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mercoledì 22 febbraio 2017

Insegnamo a non fingere! #vialamaschera #stormoms

Io sono eporediese, pertanto per me Carnevale non è mai stato tanto sinonimo di "maschere" o "travestimenti", bensì di battaglia, arance e antiche tradizioni.
Certo, da bambina mascherarmi non mi spiaceva e adesso piace molto al ricciolino biondo.



A guardare le foto dei mie costumi carnevaleschi di bambina ora, confesso che un po' rabbrividisco.
Alcuni erano costumi molto belli, confezionati dalla mia disponibilissima nonna.
Altri...come quella volta che mi hanno vestita da contadinella o da uovo per la sfilata di paese.
Terrificante.

Perché dietro una maschera, un travestimento, possiamo fingere per un po' di essere diversi, di essere un'altra persona. In questo senso, la maschera aiuta a rendere più realistico un sogno.
Niente di male, dunque, ad indossare una maschera di tanto in tanto.
Il problema è quando si è costretti a farlo, per convenzione sociale, per lavoro, per estrema timidezza o insicurezza.

Non sono mai stata brava, in questo.
Troppo spesso mi si legge in viso ciò che penso anche quando vorrei nasconderlo (il che il più delle volte si rivela un difetto non da poco) e se con l'esperienza al lavoro indossare una maschera e' diventato con il tempo molto più semplice, nella vita extralavorativa ogni anno che passa mi rende più insofferente alla finzione.

Certo, a volte nascondersi dietro una maschera di indifferenza o di cortesia e' utile, per allontanare  scocciatori o tagliar corto di fronte a gesti o osservazioni sulle quali è meglio sorvolare.
Perché lasciar andare a volte è l'unica per non farsi il sangue cattivo!

Però  sono sempre più convinta che non sia giusto mascherare i propri sentimenti, che non sia giusto piegarsi alle convenzioni, soffocare se stessi.
Soprattutto di fronte a nostro figlio.
Perché, se da un lato è fondamentale mostrare che bisogna saper vivere in società, adattandosi per amor di convivenza, ad alcune situazioni, dall'altra penso sia ancor più importante insegnare a camminare a testa alta e difendere le proprie opinioni.
Invece le maschere più indossate sono proprio quelle dell'ipocrisia...

Un po' meno falsità, nel mondo, non farebbe male!
E anche un po' meno dolore, perché purtroppo anche di quelle maschere è pieno il mondo e quelle
non sono finzione.


Con questo post partecipo al tema del mese delle #stormoms: #vialamaschera

lunedì 19 dicembre 2016

Cara mamma Natale, quest'anno vorrei.....#caramammanatale #stormoms

Cara Mamma Natale,
Visto che sei mamma anche tu, sono certa che mi potrai capire.
Quest'anno scriverò a te ed a nessun altro. Il Babbo lasciamolo ai bambini, che già loro lo sommergono di lettere. E poi, si sa, Babbo Natale, per quanto speciale, è pur sempre un uomo.
E gli uomini hanno i loro limiti, soprattutto in quanto a capacità di attenzione e comprensione dei discorsi delle donne.

Eccoci dunque a noi, cara Mamma Natale.
Non ti chiederò oggetti come gioielli, scarpe o vestiti ecc., poiché come ben sai, a regalare cose del genere sono capaci tutti (basta avere disponibuilità economica) e, comunque, i familiari ed il marito non leggono questo blog praticamente mai, quindi l'elenco servirebbe a poco.

Ti chiederò, invece, qualcosa di veramente utile, qualcosa che solo tu puoi donarmi:

1 - una salute di ferro, per me e pure per il ricciolino.
L'Alpmarito fa da se e, a parte il dentista, praticamente non ha mai bisogno di medici. Anche il ricciolino se la cava egregiamente, però le poche volte che non sta bene, io soffro con lui e non solo fisicamente. Tu capisci. Io sono la debole della famiglia, quindi per me, un anno senza influenza, tonsilliti, bronchiti e magari pure senza tosse e raffreddore, sarebbe un regalo assai gradito.
Se poi potessi attenuare i sinotmi dell'allergia e consentirmi di mangiare senza danni cibi ormai da tempo proibiti, mi renderesti la donna più felice della Terra. Sappilo;

2 - otto ore (anche nove vanno bene!) di sonno profondo ed ininterrotto, ogni notte, per 365 giorni consecutivi.
Che dici, esagero?
Forse sì, ma qui si parla di desideri, di sogni. Se non esagero adesso, quando? Lasciami sognare.
Perché non è colpa del ricciolino se ormai un sonno così è solo un lontano ricordo, però è un dato di fatto che dalla gravidanza in poi, per un motivo o per l'altro le mie nottate siano cambiate. E la privazione del sonno, si sa, è una delle peggiori torture, ti logora dentro;

3 - una dose quasi infinita di pazienza. Per far fronte a tutti gli impegni, per accettare gli imprevisti, delusioni, per assorbire dolori o preoccupazioni ma, soprattutto, per essere una madre ed una moglie migliore. E riuscire a giocare, divertendomi, anche con le macchinine, i travestimenti, per il gioco della "famiglia", i dinosauri o i mostriciattolo, al mercato o con gli amici immaginari... perché la fantasia non mi manca ma quel tipo di giochi dopo un quarto d'ora mi fanno sbadigliare. E indovina quali sono i giochi da fare al chiuso preferiti del ricciolino?

4 - un marito che risponda al telefono, SEMPRE, o perlomeno che RICHIAMI.
Non pretendo subito ma almeno entro qualche ora.
E magari passi al telefono con me più di un minuto netto, risponda agli sms ed alle e-mail perlomeno entro la giornata e ogni tanto faccia una chiamata di sua iniziativa e per il puro piacere di sentirmi.
Perché io lo so, che è un tipo "fatti, non chiacchiere", però io sono donna ed avvocato e senza parole, non vivo tanto bene;

5 - risate, tante sane e sonore risate.
Con gli amici, in famiglia, a lavoro, per strada, in auto, ovunque.
Perché se è vero che la vita a volte è difficile ed è un dato di fatto, è altrettanto vero che le risate sono un balsamo a basso costo e ad altissima resa! E non si ride mai abbastanza, da adulti.

Ah, quasi dimenticavo.
Per finire, una casa auto pulente ed un fisico da urlo senza sforzi fisici nè diete, non mi dispiacerebbero.
Però, insomma, non si può aver tutto, lo so.

Con questo post partecipo al tema delle mese delle  #stormoms, #caramammanatale !

https://www.facebook.com/StorMoms/?fref=ts

*Per partecipare anche voi, ricordate di utilizzare l’hashtag #stormoms, l’hashtag del tema del mese #caramammanatale e inserire la foto con il link alla pagina Facebook, su cui le stormoms condivideranno tutti i contribut.

mercoledì 19 ottobre 2016

La stanchezza delle mamme #ohmammachestanchezza # stormoms

La stanchezza delle mamme la scorgi nei loro occhi rassegnati la mattina e non c'è trucco o correttore che possa nasconderla.

La stanchezza delle mamme la comprendi dai sospiri e dai gesti affaticati, quando svestono il loro bimbo davanti all'armadietto, per infilargli le ciabattine per la scuola.

E la intravedi in fondo agli occhi, quando si voltano dopo l'ultimo abbraccio o saluto, solo in parte oscurata dall'ondata di affetto e nostalgia che le coglie.

La stanchezza delle mamme è il loro passo pesante, mentre accompagnano i bimbi alla macchina o su e giù per le scale, con la loro cartella sulle spalle e ascoltano il racconto della giornata che irrompe come fiume in pieno o, nonostante tutto, si sforzano di ottenerlo, un racconto.

La stanchezza delle mamme, a volte, è venata di sudore, lacrime e singhiozzi, quando aiutano a preparare i bambini negli spogliatoi, prima del corso di nuoto o danza o calcio, quando non c'è medicina che basti a calmare l'ennesima tosse o starnuto, dopo l'ennesimo risveglio della notte.

È nascosta dietro sorrisi, saluti, carezze, parole gentili, perché il dolore o la delusione che a volte si portano dentro non deve turbare il loro bambino.

La stanchezza delle mamme è quella che le fa crollare in un sonno senza sogni alle nove e mezza di sera, di fianco ai figli, con il libro della buonanotte appoggiato alla meglio sul comodino accanto.

E poi le sveglia alle cinque del mattino, con i pensieri di ciò che ancora va fatto, delle corse della giornata che le attendono, con le liste mentali e le preoccupazioni.

Si intuisce nei gesti meccanici di preparazione dei pasti, nel bavaglino da allacciare, nell'ennesimo pannolino da cambiare, nelle doccia da fare, nelle scadenze e negli appuntamenti da ricordare.

La stanchezza delle mamme emerge dai loro volti, all'uscita della scuola. Quando il sollievo per la fine della giornata lavorativa si mischia alla consapevolezza che non è ancora finita, che la fatica vera deve ancora venire ma, con essa, anche il bello.

La stanchezza delle mamme e' in ogni cambio di respiro notturno, ogni rumore di piedini nudi sul pavimento, ogni richiesta di acqua, bagno, cibo o conforto.

La stanchezza delle mamme la puoi quasi toccare, quando guardi i volti in attesa dal pediatra, un bimbo piagnucoloso o impaziente al loro fianco e la certezza che toccherà di nuovo, ancora.

La vedi nei passi delle neomamma, con la loro carrozzina immacolata e il loro bebè addormentato dentro, sempre quieto e pacifico, finché e purché continuano a camminare.

E poi la senti dalla loro voce, quando rispondono all'ennesimo passante o conoscente, che il loro è un bambino bravissimo ma che: "Si, insomma, come tutti i bambini, a volte non dorme e piange tanto, sa com'è, è normale."

La stanchezza delle mamme la percepisci in farmacia, quando chiedono altre gocce per le coliche prescritte dal pediatra, una crema per le irritazioni vista in pubblicità, lo sciroppo della tosse consigliato dal medico, le pillole omeopatiche sussurrate da un'amica, il rimedio che l'alto giorno al parco quella mamma che sembrava tanto sicura di se' ha nominato e allora forse vuol dire che è il migliore e nel dubbio lo si compra.

La stanchezza delle mamme fa capolino tra i loro discorsi, al parco o fuori dalle scuole, un po' svelata in cerca di solidarietà, un po' nascosta per pudore.

La intuisci al bar, guardando i tavolini in cui gruppetti di madri, quando possono, cercano di affogare il sonno in chiacchiere, risate, caffè o cappuccino, prima di ripartire per i rispettivi impegni.

La stanchezza delle mamme è quella che le fa crollare su una sedia mentre osservano i bambini giocare alla festa di compleanno, una delle tante, pensando a quanto sia ingiusto che a tre/ quattro/ cinque anni abbiano una vita sociale più attiva della loro e nello stesso tempo gongolando di orgoglio materno per il loro bambino così amato.

Ed è la stessa stanchezza che le fa consegnare il bambino con il regalo sulla porta di casa del festeggiato e scappare via veloce, dopo un saluto, quando il figlio è già grandicello. Perché la aspettano ore di libertà preziose e non importa se saranno consacrate alla spesa o i lavori domestici, perché per una volta sarà sola.

La stanchezza delle mamme la riconosci dai libri sull'educazione accatastati sul comodino, dalle lavagne in cucina fitte di impegni, dalle domande intrise di dubbi nei forum e nelle chat, dagli articoli sui siti e sui blog che parlano di maternità.

La stanchezza delle mamme è nei chilometri macinati a piedi, in auto, con i mezzi pubblici, da e per la scuola, per e da i corsi sparsi in giro per quartieri, paesi e lande desolate, da e per riunioni, pediatri, farmacie, negozi di giocattoli e alimentari, scorrazzando se stesse e i bambini nei mille impegni della settimana, giorno dopo giorno.

La stanchezza delle mamme è, spesso e insospettabilmente, il motore di nuotate e corsi di fitness rubati alla pausa pranzo, di corse all'alba nelle città o tra le campagne addormentate, di momenti di yoga serali praticati tra una risposta all'ennesima domanda e un abbraccio consolatorio.

È fatta anche di ricami nel cuor della notte, di torte la domenica mattina, di ore a stirare davanti alla TV, di canzoncine per bambini imparate a memoria o inventate sul momento, di cartoni animati visti e rivisti centinaia di volte.

E' nelle sacche e negli zaini da preparare al volo, nei quaderni e diari da controllare, nella merenda preferita del figlio da acquistare, nei continui rimbrotti e richiami e anche nei no.

Quelli che aiutano a crescere, quelli di cui non si può fare a meno ma anche quelli che scappano quando non se ne può più.

La stanchezza delle mamme non fa distinzioni di età o condizioni economiche o livello culturale.

Colpisce tutte, indistintamente. Chi più chi meno ma con una trasversalità impressionante.

A volte, la stanchezza delle mamme esplode forte e chiara, negli urli isterici, nelle punizioni esagerate, in quello scapaccione di cui si pentiranno per l'intera giornata, nei "basta, non ne posso più!" gridati allo specchio del bagno, nelle litigate con gli automobilisti, le altre mamme, i mariti e chiunque passi di lì al momento sbagliato.

La stanchezza delle mamme spesso è riflessa negli occhi degli insegnanti, degli altri genitori, degli amici, dei passanti che le incrociano.

La stanchezza delle mamme è anche quella delle nonne che, con entusiasmo, amore e generosità ma anche con il peso degli anni di più, corrono in aiuto dei loro nipotini e delle loro figlie o nuore, figli o generi.

La stanchezza delle mamme è fisica ma anche e soprattutto mentale.

La stanchezza delle mamme, in molte famiglie, somiglia tanto a quella dei papà.

La stanchezza delle mamme è amara e dolce allo stesso tempo, dura e persistente come lo strato di ghiaccio perenne in alta quota ma capace di sciogliersi al primo sorriso come la neve al sole di primavera.

La stanchezza delle mamme, forse, è immensa perché immenso è il bene che vogliono ai loro figli.

#ohmammachestanchezza #stormoms

 

 

martedì 28 giugno 2016

In campeggio con un figlio, ovvero l'evoluzione delle tende come metafora delle vacanze, da coppia a famiglia #diversamentevacanze.

Dopo più di cinque anni di assenza, io e l'Alpmarito ci siamo rimessi a viaggiare in tenda, come facevamo da giovane coppia innamorata.

E nulla è più uguale a prima.
A cominciare dalla tenda.

Premetto che da bambina e ragazzina io non ero mai stata in campeggio. Ricordo di aver dormito qualche volta in alberghi terribili, sporchi e cupi, di aver passato una notte (o quasi, il ricordo si è sbiadito ma mia madre lo sa di certo) in auto, perchè mio padre aveva la fastidiosa tendenza a non prenotare mai in anticipo e aspettare l'ultimo minuto per cercare un luogo dove trascorrere la notte.
Ricordo ostelli della gioventù, pensioncine, tanti rifugi di montagna con i bagni, ovviamente esterni e gelati, a picco sugli strapiombi e pure grandi hotel, ma niente campeggi.

Poi ho conosciuto l'Alpmarito e, essendo giovani e squattrinati ma volendo viaggiare, abbiamo iniziato a campeggiare.
La nostra prima tenda era in realtà la sua, una tendina da montagna da un posto, super resistente ad acqua e vento ma decisamente stretta e scomoda.
Tipo questa, per intenderci:

Immagine dal WEB
Veloce da montare, sicura e pure romantica (nel senso di intimità garantita), però provate a immaginare le contorsioni per vestirsi e vestirsi, l'assenza di zanzariera e, soprattutto, la temperatura raggiunta all'interno dopo una giornata al sole al mare.
Aggiungetevi una persona non abituata al campeggio, che parte con una valigia di quelle rettangolari, classiche , grandi e rigide, con praticamente tutto il guardaroba estivo e...capirete il mio trauma!

Però il risparmio era consistente, si poteva cambiare campeggio ogni notte, per una tendina così piccola si trovava posto sempre e comunque, io adoravo i viaggi itineranti e, soprattutto, la nostra tenda ci ha salvato in più di una occasione di pioggia torrenziale e vento forte, quando nel resto del campeggio c'era il fuggi fuggi generale e tutti erano inzuppati.

Anche le cose belle, però, hanno una fine e, rotte praticamente tutte le stecche della tenda e lacerato il telo dall'uso, è stato il momento di un nuovo acquisto.
Ha prevalso la comodità (cioè le mie proteste!), il caldo estivo che ci aveva stremato in tenda più di una volta e  lo spazio che, finalmente, in auto c'era, nonostante viaggiassimo con una piccola utilitaria a tre porte: io, infatti, negli anni avevo imparato a razionalizzare il bagaglio, a minimizzare i cambi e portare con me l'indispensabile per il campeggio, 
come un beauty con gancio e tanti scomparti chiusi e impermeabili, da appendere in bagno, 
l'antizanzare a pile, 
le pile frontali per leggere ed andare in bagno di notte, 
una scopetta per pulire la tenda, 
filo e mollette per stendere asciugamani ed eventuale bucato,
 un completo pantaloncini e maglietta come pigiama, per non girare di notte  in desabillé 
ecc. ecc.

E allora è stata la volta di una tenda come questa (anche se non rosa!):

Immagine tratta dal web.

Due (tre nel nostro caso) secondi per montarla, almeno dieci minuti per richiuderla (soprattutto le prime volte), tenuta all'acqua mediocre, resistenza al vento così così ma se "zavorrata" di bagaglio ottima, zanzariera e aereazione decisamente migliore dell'altra, perfetta anche arrivando in camping al buio e/o sotto la pioggia o l'invasione delle zanzare.

Però, però...
dopo un altro buon numero di viaggi, è arrivato infine il ricciolino biondo e l'opzione "campeggio" è stata scartata.
Lo so che francesi e tedeschi con lattanti al seguito insegnano che è possibile, ma io proprio non ce la potevo fare e, in fondo, lavorando entrambi qualche soldo in più lo avevamo (mentre i giorni di ferie si erano drasticamente ridotti).

Poi, archiaviate le fasi "seggiolone, passeggino, svezzamento, pannolini", lo scorso anno abbiamo deciso di riprovarci.

Riesumata la tenda dalla cantina della nonna bis, l'amara sopresa:
non ci sta in auto (sempre utilitaria ma un pò più grande e cinque porte) !!
Che poi l'Alpmarito, da bravo ingegnere, mi aveva avvisato ma io, che sono come San Tommaso, ho dovuto sbatterci il naso: il diametro era tale da occupare quasi interamente il retro dell'auto, senza lasciare spazio alle gambine del ricciolino biondo.
Dinnanzi alla scelta: o il figlio o la tenda, abbiamo dovuto desistere.

Quest'anno, però, ci abbiamo pensato per tempo e...ta dà!


Tenda quattro posti, con due camere laterali e "soggiorno" centrale!


Un mostro la cui grandezza, complessità e peso, anche da chiusa, non avevamo attentamente ponderato.
In auto ci sta, per carità, ma certo non rimane tanto spazio (dunque niente sgabelli, tavolino o simili).

Una volta montata, operazione che ha richiesto un'ora abbondante per un risultato che, alla prova pioggia, prontamente giunta ad allietarci, ha dimostrato essere stata effettuata con qualche "piiiiiiccolo" errore (con conseguente allagamento del "soggiorno" centrale), la tenda si è rivelata comodissima e gigante, comunque.
A prova di famiglia e con pure un pò di privacy !

Credo, però, che il tempo di "un campeggio diverso ogni sera" sia, almeno momentaneamente, tramontato.

Risultato di tre giorni/due notti in tenda? Io sono tornata a casa con un mal di schiena allucinante e le occhiaie profonde da "neomamma" dei primi giorni, l'Alpmarito ha dormito come al suo solito anche se maluccio, io ho impiegato due giorni a lavare la tenda infangata in giardino, farla asciugare e ripiegarla (ovviamente da sola) e abbiamo appreso che il costo dei campeggi è decisamente aumentato (o forse siamo noi che siamo rimasti indietro)
Anche se, per tranquillità, pulizia (impeccabile), vista sul Lago di Garda con spiaggia e piscina (due per bambini, una per adulti, di fianco a bar/ristorante e minimarket), presenza di giochi per bambini, questo li meritava tutti.






In compenso, il ricciolino biondo si è divertito, ha dormito come un ghiro nella sua "stanzetta", ora non vede l'ora di tornare in campeggio e da giorni chiede con insistenza, nei momenti più improbabile, di costruirgli, nella casa nuova, un bagno a misura di bambino come quello del camping, questo:






Per il resto, devo ammettere, campeggio, ostello o hotel non fa differenza, se si viaggia con un bambino:
le lagne in auto, le sgridate ed i richiami continui,
la fame improvvisa ed insopportabile cinque volte al giorno,
la carenza di sonno,
la mole di vestiti sporchi,
le corse in bagno,
le lotte per fargli la doccia e fargli lavare i denti
la necessità di programmare svaghi che siano anche a misura di bambino,
la difficoltà di fermarsi a leggere un libro,
la crema solare ovunque,
la stanchezza cronica,
ecc. ecc.,
non cambiano.
Solo che in campeggio devono sorbirseli pure gli altri poveri campeggiatori!

Come sopravvivere? Con tanta ironia e, soprattutto, ricordando che si è insieme e lontani dall'ufficio.

p.s. Glielo spiegate voi, a mio figlio, che non si resta bambini per sempre e un bagno così, per quanto bello, pulito e accogliente, in casa proprio non si può fare ?

Con questo post, partecipo al tema del mese delle #stormoms, #diversamentevacanze. Qui la pagina facebook delle StorMoms.





lunedì 30 maggio 2016

‪#‎ceravamotantoamati‬: Giorno dopo giorno



Sarà la mia professione.
Sarà un caso.
Sarà che ormai i miei amici e conoscenti si sono quasi tutti sposati e spesso hanno anche procreato.
Sarà che, per via dell'età di mio figlio, ormai frequento tendenzialmente famiglie.
Sarà che sono uscita dal tunnel dei primi tempi con un neonato ormai da un pò e questo ridà prospettiva ai momenti trascorsi (ovvero aiuta a dimenticare molte difficoltà e ricordare con nostalgia i momenti di gioia).
Sarà quel che volete ma ultimamente mi pare di essere circondata da coppie che scoppiano.
E sì che negli scorsi due anni ho partecipato ad un numero elevato di matrimoni!

Oppure, più banalmente, si scoprono crisi coniugali (o personali che coinvolgono anche la coppia) di persone riguardo alle quali proprio "non lo avresti mai detto".

E' la vita.
La statistica ricorda che è un fenomeno tutt'altro che raro e, soprattutto, per esperienza personale ormai so che i figli non risolvono i problemi di coppia, come molti si ostinano a pensare, semmai li aumentano, almeno nel breve periodo.

Perchè prima, al di là del lavoro, le preoccupazioni sono meno.Per non parlare delle coppie che si sono formate ai tempi delle superiori o dell'università (come nel mio caso), in cui al massimo si litigava in preda la nervosismo pre-esame.

Perchè prima, se c'erano risorse economiche limitate, ne soffrivate solo tu e lui e non c'era il pensiero del futuro da offrire ai propri figli.

Perchè prima era un attimo decidere di uscire al sera, cenare a latte/caffè e biscotti (no, vabbè, questo con l'Alpmarito non è mai stato possibile, però con qualcosa di freddo sì), partire per un viaggio o prendersi la giornata per andare a sciare insieme.
Era un attimo posticipare l'orario della cena, passare una giornata di pioggia guardando un film dopo l'altro o andare a fare una via lunga di arrampicata con il frontalino (così se proprio tardiamo e viene buio, almeno riusciamo a scendere).

Perchè prima, banalmente, c'erano meno responsabilità e pure meno incombenze domestiche.

Soprattutto, però, il sentimento era spesso ancora "fresco", l'amore non ancora logorato da anni di compromesso, le incomprensioni non ancora trasformate in muto rancore.

Io non so come si vivesse "lo stare in coppia" e come si gestissero i sentimenti 30 anni fa, 50 anni fa, 80 anni fa. Non lo so e non saprei dire se era peggio di adesso, uguale o se "si stava meglio quando si stava peggio".
Mi pare, però, che la spinta a soddisfare immediatamente ogni desiderio, anche comprando a rate un viaggio esotico o un televisore al plasma o l'ultimo modello di smartphone (non certo bisogni primari) non sia mai stata così forte. Basta guardare le pubblicità, per accorgersene.
Il "diritto alla felicità", d'altro canto, è una idea moderna: condivisibile, per carità, ma forse non quando viene interpretata come "convizione" di aver diritto ad essere "sempre soddisfatti", ad ottenere sempre e comunque, non importa a che prezzo, ciò che si vuole (o si crede di desiderare, salvo poi accorgersi che non basta non appena lo si è ottiene).

Così, quando questa convizione viene frustrata dalla realtà, perchè ci si trova alle prese con un esserino che dipende completamente da noi e i suoi bisogni primari diventano la priorità, è facile cadere nel vortice dell'insoddisfazione, sfogarsi con l'altro membro della coppia e, magari, addossare a lui/lei la colpa di tutto.

Oppure, più banalmente, le elucubrazioni di cui sopra non c'entrano nulla.
Solo che nasce un figlio e tutto il resto passa in secondo piano. E si è più stanchi, per tutto e tutti.
Non a caso la privazione del sonno è considerata una vera e propria tortura.

Perchè, siamo sinceri, chi di noi una volta diventato genitore, non ha pensato, almeno una volta al giorno, alla settimana, nella vita,  di aver FATTO DI PIU' del partner, di essere PIU' STANCO, di aver PIU' DIRITTO DI LAMENTARSI ?
E, spesso se non sempre, questa sensazione è vissuta in contemporanea da entrambi i genitori, che finiscono per non capirsi più.

Allora, l'unico modo per restare a galla è forse guardarsi negli occhi e ripensare a cosa ci aveva fatto innamorare l'uno dell'altra, armarsi di pazienza e trovare mille e una strategia per restare a galla nel quotidiano, emergendo ogni tanto da soli e/o in due per prendere fiato e aria, fino a che il peggio sarà passato, accettando che l'innamoramento sia solo una fase, intensa, bellissima, certo, ma solo una fase (o forse intensa e bellissima proprio perchè una fase), ma comprendendo che l'amore, quello vero, è qualcosa di più e di diverso,
qualcosa di cangiante,
qualcosa di capiente.

Tanto da saper contenere prima una coppia e poi una famiglia, che sia di due, tre, quattro o più persone.

Non credo sia facile. Non credo sia sempre per sempre.
Credo, però, che valga sempre la pena provarci. Comunque vada poi.
E se andrà,  allora la coppia post - figli diventerà una squadra imbattibile e il pre-figli sembrerà solo una copia sbiadita della vita vera.

Con questo post, dico la mia sul tema del mese delle Stormoms




giovedì 28 aprile 2016

Educhiamo......in bilico su una slickline, fra euforia e paura


Educare: il compito, la responsabilità e il privilegio di ogni genitore.

Un compito, un dovere, un onere. Perchè educare costa fatica, fisica e mentale.
Non si può "lasciar passare" perchè si è stanchi, bisogna trovare sempre (o quasi) la forza di correggere, spiegare, insegnare, suggerire, reguardire, sgridare.

Non si possono allentare troppo i nostri freni inibitori, lasciare che rabbia, frustrazione o dolore prendano spesso il sopravvento, perchè l'esempio vale più di mille parole.

Tutto questo costa fatica, a volte anche vergogna ed umiliazione, perchè gli  altri sono tutti lì a guardarti e giudicarti come genitore e come persona  (e non importa se non è vero, perchè a te sembra che siano tutti lì per quello).
Tutto questo costa impegno, studio, dedizione.
Leggiamo manuali, articoli, linee guida, pareri di esperti, andiamo a conferenze, ci conforntiamo con altre mamme, con gli educatori,  con i nostri genitori, con gli amici. E poi cerchiamo di mettere in pratica, adattando i consigli alla realtà quotidiana.

Una responsabilità: c'è la scuola, ci sono i circoli sportivi, gli istituti musicali, le colonie/centri estivi, i parenti ecc., però sono i genitori in primis ad essere responsabili della condotta dei propri figli, giuridicamente, economicamente e, soprattutto, moralmente.

Una responsabilità, non esclusiva ma certo condivisa, che rimarrà sulle nostre spalle sempre, anche quando saranno adulti.
Perchè il tipo di persone che diventeranno dipenderà anche dal tipo di genitori che siamo stati.
Non solo da quello, sicruamente non  totalmente da quello, forse neppure per la maggior parte da quello, ma almeno in parte sì.

Un privilegio: abbiamo la possibilità di trasmettere a qualcuno i  nostri valori, le nostre idee, i nostri insegnamenti, di correggere i nostri errori e quelli dei nostri genitori, di aiutare nostro figlio a diventare una persona migliore, anche migliore di noi, a diventare un adulto libero, felice, consapevole, buono.
E non mi pare poco. 

Non dovrebbe stupirci, allora, che educare sia così difficile.

Io, però, ogni giorno ne rimango sopresa.

E' come camminare su una slickline, in bilico fra l'euforia e la paura, fra libri, consigli e guru dell'educazione e la saggezza popolare, fra il cuore e la ragione, fra il troppo ed il troppo poco, fra la presenza e l'assenza consapevole, fra l'offerta di stimoli e la sovrastimolazione, alla continua ricerca di un equilibrio.


Immagine dal web. Mamma avvocato è a disposizione dell'autore per eventuali richieste di cancellazione

Tutti noi, credo, vorremmo un figlio che sicuro di sè, capace di fronteggiare le difficoltà, di digerire le sconfitte e di lottare per i propri sogni,  che sappia godere dei successi raggiunti ma che non ami sopraffare nessuno e non diventi egocentrico, rispettoso di se stesso e degli altri, in grado di comprendere il valore delle cose ma non loro schiavo, con un sistema di valori solido ecc. ecc. ecc.

Eppure.

Se si loda troppo, si rischia di crescere un figlio egocentrico, saccente e incapace di ammettere i propri errori e vedere i propri limiti,
se si loda troppo poco, si rischia di crescere un figlio insicuro, fragile, senza il coraggio di inseguire i propri obiettivi,
se si pongono troppi limiti e troppe regole, si rischia di soffocare la sua personalità e creatività, di farne un frustrato, succube ed infelice oppure, al contrario, un ribelle anarchico,
se non si pongono limiti, regole e divieti a sufficienza, si rischia di farne una persona perennemente insoddisfatta, incapace di empatia e asociale,
se si stimola troppo, si rischia di renderlo un bambino infelice, stanco, iperattivo, incapace di attenzione e concentrazione,
se si stimola troppo poco, è in agguato l'apatia, si compromette lo sviluppo del cervello e la crescita corretta del corpo, si tolgono opportunità,
se si coccola troppo e si aiuta troppo, si soffoca e si rende il figlio insicuro e dipendente,
se lo si fa troppo poco, il rischio è nuovamente l'insicurezza, la paura, l'incapacità,
e così via.

La paura di sbagliare e il senso di colpa per una occasione di felicità momentaneamente negata, per quel visetto contratto sull'orlo delle lacrime, sono sempre dietro l'angolo, come la stanchezza.

Quando, però, a distanza di tempo improvvisamente tuo figlio ti sorprende con un gesto o un comportamento spontaneo, che dimostra che quei limiti, quelle regole, le ha interiorizzate...
quando, a distanza di tempo, improvvisamente tuo figlio ti chiama per guardare un fiore o un palazzo e ti dice: "Vedi mamma, come è bello questo o questo?"..
quando offre i suoi giochi ad una amichetta, divide la merenda con i compagni, propone di spegnere i cartoni e di stare a tavola tutti insieme, a chiaccherare...
quando vede immagini di morte e distruzione in tv e disegna un cannone che spara solo fiori...
quando ti chiede di andare a trovare un'altra persona che sa essere ammalata "perchè così è contenta, al parco possiamo andare un'altra volta"....
quando saluta con un sorriso chi incrocia per strada...
quando sgrida un adulto che ha posteggiato in un parcheggio riservato ai portatori di handicap dicendogli che è veramente cattivo fare così, perchè se si hanno le gambe che funzionano bisogna essere felici e camminare...
quando perde e dice "non importa, però adesso mi alleno mamma e la prossima volta vincio io"...
quando preferisce un giro in bicicletta con te, al cinema, un corsa nei prati, ai giochi sul tablet, un libro nel lettone, ai cartoni...

quando tutto questo succede, allora sai che vale la pena di sopportare pianti, capricci, "mamma non ti voglio, sei cattiva" e visetti tristi,  perchè ti accorgi che, in fondo, pur con tutti i tuoi limiti, le tue imperfezioni, le tue cadute e sfuriate, stai seminando bene.
E un giorno, se all'impegno si aggiungerà un pizzico di fortuna, forse raccoglierai bene.
Altrimenti, avrai almeno la consapevolezza di averci messo tutto l'impegno e l'amore del mondo.

Perchè educare è un atto d'amore verso i nostri figli e verso la società intera.











lunedì 14 marzo 2016

I sogni e la realtà: overo great expectations, grandi speranze e grandi aspettative


Da che ho memoria, ho sempre desiderato fare l'avvocato, come mio padre, e nello stesso tempo, essere una mamma lavoratrice, come mia madre, che ricordo bellissima vestita "da ufficio"  ma anche sempre presente e pronta a giocare e portarci di qua e di là.

Mi immaginavo avvocato di successo, impeccabile e preparatissima ma anche mamma presente, capace, giocosa, attenta.
Con tre figli almeno.

Mi immaginavo sempre di corsa ma non in affanno, occupata ma non preoccupata.

Immaginavo un gatto ad accogliermi sulla porta di casa o in balcone a prendere il sole, i bambini fare i compiti tranquilli in cucina mentre io sistemo e il marito prepara la cena.

Immaginavo un uomo con  cui condividere tutto, capirsi al primo sguardo e ridere molto.

Di diventare una cuoca passabile, invece, non l'ho mai neppure immaginato (per fortuna).

Immaginavo passeggiate in montagna e a sciare con bimbi al seguito, prima nel porte-enfante e  poi in fila dietro di noi. 
Immaginavo estati in tenda, giri in bici, arrampicate tutti insieme.
Tanto lavoro e tanto tempo libero insieme.

Immaginavo giornate con i miei fratelli e le loro famiglia, i loro figli.
Pranzi o cene nel weekend tutti insieme, a casa dei miei genitori, con i cuginetti che crescono insieme.

Immaginavo di fare tanti picnic e gite con gli amici di sempre, condividere attivitàò, sport, visite e viaggi.

Immaginavo di far addormentare mio figlio suonando Bach al pianoforte.

Diventando mamma, però, non sono riuscita a costruire una realtà identica ai miei sogni.
In parte è dipeso da me, senz'altro, tuttavia per la maggior parte sono state gli eventi della vita e le altrui decisioni a modificare le aspettative.

Sono diventata avvocato e, tutto sommato, sono abbastanza soddisfatta del mio lavoro.
Sono sempre di corsa, ma anche in affanno.
Occupata ma anche preoccupata.
Il gatto c'è (anzi, la gatta) però qualche volta quando noi rientriamo in casa lei preferisce uscire a farsi una passeggiata e godersi il silenzio (e non riesco proprio a darle torto!).
Ci sono lavoro e tempo libero, solo che sembrano non essere mai in sincronia.
Il figlio è uno solo, il fato per ora ha deciso così anche se il tre, per me, rimane il numero perfetto.
I compiti da fare per fortuna non ci sono ancora e mentre io cucino il ricciolino più che disegnare o giocare tranquillo reclama attenzioni.
Il marito che prepara la cena c'è solo a singhiozzo, anche se non per colpa sua.
Condividiamo molto ma non tutto (e forse è meglio così) e mi sono rassegnata al fatto che gli sguardi delle donne non sono così intelleggibili come ci piace pensare.
Non ridiamo più molto, presi da mille pensieri e occupazioni, però ci capiamo ancora quanto basta.
Come cuoca ho guadagnato punti, più di quanto mi aspettassi, a patto di non essere troppo esigenti e non allarmarsi per un leggero odore di bruciato.
Sport e gite insieme ci sono tutte, anche se è quasi sempre più faticoso che andare a lavorare e non tutto si può ancora fare in tre, però è questione di tempo e va bene così, perchè quando "facciamo qualcosa" insieme siamo davvero felici.
Il pianoforte non è ancora riuscito ad entrare in casa nostra, ma non ho perso la speranza.
La paura, semmai, è di non saperlo più suonare.

La mia famiglia di origine si è disgregata e i cuginetti si vedono, quando va bene, una o due volte all'anno, spesso per caso.
Ma non dipende da me e mi sono rassegnata.
In questo, la famiglia di origine di mio marito ha superato le aspettative ed un pò compensa.

Questo, però, rimane il mio più grande cruccio, come non riuscire più a vedere gli amici di sempre con l'assiduità di prima e, soprattutto, non riuscire a condividere altro che pranzi o cene, per la maggior parte.
Che è già bello e mi piace, però vorrei riuscire a fare di più.
Forse, però, anche in questo caso è questione di tempo.

Insomma, da mamma in tailleur e cartella con figlio sorridente per mano, come mi immaginavo, mi sento più mamma in tailleur con cartella dimenticata per terra in qualche angolo e figlio piangente attaccato alla gamba o mamma in tailleur con cartella sbrindellata che urla al figlio sorridente: "Adesso basta giocare, dobbiamo andare, siamo in ritardooooooo!!!"

Di una cosa però sono certa: mio figlio supera ogni immaginazione. Non avrei potuto sperare di più (sì, anche quando fa i capricci o alla sera mi fa urlare dal nervoso perchè non vuole andare a dormire, sì).






giovedì 26 novembre 2015

Tienimi vicino, mamma!



Ricordo la prima volta che ti ho stretto a me. Tu eri appena nato, io ero appena diventata "una mamma", la tua.
Ero stanca, provata e incredula. Ancora non mi capacitavo che tu, proprio tu, fossi il fagiolino che avevo portato dentro per 42 settimane.
Tu non ricorderai quel momento, quel primo abbraccio o, per lo meno, non lo ricorderai in modo lucido e consapevole (perchè secondo me niente va perso, nessun gesto d'amore sfugge al nostro subconscio).
Io, comunque, di certo non lo dimenticherò.
Io, che a mia volta non ho immagini mentali vivide del primo abbraccio di mia madre.

Però, se sarai fortunato e se io sarò abbastanza brava, conserverai sempre nel cuore altri abbracci, altri momenti di intimità, vicinanza, calore.
Amore.
Come li conservo io.

Perchè, anche se a te sembra ancora incredibile e fatichi a capirlo, prima di diventare mamma,
"la tua mamma",
sono stata figlia,
sono stata bambina.
Come tutte le mamme del mondo.

Come tutti i bambini,
come te,
da piccolina ogni abbraccio era un rifugio sicuro, ogni coccola era ben accolta, desiderata, apprezzata.
Poi ho iniziato a desiderare di diventare grande e a divincolarmi e sottrarmi a baci ed abbracci, anche della mia mamma.
Ho iniziato a dire basta, a protestare, a dire che ero troppo grande o che mia madre era esagerata.
Anche se tutte le sere, fino a che non sono andata a vivere via di casa, il bacino della buona notte da mamma e papà l'ho sempre cercato.

La verità è che, dentro di me, anche quando in apparenza mi sottraevo, dentro gongolavo e continuavo a desiderare e ringraziare per tutti i piccoli gesti di affetto, per la vicinanza fisica, per il contatto con la mia mamma.

Ora ti stringo a me, soprattutto il mattino e la sera, prima di dormire. Respiro il tuo profumo, accarezzo la tua pelle, ti faccio il solletico e ti sbaciucchio a non finire.
Mi godo il momento.
E so che presto o tardi ti sottrarrai a tutte queste smancerie da mamma, mi dirai che sei troppo grande per il bacino in classe, per l'ultimo abbraccio prima di lasciarti alla tua giornata scolastica.

Ma voglio dirti una cosa: io continuerò a sbaciucchiarti, cogliendoti a tradimento, ad abbracciarti quando piangerai, a cercare il contatto fisico, anche quando non sarai tu a chiederlo  (non in pubblico, questo te lo concedo..).
Almeno un pò, almeno qualche volta.

E sai perchè ? Perchè saprò che, quando dirai di no, in cuor tuo sarà un sì.
Non mi inganni, ricciolino, perchè io questo lato dell'essere bambina, non l'ho mica dimenticato!!

E d'altra parte, ci pensano la tua nonna e la tua nonna bis a rinfrescarmi la memoria,  abbracciandomi e sbaciucchiandomi ogni volta che le saluto!!!


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giovedì 8 ottobre 2015

I ricordi, emozionanti sui nostri figli


Io sono una maniaca delle foto e, da quando ci sei tu, mio ricciolino biondo, ancora di più.
Tu lo sai, a volte ti presti, altre scappi o protesti, stufo della mia macchina fotografica.
Così oggi, a letto con le placche in gola e la febbre, sfoglio e risfoglio gli album di foto, i foto libri e tutte le migliaia di foto che ho stampato, in questi tuoi primi quasi quattro anni di vita.
Sei entrato nei miei pensieri e nei miei ricordi ancora prima di nascere, quando eri poco più che un ammasso di cellule e ti chiamavo fagiolino.
Ricordo quando ho annunciato la mia gravidanza ai nonni, i miei genitori, ed alla nonna bis: eravamo in cucina, a casa loro ed io ero in procinto di partire per andare a Roma a sostenere l'esame da Notaio.
Ricordo l'annuncio a mio fratello ed a mia cognata, il viaggio a Roma, il terrore che i metal detector e lo stress da esame potessero danneggiarti, tu che eri solo da cinque settimane dentro di me e ancora fuori non si vedeva e non lo sapeva nessuno.
Ricordo le nausee, i mal di schiena, la prima volta che io ed il tuo papà abbiamo sentito il tuo cuoricino battere veloce.

Ti ho strapazzato non poco, in pancia. Ho continuato a nuotare tre volte a settimana, anche quattro, fino alla 39 settimana, sono andata in udienza persino il giorno della fatidica "scadenza", ho fatto 500 km ad andare e 500 a tornare per un funerale in famiglia e pochi di meno per partecipare ad un matrimonio, alla trentottesima settimana.
Eppure tu stavi comodo, visto che hai aspettato 15 giorni dalla scadenza per nascere.
Ricordo il calore del tuo corpo sul mio, la stanchezza e l'incredulità di quando sei nato, la mia preoccupazione che fossi "tutto intero", che mi ha fatto dimenticare anche di chiedere se eri maschio o femmina, perché noi non avevamo voluto saperlo.
Ricordo la prima volta che ho cercato di cambiarti, insieme a mia madre, tu con la tua tutina grigia morbida ed un berretto di cotone rosa, perché quello azzurro lo avevano sporcato facendoti il bagnetto.
Ricordo le notti angosciose in ospedale, quando non sapevo cosa fare di te, per te, volevo solo
dormire e sentirti sereno, accanto a me, e invece camminavo con te urlante per i corridoi, cercando di capire come nutrirti, come calmarti.
Ricordo quando ho scritto il tuo nome per la prima volta, sul modulo per la denuncia della nascita, al primo piano dell'ospedale.
Ricordo il tuo colorito giallognolo per l'ittero, la tua testolina pelata fino ai 18 mesi, il tuo primo bagnetto, la tua prima volta in piscina, a 5 mesi, e la tua prima passeggiata in montagna sul porte- enfante, sempre a 5 mesi. Ricordo la bronchiolite a quattro mesi, L'antibiotico e l'aereosol, i pianti disperati delle prime settimane, quando il mio latte non bastava mai e tu avevi fame, fame da morire, mentre tutti ci dicevano che erano coliche.
E quando alla fine ho ceduto alle "aggiunte" e da un giorno all'altro, sei rinato: niente più ittero, niente più pianti disperati ad ogni ora, niente più perdite di peso. Ricordo il mio senso di colpa misto a sollievo.
Ricordo il tuo primo Natale, con la tutina ed il cappellino rosso, in braccio al prozio ed alle nonne bis, commossi.
Ricordo il tuo primo compleanno, la prima volta che ti sei tirato in piedi, aggrappandoti alla testiera del nostro letto, a nove mesi e quando hai iniziato a camminare, a 10 mesi, senza mai gattonare prima.
Ricordo l'orgoglio di guardarti crescere, di vederti forte e sano, di portarti in giro, per mano.
Il tuo primo viaggio in aereo, la prima volta al mare, la prima nevicata, il primo sorriso, le prime parole ed il primo omogeneizzato, ma anche la prima volta in bici, la prima giornata di asilo nido, la prima volta che hai dormito dalla nonna, la prima volta sugli sci, le serate in palestra di arrampicata, la prima giornata alla scuola dell'infanzia ecc. ecc. ecc.
Perché, con te, ogni prima volta e' un ricordo prezioso che mi è rimasto dentro.
Ma non basta.
Nel mio cuore ci sono una multitudine di altre immagini, istantanei di momenti con te che ho avuto la fortuna di vivere, gesti che so essere tuoi, espressioni buffe, pianti, modi di muoverti e parlare che non dimenticherò mai, sensazioni che non si possono spiegare ed emozioni di mamma che solo un altro genitore può capire.
E basta una foto, il suono di un carillon, il colore di un vestito, un odore, a risvegliare istantaneamente la mia mente ed il mio cuore, facendomi pensare a te e ringraziare la vita.
Perché tu esisti.

Con questo post, dico la mia sul tema del mese delle Stormoms, #Ricordidimamma.Trovate qui tutte le informazioni per fare altrettanto e scambiare ricordi!