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giovedì 22 ottobre 2015

Insegnamento della seconda e terza lingua alla scuola dell'infanzia. Riflessioni di una madre perplessa.


Qualche giorno fa c'è stata la seconda riunione scolastica dell'anno, quella dedicata alla programmazione.


Ho così scoperto, innanzi tutto, che quest'anno, pare per via dei tagli finanziari al comparto scuola (ma non ho maggiori dettagli per capire a che livello siano stati operati questi tagli, nè, soprattutto, cosa vi sia di vero in questa motivazione), le assenze delle maestre non saranno coperte da sostituti, come accadeva fino allo scorso anno.

Le maestre rimanenti dovranno "farsi carico" anche del lavoro dell'assente, modificando la prorpia programmazione.

Le insegnanti lo hanno spiegato ai genitori, poichè è successo, già ad inizio anno, che due o tre di loro fossero assenti per corsi di aggiornamento (il che mi lascia già da sè perplessa: in orario scolastico, durante giorni di lavoro "standard"?), con conseguente "fusione" delle classi e gioco libero, puntualmente riferita a casa dai bambini.

Io e le altre mamme ci siamo limitate a chiederci se dovremo aspettare incidenti gravi, prima che si capisca che bimbi di 3-5 anni non possono essere lasciati senza adeguato controllo.
Io, poi, mi chiedo se per i nostri amminitratori la scuola dell'infanzia non sia altro che un "parcheggio" per i bambini, una specie di parco giochi al coperto in cui farli sfogare, anzichè un luogo di crescita, educazione e apprendimento, seppur commisurato all'età.

Ed ecco la seconda scoperta: un sondaggio scritto per capire se la maggioranze delle famiglie erano disponibili a sobbarcarsi un costo aggiuntivo una tantum per potenziare l'insegnamento del francese.

Premetto che viviamo in Valle d'Aosta, le insegnanti per legge devono dare un esame di conoscenza della lingua francese scritta e orale e dovrebbe vigere il bilinguismo nelle scuole e nelle istituzioni. 
Di fatto lo è sempre meno, per vari motivi, fra cui io contemplo anche la scarsa volontà di alcune (fortunatamente non tutte) insegnanti, spesso non adeguatamente preparate e poco consapevoli dell'arricchimento culturale che può consentire il bilinguismo, salvo poi la prontezza nell'incassare l'indennità di bilinguismo mensile in stipendio, ovviamente.

Dunque, il francese è la prima "seconda lingua" o, almeno, dovrebbe esserlo, che piaccia o no.

Tanto premesso, sappiate che l'esborso richiesto alle famiglie era:  4 Euro.
4, non 40, non 14.
Una tantum, ad alunno. 

E in che cosa consisterebbe il "potenziamento" dell'insegnamento? 
Un corso di teatro più spettacolo di una compagnia madrelingua francese, in quattro mezze giornate.
QUATTRO MEZZE GIORNATE, in un anno.

I fondi pubblici per questa attività ? Eh no, la scuola li ha usati per un altro progetto:
 un corso di inglese di 20 lezioni da un'ora, con un insegnante.

Ripeto: 1 insegnante, 46 bambini, 20 ore in un anno.

Questo, pare, per venire incontro alle richieste dei genitori di insegnare l'inglese fin dalla scuola dell'infanzia.

Ora, io mi chiedo: è questo che si intende per bilinguismo e potenziamento? Un corso di 4 ore per 4 volte ? Non si potrebbe fare tutte le settimane ? Costerebbe davvero tanto di più ? Serve a qualche cosa potenziare così?
E, soprattutto, prima di attivarlo dobbiamo chiedere il permesso per 4 Euro ???
No, perchè faccio notare che ogni gita sono 3/4 euro, per la castagnata bisogna portare castagne e fascine, per le festicciole di Natale e Carnevale cibo e bibite più offerte per acquistare lavoretti vari ecc. e nessuno chiede il permesso della maggioranza dei genitori e per questo è necessario chiederlo ?

E ancora: lo Stato non può pagare 20 lezioni da un'ora all'anno + 4 Euro a bimbo ?
A quale ridicola cifra ammontano gli stanziamenti ?

Infine: ma c'è qualche genitore che davvero pensa che 20 ore in un anno in cui ti insegnano una canzoncina o qualche parola in inglese faranno la differenza nel futuro dei loro figli ?
Non è meglio una sola lingua straniera, quale che sia, ma fatta per la metà dell'orario scolastico o quasi ?

Sì, esistono. E io non so cosa pensare.
Tra l'altro, forse non si rendono conto che mentre ovunque proliferano istituti e corsi di insegnamento dell'inglese, summer camp, vacanze studio in Inghilterra, cartoni in inglese ecc., di occasioni per imparare il francese (o lo sloveno in Friuli o il tedesco in Alto Adige), non ce ne sono altrettante e questa TERZA lingua per i nostri figli potrebbe fare la differenza tra trovare un lavoro o no, nel futuro, tra potersi trasferire all'estero o n.
E ciò senza contare il bagaglio socio-culturale di cui la lingua è veicolo, nelle regioni a Statuto Speciale.

Non che sia contraria alle lingue, nel caso non si fosse capito. Fosse per me, la scuola dovrebbe svolgere tutti i propri insegnamenti per metà in italiano, per un quarto in inglese e per l'altro quarto in un'altra seconda lingua, o qualche cosa di simile, con continuità e coerenza.
Queste iniziative sono lodevoli e certamente sono meglio del nulla o del disinteresse totale.

Solo che, se questa, una scuola dell'infanzia in regione a statuto speciale in cui per fare quattro incontri con madrelingua francesi devi chiedere il permesso ai genitori e l'inglese è previsto per 20 ore all'anno, è la "scuola del futuro" e se piace ad alcuno/la maggioranza dei genitori, conferma tutte le mie peggiori aspettative sulla direzione intrapresa.


Avvertenza: in questo post esprimo le mie personali opinioni di persona e genitore, peraltro non laureata in lingue straniere o scienze della formazione/educazione.
Il confronto, anche acceso, purchè educato, è cercato ed apprezzato.


giovedì 11 giugno 2015

Bilinguismo, errori grammaticali, giochi di parole...l'italiano a tre anni e mezzo!!


Il significato delle parole.
Ieri, in auto, guardando l'auto davanti a noi.
Il ricciolino biondo: "Mamma, ma quella macchina è elettrica !"
Io: "Elettrica ? E perchè"
Il ricciolino: "perchè va da sola, non la guida nessuno, come il cancello!!!" (quello elettrico, appunto, di casa della nonna).

A cena, a tavola.
Il papà al ricciolino biondo: "Vuoi del pane ? E' fresco!"
Il ricciolino: "Ma del frigo ?? Io non ho caldo!"

Libere traduzioni ed incidenti sul percorso del bilinguismo.
Vado a prenderlo a scuola. Tira fuori dall'armadietto un disegno quadrato pieno di linee colorate.
Io: "Bello! Che cos'è?"
Il ricciolino: " La mia nappa del tesoro!"

"Nappe" (la e finale non si legge) = tovaglia in francese.

Ieri sera, vado in camera e lo vedo giocare.
Ha un carro attrezzi giocattolo, al cui "uncino" si è fatto legare un cappio di corda.
Attacca all'uncino un pupazzo per volta, lo tira fino ad un mucchio e lo sgancia.
Io: "A cosa giochi?"
Il ricciolino: "Sono il carro attrezzi che porta le macchina a rugginire in tanti pezzettini!"

Verbi, difficilissimi verbi
Il ricciolino a me ed all'Alpmarito: "Oggi il capo sono io. Voi facete i bravi!"
E ancora, l'immancabile: "Ho aprito io!"

venerdì 6 giugno 2014

Un libro, uno spettacolo. "Piripu' Bibi!"

Giovedì scorso ricevo la telefonata inattesa di un'amica (una di quelle con la A maiuscola) che mi propone di portare i nostri bimbi (il nano e la sua bimba, coetanei) a Teatro, nella mia città, domenica.
C'è uno spettacolo tutto per loro in lingua Piripu'. Non capisco. Lei non ne sa molto ma dice che sembra interessante e divertente. Ovviamente mi fido, anche perché mi basta l'idea di trascorrere qualche ora insieme, e accetto subito.
Sarà la prima volta a teatro per il nano e ho un po' timore che possa non piacergli ma mi dico che se è pensato per i bimbi dai 2 anni in su, porteranno pazienza: abbiamo visto uno spettacolo di Pippi Calzelunghe con una attrice sola, bravissima, in biblioteca qualche tempo fa ma chiaramente l'ambiente era diverso, per il nano la storia era ancora troppo difficile da seguire e lo spazio eccessivamente affollato.
Il teatro G., invece, e' ampio ma accogliente.
Domenica arriviamo all'appuntamento trafelati, un po' in ritardo come al solito, ma tanto c'è ancora un po' da attendere. Mi stupisce e rincuora vedere tante famiglie con bimbi di ogni età così felici di poter assistere!
Poi i bimbi vengono fatti salire sul palco, perché lo spettacolo e' allestito e pensato per loro, mentre i genitori possono rimanere in platea.
Mentre la bimba della mia amica si lancia senza timore e, da seduta nel cerchio più esterno, alla fine dello spettacolo e' praticamente in prima fila che balla, il nano preferisce rimanere tra le mie braccia la maggior parte del tempo, salvo un paio di capatine sul palco. Va bene così, e' un bimbo a carburazione lenta e già lo prevedevo e comunque segue con attenzione lo spettacolo quasi fino alla fine (quando si mette a esplorare la sala e giocare con le macchinine ed un altro bimbo appena più piccolo, tra l'altro anche suo cuginetto, tra le sedie, senza però disturbare).
La scena e' una bella foresta di alberi di legno, i protagonisti burattini colorati che si muovono tra lenzuola bianche che creano giochi di ombre, le "attrici" che li manovrano molto brave, la narrazione semplice, anche se la lingua e' tutta inventata e io non capisco molto dalle parole, il risultato e' molto carino e piace a tutti i bimbi, soprattutto ai nostri!
Fuori, infatti non manchiamo di comperare uno dei tre libri della collana in lingua Piripu' da cui è tratto lo spettacolo, ovviamente lo stesso per entrambi, quello con il viola in copertina (la Bimba ha gusti precisi ed il nano la imita ammirato, anche perché il viola non gli dispiace affatto!).."Rulba Rulba!" di Emanuela Bussolati

E poi si avviano, piccoli lettori in crescita...

 Un gelato, giochi, chiacchiere, una passeggiata e il pomeriggio scorre via così, allegro e sereno, come i nostri bimbi, come la mia amica. Grazie!
La collana, Carthusia Edizioni, e' al momento composta di tre albi illustrati ideati e scritti da Emanuela Bussolati e pensati per la lettura genitori e figli, in una lingua "....adatta a fare le voci", a sussurrare o borbottare, a strozzare gli occhi e aggrottare le sopracciglia...una lingua speciale fatta di attenzione, di affetto e di voglia di mettersi in gioco..", come spiega la stessa autrice.
Ed e' davvero così!
All'inizio ammetto di essere rimasta molto spiazzata e di non aver ancora compreso appieno il significato di alcune parole però al nano piace molto e questa settimana se lo è fatto leggere in continuazione, rispondendo alla mia sciocca domanda: "secondo te, cosa significa: " Pole pole!", con l'ovvia risposta: "Mamma, pole pole, no? io capisco!"
Come a dire, da bravo bilinguista, che le lingue non vanno tradotte, ma comprese per come sono.

Gli altri titoli sono "Tarari' tararera....", Super Premio Andersen 2010 - Libro dell'anno, e "Badabum", prezzo Euro 14,90.

Con questo post partecipo al Venerdì del Libro di Home Made Mamma.

venerdì 18 aprile 2014

Di bilinguismo e sviluppo del linguaggio

Durante l'attesa del nano, l'Alpmarito ed io abbiamo deciso di provare a crescere nostro figlio bilingue italiano - francese o, almeno, di provarci.
Viviamo in una Regiona a Statuto Speciale che, almeno in teoria, prevede due lingue ufficiali, in cui il francese dovrebbe essere insegnato a scuola quasi al pari dell'italiano e in cui devi superare esami di lingua per poter accedere a qualunque impiego pubblico.
Uno dei dialetti locali, poi, e' davvero molto simile al francese.
Mio marito e' quindi cresciuto imparando il francese molto bene e, da adulto, questa conoscenza e' tornata utile sul lavoro (oltre che in viaggio).
Purtroppo, però, osservando i nostri nipotini ci siamo resi conto che l'insegnamento del francese nelle scuole sta diventando sempre meno naturale e approfondito, sempre più trascurato.
Così, per rafforzare questa conoscenza, abbiamo deciso che l'Alpmarito parlasse al nano solo in francese fin dalla nascita, pur senza pretendere una risposta nella stessa lingua e senza forzarlo, con l'idea di fargli apprendere almeno i suoni e la pronuncia caratteristici del francese.
Sino ad ora non abbiamo mollato, anche se quando ci spostiamo nel resto d'Italia non tutti comprendono il perché di questa scelta (qui, per fortuna, le critiche sono state pochissime, anche perché tendiamo,ente il francese e' compreso e nessuno si sente escluso dalle conversazioni), agevolati dall'abbondanza di libri in francese nelle biblioteche e libreria (compresa quella del nido), supportati da cartoni appositamente comprati in francese, da una maestra del nido e da filastrocche e ninna nanne in lingua che fanno parte dell'infanzia dell'Alpmarito e del patrimonio linguistico dei suoceri.
I dubbi, però non mancano.

Così, quando ho letto questa recensione di Paola, ho pensato che il libro facesse al caso mio e mi sono messa alla ricerca dela saggio:
"Il bambino bilingue. Crescere parlando più di una lingua." di Barbara Abdelilah-Bauer (Raffaello Cortina Editore, pag. 142, Euro 16,00



Nell'introduzione, l'autrice spiega che: "Quanto si parla di lingua, si parla di comunicare con gli altri e di parlare di se'....Ma (la lingua) e' anche fonte di ricchezza, perché la padronanza di due lingue amplia le frontiere e il mondo si allarga di conseguenza.Per dirla come il pedagogista Rudolf Steiner, 'ogni lingua dice il mondo a modo suo. Ciascuno edifica mondi e anti- mondi a modo suo. Il poliglotta e' un uomo più libero.' Ciò non toglie che questa libertà possa essere percepita dalla maggioranza monolingue come una 'devianza'...Questo libro non pretende di cambiare la mentalità ma si fa carico di combattere i luoghi comuni che circondano il bilinguismo e di sostenere i genitori nel nobile compito di trasmettere l'eredità culturale e linguistica."
In effetti il saggio, abbastanza breve, chiaro e sempre interessante, mette in guardia su numerosi luoghi comuni, errori educativi e, soprattutto, sulla abitudine di giudicare lo sviluppo linguistico e l'intelligenza dei bambini bi o plurilingue, con test pensati e creati per monolingui.
L'autrice spiega, ad esempio, che essendo funzione e senso stesso delle lingue quello di consentire la comunicazione con altri membri della stessa comunità, il livello di conoscenza andrebbe valutato con parametri che misurino l'effettivo competenza comunicativa e non soltanto il quantitativo di espressioni o vocaboli conosciuti ed utilizzati. Quando lo si fa, si scopre che se è vero che un bambino monolingue conosce meno vocaboli in una lingua rispetto al monolingue alla stessa età, e' però altrettanto vero che ne conosce un numero pari a questa differenza nell'altra lingua e, soprattutto, che riesce a comunicare efficacemente in entrambe le lingue: dunque, il suo sviluppo e' assolutamente uguale!
"Il solo confronto possibile con i monolingue e' quello che avviene sulla base della competenza comunicativa. Il bilingue e', non meno che il monolingue, un essere comunicante e come tale deve sviluppare una competenza comunicativa uguale a quella del monolingue.......Il bilinguismo non e' semplicemente una giustapposizione di due competenze linguistiche, ma piuttosto uno stato particolare di competenza linguistica che non si può valutare nei termini della norma monolingue."


Che poi a pensarci, in Italia siamo già in gran parte bilingui o lo siamo stati per generazioni: molti dialetti sono delle vere e proprie lingue e tantissimi bambini sono cresciuti parlando italiano a scuola ed il dialetto a casa o con gli amici, quando non più di un dialetto (materno o paterno oppure uno a casa e uno a scuola)...eppure mica hanno avuto, per questo, problemi scolastici!

Due interessantissimi capitoli sono dedicati al meccanismo di sviluppo delle lingue nelle persone e al "diventare bilingui" , affrontando temi come i pregiudizi e preconcetti sul bilinguismo, l'identità culturale, lo sviluppo intellettivo e gli effetti del bilinguismo, prosegue con l'analisi del bilinguismo precoce simultaneo (dalla nascita ai tre anni), del bilinguismo precoce consecutivo (dai tre ai sei anni), del bilinguismo tardivo (dopo i sei anni), per terminare con un capitolo dedicato alle difficoltà di essere bilingue e di trasmettere il bilinguismo, soprattutto in ambienti socio - culturali ostili o se la lingua minore non gode di prestigio, ed uno incentrato sull'educazione del bambino monolingue nel quotidiano, portando esempi e casi, non certo elargendo semplicistici consigli.
Il tutto senza tralasciare riflessioni sui casi di bilinguismo "più forzato" o "di moda" e sulla scelta della seconda (o terza o quarta) lingua da trasmettere.
Manca, invece, un accenno a situazioni come quella della Regione in cui vivo o a paesi, come la Svizzera, in cui il bilinguismo e' una realtà di fatto. D'altro canto la mancanza e' comprensibile, visto che il libro e' incentrato sulle esperienze più vicine all'autrice, che vive in Francia.

Ho apprezzato, in compenso, l'approccio critico alle scelte "nazionaliste" del sistema scolastico francese e, in generale, alle teorie linguistiche succedutesi nel corso del tempo, spesso basate su studi di scarsa rilevanza.
Interessante, poi, le testimonianze vere di persone e genitori comuni raccolte dall'autrice e inserite in tutti i capitoli, nonché le riflessioni sociologiche e culturali, relative all'interazione tra lingua e appartenenza ad una comunità e tra ambiente socio- economico e apprendimento delle lingue.
"La lingua e' un elemento costituente della cultura e, allo stesso tempo, ne è vettore, Per cultura, intendiamo quell'insieme di pratiche, abitudini, tradizioni che caratterizzano una società o un gruppo sociale.
Ogni individuo appartiene a un gruppo con cui condivide la cultura e spesso la lingua....Una lingua non può esistere per conto suo, e' legata essenzialmente alla dimensione sociale, e' ciò che ci lega agli altri.
Parlare una lingua significa riferirsi a una visione del mondo, attingere a un fondo comune di significati, offerti al mondo da una comunità linguistica. Far propria una lingua, la lingua di un altro, da accesso a un'altra visione del mondo.Come diceva Georg Christoohe Lichtenber, un contemporaneo di Voltaire, 'conoscere una lingua a fondo significa conoscere a fondo il popolo che la parla.'....Il bambino che cresce con due lingue e in contatto con due comunità linguistiche scopre presto che le visioni del mondo sono tutte relative. Ha una consapevolezza delle differenze culturali che il monolingue non necessariamente possiede.
...sul piano cognitivo, il fatto di manipolare regolarmente due sistemi linguistici ha un effetti positivo su tutti gli apprendimenti. ..."

Leggere questi passi ha riportato alla memoria le riflessioni sorte spesso, durante i viaggi all'estero o la lettura di romanzi stranieri, sulla differenza ricchezza di vocabolario dei popoli, a seconda del luogo, abilmente e abitudini di vita. Ad esempio, nelle lingue del Nord Europa esistono (o comunque vengono usati correntemente nel parlare comune) molti più vocaboli che in italiano per descrivere i vari tipi di ghiaccio e neve, così come ne esistono di più nel dialetto piemontese e valdostano che in italiano (almeno stando alla mia conoscenza).
"Lo status di una lingua e l'atteggiamento verso il bilinguismo sono fattori macro sociologici che condizionano, quindi, lo sviluppo del bilinguismo."
Come non accorgersi di quanto c'è di vero in questa affermazione, guardando ai tanti immigrati nel nostro Paese?
Ciò che più mi ha impressionato, comunque, e' stato scoprire con quanta facilità le lingue vengono dimenticate, quando cessano di servire all'uso cui sono destinate: comunicare!
Per contro, mi hanno rincuorato le conclusioni dell'autrice sull'utilità dell'apprendimento di una seconda lingua in tenera età.

"Un altro vantaggio del bilinguismo e' la capacità di riflessione sulla lingua, Questa coscienza metalinguistica si manifesta più precocemente nel bambino bilingue che nel monolingue.
Dover organizzare il proprio linguaggio, molto presto, in due sistemi distinti, ha per conseguenza la capacità del bambino di vedere l'arbitrarietà delle parole e di sperare parole e significati.
Queste capacità sono condizioni necessarie all'apprendimento della lettura, e il bambino bilingue le acquisisce prima che il monolingue...."

"Nel breve periodo, il ritmo di acquisizione della seconda lingua e' tanto più rapido quanto più la lingua materna comincia ad essere elaborata. Ma dopo il periodo iniziale, di uno o due anni, sono i più giovani che fanno passi più lunghi, rispetto ai bambini più grandi. Quindi, più l'apprendimento si prolunga, più crescono i vantaggi per il bambino che abbia cominciato molto presto. E' lui che svilupperà la seconda lingua fino a un livello elevato; invece, dopo un inizio promettente, le acquisizioni dei bambini che apprendono essendo un po' più grandi difficilmente si evolveranno.
Notiamo che l'apprendimento precoce - prima dei 7/8 anni - di una seconda lingua, più di ogni altra cosa, e' un'impresa a lungo termine, nella quale i risultati "udibili" si faranno attendere."
 
Perché non è sempre facile perseverare e leggere che non sarà mai fatica sprecata e' una bella iniezione di ottimismo!

Con questo post partecipo al venerdì del libro di Home Made Mamma (www.homemademamma.com).



venerdì 23 agosto 2013

Chi è, questo ragazzo?

Questo venerdì, un libro in francese: Qui c'est, c'è garçon ?
Premetto che e' l'Alpmarito il conoscitore del francese, in casa, ed e' lui che parla questa lingua con il nano.
Io, però, nel mio piccolo sono riuscita, anni fa e studiando sodo, a passare l'esame di francese per i concorsi pubblici di livello impiegatizio in Valle d'Aosta e, con il tempo, la mia conoscenza della lingua scritta e' migliorata molto (la pronuncia, invece, rimane uno schifo!!!)
Ogni tanto mi fa piacere, quindi, leggere dei titoli francesi (oltre ai libri per bambini quando non c'è il papà).
Il romanzo di Nicole de Buron è esilarante, ironico, illuminante.
E' la storia di una madre "vecchio stile" alle prese con una figlia adolescente di "un'altra generazione", che parla di sesso, pillola e feste senza alcun imbarazzo ma non riesce a discutere di amore e sentimenti.
E' la storia di amori appena sbocciati, delle prime delusioni con l'altro sesso, delle interminabili ore al telefono a parlottare con le amiche...ma anche della vita di una mamma che lavora in casa, che sta crescendo due figlie femmine un po' ribelli, dell'educazione francese e del rapporto con il mondo della scuola, dei dubbi, delle paure e dei sensi di colpa che chiunque abbia un figlio conosce.
Mi sono ritrovata a tratti in queste due figlie calandomi, per lo spazio mentale ed il tempo della lettura, nei panni di mia madre, ho intuito quanto deve essere difficile vedere la tua bambina crescere e non riuscire a capire cosa le passa per la testa (ho cosa abbia da dire al telefono tutto il pomeriggio alle amiche lasciate cinque minuti prima a scuola...io ero UGUALE!)
E poi ho riso come una matta alle svolte impreviste del romanzo, come la rivelazione che la primogenita hippy che non crede nei titoli di studio e va a vivere da sola a 18 anni, vuole un matrimonio tradizionale in chiesa con abito bianco a bomboniera e tanto di cavallo e carrozza!
Inaspettato e un po' strana, invece, la figura del papà, dipinto come un bonaccione tutto lavoro e ingenuità che tra le pareti domestiche delega qualunque decisione alla moglie che, per quieto vivere, lo tiene praticamente all'oscuro di tutto: mi sembra più un papà italiano della scorsa generazione che uno francese, per come si vedono in giro!!
E la presa in giro dell'inefficenza del sistema scolastico statale francese? Non è la prima volta che ne leggo in romanzi in lingua originale...eppure all'estero lo nascondo bene!
In conclusione: consigliato, soprattutto per mamme di figlie adolescenti!!
Questo post partecipa al Venerdì del Libro di Home Made Mamma: www.homemademamma.com