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domenica 7 gennaio 2018

Un anno "all'altezza dei sogni che ho".Forse

È trascorso un altro anno.
Un anno, per me e la mia famiglia, a dir poco impegnativo.

La fine dei “lavori grossi” alla casa, la gravidanza gemellare, decisamente più impegnativa del previsto, tre lavori in contemporanea per l’Alpmarito, il ricovero in ospedale, il primo della mia vita, le preoccupazioni, la nascita pretermine, la TIN, l’estate calda, il trasloco, la ripresa del lavoro, la quotidianità con due gemelli + un seienne, la fine della materna e l’inizio delle elementari per il ricciolino, la perdita della gatta, la nonna ammalata..


Eppure siamo sopravvissuti, così come siamo sopravvissuti a queste feste, le più malaticce e faticose di sempre, che di certo non si possono definire “vacanze”.

La stanchezza è profonda e il fisico mi sta chiedendo ora il conto di ciò che, nel bisogno contingente, ha retto.
Eppure mai come quest’anno dico grazie a lui, il mio corpo.
Così imperfetto esteticamente (almeno ai miei occhi critici) ma anche così forte e capace.

L’inizio dell’anno è tempo di propositi e sogni, eppure io non ne ho molti da formulare.

Potrei dire che desidero un anno tranquillo e sereno, ma la verità è che la vita, quella vera, è raramente tranquilla.
E forse forse, come diceva ieri un amico a cena, se lo fosse sarebbe noiosa.

Di certo, sogno un anno di salute per tutti.

Due soli propositi, piccoli piccoli ma per me importanti: perdere due chili e chiudere tutti i boulder verdi della sala.
Per realizzarli bisognerà correre e faticare ma, ormai, so che sono in grado di farlo, basta volere.
E poi un anno è lungo!

Per il resto, puntiamo a sopravvivere alla quotidianità e agli imprevisti e collezionare momenti felici.

Come dice il grande Liga: “Voglio un mondo all’altezza dei sogni che ho”.
E so che dovrò mettercela tutta per ottenerlo, ma cercherò di farlo un pezzettino per volta, senza più fretta e frenesia.
È vero che la vita è breve, ma è il viaggio che conta e io vorrei godermelo il più possibile.

E questo è tutto.
Da domani correrò ancor di più, perché ricomincia la scuola del ricciolino e comincia una nuova grande avventura per i piccoli di casa.
Domani, si inizia l’inserimento al nido.

Adesso, a pensare di dover preparare e portare fuori tre bambini entro le otto meno un quarto da sola, mi viene la nausea.
Già so che domani e le mattine a venire, malediro’ il mondo intero.
Eppure “sa’ da fare” e lo farò, in qualche modo.

Intanto, vado a controllare i piccoli che strillano sul tappeto gioco e mi preparo per un’altra faticosa giornata e per una bella merenda tra amici.

Perché insieme, si sta sempre meglio.

martedì 1 agosto 2017

Un mese con i gemelli

Il 25.07.2017 era la mia DPP, anche se ginecologi ed ostetriche mi avevano spiegato che i gemelli si considerano a termine alla 37esima settimana e dunque avrei dovuto considerare come DPP il 4.07.2017.
Invece a 35+3 mi hanno indotto il parto.



Così i miei bimbi sono nati di otto mesi, 1670 gr lui, 2200 gr lei.
A più di un mese dalla nascita, i miei piccoli hanno recuperato più che bene, prendendo circa 1200 gr ciascuno!


È stato un mese intenso, emotivamente e fisicamente.
Un mese iniziato con sette giorni di ospedale post nascita, divisa tra malessere fisico, la piccola in camera con me, il tiralatte e la TIN, ovvero la terapia intensiva neonatale, distante solo un piano di ospedale ma, nello stesso tempo, praticamente un altro mondo.
Un mese proseguito con lei a casa, l’Alpmarito di nuovo all’estero, lui in TIN a Torino ed io a fare su e giù per stare con entrambi e dare al mio ranocchietto un po' del mio latte e, soprattutto, del mio amore e del mio incoraggiamento.
Senza dimenticare pratiche e burocrazia necessarie a riportalo a casa.
Con il cuore diviso, le lacrime sempre agli occhi, le gambe deboli, la mente colma di pensieri, paure e speranze. Sempre in piedi, sempre attiva, perché chi si ferma è perduto.
Un mese terminato con le sue dimissioni, il viaggio verso casa, io e lui, e una nuova famiglia a cinque che nasceva.

E poi poppate al seno, tiralatte, tiralatte, biberon, biberon, biberon, pannolini, pannolini, pannolini e ancora pannolini.

Perché se c’e una cosa che abbiamo capito subito, mio marito ed io, è che quello che con il primogenito ci era sembrato un periodo duro è stancante, era una passeggiata in confronto a questo.
Lui che mangiava otto volte al giorno (e dunque con minimo otto cambi di pannolino) ed impiegava un’ora intera per ogni singolo biberon, a cui aggiungere tempi di digestione e cambio, lei con sette pasti al giorno, seppur più veloci.
Fate un rapido calcolo, aggiungete tre ore giornaliere al tiralatte e capirete che non rimaneva spazio per null’altro, ne’ di giorno ne’ di notte.

Nello stesso tempo però, è stato stranamente tutto più semplice: sapevamo già che latte, prodotti e pannolini acquistare e dove, come preparare i pasti, cambiare, pesare e far digerire. E molti timori li avevamo già affrontato e gestiti. Abbiamo ripreso la manualità ed il ritmo rapidamente.
E poi non c’era il tempo per dubbi e incertezze e, per me, neppure più per lacrime e malinconia.
Anche perché, in tutto questo, c’era pure lui, il primogenito.
Con i suoi bisogni, i suoi impegni, le sue richieste di attenzioni.
E c’era il cantiere, con materiale da scegliere e ordinare, lavori da fare e coordinare, spese da affrontare e burocrazia da espletare.
Il baby blues che avevo sperimentato i primi tempi dopo la nascita del ricciolino e che temevo, è svanito alle mie dimissioni, inghiottito dall’urgenza di prendersi cura dei miei due piccoli amori, di essere presente, di fare, di curarmi e curarli.
E dalla gioia di averli entrambi sani e a casa.


Dopo un mese e molti grammi, poppate, ml di latte tirato, preparato e somministrato, pannolini, ruttini e nottate come le giornate, il tempo continua a non esserci e  i pasti sono passato rispettivamente a sette per lui e sei per lei. Non esattamente una rivoluzione.
La casa, sempre quella vecchia, è un casino.
Il cantiere edile è ancora un cantiere ed il ricciolino inizia ad accusare il colpo e, se verso i fratellini è attento ed affettuoso, con noi è diventato una sfida continua.
Ma va bene così perché io sono stanca, stravolta e felice.

P.s. E questo anche grazie all’affetto ed all’appoggio che ho ricevuto da parenti, amici e persino semplici conoscenti. Un senso di comunità amica che non mi aspettavo e che mi ha colmato di riconoscenza. 

Anche questo aspetto, come la TIN però, meritano un post a parte.

mercoledì 21 giugno 2017

Sognando voi...quel che vorrei

Fatico ad immaginarvi, a darvi un volto.
D’altro canto, neppure con il ricciolino c’ero riuscita.
Non riesco neppure a pensarvi come lui.
So, però, quello che vorrei. Sogno.



Vorrei che foste di “sana e robusta costituzione”, come il ricciolino.
Vorrei potervi portare presto in montagna, anche se non troppo in alto, per sfuggire a questo caldo torrido. 
Vostro fratello è stato più fortunato, se si può chiamare fortuna nascere in periodo di giornate corte e grigie, freddo e pioggia.Difendersi dal freddo, comunque, è più facile.
Vorrei riuscire a portare il ricciolino al lago spesso, questa estate. Con voi. Approfittando della pausa lavorativa che inevitabilmente dovrò prendermi (e sarebbe pure ora!)
Vorrei che aveste una cameretta vostra fin dai primi mesi e vorrei che finalmente anche il ricciolino potesse godere di uno spazio tutto suo. 
Non che prima gli sia mai pesato, sia chiaro, ma ora inizia ad avere questa esigenza e noi con lui.
Vorrei portarvi presto a passeggiare in montagna, sullo zaino porte enfante. E’ già immagino la fatica di preparare gli zaini e partire in cinque, ma non importa. Spero che la passione sia più forte della fatica, anche questa volta.
Vorrei presentarvi alle maestre della materna del ricciolino, che tifano per voi fin dalla notizia della gravidanza.
Vorrei insegnarvi a suonare il pianoforte. Insegnarlo a tutti e tre oppure, se non vi andasse, vorrei suonare per voi e vedervi appassionare alla musica in modo attivo. Non mi importa a che età e con quale strumento, voce compresa.
Vorrei portare a sciare tutti e tre e approfittarne per sciare anche io con l’Alpmarito.
E vorrei che fosse sci di fondo ma anche discesa, un giorno. 
Vorrei fare con voi e l’Alpmarito il corso di acquaticita’ a tre mesi o poco più, magari mentre il ricciolino gioca nella corsia a fianco. 
Non so se ne avrò le forze, il tempo, la capacità organizzativa. Anche in questo caso, spero che la passione vinca sulla stanchezza inevitabile e sulle difficoltà pratiche.
Vorrei portarvi tutti e tre al Salone internazionale del libro di Torino ed in biblioteca regolarmente. 
Circondarvi di libri non sarà difficile, ne abbiamo già una caterva (ma non bastano mai).
Vorrei vedervi giocare insieme, magari qualche volta senza litigare!
Vorrei vedere il ricciolino tenervi tra le braccia e coccolarvi.
Vorrei portarvi ad arrampicare presto, in palestra e fuori, come abbiamo fatto con il ricciolino.
E far crescere insieme le stesse passioni.
Vorrei fare una vacanza itinerante in bicicletta. Tutti e cinque, quando sarete in grado.
Vorrei portarvi al mare, tutti e tre. Il ricciolino lo chiede già a gran voce, sappiatelo.
Vorrei riuscire a godermi ogni singolo giorno con voi, più di quanto abbia fatto con il ricciolino.
Perché ora so, non per sentito dire ma per averlo provato, quanto veloce passi il tempo e quanto prezioso sia ogni singolo istante da mamma, irripetibile.
Vorrei riuscire a dedicare, ad ognuno di voi tre, momenti da soli, a fare insieme ciò che più vi piace o piacerà. Senza trascurare nessuno.
Vorrei riuscire a fare insieme a voi, almeno qualche volta, qualcosa che vi coinvolga tutti e piaccia a tutti. Per essere famiglia, in tutti i sensi.
Vorrei saper passare sopra a caos, fatica e capricci più facilmente di quanto sappia fare ora, per voi, per il ricciolino, per me stessa. Perché temo che sarà indispensabile per sopravvivere, questa volta.
Vorrei essere una madre migliore, una persona migliore. Perché anche se già con il ricciolino ho messo tutto il mio impegno, so bene di avere ancora ampi margini di miglioramento.
Vorrei vedervi presto, subito.
Ma, nello stesso tempo, spero con tutto il cuore che non abbiate bisogno di TIN o tubicini, in qualunque momento decidiate di nascere o i medici decidano per voi.
Vorrei stringervi a me, ora. E vorrei farlo con accanto l’Alpmarito e sulle gambe il ricciolino.

Vorrei, voglio, proverò, posso.
Questa sera, però, prevalgono ansia e malinconia.