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martedì 17 maggio 2016

Una fantastica giornata al Salone del Libro di Torino

Ieri il Salone del libro di Torino ha chiuso i battenti per il 2016, come al solito registrando un altissimo numero di visitatori.

Per me, la gita annuale al salone del libro rappresenta quasi un must e, da un paio di anni, è diventata un'occasione per trascorrere una intera giornata infrasettimanale con mio figlio, in mezzo agli amati libri.

Anche quest'anno, ad emozionare il ricciolino è stata già l'attesa della gita, la scelta di andarci, oltre che con la nonna, che ci aveva accompagnato anche l'anno scorso, con una amichetta e la sua mamma.
E  poi il "viaggio" in treno e la metropolitana, il pranzo al sacco e, naturalmente, gli acquisti libreschi.

Abbiamo giocato a carte e chiaccherato in treno, superato i metal detectors con il ricciolino molto interessato al loro funzionamento e poi ci siamo subiti diretti, armati di cartina, al padiglione dedicato ai bambini/ragazzi, con l'angolo di "Nati per leggere" (dotato di sala per allattamento e biberon e tanti cuscini e sedute per il relax di mamme e bimbi, nonchè di libri in visione) e la "libreria dei ragazzi", in cui, divisi per età e tema, vi sono le proposte per i piccoli lettori di tutte le case editrici riunite insieme.

Il ricciolino ha sfogliato libri per un'ora e compiuto le sue scelte, dimostrando ancora una volta di avere le idee chiare, senza fare capricci per un libro in più quando avevamo raggiunto il massimo imposto.

Quindi, abbiamo mangiato i panini seduti fuori e poi siamo andati in giro per gli altri tre padiglioni, tra gli stands delle varie case editrici, dalle più grandi alle più piccole e settoriali (che personalmente mi piacciono di più) a scovare chicche e novità.

Il tempo è volato, anche con qualche scoperta tecnologica ed un gonfiabile gigante a forma di coniglietto rosa!

Purtroppo quest'anno non abbiamo incontrato Topo Tip e Supermann, forse perchè siamo ripartiti troppo presto (alle 16,00), ma sei ore per il ricciolino e la sua amichetta erano già abbastanza.

E' stato bellissimo vedere tanti bambini, anche piccoli, sfogliare e scegliere libri, ascoltare incantati le storie e osservare ammirati pop - up ed illustrazioni.
Ed è stato molto tenero vedere il ricciolino e la sua amichetta farsi leggere da noi mamme, a turno, i libri appena acquistati, anche se seduti per terra tra uno stand e l'altro!



Al ritorno, in attesa della partenza, il capo macchinista ci ha anche mostrato la "cabina di guida" del treno ed il funzionamento dei vari comandi, per la gioia del Petit Prince!

Secondo me, l'amore per la lettura si può trasmettere ed insegnare, anche così.



Certo, non è rimasto molto tempo per guardare con attenzione gli stand dei libri per adulti e sfogliarli con calma come mi sarebbe piaciuto, nè per partecipare agli incontri con gli autori ma per quello credo ci sarà tempo, magari programmando una entrata serale per me e l'Alpmarito, soli, il prossimo anno, in aggiunta alla giornata con il Petit Prince.

E voi, siete mai stati al Salone del libro di Torino ? E in altre fiere di libri, anche se più piccole ?
Avete portato con voi i vostri bimbi?




lunedì 22 febbraio 2016

Arrampicare. E crescere. Storia di una famiglia e della passione per la scalata.

Quando ho incontrato l'Alpmarito per la prima volta, avevo da poco conosciuto l'arrampicata in falesia per il tramite di una guida alpina, che mi ci ha portato qualche volta, facendomi capire quanto fosse bello scalare.

Avevo comprato i primi rinvii con i soldi guadagnati con il lavoro estivo al rifugio.
Le scarpette, acquistate in comune con mio fratello maggiore, stavano scomode ad entrambi.
Come molti principianti, ci eravamo fatto fregare da quella massima circolante tra gli scalatori che dice  che dovrebbero essere di due numeri più piccole.
Personalmente, la ritengo ancora una fesseria, ma sono opinioni.

Non avevo una corda adatta, nè un discensore, tanto c'era la guida.

Una delle nostre prime uscite a due, fu un romantico appuntamento in falesia.
Ricordo ancora benissimo quale, non è lontano da dove vivo oggi.
Io avevo mentito spudoratamente sul mio livello di capacità, per fare colpo su di lui.
Gli sono ancora grata per non essersela data a gambe dopo il quasi incidente provocato dalla mia imperizia, visto che ancora le aveva, le gambe.

Poi ci furono le uscite con gli amici, le falesie  in quota, i viaggi/vacanze con mete arrampicatorie (vedi Corsica, Liguria, le Dolomiti, il Friuli Venezia Giulia ecc), le arrampicate con gli amici, i pomeriggio dopo lo studio (all'epoca entrambi eravamo all'Università) a fare due tiri nelle falesie vicine, i weekend passati ad arrampicare, i primi tentativi di boulder, ovviamente senza alcun materasso o crash pad che dir si voglia, e la prima palestra di arrampicata.

Convinsi io l'Alpmarito ad andarci, quando eravamo entrambi studenti universitari fuori sede.
Era poco più di un buco, un garages riadattato a muro di scalata da un volenteroso dipendente di una palestra "normale".
Noi facevamo l'abbonamento alla sala pesi ma dopo pochi minuti di cyclette, scappavamo in garages.

Dopo un anno abbandonammo il garages per il Bside, famosa palestra di arrampicata indoor di Torino, a cui arrivavamo e da cui tornavamo in autobus, di sera tardi, vestiti come straccioni, con le scarpette in un sacchetto di plastica e cinque euro in tasca, perchè bisognava attraversare mezza città, tra cui un quartiere periferico tutt'altro che raccomandabile, figuriamoci per una ragazza.
Seguimmo la palestra nel suo trasloco in altra zona di Torino, tutt'altro che bella di sera pure quella (per intenderci, tra il cimitero comunale e l'area industriale), passandoci alcune delle ore più piacevoli dei nostri anni di permanenza all'Università.




Lui migliorava a vista d'occhio, io molto meno ma mi divertivo da matti.
Intanto, ogni bella giornata del fine settimana o dell'estate era l'ideale per escursioni, gite in ghiacciaio e, naturalmente, scalata vera, quella su roccia anzichè su prese artificiali.

E poi ci fu la convivenza, il matrimonio, la nascita del nano e la palestra di Q., che nel tempo è cresciuta, diventando luogo di ritrovo, bacino di tanti giovani scalatori della zona e seconda casa per molti appassionati.



E con lei, è cresciuto il ricciolino biondo.
Le prime volte, se ne stava semplicemente addormentato nella culla, mentre noi scalavamo un pò, per poi iniziare a gattonare, camminare e correre sui materassoni.

 Era ancora un nanerottolo, la prima volta che ha iniziato a toccare tutte quelle curiose prese colorate!






Per poi avere voglia di salire un pochettino...
e iniziare a cimentarsi da solo o con il nostro aiuto!







 E a me sembra incredibile, oggi, vedere quanto è cambiato, in questi quattro anno di...vita e palestra!



Ora le scarpette non si limita a guardarle, buttarle tutte a terra e mischiarle.
Ora ha le sue, che indossa da solo, prima di lanciarsi a scalare nella parete più semplice, giocando a chi arriva prima più in alto, con noi o con gli amichetti.






Perchè il bello è che nel frattempo anche qualche altra coppia ha iniziato a portare i figli, alcuni saltuarimente, altri regolarmente. Così sia noi che il ricciolino biondo abbiamo una motivazione in più per non perdere il nostro appuntamento settimanale con la parete artificiale.
E non importa se, tra una sequenza di prese e l'altra, il gioco preferito dei bambini è manomettere gli attrezzi ginnici, correre come dei matti sui tappetoni, lanciare ovunque la pallina da ping pong o saltare sul "salterello", ossia il tappeto elastico, ingurgitando biscotti a volontà proprio prima di cena!!



Il bello è che lui e noi ci divertiamo, ora come allora.



Spesso alcuni ci fanno battute del tipo: "Volete che diventi un campione?" , "Chissà che bravo diventerà da grande, iniziando già da piccolo!"

Ecco, no.
Intanto, come diceva il mio maestro di scherma: i piccoli campioni di oggi, possono essere gli adulti perdenti di domani; i piccoli perdenti di oggi potranno diventare i grandi campioni di domani.
Perchè da piccoli, è più facile emergere ma poi ci vuole costanza, determinazione e anche fortuna per continuare e c'è chi matura prima e poi si perde e chi matura dopo ma resiste.

E poi io e l'Alpmarito siamo sprovvisti di spirito agonistico in senso classico e anche se ci piace metterci alla prova, la sfida è con noi stessi.
Il ricciolino biondo, a dire il vero, per ora dimostra tutta l'ambizione che non abbiamo noi, però non è detto che non cambi o la convogli in tutt'altre attività o nello studio, chissà.
L'importante è che sia felice, qualunque sia la strada che sceglierà.
Il successo richiede impegno costante, rinunce, sacrifici, genera invidia e ansia.
Non sono certa di volerlo augurare a mio figlio, a meno che non sia lui a sceglierlo.
In quel caso, però, qualunque sarà il traguardo, io apprezzerò sempre l'impegno, non il risultato!!!

Certo, noi cerchiamo di indirizzarlo verso attività che piacciono anche a noi, che ci consentano di stare insieme e che crediamo "scuole di vita" ed ambienti "sani".
Per questo lo portiamo in palestra anzichè sul campo da calcio, per ora.
Per questo, abbiamo iniziato a farlo scalare anche su roccia, ridimensionata per il momento la (normale e sana) paura dell'altezza che invece aveva la scorsa estate.


Non so cosa piaccia dell'arrampicata, per ora, a nostro figlio. Non riesce ancora ad esprimerlo.

Conosco, però, le sensazioni che trasmette a me: il contatto con la roccia, calda o fredda che sia, che ti fa sentire parte di essa, della natura; la concentrazione estrema in ogni gesto, la consapevolezza del proprio corpo, dell'equilibrio,  della forza della muscolatura anche del singolo dito del piede, il senso di responsabilità, la paura di cadere e il coraggio di non mollare, l'attimo in cui ti sporgi indietro, ti fidi della corda e del tuo compagno e ti lasci calare, abbandonando la roccia con mani e piedi, l'ebrezza dell'altezza, il cameratismo che crea arrampicare insieme, la fiducia nel compagno di scalata, la soddisfazione di aver superato un passaggio difficile ed i propri limiti, l'eleganza di un gesto, di un movimento, il senso di appagamento, l'estraniamento dalla realtà quotidiana, da ansie e preoccupazioni diverse.
Perchè per arrampicare bene, devi concentrarti. Concentrandoti, svuoti la mente e vivi solo il presente, l'attimo che è.
Come nello yoga, forse come nella meditazione.
Non capita sempre ma quando capita, è catartico.

L’arrampicata è sicuramente il modo più facile per me di entrare in quello stato mentale in cui sei completamente presente nel momento, completamente in sintonia con il tuo corpo.
Ma non in un modo intellettuale. Solo rispondendo al momento presente, dove non hai tempo per pensare.
Reagisci e veramente fluisci.
Chris Sharma

da "Yogarrampicata" di Alberto Milani, ed. Versante Sud.
Un libro di cui ho intenzione di parlarvi presto, per altro!


E voi, avete una passione che è cresciuta con voi ? Una passione che unisce la vostra famiglia o la vostra coppia o condividete con i vostri figli?



martedì 16 febbraio 2016

Tappe

In principio fu la sdraietta, lavata,ripiegata e riposta nell'armadio dopo la prima volta che il ricciolino, all'epoca ancora pelatino, riuscì a darsi una spinta decisa e ribaltarsi faccia a terra con lei (era poggiata sul pavimento, su un tappeto, come si erano raccomandati al corso preparato, quindi non ci furono conseguenze, solo lo spavento).
(Uguale a questa, la cui immagine e' tratta dal web)
Più o meno contemporaneamente, fece la stessa fine anche la giostrina per bebe' da porre a terra, che il nanetto si era ripetutamente tirato addosso nel tentativo di usare le gambe della giostra per tirarsi in piedi.
(Immagine dal web)
Poi fu il fasciatoio.
Scomparve dal bagno lasciando un ripiano improvvisamente intonso, presto riempito da libri e riviste.
Poi ci fu l'abbassamento del lettino, il vassoio del seggiolone asportato, una barra laterale del lettino sostituita con una sponda bassa e il materassino da Boulder prontamente riciclato come tappeto di emergenza in caso di cadute accidentali.
I biberon sparirono, sostituiti prima da tazze con il beccuccio di plastica, osteggiate dall'Alpmarito, poi da bicchieri di vetro e borracce di alluminio per le passeggiate.
Il coltello a tavola si affiancò alla forchetta, i piatti piccoli vennero dimenticati in favore del servizio "da tutti i giorni".
E naturalmente, sparirono anche cucci, catenine porta ciuccio e contenitori per il ciuccio.
Poi fece la sua comparsa il comodino, con due capienti cassetti e una lampada arancione, per "leggere" a letto come mamma e papà e riporre disegni, fogli, matite, pennarelli, libri e milioni di cianfrusaglie considerate "tesori".
Ben presto, il lettino con le sbarre da un lato, venne sostituito dal letto ad una piazza da adulto, il materasso nuovo e il piumone come i grandi.
Fece così la sua scomparsa anche il carillon per la nanna, a cui da tempi erano state asportate le apine danzanti, causa continuo tentativi di rottura messi in atti dai calci del ricciolino biondo.
(Immagine dal web)

Frattanto, il seggiolone perse le cinture, ovetto e seggiolino per auto vennero sostituiti con modelli da bimbo più grande, il passeggino ci abbandono' definitivamente (mentre la carrozzina praticamente non la usammo mai), sostituito dalla bicicletta senza pedali e dal monopattino.



Mentre il poggiapiedi del seggiolone si abbassava tacca dopo tacca, arrivo' la bici con i pedali, prima con le rotelle, poi senza.


Infine, gli sci da fondo e la bici "da grande".



Nanna, il suo amato doudou, cesso' di essere una presenza costante ed indispensabile alla sua serenità.





Non smise di essere cercata, abbracciata, coccolata, portata a scuola e tenuta vicino al letto, ma senza più l'assiduità di prima, senza più apparire come una sua appendice, affiancata da peluche sempre diversi, di volta in volta "amici del cuore.

Infine, pochi giorni fa, persino il seggiolone in se', in realtà destinato ad accompagnarlo come sedia alta per altri due anni, e' stato snobbato, ripiegato e riposto in un angolo.

 
(immagine tratta dal web)

A lui, così comodo, di design e funzionale, il ricciolino biondo ha preferito una sedia normale, anche se ora per mangiare alla giusta altezza gli tocca stare seduto sulle ginocchia.
Così, lui si sente grande e questo gli basta.

E mentre in me si alternano orgoglio, tanta nostalgia e molta commozione, la casa cambia volto, ancora una volta.


E voi, come vivete questi piccoli ma importanti cambiamenti? Vi vengono, qualche volta, le lacrime agli occhi, dalla gioia di vedere i vostri figli crescere e contemporaneamente dalla nostalgia?
Li attendete con ansia o li temete un pochettino?

giovedì 11 febbraio 2016

Carnevale di Ivrea 2016

Essere eporediese significa vivere il Carnevale.
Alcuni (pochi) lo detestano, la maggioranza lo ama e lo attende un anno intero.
Tutti,  alla fine, comunque lo vivono.
Perchè è l'evento dell'anno, che sconvolge la città, la trasforma, blocca traffico e attività, trasfigura e sovverte i ruoli.

Quest'anno, per me, è stato ancora più bello e coinvolgente, perchè alle emozioni che mi trasmette da sempre, si è aggiunta quella di conoscere la Mugnaia, il personaggio femminile principale, l'eroina della città per i giorni di festa, nonchè il Toniotto, ossia il marito della Mugnaia, un amico d'infanzia, e una delle damine della Mugnaia, niente meno che parente.


Non ho potuto vivere il Carnevale momento per momento, come avrei voluto, perchè la presenza del Petit Prince e la necessità di far divertire anche lui e farlo stare anche con i suoi amici di scuola ci hanno costretto a saltellare tra i due Carnevali, però me la sono goduta.

C'e' stata la sera della presentazione della Mugnaia (il cui nome rimane segreto tranne che agli invitati alla presentazione e alla cerchia dei familiari, che lo vengono a sapere con un minimo di anticipo), a cui ho partecipato da vicino per la prima volta.
Solennità, commozione, cerimoniale, eleganza e allegria, insieme.


C'è stato l'orgoglio per la spendida damina..




La piazza gremita, la distesa di cappelli frigi, l'emozione negli occhi della prescelta e degli amici e conoscenti.



L'uscita sul balcone e l'acclamazione degli eporediesi.


L'inizio della sfilata del corteo storico e delle squadre degli arancieri...


 una Mugnaia ed un Toniotto 2016 che migliori di così, non avrebbero potuto essere.

E naturalmente, la battaglia, anche sotto la pioggia battente della domenica e del martedì.
Perchè a Carnevale, gli arancieri, i pifferi e tamburi, il corteo storico, il pubblico: non li ferma niente e nessuno.




Il "mio" Borghetto addobbato a festa, ogni anno in modo diverso e originale ma sempre di rosso e verde vestito.








Le arance pronte, per grandi e piccini..



Il mio piccolo Tuchino impegnato a "ricaricare", tirare e, naturalmente, rifocillarsi!




E anche io, quando lui è tornato a casa con la nonna, vinto dalla stanchezza e stufo di prendere arance addosso, in piazza, a sfogarmi.


Perchè tirare le arance, essere lì, con la tua divisa, tra la gente della tua squadra, uniti dalla voglia  comune di dare battaglia e contemporaneamente fare festa, pronti a tirare con forza, passione, impegno, durezza, precisione, ma senza rabbia, senza cattiveria, è quasi catartico.
Ti prende, ti cattura, ti fa dimenticare la quotidianità, anche i lividi che a volte ti porti a casa.
Ti lascia solo la voglia.
La voglia di esserci l'anno successivo,
quella voglia che si accende nel cuore al primo suono di pifferi e tamburi, nella fredda giornata dell'Epifania, 
quella voglia che il fuoco di tre giorni di battaglia estingue solo temporaneamente.

Perchè il Carnevale è questo, una festa di popolo in cui i ruoli cessano di essere quelli quotidiani, in cui volendo ci si può lasciare andare. 
E ritrovi in piazza i conoscenti, compagni di scuola, di sport, gli amici di sempre, quelli con cui tiravi già da bambina, poi diventati ragazzi come te e poi adulti e ora, tornati magari da luoghi lontani di lavoro e residenza apposta per la feste, nella zona del tiro dedicata ai bambini, con i loro figli, a trasmetter loro la tradizione.


Anche se nei giorni successivi, tocca lavare, strofinare e ancora lavare, divise, stivali, borse e scarpe, con quell'odore di arancia amara un pò asprigna nelle narici che rimane a lungo, sugli abiti, nelle piazze, tra le vie della città.



Anche questo, però, in fondo fa parte del gioco e della magia del Carnevale di Ivrea.