Due anni di voi.
Due anni da trismamma,
Due anni da mamma di gemelli,
Due anni da mamma di due maschi e di una femmina.
Due anni di pasti da preparare, somministrare, servire,
Due anni di sonno.
Due anni a nutrire,
Due anni a pulire ovunque, oltre che voi due,
Due anni di cambi pannolini,
Due anni di corse,
Due anni di mal di schiena (anzi, di quello 30 mesi)
Due anni di visite dal pediatra, vaccini, medicine,
Due anni di nasini gocciolanti,
Due anni di assenza di privacy,
Due anni di bucati continui,
Due anni di corse,
Due anni con tre seggiolini in auto,
Due anni di vestitini accumulati,
Due anni di pasti interrotti, notti interrotti, riposino interrotti, yoga interrotto, lavoro interrotto, telefonate disturbate, conversazioni inframezzate da pianti e strilli e... qualunque attività disturbata.
Due anni senza quella libertà a cui un figlio di sei anni mi aveva abituata.
Due anni da sola quasi tutta la settimana, a occuparmi di voi due.
Due anni di preoccupazioni per la vostra salute, crescita e sopravvivenza.
Ci sono momenti in cui penso di non farcela, in cui vorrei solo poter chiudere la porta e scappare via.
Ci sono momenti in cui mi viene da piangere, in cui urlo come una pazza nevrotica, in cui mi faccio schifo come madre.
Ci sono momenti in cui sono divorata dai sensi di colpa, dalla paura di non riuscire a seguire tutti e tre, da una sensazione di incapacità ed inadeguatezza che solo la maternità ti fa provare.
Ci sono momenti in cui sento pianti eccheggiarmi nelle orecchie anche se siete silenziosi, perché tanto il silenzio dura pochissimo.
Giorni in cui non ne posso più.
Poi mi fermo, vi guardo e vi vedo di nuovo, davvero.
Sono due anni.
Due anni della vostra pelle liscia e morbida da accarezzare
Due anni di vostri corpicini i caldi da stringere a me e coccolare
Due anni di bacini e bacetti da darvi e, da qualche tempo, anche da ricevere.
Due anni di sorrisi, prima sdentati, ora completi.
Due anni di risate grasse e contagiose o strappate dal solletico mentre ancora state piangendo.
Due anni di due pacchettini preziosi tra le mie braccia.
Due anni di manine che mi afferrano, di piedini da solleticare
Due anni di gorgheggi, vocalizzi, paroline e ora qualche frase
Due anni di canzoncine e balletti improvvisati, per voi e con voi.
Due anni di occhi spalancati, luccicanti al solo incrociare i miei.
Due anni di visetti curiosi e monelli in esplorazione.
Due anni di faccette buffe.
Due anni di giochi.
Due anni di unghiette da tagliare, cremine da spalmare.
Due anni di allegri bagnetti
Due anni di letture serali nel lettone.
Due anni ad ascoltarvi respirare al buio e a guardarvi dormire, sereni.
Due anni di corse sbilenche e piccole ferite per cui dispensare bacetti e caramelle.
Due anni con tre piccoletti pronti ad accogliermi quando esco e rientro.
Due anni con una tavola sempre rumorosa.
Due anni di cambiamenti e di crescita
Due anni di scoperte
Due anni di sguardi nuovi sul mondo, anche per me.
Due anni mai sola .
Due anni di fossette sui gomiti e sulle ginocchia. Di quelle che non vorresti sparissero mai.
Due anni di amore.
E non di un amore qualunque. Di quello folle, assurdo, assoluto, tenace e profondo.
Moltiplicato per due, più uno.
Buon compleanno, Orsetto e Principessa.
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mercoledì 26 giugno 2019
giovedì 20 giugno 2019
L'attesa
La finestra affaccia sullo stesso viale alberato e sulle colline che nascondono le ville della Torino benestante.
Però qui si vede anche la piazzola dell'el'elicottero, che di la' sentivo ma non vedevo.
Anche il sottofondo rumoroso del traffico intenso è lo stesso, così come il caldo, quell'afa umida e quella luce troppo forte, che se non ci sei abituato ti toglie il fiato e la voglia.
Lei sonnecchia, perché non c'è molto altro da fare, quando sei ferma in un letto d'ospedale, con le medicine ad incrementare la stanchezza e l'apatia.
Vado a cercarmi un Magnum, non bianco come allora, perché lo hanno finito, ma classico.
Anche il bar è diverso. Questo è nell'atrio del piano terra, otto piani sotto.
L'altro lo raggiungevo infilandomi di nascosto in ascensore e scendendo per cinque piano, passando dai sotterranei, ed era quello dell'ospedale vicino, collegato al mio.
Perché mica avrei potuto, in teoria, uscire al reparto. Eppure insistevano che dovevo mangiare tanto e mi riempivano di riso bollito scondito, patate lesse scondite, yogurt bianco se andava di lusso, pezzi di parmigiano asciutto, come secondo, e banane.
Ad un certo punto sono arrivato a portarmi cinque banane al giorno. Manco fossi una scimmietta.
Io sognavo Magnum bianchi e caffe' e, una volta al giorno, camminavo fino al bar, in pigiamo e con l'attacco della flebo nel braccio, che tanto era ovvio da dove venissimi, con quel pancione.
Due giorni in ospedale, a pochi metri di distanza da quello in cui ero io, sempre a giugno, sempre in questi stessi giorni, sempre con il caldo. E' inevitabile smuovere ricordi, un trauma che forse non ho ancora superato, visto che quando ne parlo o ne scrivo, ancora mi salgono le lacrime agli occhi.
I monitoraggi, la flussometria, l'eco di accrescimento, il cortisone e la paura che qualcosa non andasse, la paura di un'oscura malformazione o di sofferenza fetale.
Perché lui non cresceva mai e lei troppo lentamente. Solo le piastrine correvano veloci, nella direzione sbagliata.
E l'attesa. Appiccicosa, rumorosa, rude, senza nessuna intimità, da paziente, non da persona.
Negli ospedali è così, anche quando funzionano, ti trattano bene e sono puliti e competenti.
Sei comunque un caso, carne e sangue, non "Giulia".
Come allora io le visite tue e dell'Alpmarito, tu aspetti me.
Mi mancava il mio bambino, andarlo a prendere a scuola, portarlo ad allenamento, la cena, le chiacchiere, la lettura della buonanotte, i suoi vestiti sporchi da lavare, il pavimento del bagno allagato alla sua doccia, i suoi capricci, i suoi sorrisi, i suoi piedi sempre sul divano, i salti sul letto.
Non avevo timore del parto, anche se dal dolore dovevo ancora passare.
Per fortuna il tuo intervento invece è già finito, tutto bene.
Non è nulla di grave, solo che tutto dipende da come lo vivi.
Lo so che anche tu hai nostalgia di casa, del nostro cielo, della nostra aria, delle tue cose, della tua intimità.
Lo so, che ti mancano i tuoi figli grandi e i tuoi nipoti piccoli e tua madre. Il poterti muovere in autonomia.
E ripenso all'anestesia, ai quella manciata di minuti in sala parto, a dopo, in camera, quando riuscivo solo a dormire e chiedere di lui.
Lei mi ha avuto subito vicina ma, in fondo, io c'ero solo in parte.
Divisa tra l'ansia per lui, solo ai piani sopra, e per il mio bimbo grande, a casa con i nonni, entrambi lontani da me.
Ricordo i miei tentativi di tirare il latte, per lui. I quarti d'ora diventati un'ora per fargli bere 10/20 gr di latte. L'attesa di sapere se aveva ancora il sondino, se aveva preso qualche grammo oppure no, se piangeva oppure no, il rumore del saturimetro costante.
E poi le chiacchiere, le compagne di stanze che arrivavano e partivano, le infermiere, le visite serali dei parenti festanti per i nuovi nati, quando io mi rifugiavo in sala d'attesa, per stare sola a leggere, le gestanti che camminavano per i corridoi, notte e giorno, con le contrazioniola speranza.
Mi manca di nuovo il fiato. Non vedo l'ora di uscire, nell'afoso ed impietoso caos della città.
Fuori lo stesso caldo umido, lo stesso cielo.
Le stesse date, sul calendario in corridoio. Ma a due anni di distanza.
Dentro, una diversa attesa.
O forse, a ben guardare, la stessa: una madre che aspetta i suoi figli.
A casa, un'altra madre, nella stessa attesa.
Però qui si vede anche la piazzola dell'el'elicottero, che di la' sentivo ma non vedevo.
Anche il sottofondo rumoroso del traffico intenso è lo stesso, così come il caldo, quell'afa umida e quella luce troppo forte, che se non ci sei abituato ti toglie il fiato e la voglia.
Lei sonnecchia, perché non c'è molto altro da fare, quando sei ferma in un letto d'ospedale, con le medicine ad incrementare la stanchezza e l'apatia.
Vado a cercarmi un Magnum, non bianco come allora, perché lo hanno finito, ma classico.
Anche il bar è diverso. Questo è nell'atrio del piano terra, otto piani sotto.
L'altro lo raggiungevo infilandomi di nascosto in ascensore e scendendo per cinque piano, passando dai sotterranei, ed era quello dell'ospedale vicino, collegato al mio.
Perché mica avrei potuto, in teoria, uscire al reparto. Eppure insistevano che dovevo mangiare tanto e mi riempivano di riso bollito scondito, patate lesse scondite, yogurt bianco se andava di lusso, pezzi di parmigiano asciutto, come secondo, e banane.
Ad un certo punto sono arrivato a portarmi cinque banane al giorno. Manco fossi una scimmietta.
Io sognavo Magnum bianchi e caffe' e, una volta al giorno, camminavo fino al bar, in pigiamo e con l'attacco della flebo nel braccio, che tanto era ovvio da dove venissimi, con quel pancione.
Due giorni in ospedale, a pochi metri di distanza da quello in cui ero io, sempre a giugno, sempre in questi stessi giorni, sempre con il caldo. E' inevitabile smuovere ricordi, un trauma che forse non ho ancora superato, visto che quando ne parlo o ne scrivo, ancora mi salgono le lacrime agli occhi.
I monitoraggi, la flussometria, l'eco di accrescimento, il cortisone e la paura che qualcosa non andasse, la paura di un'oscura malformazione o di sofferenza fetale.
Perché lui non cresceva mai e lei troppo lentamente. Solo le piastrine correvano veloci, nella direzione sbagliata.
E l'attesa. Appiccicosa, rumorosa, rude, senza nessuna intimità, da paziente, non da persona.
Negli ospedali è così, anche quando funzionano, ti trattano bene e sono puliti e competenti.
Sei comunque un caso, carne e sangue, non "Giulia".
Come allora io le visite tue e dell'Alpmarito, tu aspetti me.
Mi mancava il mio bambino, andarlo a prendere a scuola, portarlo ad allenamento, la cena, le chiacchiere, la lettura della buonanotte, i suoi vestiti sporchi da lavare, il pavimento del bagno allagato alla sua doccia, i suoi capricci, i suoi sorrisi, i suoi piedi sempre sul divano, i salti sul letto.
Non avevo timore del parto, anche se dal dolore dovevo ancora passare.
Per fortuna il tuo intervento invece è già finito, tutto bene.
Non è nulla di grave, solo che tutto dipende da come lo vivi.
Lo so che anche tu hai nostalgia di casa, del nostro cielo, della nostra aria, delle tue cose, della tua intimità.
Lo so, che ti mancano i tuoi figli grandi e i tuoi nipoti piccoli e tua madre. Il poterti muovere in autonomia.
E ripenso all'anestesia, ai quella manciata di minuti in sala parto, a dopo, in camera, quando riuscivo solo a dormire e chiedere di lui.
Lei mi ha avuto subito vicina ma, in fondo, io c'ero solo in parte.
Divisa tra l'ansia per lui, solo ai piani sopra, e per il mio bimbo grande, a casa con i nonni, entrambi lontani da me.
Ricordo i miei tentativi di tirare il latte, per lui. I quarti d'ora diventati un'ora per fargli bere 10/20 gr di latte. L'attesa di sapere se aveva ancora il sondino, se aveva preso qualche grammo oppure no, se piangeva oppure no, il rumore del saturimetro costante.
E poi le chiacchiere, le compagne di stanze che arrivavano e partivano, le infermiere, le visite serali dei parenti festanti per i nuovi nati, quando io mi rifugiavo in sala d'attesa, per stare sola a leggere, le gestanti che camminavano per i corridoi, notte e giorno, con le contrazioniola speranza.
Mi manca di nuovo il fiato. Non vedo l'ora di uscire, nell'afoso ed impietoso caos della città.
Fuori lo stesso caldo umido, lo stesso cielo.
Le stesse date, sul calendario in corridoio. Ma a due anni di distanza.
Dentro, una diversa attesa.
O forse, a ben guardare, la stessa: una madre che aspetta i suoi figli.
A casa, un'altra madre, nella stessa attesa.
Forse è anche questa, l'essenza della maternità.
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venerdì 14 giugno 2019
Le letture di Mamma Avvocato: "Gli ultimi giorni dei nostri padri" e L'imprevedibile piano della scrittrice senza nome"
Per la rubrica le letture di Mamma Avvocato e per l'appuntamento con il venerdì del libro di Home Made Mamma, oggi vi consiglio:
La trama è originale, l'ambientazione per me familiare e piacevole (il centro storico di Torino), così come il fatto che al centro ci siano libri e scrittori, visto che io sono una buona lettrice.
La protagonista femminile, Vani Sarca, ed il Commissario sono personaggi accattivanti ed intriganti ed è facile sviluppare empatia per loro, così come è facile prendere in antipatia il belloccio scrittore di successo in crisi da pagina bianca e l'avido capo della casa editrice.
Tuttavia, l'enfasi sulla descrizione del carattere di Vani, che nei fatti si comporta in modo anomalo proprio rispetto a tale descrizione, mi è parsa noiosa ed esagerata.
Ho capito che l'autrice intende sottolienare la straordinarietà degli eventi che la travolgono ma a mio parere non c'era bisogno di insistere tanto.
Il testo è comunque scorrevole, divertente ed intrigante.
Non all'altezza dei libri di Alessia Gazzola, di cui ricorda un pò lo stile, però certamente non male. Cercherò altre avventure della serie.
"Gli ultimi giorni dei nostri padri" di Joel Dicker, pag. 462, Bompiani, 2015
e che io ho amato,
dopo "Il libro dei Baltimore", che mi è piaciuto quasi quanto il precedente,
non molto dopo "La scomparsa di Stephanie Mailer",
un pò meno belli dei primi due macomunque apprezzato e consigliato,
sono tornata a leggere un libro di Joel Dicker, in realtà il primo da lui pubblicato.
Lo scrittore è stato all'altezza delle mie aspettative, anche se con un romanzo dal ritmo decisamente più lento, con meno suspense e molto più triste rispetto a ciò a cui mi ero abituata, ben differente dai tre già citati.
Nessun assassinio da scoprire, nessun segreto nascosto che il lettore vedrà svelato solo alla fine, bensì una storia di amore e di guerra, di spie e affetto filiale, di amicizia e di legami.
Forse è proprio questo il filo conduttore delle narrazioni di Quebert, l'attenzione per i legami sentimentali e il loro riflesso sulle scelte di vita dei protagonisti.
In questo caso, l'accento è posto sulle fragilità e debolezze umane, ma anche sugli atti di eroismo e amore che gli uomini sono capaci di compiere, quando posti di fronte ad un bivio drammatico: restare umani e rischiare la morte o vivere rinnegando la propria umanità.
Una lettura forte, intensa, che in me ha lasciato il segno e dunque vi consiglio.
e
"L'imprevedibile piano della scrittrice senza nome" di Alice Basso, pag. 271, ed 2015
Ho deciso di cercare questo romanzo dopo le recensioni di "Datemiunam" e devo dire che non ne sono rimasta delusa, anche se mi aspettavo di più.La trama è originale, l'ambientazione per me familiare e piacevole (il centro storico di Torino), così come il fatto che al centro ci siano libri e scrittori, visto che io sono una buona lettrice.
La protagonista femminile, Vani Sarca, ed il Commissario sono personaggi accattivanti ed intriganti ed è facile sviluppare empatia per loro, così come è facile prendere in antipatia il belloccio scrittore di successo in crisi da pagina bianca e l'avido capo della casa editrice.
Tuttavia, l'enfasi sulla descrizione del carattere di Vani, che nei fatti si comporta in modo anomalo proprio rispetto a tale descrizione, mi è parsa noiosa ed esagerata.
Ho capito che l'autrice intende sottolienare la straordinarietà degli eventi che la travolgono ma a mio parere non c'era bisogno di insistere tanto.
Il testo è comunque scorrevole, divertente ed intrigante.
Non all'altezza dei libri di Alessia Gazzola, di cui ricorda un pò lo stile, però certamente non male. Cercherò altre avventure della serie.
lunedì 10 giugno 2019
La settimana appena trascorsa: #scintille di gioia per vedere il bicchiere mezzo pieno
La
settimana appena trascorsa è stata decisamente negativa e quella che
sta iniziando si prospetta molto faticosa (anche se spero non
altrettanto brutta).
2-
Sono
andata alla riunione
finale di sezione dei piccoli e medi dell'asilo nido di Orsetto e
Principessa,
nel corso della quale abbiamo chiaccherato con le educatrici,
ascoltato le loro idee per il futuro e visto due presentazioni con le
foto dei bimbi.
Se volete partecipare, le regole di Silvia sono queste:
Tra
la visita allergologica, un infortunio che si trascinerà a lungo di
uno stretto familiare e il mio compleanno non festeggiato affatto,
non c'è stato molto di cui gioire e nervosismo e tristezza hanno
spadroneggiato.
Tuttavia,
a voler guardare il bicchiere mezzo pieno per tirarsi su di morale,
ci sono stati anche momenti positivi e voglio sfruttare l'idea di
Silvia,
con le sue “Scintille
di gioia”,
per ricordarli.
1-
Innanzi tutto, ho ricevuto tanti
auguri di buon compleanno,
da parenti, amici e anche da conoscenti e amici virtuali. E fa sempre
molto piacere.
Il fratellone gareggia, Orsetto arrampica |
Mi alleno anche io! |
Bellissimo
vederli immortalati mentre giocano al nido con gli altri bimbi e
interagiscono tra loro e, come ormai il nido dei gemelli (che poi è
lo stesso che ha frequentato il ricciolino) mi ha piacevolmente
abituata, ancor piu' emozionante, sentir trasparire, dalle parole di
educatrici e direttrici e dalle foto stesse, la passione, la
dedizione, la cura e l'impegno che ci mettono ogni giorno, che vanno
ben oltre il progetto educativo e le attività proposte, pure
importanti e pensate;
Mi alleno anche io! |
3-
ho
potuto frequentare la lezione
di prova di antigravity
yoga,
a cui tenevo molto: un'ora di lavoro intenso e profondo, nel quale mi
sono concentrata solo sugli esercizi e la respirazione, “staccando
la testa dai pensieri”, divertendomi molto e portando a casa, come
ricordo, una schiena piu' distesa e rilassata, qualche segno rosso su
gambe e braccia e addominali profondamente doloranti per giorni ;-)
Il fratellone gareggia, Principessa arrampica |
4-
infine, sabato pomeriggio e sera abbiamo accompagnato il ricciolino
alla
prima
gara del campionato vda di mountain bike giovanissimi,
baciati
dal sole (fin troppo sole, per certi versi!) .
E'
stato molto faticoso, perchè Orsetto e Principessa correvano ovunque
e ci hanno sfinito con capricci, richieste e rifiuto di dormire.
Tuttavia,
ne è valsa la pena per osservare il ricciolino giocare allegramente
con i suo compagni di squadra, anche di diverse età, facendo gruppo
e divertendosi molto, prima e dopo la gara, cosi' come ne è valsa la pena per il
privilegio di poter guardare il ricciolino ma anche gli altri piccoli
atleti che conosciamo, sfidarsi con impegno e grinta nel percorso.
Che tenerezza e, nel contempo, ammirazione per loro!
In gara |
5- Infine, in occasione della "festa degli alberi" organizzata dal Comune e dalle scuole, il ricciolino e la sua classe hanno inventato una bella filastrocca sugli alberi e, insieme alle altre classi di scuole della zona, di ogni ordine e grado, l'hanno appesa agli alberi dei giardini pubblici, facendo poi laboratori a tema con le maestre e i volontari. Noi genitori ne abbiamo approfittato per organizzare un semplice pic nic con i nostri bimbi nello stesso parco, così da ovviare alla mancanza del servizio trasporto da/per la scuola durante il pranzo.
Un momento di socializzazione con altri genitori, vedendolo giocare con i suoi compagni, che mi ha fatto piacere.
Le filastrocche sono rimaste appese e domenica, negli stessi giardini, si è svolta la fiera annuale del baratto libri organizzata dalla biblioteca comunale.
Io ho portato a casa un bel bottino di letture, soprattutto per i bambini!
Insomma, cerchiamo di fissare i ricordi positivi e affrontare i problemi giorno per giorno.
Un momento di socializzazione con altri genitori, vedendolo giocare con i suoi compagni, che mi ha fatto piacere.
Le filastrocche sono rimaste appese e domenica, negli stessi giardini, si è svolta la fiera annuale del baratto libri organizzata dalla biblioteca comunale.
Io ho portato a casa un bel bottino di letture, soprattutto per i bambini!
Ne mancano ancora due, che Orsetto e Principessa non hanno voluto mollare |
Insomma, cerchiamo di fissare i ricordi positivi e affrontare i problemi giorno per giorno.
E
voi, avete vissuto momenti da ricordare? Piccole scintille
di gioia
da conservare?
Come fare?
1- utilizzando l'hastag #scintilledigioia condividete con una foto su
Instagram, Facebook, Twitter e/o un post sul blog tre momenti felici
vissuti la settimana precedente;
2-nominate il mio blog e date le istruzioni su come partecipare;
3- invitate chi volete a partecipare a questo bellissimo gioco;
4- inviatemi i vostri momenti felici alla mail fiorellinosn@gmail.com
mettendo come oggetto "Scintille di Gioia", in modo che io non me ne
perda nemmeno uno!
lunedì 3 giugno 2019
Con i bambini a veder la fioritura dei rododendri al Parco della Burcina e raggiungere la vetta
La primavera è la stagione dei fiori per antonomasia e, dopo mesi di neve e terra brulla, una bella passeggiata nel verde e nei colori, anche con i bambini, è sempre una splendida idea.
Se poi si possono portare anche i bambini piccoli sul passeggino da sterrato, non passano auto, vi sono tavoli da pic nic e tanto spazio per correre e esplorare, allora è ancora meglio.
Aggiungetevi che è gratuito, che è un'area naturale in cui vi sono specie di alberi e piante di ogni genere, anche rari (e decine di diversi rododendri), che fuori c'è un comodo parcheggio e pure un parco giochi, che vi sono i bagni pubblici e il dislivello da percorrere è minimo...e capirete perchè ci piace con i bambini!
Per questo, è quasi immancabile una giornata al Parco della Burcina, a maggio.
Ne ho già parlato sul blog (qui e qui), però con i bambini non eravamo mai saliti sino alla vetta, a 820 mt s.l.m. (partenza dall'ingresso di Pollone, provincia di Biella, 602 mt s.l.m.), lungo la strada sterrata che attraversa il parco, partendo dal laghetto in cui è possibile vedere tartarughe, girini e rane...
..ammirare la conca inferiore dei rododendri...
...scoprire l'albero dei fazzoletti...e il cipresso calvo, con le sue peculiari radici...
per poi salire al punto panoramico, ad ammirare le vette tra il biellese e la Valle d'Aosta, ancora innevate...
...oltrepassare l'antica Torre Martini, magari sognando che vi abiti Raperonzolo e raccontando la sua storia ai bambini,
per poi giungere al boschetto sommitale...
per godere della straordinaria vista sulla piana del biellese e sull'anfiteatro morenico della Serra...
ed infine la splendida conca superiore dei rododendri.
Il tutto senza dimenticare un pic nic all'ombra e un gelato al punto ristoro, nonchè, volendo, una visita agli asinelli.
Il ricciolino è stato soddisfatto della camminata, Orsetto e Principessa si sono dati all'esplorazione, un pò camminando un pò sedendosi sul passeggino, noi abbiamo passato una bella giornata all'aria aperta anche se, in questo pazzo maggio...con i piumini addosso!!!
La fioritura dei rododendri, comunque, vale da sola la visita. Vedere per credere!
E ora, io vorrei proprio andare ad ammirare il parco della Burcina in autunno, per vedere l'esplosione di colori delle foglie, e in una giornata di inverno, dopo una bella nevicata.
Chissà che il prossimo autunno - inverno non sia la volta buona! Ora, però, mi sta bene la primavera.
INFO PRATICHE
Il parco è dotato di servizi pubblici e di due punti ristoro, uno solo però comodamente raggiungibile con la strada sterrata e, dunque con il passeggino. Nei pressi del secondo trovate gli asinelli ed una rastrelliera per parcheggiare le bici.
Vi è un ampio parcheggio a pagamento dinanzi ai cancelli dell'ingresso, nonché una area parco giochi ben tenuto con annessa fontana di acqua fresca, nella piazzetta posta prima dell'ingresso al parcheggio.
Il parco è sito a 15 minuti da Biella (servita dall'autostrada Torino - Milano A4, uscita Carisio), 45 minuti da Ivrea e poco di più dalla base Valle D'Aosta.
I disabili e gli anziani possono accedere al parco con l'auto, in determinati orari, per ammirare le fioriture senza camminare o per un più facile avvicinamento.
NEI DINTORNI
C'è solo l'imbarazzo della scelta:
la città di Biella, con la caratteristica "Biella alta" e le vie dello shopping nella zona "nuova";
per gli amanti degli animali, il Rifugio degli Asinelli a Sala Biellese;
per chi ama la storia ed i borghi medioevali, il Ricetto di Candelo;
se piove, il Falseum, Museo del Falso e dell'Inganno, oppure il Castello di Roppolo (splendido anche con il sole);
per rimanere all'aperto, invece, una passeggiata intorno al lago di Viverone.
Se invece, siete appassionati di fiori, sempre in Piemonte vi consiglio di andare a Pralormo, tra aprile e maggio, per Messer Tulipano.
Post NON sponsorizzato
Se poi si possono portare anche i bambini piccoli sul passeggino da sterrato, non passano auto, vi sono tavoli da pic nic e tanto spazio per correre e esplorare, allora è ancora meglio.
Aggiungetevi che è gratuito, che è un'area naturale in cui vi sono specie di alberi e piante di ogni genere, anche rari (e decine di diversi rododendri), che fuori c'è un comodo parcheggio e pure un parco giochi, che vi sono i bagni pubblici e il dislivello da percorrere è minimo...e capirete perchè ci piace con i bambini!
Ne ho già parlato sul blog (qui e qui), però con i bambini non eravamo mai saliti sino alla vetta, a 820 mt s.l.m. (partenza dall'ingresso di Pollone, provincia di Biella, 602 mt s.l.m.), lungo la strada sterrata che attraversa il parco, partendo dal laghetto in cui è possibile vedere tartarughe, girini e rane...
..ammirare la conca inferiore dei rododendri...
...scoprire l'albero dei fazzoletti...e il cipresso calvo, con le sue peculiari radici...
Atmosfera ancora invernale e sfondo innevato. Ricciolino e Orsetto osservano le radici del Cipresso Calvo. |
Lo stranissimo "Albero dei fazzoletti" |
Principessa in osservazione! |
Torre Martini |
per godere della straordinaria vista sulla piana del biellese e sull'anfiteatro morenico della Serra...
ed infine la splendida conca superiore dei rododendri.
Il tutto senza dimenticare un pic nic all'ombra e un gelato al punto ristoro, nonchè, volendo, una visita agli asinelli.
Il ricciolino è stato soddisfatto della camminata, Orsetto e Principessa si sono dati all'esplorazione, un pò camminando un pò sedendosi sul passeggino, noi abbiamo passato una bella giornata all'aria aperta anche se, in questo pazzo maggio...con i piumini addosso!!!
La fioritura dei rododendri, comunque, vale da sola la visita. Vedere per credere!
E ora, io vorrei proprio andare ad ammirare il parco della Burcina in autunno, per vedere l'esplosione di colori delle foglie, e in una giornata di inverno, dopo una bella nevicata.
Chissà che il prossimo autunno - inverno non sia la volta buona! Ora, però, mi sta bene la primavera.
INFO PRATICHE
Il parco è dotato di servizi pubblici e di due punti ristoro, uno solo però comodamente raggiungibile con la strada sterrata e, dunque con il passeggino. Nei pressi del secondo trovate gli asinelli ed una rastrelliera per parcheggiare le bici.
Vi è un ampio parcheggio a pagamento dinanzi ai cancelli dell'ingresso, nonché una area parco giochi ben tenuto con annessa fontana di acqua fresca, nella piazzetta posta prima dell'ingresso al parcheggio.
Il parco è sito a 15 minuti da Biella (servita dall'autostrada Torino - Milano A4, uscita Carisio), 45 minuti da Ivrea e poco di più dalla base Valle D'Aosta.
I disabili e gli anziani possono accedere al parco con l'auto, in determinati orari, per ammirare le fioriture senza camminare o per un più facile avvicinamento.
La cartina del parco della Burcina |
NEI DINTORNI
C'è solo l'imbarazzo della scelta:
la città di Biella, con la caratteristica "Biella alta" e le vie dello shopping nella zona "nuova";
per gli amanti degli animali, il Rifugio degli Asinelli a Sala Biellese;
per chi ama la storia ed i borghi medioevali, il Ricetto di Candelo;
se piove, il Falseum, Museo del Falso e dell'Inganno, oppure il Castello di Roppolo (splendido anche con il sole);
per rimanere all'aperto, invece, una passeggiata intorno al lago di Viverone.
Se invece, siete appassionati di fiori, sempre in Piemonte vi consiglio di andare a Pralormo, tra aprile e maggio, per Messer Tulipano.
Post NON sponsorizzato
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