse, la paura di un'oscura malformazione o di sofferenza fetale.
Perché lui non cresceva mai e lei troppo lentamente. Solo le piastrine correvano veloci, nella direzione sbagliata.
E l'attesa. Appiccicosa, rumorosa, rude, senza nessuna intimità, da paziente, non da persona.
Negli ospedali è così, anche quando funzionano, ti trattano bene e sono puliti e competenti.
Sei comunque un caso, carne e sangue, non "Giulia".

Come allora io le visite tue e dell'Alpmarito, tu aspetti me.
Mi mancava il mio bambino, andarlo a prendere a scuola, portarlo ad allenamento, la cena, le chiacchiere, la lettura della buonanotte, i suoi vestiti sporchi da lavare, il pavimento del bagno allagato alla sua doccia, i suoi capricci, i suoi sorrisi, i suoi piedi sempre sul divano, i salti sul letto.
Non avevo timore del parto, anche se dal dolore dovevo ancora passare.
Per fortuna il tuo intervento invece è già finito, tutto bene.
Non è nulla di grave, solo che tutto dipende da come lo vivi.
Lo so che anche tu hai nostalgia di casa, del nostro cielo, della nostra aria, delle tue cose, della tua intimità.
Lo so, che ti mancano i tuoi figli grandi e i tuoi nipoti piccoli e tua madre. Il poterti muovere in autonomia.

E ripenso all'anestesia, ai quella manciata di minuti in sala parto, a dopo, in camera, quando riuscivo solo a dormire e chiedere di lui.
Lei mi ha avuto subito vicina ma, in fondo, io c'ero solo in parte.
Divisa tra l'ansia per lui, solo ai piani sopra, e per il mio bimbo grande, a casa con i nonni, entrambi lontani da me.
Ricordo i miei tentativi di tirare il latte, per lui. I quarti d'ora diventati un'ora per fargli bere 10/20 gr di latte. L'attesa di sapere se aveva ancora il sondino, se aveva preso qualche grammo oppure no, se piangeva oppure no, il rumore del saturimetro costante.

E poi le chiacchiere, le compagne di stanze che arrivavano e partivano, le infermiere, le visite serali dei parenti festanti per i nuovi nati, quando io mi rifugiavo in sala d'attesa, per stare sola a leggere, le gestanti che camminavano per i corridoi, notte e giorno, con le contrazioniola speranza.

Mi manca di nuovo il fiato. Non vedo l'ora di uscire,  nell'afoso ed impietoso caos della città.
Fuori lo stesso caldo umido, lo stesso cielo.
Le stesse date, sul calendario in corridoio. Ma a due anni di distanza.
Dentro, una diversa attesa.
O forse, a ben guardare, la stessa: una madre che aspetta i suoi figli.

A casa, un'altra madre, nella stessa attesa.

Forse è anche questa, l'essenza della maternità.










lunedì 25 marzo 2019

Primavera = allergie. La SOA, secondo la mia esperienza.

DOVEROSA PREMESSA: in questo post racconto una parte della mia esperienza personale di persona allergica. Senza alcuna pretesa di esaustività, valenza generale o correttezza scientifica nè senza voler suggerire cure o farmaci o diagnosi ad alcuno. Per qualunque problema di salute, rivolgetevi al Vs. medico di fiducia al P.S., non prendete ispirazione dal web o da questo post.

Ah, la primavera.
Stagione di rinascita, di sole, aria tiepida, voglia di uscire, un pò di svagatezza e qualche colpo di sonno.
Una stagione amata dai più che, però, per molti fa rima con allergia.




Nel mio caso, una allergia a pollini di varie piante (praticamente, a tutte quelle comunemente testate e che fioriscono in mesi diversi, cosicchè copro tutto l'arco dell'anno) che si INCROCIA con gli alimenti, scatenando CROSS - REAZIONI: è la cosidetta SOA, Sindrome Orale Allergica.

In pratica, le proteine contenute nei pollini a cui reagiscono i miei anticorpi IgE sono simili alle proteine che contengono allergeni contenuti in alcuni tipi di frutta fresca, frutta secca e a guscio e verdura (nel mio caso, quasi tutti), cosicchè quando le mucose della bocca (orali, appunto) entrano in contatto con questi alimenti, si scatena la reazione allergica.

I sintomi più comuni sono vari: prurito alla bocca, arrossamento della bocca, gonfiore delle labbra, gonfiore del palato e gonfiore della gola. 
Ad un livello maggiore di gravità, però, ci sono anche difficoltà alla deglutizione, vomito, dolore gastrico, diarrea e sintomi generalizzati, quale l'orticaria
I sintomi orali compaiono entro brevissimo tempo dall’ingestione dell’alimento e non dipendono dalla quantità ingerita, quelli agli altri organi possono manifestarsi anche dopo 30 - 60 minuti.
Non è possibile capire in anticipo quale sarà la gravità della reazione, purtroppo ma, per fortuna, il rischio di anafilassi ed edema alla glottide è minimo (intorno al 2%, pare).

In teoria, a differenza di quanto avviene per le allergie a determinati alimenti non correlate a quelle ai pollini, il calore della cottura e la digestione gastrica (comunque successiva all'ingestione e, talvolta, allo scatenarsi di sintomi) possono  distruggere le proteine responsabili della reazione mediata o ridurne la portata allergizzante.

Nel mio caso, piuttosto grave per il mio alto livello di anticopri IgE sempre in circolo, quando gli alimenti arrivano a dover esser digeriti, a volte si scatenano reazioni allergiche violente, con crampi, vomito e diarrea. 
E la previa cottura  lunga, mediante bollitura, non superficiale) degli alimenti, ha effetto solo in certi periodi e con alcuni alimenti, non con tutti e sempre.
Inoltre, a volte a me si scatenano anche attacchi di asma.

In ogni caso, quando vi sono più pollini (o polvere) presenti nell'aria, la mia sensibilità agli alimenti aumenta e dunque ai classici sintomi da allergia alle piante (rinite, problemi agli occhi, tosse, gola irritata, asma, eruzioni cutanee e prurito), devo accompagnare una particolare attenzione a ciò che mangio, evitando con cura proprio ciò di cui sentirei il bisogno in primavera ed estate: frutta e verdura!

Al momento, non mi pare di aver mai sofferto di particolari carenze e gli esami eseguiti in occasione delle gravidanze lo hanno confermato, però gli effetti di queste "restrizioni alimentari" sul mio senso di sazietà, sulla mia dieta e, soprattutto, nei rapporti sociali, sono marcati.

Devo evitare tutti gli inviti a ristoranti con menu' fissi, tediare gli amici che ci invitano con i miei limiti e evitare con cura di mangiare la gran parte delle pietanze cucinate da altri o acquistate pronte quando ci sono merende, buffet, aperitivi ecc.
In viaggio, poi, diventa davvero difficile trovare modo di mangiare fuori vario e senza rischio.
 
Nel tempo, ho curato l'asma allergica e la rinite con molti farmaci, affiancati agli antistaminici, in modo comunque efficace, per quanto con alcuni effetti collaterali: dopo qualche anno di trattamento ben seguito, ho potuto abbandonare broncodilatatori e corticosteroidi e le crisi smatiche sono diventate una vera rarità anche in condizioni difficili.
A periodi, continuo con spray nasali e antistaminici e, qualche volta, faccio ricorso al cortisone per crisi acute da ingestione di alimenti ma, nel complesso, non c'è paragone con dieci anni fa.

Il vaccino sublinguale per il polline a cui ero maggiormante sensibile, fatto per tre anni, si è dimostrato, a distanza di tempo, comunque utile, seppure non per la SOA ma solo per l'allergia da pollini, riducendo i sintomi ed attenuando in parte la sensibilità generale dell'organismo.
E' stato però un cammino sofferto, che non intendo ripetere (infatti sto valutando la vaccinazione con iniezioni sottocute, anche se è più costosa e se dovrà famri parecchi chilometri per farla), perchè mi ha devastato lo stomaco e fatto stare male per mesi.


Fortunatamente, non tutti gli allergici ai pollini soffrono di SOA !!! 

Mi piacerebbe, però, che ci fosse una maggior attenzione di tutti verso questa sindrome e verso le allergie alimentari, spesso sottovalutate, con gravi rischi per la salute.
Penso, in particolare, agli addetti alla ristorazione (per i quali gli allergici sono senza dubbio una complicazione), ma anche al settore dei trasporti ed ai proprietari di animali: per questi ultimi, ricordate che quello che per alcuni è un amato compagno di vita, per altri può essere fonte di reazioni allergiche e non è piacevole dunque imporre la presenza di animali sui mezzi pubblici e/o nei locali, senza preoccuparsi della salute degli altri utenti.

Inoltre, seppur vi sono malattie molto più gravi e debilitanti di quanto sia per me l'allergia, se anche voi state male in primavera o con l'ingestione di alcuni alimenti, vi invito a non sottovalutare i sintomi e a rivolgervi al medico o direttamente ad uno specialista: può davvero migliorarvi la vita!

E voi, soffrite di allergia? Di che tipo? La primavera è un periodo difficile per voi? Conoscevate già la SOA?


Se volete saperne di più su cosa significhi, in concreto, in casi come il mio "vivere con l'allergia", l'ho scritto qui.

giovedì 14 febbraio 2019

Sci di discesa VS. sci di fondo, ovvero sci alpino VS. sci nordico

Vi ricordate dei due post in cui scherzosamente misi a confronto nuoto e corsa, per evidenziare vantaggi e svantaggi di uno sport rispetto all'altro?  (No? Considerato che li scrissi nel lontano 2015, posso perdonarvi ma andate a leggerli, per sapere quali sono i miei personali 17 motivi per nuotare e 15 per correre e i lati di negativi di fare l'una o l'altra attività !)


Questo post nasce con lo stesso spirito scherzoso e la stessa premessa che è scritto da una  praticante di entrambi gli sport ma solo a livello amatoriale e medio, non agonistico.
E non solo...trovate anche l'opinione del ricciolino. 



Sci di fondo
Sci di discesa
1) Può essere molto faticoso.
Puoi scegliere facilmente con quale livello di intensità praticarlo: passeggiando come una mucca al pascolo oppure spingendo come una dannata, senza mai fermarti.
Ne consegue che volendo puoi bruciare molte calorie in pochissimo tempo. O anche sudare poco ma bruciare qualcosa comunque.
Se sia uno svantaggio o un vantaggio, dipende dal tuo obiettivo o dal tuo stato d'animo.
1) E' meno faticoso.
Mediamente è meno faticoso e dunque si consumano meno calorie.
Se sia uno svantaggio o un vantaggio, dipende dal tuo obiettivo o dal tuo stato d'animo.
2) E' salutare.
E' uno sport aerobico e completo, che coinvolge gambe, ma anche dorsali, spalle e addominali.
Insomma, ci si guadagna in salute.
2) E' meno salutare del fondo, nel senso che è meno completo.
E' uno sport maggiormente anaerobico e che potenzia molto soprattutto le gambe.
E' comunque attività fisica e dunque sembre positiva.


3) E' comodo, a livello di abbigliamento.
L'abbigliamento può essere molto tecnico ma anche per nulla.
Ho visto gente sciare tranquillamente con una tuta felpata, pile o maglione e giacca a vento o piumino tradizionali, di quelli che usi anche per fare "le vasche" in centro città.
E gente con la tutina da fondo super aderente o altro abbigliamento suoper tecnico (che negli anni, se ti appassioni, finisci per comprare).
In ogni caso, non è indispensabile acquistare un abbigliamento ad hoc diverso da quello per l'inverno in generale e questo, se sciate qualche domenica ogni tanto una settimana all'anno, può essere un grosso vantaggio.
3) E' scomodo, a livello di abbigliamento.
L'abbigliamento richiesto è abbastanza tecnico o, come minimo, è abbastanza specifico.
Non basteranno guantini di lana ma serviranno guanti caldi da sci, pantaloni imbottiti o comunque impermeabili per non trovarsi bagnati alla prima caduta, calze adatte agli scarponi ecc. Se però amate lo shopping, sarà un vantaggio!
4) E' comodo, a livello di attrezzatura.
L'attrezzatura è leggera e abbastanza comoda : con le scarpette da fondo si può camminare abbastanza comodamente e, tenuti in mano, non pesano mezzo quintale; in bagno le scarpette non sono d'ostacolo e gli sci poggiati sulle spalle non ti fanno venire i lividi, il braccio non si stanca troppo nel tragitto auto - pista, caricarli sul portasci dell'auto non è un esercizio di sollevamento pesi ecc.
Il che, se vi tocca portare anche sci e scarponi dei figli, è un toccasana.
E potete insegnare presto ai i figlia portarsi da soli gli sci e camminare con gli scarponi.
4) E' scomodo, a livello di atrezzatura.
L'attrezzatura è pesante e scomoda.
Con gli scarponi (notare la differenza di lessico tra "scarpette" e "scarponi", dice tutto) si fatica a camminare, si è rigidi come baccalà e si rischiano cadute ad ogni passo.
Andare in bagno per una donna o una bambina con gli scarponi? Una faticaccia!
Gli sci pesano come macigni sulle spalle e riuscire a metterli nel porta sci sul tettuccio dell'auto è un esercizio degno di sollevatori di pesi.
Il che, se vi tocca portare anche sci e scarponi dei figli, è una condanna.
E fino ai dieci anni suonati i bambini vi imploreranno di portargli gli sci e si lamenteranno degli scarponi.
Il tragitto auto - piste, soprattutto alla fine della giornata, è un supplizio.
Corollario del punto 4), l'attrezzatura è meno ingombrante: l'attrezzatura è meno ingombrante e dunque è più facile farla stare in auto con i figli!
Corollario del punto 4), l'attrezzatura è più ingombrante: l'attrezzatura fatica a stare in auto insieme alla famiglia!
5) E' un po' masochistico, perchè in fondo si cerca anche la fatica, però manca quella sottile ma indubbia soddisfazione di sfilarsi gli scarponi a fine giornata e godere del sollievo provato dai piedi.
5) Una volta arrivati sulle piste, non è masochistico. Lo è prima.
E poi, volete mettere la sottile ma indubbia soddisfazione di sfilarsi gli scarponi a fine giornata e godere del sollievo provato dai piedi?!?
6) E' veloce.
Non si fanno code in biglietteria. O almeno, a me non è mai successo, in nessuna località italiana o svizzera.
Niente code neppure sulle piste, visto che non ci sono impianti di risalita. Al massimo dovrete superare qualche sciatore in salita o farvi da parte per essere superati ma non c'è mai affollamento, per fortuna.
6) E' lento.
Le code in biglietteria sono all'ordine del giorno, soprattutto nelle ore di punta.
Lo stesso vale per le code agli impianti di risalita, soprattutto nelle stazioni sciistiche più rinomate e nei giorni più gettonati, purtroppo sono la norma
7) E' più ecologico.
L'impatto ambientale è molto contenuto.
Niente impianti di risalita, niente inquinamento, salvo quello dello spazzaneve quando batte la pista e l'eventuale (in genere comunque modesto), innevamento artificiale.
Minore, quando non nulla, modificazione ambientale prodotta per creare le piste.
Minimo anche l'impatto estetico d'estate.
7) E' meno ecologico.
Inutile nasconderlo: l'impatto ambientale è elevato, sia sotto forma di modifiche apportate al territorio per creare le piste, sia come consumo di carburante e, eventualmente acqua, per mantenere in funzione impianti di risalita, innevamento artificiale e spazzaneve.
Notevole impatto estetico negativo anche d'estate.
Non sempre le piste diventano pendii erbosi o sono fruibili d'estate da animali o persone.
8) E' molto rilassante, a livello mentale.
8) E' molto divertente!


9) E' poco o per nulla adrelanico.
Purtroppo per i miei gusti, poca adrenalina.
Però c'è la soddisfazione per la fatica, il movimento, il relax ecc.
9) E' molto adrenalinico!
Soprattutto con piste nere e vuote, quando puoi spingere sulla velocità e/o usare tutto lo spazio che vuoi.
10) E' sicuro.
Possibilità di infortuni e/o scontri con altri sciatori molto bassa.
10) E' abbastanza pericoloso.
In senso relativo, ovviamente.
Le possibilità di infortuni, traumi e/o scontri con altri sciatori è più elevata che nello sci di fondo ed in altri sport.
11) E' facile da imparare a livello molto basico.
Il livello principiante della tecnica classica (il c.d. passo alternato) si impara facilmente e rapidamente. Così bastano poche lezioni per poter fare da soli. Se invece si vuole diventare bravi e /o fare anche pattinato, le difficoltà ovviamente aumentano. E di molto.
11) Non è semplice da apprendere, anche a livello base, se non si ha dimestichezza con la neve.
Il livello basico richiede qualche lezione e molte ore di sci in più, per essere appreso.
12) I bambini possono inziare prestissimo, anche verso i due anni
12) I bambini devono attendere qualche anno in più.
E' indicato dai 5/6 anni,, alcuni dicono 4. Dipende anche dall'altitudine a cui si arriva rapidamente con funivie e/o seggiovie.
Molti genitori, che si chiedono preoccupati dove trascorrere le estati in montagna senza esporre ad un'altitudine non approvata dai pediatri i loro figli, trascurano completamente questo aspetto quando si tratta di portarli a sciare, andando oltre i 3.000 mt ben prima della pubertà.
13) E' economico
Costi di skipass ed attrezzatura sono contenuti: per una famiglia, è sicuramente un vantaggio non trascurabile.
Si parla in media di 7 Euro per un giornaliero, anche 4/5 nelle stazioni più piccole.
Anche le lezioni costano un po' meno.
13) E' caro.
I costi di skipass (in Valle d'Aosta, un giornaliero adulto costa in media sui 45 Euro) ed attrezzatura, soprattutto per una famiglia intera, sono importanti.
Per non parlare delle lezioni di sci.
Certo, con qualche accorgimento, si può risparmiare qualcosa, ma rimane comunque costoso.


14) Impegna poco tempo, anche se si va con calma.
Una giornata di sci può durare anche solo un paio d'ore e lasciarti soddisfatto e felice, pronto per una bella cioccolata calda o un aperitivo al bar o altri impegni.
Con i bambini, che si stancano prima, o dovendo incastrare altri impegni, non è male.
14) Impegna molto tempo.
Richiede almeno mezza giornata, se non dalla mattina presto alle cinque del pomeriggio. Altrimenti si rischia di passare più tempo in coda o in seggiovia che sciando e probabilmente sarà comunque così, a conti fatti.
15) E' fotografico.
Ti permette di goderti il paesaggio ad ogni passo e fotografare diventa inevitabile (anche perchè è un'ottima scusa per fermarsi un attimo a riprendere fiato!)
15) E' fotografico
Dalla funivia puoi goderti il panorama in pieno relax. E scattare fotografie in tutta calma.
16) E' silenzioso.
Il silenzio ovattato è quasi sempre assicurato.
E si riesce a staccare la mente o, al contrario, immergersi nei propri pensieri senza difficoltà
16) E' rumoroso.
Tra altri sciatori, gli impianti, la musica diffusa dai bar e/o dalle seggiovie e l'aria che fischia nelle orecchie, il silenzio è un'utopia.


17) E' uno sport "caldo".
Difficile patire il freddo mentre lo si pratica.
Un pò all'inizio e dopo, se non ci si veste e/o cambiano gli indumenti bagnati, però durante il movimento ci si scalda e, semmai, ci si ritrova a spogliarsi di strati divenuti superflui.
17) E' uno sport "freddo".
Si patisce spesso e volentieri il freddo, soprattutto alle estremità, anche se ben vestiti. Sciando si suda ma poi le risalite immobili sugli impianti spesso raffreddano, così come l'aria durante la discesa.
18) Volendo, e' uno sport "social": si può sciare per ore senza mai smettere di chiaccherare.
Sempre che amici, compagni di sciata o figli più in forma di noi non accellerino per farci mancare il fiato o non decidono di lasciarci indietro.
Io, ad esempio, riesco a parlare e pure mio figlio: per disperazione, mio marito "ci semina" dopo il primo chilometro.
18) E' più solitario ma non è neanche detto
Si può andare a sciare in compagnia ma ma si parla sugli impianti ed al bar, non mentre si scia. E a volte ci si perde tra una seggiovia e basta.

In comune entrambi gli sport hanno la possibilità di fare stare all'aria aperta e godere delle bellezze della natura della montagna in inverno, muovendosi e divertendosi.
E non è poco!

E questo è quello che ne pensa il ricciolino.



Lati positivi dello sci di discesa: 
- non si fa fatica, basta mettere gli sci verso il basso, chianarsi un pò e si va!
- non bisogna fare le salite faticando e neppure scaletta perchè ci sono gli impianti;
- si va veloci;
- sulle seggiovie ti riposi e puoi goderti il paesaggio.

Lati positivi dello sci di fondo:
- è divertente, perchè si può andare fuori pista senza pericolo nella neve fresca e anche giocare in squadra con la palla o a hockey e fare i percorsi;
- le scarpette sono comode;
- puoi faticare!
- sei in posti belli in montagna.



p.s. Alla fine, quale dei due sport preferisco io?
Anche se, come ho scritto pochi giorni fa, per i bambini e con i bambini al momento privilegiamo lo sci di fondo, la mia passione rimane lo sci di discesa, da praticare però in giorni di non affollamento e senza figli!


Ora tocca a voi....quale sci o altro sport invernale preferite e praticate ? Cosa ne pensate delle differenze che ho indicato? E dell'opinione del ricciolino? Condividete?

giovedì 31 gennaio 2019

Ad un anno dall'infortunio e sette cose (+1) che mi ha insegnato

Un anno ed un giorno fa mi sono rotta il ginocchio andando a sciare con mio figlio.
Una banale caduta, i legamenti forse ancora lassi per la recente gravidanza e parto, la forma fisica tutt'altro che perfetta, nonostante mi sentissi bene e...emipiatto tibiale rotto, crociato anteriore rotto, menisco a frammenti.


Un infortunio che mi ha costretto a rallentare, visto che fermarmi proprio non potevo.

Due gemelli di sette mesi che avevano appena iniziato il nido, un figlio di sei alle prese con la prima elementare, il lavoro da libera professionista che stava finalmente riprendendo ritmo, dopo lo stop forzato del post partum, una casa in cui ci eravamo trasferiti da quattro mesi, ancora da adattare a noi e con qualche lavoro di troppo in sospeso. Scuola, ufficio, nido e supermercati raggiungibili solo in auto.
L'infortunio mi è sembrato una tragedia, che si sommava alla stanchezza per i mesi precedenti ed alla fatica quotidiana.
Soprattutto, però, ho avuto paura di perdere un pezzo importante della mia personalità: la voglia di praticare sport.
Ho avuto paura di non poterlo più fare, di non tornare mai più "come prima", proprio quando pensavo che, essendoci riuscita dopo la prima gravidanza, anche la seconda non sarebbe stata un grosso problema.
Proprio quando mi stavo riprendendo dai primissimi mesi in simbiosi con i gemelli.

E' passato un anno, non ho ancora avuto modo di farmi operare e questa paura non se ne è ancora andata. Se ne sta sempre lì, in un angolo della mia mente.
Anche stanchezza e sconforto prendono spesso il sopravvento, perchè la salute (nostra e di chi amiamo), inutile girarci intorno, è davvero ciò che c'è di più importante nella vita.

Eppure è passato un anno e io cammino, anche in salita ed in discesa, anche per un'ora o due e riesco anche a portare il porte-enfant in piano senza grossi postumi al ginocchio, faccio le scale e guido senza alcun problema.
Pratico yoga facendo quasi tutte le posizioni, un giorno ho anche corso mezz'ora.
Il dolore c'è, specie dopo gli sforzi, spesso il ginocchio si gonfia, è comunque fastidioso sempre, pure a riposo, ma è sopportabile.
Non ho ancora avuto il coraggio di provare a sciare (fondo, non certo ancora discesa) ma è perchè aspetto la neve giusta.
Arrampico, seppur con il timore di cadere male sul tappeto.
Non sono tornata come prima, non so ancora se e quanto riuscirò a fare sport e se e quando potrò farmi operare. Nè se sia davvero necessario.
Però, sport a parte, conduco una vita normale. Mi è andata bene.

Eppure anche questa esperienza negativa mi ha insegnato molto:

1) ho capito che detesto aver bisogno di aiuto e dipendere agli altri e comunque, l'aiuto di cui necessiti non arriverà mai nelle forme che vorresti, per il semplice fatto che ciascuno di noi ha abitudini e modi di "fare le cose" diversi.
Tuttavia, io sono fortunata perchè mia madre, mia nonna e i genitori di mio marito ci hanno supportato molto. Senza di loro, non sarei riuscita ad affrontare gli impegni quotidiani, a spostarmi, a portare i bambini al nido ed a scuola ecc.
Ho dunque avuto ulteriore conferma della loro vicinanza.
Lo stesso posso dire per alcuni preziosi amici, che si sono rivelati davvero tali. 
Alcuni una volta di più, altri senza che me lo aspettassi.
Non solo mi hanno dato una mano in modo pratico ma mi sono stati vicino anche emotivamente, con telefonate, visite, messaggi ecc.
Senza di loro, forse oggi non sorriderei così.
In altre parole, le persone che ti circondano sono fondamentali;

2) ho capito che non bisogna rimandare piccoli incombenti domestici e cure personali che per noi fanno la differenza tra sentirsi a posto ed essere a disagio, perchè ogni volta che esci di casa, non sai se ci tornerai con tutte le gambe e braccia funzionanti! 
E tornarci infortunati vedendo che ciò a cui teniamo non è a posto aggrava le cose.
Parlo di particolari, gesti piccoli ma fondamentali per sentirci a posto.
Per questo, se già prima mi dava fastidio, ora non sopporto di uscire di casa con il letto sfatto, le briciole sul pavimento della cucina o le tazze nel lavello, nè di non mettermi la crema per il viso (unica ruotine di bellezza che rispetto!).
Insomma,"mai rimandare a domani quello che puoi fare oggi", come mi ha sempre detto mia nonna!

3) trovare una baby sitter è difficile. Trovarla per dei neonati è difficilissimo. Trovarla per due neonati e con la patente e la capacità di portarli in giro è una impresa impossibile. Almeno qui.
Non c'è stato nulla da fare: o non potevano gestirne due o non potevano portarli a/dal nido.
Poter guidare è dunque fondamentale, crearsi una rete di sostegno prima di averne bisogno anche;

4) i clienti non hanno pietà, mai. Nè se stai partorendo, nè se stai allattando due gemelli, nè se sei infortunata. Tu per loro sei solo un mezzo, ti pagano (o magari neppure quello) e dunque devi esserci sempre e comunque.
E allora bisogna ricordarsi che non viviamo per lavorare ma lavoriamo per vivere e che non saranno i clienti a ricordarci, ma la nostra famiglia ed i nostri amici.
Insomma, insieme alla seconda gravidanza, questo infortunio mi ha convinto che non sarò mai una perfetta donna in carriera, perchè la vita per me è soprattutto alto, pur apprezzando il mio lavoro;

5) trovarsi bene con il sistema sanitario nazionale ed i medici in generale è questione di fortuna, geografia e denaro. 
Ci sono ospedali migliori e peggiori, come pure medici più competenti e meno competenti e se non hai mezzi economici e aiuto per trovare la struttura ed il medico giusto, può capitare che le prescrizioni mediche e le diagnosi siano sbagliate e apportino più danni che benefici.
Io nel complesso sono stata fortunata ma...chi non lo è altrettanto?
Molto funziona, però non basta. Con il livello di tassazione italiano, il c.d. sistema sanitario nazionale non può essere così disomogeneo e frammentario, npn è giusto;

6) "la necessità aguzza l'ingegno" è un detto che ha molto più di un fondo di verità. 
Ad esempio, io usavo la sedia con le rotelle da scrivania per portare i gemelli in giro per casa e cavarmela da sola.
Il solo problema è che non sai cosa ti servirà prima di averne bisogno. Però gli essere umani sono davvero intelligenti e possono molto se costretti, quindi..abbiate fiducia, una soluzione si trova;

7) Io sono forte. E capace. Talmente forte e capace da riuscire a sorridere e scherzare anzichè esprimere dolore, mentre aspetto i soccorsi e i nonni, per non far preoccupare mio figlio; da rimanere sola in casa durante i giorni feriali della settimana con un ginocchio immobilizzato, due stampelle e tre figli, di cui due ancora incapaci di camminare; da affrontare fisioterapia, difficoltà e visite pensando positivo; da ripartire sempre.
Non così forte da riuscire a dimenticare, però; non abbastanza da riuscire sempre a trattennere le lacrime ripensando ai mesi difficili che ho trascorso in passato.
Ho capito che sono forte e capace. Però certe volte esserlo è sbagliato, perchè poi rischi di metterci il triplo ad elaborare gli eventi e di trascinarti lo sconforto per troppo tempo. E questo non fa bene.

Comunque, caro ginocchio, in primavera voglio provare a correre e pedalare e, non appena possibile, tornare a sciare!



lunedì 25 settembre 2017

Il mio parto gemellare

Attenzione: post lungo e ad alto contenuto emotivo, ma a finale lieto!

Oggi, a tre mesi da quel 23 giugno che ha cambiato la nostra famiglia, mentre la piccola dorme dopo la prima poppata del mattino ed il piccolo inizia dare segni di risveglio, mentre la caffettiera grande (il primo caffè è sempre doppio!) è sul fuoco, vi voglio raccontare il mio parto, partendo dal ricovero.

La gravidanza sembrava andare a gonfie vele, a parte la stanchezza che a maggio ormai si faceva sentire, decisamente più che per quanto accaduto con il ricciolino, nonostante gli integratori di ferro e l’aumento di peso contenuto.
In effetti, negli ultimi giorni di maggio, avevo intuito che qualche cosa non andava, ma ne’ la mia ginecologa ne’ i medici dell’ospedale di Aosta, sembravano preoccupati e d’altra parte, l’ambulatorio per le gravidanza gemellari di Torino, contattato telefonicamente, continuava a rispondermi che le gemellari bicoriali e biamniotiche, come la mia, non le seguivano, non essendo di per sè a rischio ed avendo loro già molti pazienti,  ameno che non vi fossero problemi particolari.
Poi, pochi giorni dopo, mentre ero in ufficio, iniziano contrazioni persistenti. Sono solo alla 31 settimana per cui, dopo qualche ora, chiamo l’ostetrica del vicino poliambulatorio, che mi invita ad andare subito al pronto soccorso.
Vado a Torino, dove passo il pomeriggio e parte della sera: mi dicono che il collo dell’utero è accorciato ma in modo tutto sommato normale, che non sono contrazioni serie, che i flussi dei cordoni ombelicali sono a posto ma non l’accrescimento del maschietto: non è cresciuto per nulla dall’ultima eco (fatta ad Aosta meno di un mese prima, in cui mi avevano segnalato che uno dei gemelli era più piccolo dell’altro ma non c’era da preoccuparsi perché accadeva spesso).
Il dottore aggiunge che può essere sintomo di una grave malformazione (quale? Nessuna risposta, o meglio: “se avesse fatto l’amniocentesi lo sapremmo!”) oppure di un problema al cordone ombelicale o ancora, assolutamente nulla.
“Bisogna attendere almeno 15 giorni per una nuova misurazione e poi si vedrà”.
Nel frattempo devo stare a riposo (ma non a letto) e prendere il Buscopan.
Un doccia gelata. 
Fortunatamente i giorni passano, nonostante le contrazioni continuino.
Torno a Torino a 33 settimane per l’eco di accrescimento: ancora nessuna crescita del maschietto e anche la femminuccia è cresciuta sotto il minimo percentile.
Mi invitano a prenotare una visita all’ambulatorio delle gravidanze gemellari e, quando faccio presente che ho telefonato ripetutamente senza esito, mi suggeriscono involontariamente una scorciatoia, ovvero di iniziare ad andare all’ambulatorio "day service", per il “bilancio di salute pre parto”, ad accesso libero.
Era il giorno della recita di fine anno alla materna del ricciolino, il giorno successivo al mio compleanno e mi accompagnava mia madre.
Siamo tornati in fretta da Torino per assistere alla fine dello spettacolo, anche se mi veniva da piangere dalla preoccupazione, oltre che dalla commozione per il mio ometto.

Tre giorni dopo sono all'ambulatorio "day service" e parlo con una ginecologa premurosa che coglie al volo la situazione, telefona direttamente ad una collega della gemellare e mi prenota d’urgenza per il pomeriggio stesso.
Per farla breve, finalmente mi considerano abbastanza a rischio e vengo inserita nel circuito ospedaliero: nonostante l'arresto di crescita i bambini non sono in sofferenza e mi rimandano a casa con appuntamento a due giorni dopo.
Sono a 34 settimane, mi ricoverano e fanno la terapia cortisonica per i polmoni.
Sono giorni di ansia e attesa, di caldo insopportabile, travagli in camera e nostalgia del ricciolino e di casa, di monitoraggi continui, assenza di privacy e insonnia, dieta monotona e insipida e peso invariato. 
Mia madre è sempre al mio fianco.
Poi, il 22 giugno, nuova eco: crescita invariata per il maschietto e anche la femminuccia è cresciuta ben al di sotto della media.
A questo punto, mi dicono che a breve mi indurranno il parto.
Già sapevo, dal ricovero, che sarebbe stato vaginale (i bambini sono entrambi cefalici) - e a me va benissimo, perchè non vedo motivo di rischiare un taglio - e senza possibilità di spinale o epidurale, neppure in caso di taglio d'urgenza.
Essendoci già passata, nonostante le storie terribili di travaglio ed induzione a cui ho assistito e che ho mio malgrado sentito durante il ricovero, sono relativamente tranquilla.

Finalmente, venerdì 23 nel primo pomeriggio partono con l’induzione, avvisandomi che in genere ci vogliono dalle 12 alle 24 ore per partorire.
Sono a 35 settimane.
Avviso l’Alpmarito perché rientri dal lavoro all’estero senza però mettergli fretta, viste le previsioni.
Trascorrono sei ore ma solo nelle ultime due inizio ad avvertire contrazioni, molto ravvicinate ma che non mi impediscono di passeggiare, parlare e stare sotto la doccia. Rompo le acque.
Visita: nessuna dilatazione
Torno in camera e dopo pochissimo le contrazioni diventano ravvicinate e forti, sento che devo partorire subito.
Avviso l’ostetrica che inizialmente non mi crede, in fondo mi ha visitato dieci minuti prima e non c’era alcuna dilatazione. Frattanto, appena in tempo, arriva l’Alpmarito.
Io insisto che secondo me è il momento della fase espulsiva ed infatti: dilatazione completa in 15 minuti!
Corsa in barella fino alla sala parto e mentre arrivano anche il primario e il neonatologo e l’ostetrica indossa il camice, in nove minuti nascono entrambi i gemelli.

Tuttavia, a causa di una forte emoraggia, ho appena il tempo di vedere i bambini in braccio al papà e sentire il conto delle perdite ematiche ad alta voce (angosciante!!!), che l’anestesista mi addormenta.
Mi risveglio che è già mattina, ancora in sala parto. 

E' andato tutto bene ma la paura è stata tantissima, per me in primis, ma anche per l'Alpmarito e mia madre, che attendevano fuori senza veder più uscire i medici.
I viaggi a Torino, le mille telefonate per riuscire a prenotare una visita, la fatica del ricovero e la paura in sala parto, acquistano senso. 
Se non fosse stata lì, chissà ora come staremmo, noi tre.

Il pomeriggio mi portano in camera la piccola, dopo una notte in culla termica e i controlli del caso, con tanto di biberon, perché non devo muovermi e in quel momento non mi passa neppure per la testa di provare ad allattare.
Il mio piccolo posso vederlo solo il giorno ancora successivo, quando finalmente posso alzarmi dal letto e salire in terapia intensiva neonatale.
E vedendolo in incubatrice, piango.






mercoledì 19 aprile 2017

Vaccino contro la meningococco B: la nostra esperienza.

Io sono una di quelle mamme che, pur vivendo con terrore la notte prima ed il giorno delle vaccinazioni (poichè sono cosciente che, per quanto minimo, il rischio di una reazione allergica esiste sempre), non ha mai avuto alcun dubbio sul "se" vaccinare il proprio figlio.

Qui avevo spiegato la mia posizione al riguardo (esternando nello stesso tempo i miei timori di neomamma).

Il ricciolino ha fatto tutte le vaccinazioni (ed i richiami fino ad ora richiesti) offerte dal piano vaccinale della Regione in cui viviamo, sia quelle classificate come "obbligatorie" (che poi tali nella realtà non sono, come orami sanno tutti), sia quelle solo consigliate.

So perfettamente che non posso proteggere mio figlio da ogni rischio, come ovviamente vorrei: ci sono troppe variabili che sfuggono al controllo di ciascuno di noi, per quanto genitori attenti possiamo essere.
Non esistono strumenti di protezione, per alcuni rischi.
Per altri, invece, sì.
E se posso eliminare o, perlomeno, ridurre le possibilità che capiti qualcosa di male a mio figlio, io cerco di farlo: per questo in bici o in pattini insisto perchè indossi il casco anche in cortile, per questo non ho mai sgarrato sull'uso del seggiolino auto e non ho lesinato sulla scelta dello stesso, per questo ho scelto di vaccinare mio figlio.

Da qualche anno (se non sbaglio il 2014) è disponibile anche in Italia il vaccino contro il meningococco B, ovvero quello volto a prevenire la meningite meningococcica di tipo B, una forma di meningite causata dal batterio Neisseria meningitidis (o meningococco). 
I sierogruppi di meningococco finora identificati sono 12, di cui 5 (A, B, C, W135 e Y) sono responsabili della quasi totalità delle meningiti meningococciche.
In particolare, la meningite di tipo B è la forma più frequente di meningite in Europa, Italia compresa, Australia e Canada e colpisce soprattutto i bambini piccoli e gli adolescenti.
Pur se non frequente, è una malattia gravissima.

Ebbene. Dopo essermi documentata ed aver chiesto il parere di tre pediatri, ho deciso di vaccinare il ricciolino e di farlo il prima possibile, sia per garantirgli ampia copertura sia per evitare di dimenticarmente in futuro, presa dalla nascita dei gemelli, o di esporre al rischio i fratellini quando sono ancora molto piccoli.
Tanto più che il vaccino contro il meningococco B, stando alle notizie riportate dai media, dovrebbe rientrare nel piano vaccinale, in modo gratuito, per tutti i nuovi nati dal primo gennaio 2017, in tutta Italia. 

Per gli altri, al momento, è possibile solo su richiesta, con numero di dosi diverse a secondo dell'età del vaccinato e a pagamento, con l'eccezione di alcune illuminate Regioni d'Italia.
Perchè il nostro paese è uno Stato solo quando si tratta di riscuotere tasse da Roma o di tifare la nazionale di calcio, non quando si tratta di offrire servizi o uniformità di trattamento (perdonate la vena polemica) nell'interesse dei cittadini.

Nel nostro caso, arrivare alla vaccinazione ha richiesto una buona dose di determinazione: telefonate e colloqui con la pediatra, il centro vaccinale regionale, il personale preposto alla vaccinazione presso gli ambulatori locali, le farmacie locali.
Dopo due anni di rimbalzi e rinvii, risposte evasive e promesse di essere richiamata, ho gettato la spugna e cambiato Regione.
La mia indignazione, a distanza di mesi, non si è ancora placata, soprattutto dinannanzi alle pubblicità che invitano alle vaccinazioni ed alla propaganda sull'ottimo servizio sanitario nazionale di cui disponiamo: a quanto pare, infatti, il diritto alla salute dipende ancora dalle condizioni economiche e dal luogo di nascita.
A 3 km di distanza, è bastata una sola telefonata per avere i due appuntamenti, peraltro il primo a neppure un mese, e riuscire a vaccinare il ricciolino.

Il costo non è stato trascurabile ma, con un figlio solo e considerando che si tratta di salute, sostenibile: due dosi a distanza di due mesi, ticket di 89,34 per la prima, 73,34 Euro la seconda, con tanto di visite del pediatra dell'asl di zona appena prima dell'iniezione per verificare che gola, orecchie e temperatura fossero a posto e dunque non vi fossero evidenti malattie in corso.

Il ricciolino non ha avuto febbre. La prima volta, con vaccino fatto la mattina alle 8,30, la sera era semplicemente più stanco del solito e si è addormentato un'ora prima, poi nei tre giorni successivi ha lamentato male al braccio dove è stata praticata l'iniezione, ma senza edemi o rossori.

Al richiamo, neppure una particolare stanchezza, solo il dolore al braccio dalla sera e, decrescente, nei tre giorni successivi.

Insomma, certamente un fastidio ma nulla di preoccupante!

Va aggiunto, ad onor di cronaca, che non è ancora certo che il nuovo vaccino sarà in grado di proteggere per tutta la vita i vaccinati, però a me qualche decennio di copertura (peraltro quelli più a rischio) sembrano meglio di nulla.

Terminata la gravidanza, anche io e l'Alpmarito abbiamo in  programma di richiedere le vaccinazioni, sia contro il meningococco B, sia contro gli altri ceppi, per i quali durante la nostra infanzia non era ancora offerta la copertura.

E voi? Avete vaccinato contro il meningococco B o avete intenzione di farlo? Se sì, quale è stata la vostra esperienza?





 


lunedì 12 settembre 2016

Quattro ore mamma e figlia, tra relax e risate alle terme.

Questa mattina sono stata mamma.
Mentre accompagnavo il ricciolino al suo primo giorno dell'ultimo anno di materna.
Mentre ricacciavo indientro le lacrime, vedendo il ricciolino sperso e timido, nel salone di una scuola che già conosce ma in cui mancano i suoi amici di sempre.
Mentre chiedevo ai genitori dei suoi amichetti più grandi come era stato accompagnarli alle elementari, già temendo il cambiamento che ci aspetta il prossimo anno.
Poi sono tornata donna lavoratrice, entrando in studio.

Ora, voglio ricordare il mio essere anche, sempre e comunque, una figlia.
E lo faccio raccontandovi una mezza giornata insieme, solo io e lei, la mamma, a coccolarci e godere di quella serena complicità che, forse, si conquista solo crescendo.

Quest'estate, in un sabato di tempo incerto e minacciante pioggia, io e mia madre ci siamo regalate quattro ore speciali, da trascorrere in relax solo io e lei.

Siamo state alle terme di Champoluc, ai piedi del Monte Rosa, in Val d'Ayas (AO), a circa un'ora e mezza da casa.
Era da tanto che non stavamo insieme da sole, per cui anche il "viaggio" in auto è stato un piacere.
Abbiamo chiaccherato molto e guardato il paesaggio, facendo progetti per altri momenti insieme.

Nessuna di noi due era mai stata nella struttura, infatti nuovissima, anche se per me era la seconda volta alle terme.
Era tanto che evitavo di andarci, per paura di soffrire di nostalgia.
La volta precedente, infatti, era stato con la mia amica F., a Prè Saint Didier (AO): ci eravamo divertite tantissimo ed eravamo state davvero molto bene insieme. Purtroppo, non c'era più stato modo di replicare, prima per la mia gravidanza e poi per la sua malattia. Ancora adesso, è uno dei ricordi più belli di momenti trascorsi insieme e di lei che conservo nel cuore.

Per fortuna, però, ho retto bene l'emozione e, concentrandomi su mia madre e sul nostro stare insieme, mi sono divertita e rilassata tantissimo.



Abbiamo fatto l'ingresso piscina & benessere, approfittando dell'assenza del ricciolino biondo (l'area benessere è vietata ai minori di anni 14 e soltano due piscine sono accessibili ai bambini (quella ludico-sportiva, che prosegue all'esterno e quella "bimbi"), godendo appieno della compagnia reciproca, degli idromassaggi (compreso quello esterno, piccolo ma poetico) dell'acqua salata della vasca marina e dell'acqua calda di tutte le vasche, ridendo e scherzando, di noi, tra noi e con altri ospiti della struttura.



Prese dal desiderio di esplorare e provare tutte le possibilità, nelle aree relax siamo state poco, giusto il tempo di bere e mangiare i biscottini, passando dai due bagni turchi alle saune, dalla vasca idromassaggio alle diverse piscine, evitando solo la "vasca di reazione" con acqua a 5° gradi che farà pur bene agli scandinavi ma per me significa tonsillite assicurata!


Alla fine, le quattro ore sono trascorse in fretta ma, nello stesso tempo, sono state sufficienti per apprezzare la pausa e rilassarsi davvero.
Essendo entrate a cavallo del pranzo, abbiamo anche mangiato approfittato del buffet interno (compreso nel prezzo), trovandoci bene: veramente variegato ed abbondante.

Quando siamo uscite erano solo le due del pomeriggio ma a me sembrava fosse trascora una giornata intera!
Il cielo nel frattempo si era fatto scuro e la temperatura era scesa e noi eravamo pronte per tornare a casa e, nel mio caso, preparare le valigie...


Il ricciolino biondo è mancato ad entrambe e mi sono ripromessa di portarlo quest'inverno, dopo un bel giro con gli sci di fondo, però nello stesso tempo sono stata felice di poter vivere quattro ore pensando solo a me stessa ed a mia madre, coccolandoci con le bolle, lo scrub con il sale e ridendo di battute tutte nostre, sentendo quella complicità che, forse, è tipica di mamme e figlie orami cresciute che a volte ancora si scontrano ma comunque si riconoscono un pò l'una nell'altra e si vogliono bene.
Ogni tanto ci vuole proprio!

N.B. Non sto a descrivere le terme di Champoluc, perchè non è questo lo scopo del post, che non è sponsorizzato, e comunque potete trovare tutte le informazioni e le foto sul sito.
Ci tengo, però, a dirvi che a noi sono sembrate pulitissime e ben organizzate e che quattro ore di permanenza ci sono sembrate l'ideale, senza bambini e con la pausa pranzo. Se invece ci andate lontano dai pasti e senza ingresso all'area benessere perchè con i bimbi, credo che tre ore (il minimo) siano già più che sufficienti, a meno di non voler rimanere nel solarium a prendere il sole. 
Infine, il buffet era adatto anche ai bimbi già svezzati, perchè c'era, ad esempio, la pasta fredda al pomodoro, biscotti, yogurt, grissini, tanta frutta e alcune verdure cotte. Mio figlio non sarebbe morto di fame, insomma. Per esigenze diverse, c'è comunque il bar interno che prepara anche piatti e interi menu'.
Poco lontano dall'ingresso, c'è un gran parco giochi. 



Se alloggiate o mangiate in zona, sappiate  che alcuni ristoratori e albergatori potranno rilasciarvi un coupon per godere di sconti all'ingresso. Chiedete.
Infine, ricordatevi la cuffia!