sabato 20 luglio 2013

Rabbia e delusione in un sabato di piacevoli passeggiatine

Oggi, in una giornata per altri aspetti tranquilla e piacevole, allergia che mi tormenta a parte, sono accaduti due episodi che hanno generato in me rabbia e delusione.

Il primo è aver letto, su un giornale a tiratura nazionale, un commento sul bambino morto arrampicando in Falesia, di cui ho già parlato in un post pochi giorni fa.

L'articoletto era accompagnato da due commenti. Uno, a mio parere, intelligente, l'altro, invece, eccessivamente superficiale.

Quest'ultima affermava che gli sport estremi andrebbero affrontati con maturità fisica e mentale, verso i 16 17 anni e non prima.

Mi permetto di mettere in dubbio la ragionevolezza di tale consiglio.

Intanto mi piacerebbe capire che 16enni conosce questa esperta, perché io non vedo tanta maturità mentale in quelli che conosco, poi vorrei domandare se ha mai praticato uno sport in vita sua e se non ritiene diseducativo suggerire di non praticare certi sport nell'infanzia, quando il numero di obesi, sedentari e narcotizzati dalla televisione e' in continua allarmante ascesa, secondo le statistiche.

Soprattutto, però, mi fa rabbia sentir definire "estremo" e dunque pericoloso uno sport che:

1- e' molto più di questo, e' uno stile di vita, come tanti sport all'aria aperta o a contatto con gli animali;

2-è l'evoluzione sicura di ciò che fanno tutti i bambini naturalmente, ossia cercare di arrampicarsi ovunque e salire ovunque;

3- di estremo, se praticato come faceva quel bambino, ossia in falesia ( pareti attrezzate con spot e soste sicure, corde, rinvii ecc. E non in libera - slegato- sulla cresta di una montagna in più o meno alta quota),non ha un bel niente, tranne l'incredibile passione e innamoramento che genera in chi lo prova.

Quel bambino è morto per molti motivi, fra cui, forse, anche se non sta certo a me giudicare e svolgere indagini, la disattenzione e la superficialità degli adulti che lo accompagnavano e che avrebbero dovuto prendereste cura come si fa sempre con un 12enne, soprattutto se maneggia oggetti a cui affida la sua vita e che possono essere manipolato da lui o da altri ragazzini. Certamente, però, non è morto perché l'arrampicata in falesia e' uno sport estremo e pericolosissimo.

Sia chiaro, io non voglio diffondere o difendere la diffusione di questo "sport", perché ultimamente e' già diventato fin troppo di moda, per i miei gusti, con conseguenti affollamenti di pareti e ambienti, incremento dei prezzi dell'attrezzatura (perché la legge del mercato, si sa, in Italia non esiste), presenza di persone poco educate che inquinano e non rispettano ne' la roccia ne' la montagna.

Mi infastidisce, tuttavia, che opinionisti e giornalisti si permettano di giudicare ed etichettare ciò che non conoscono, per di più quando, mi pare, c'è di mezzo un bambino.

Il secondo episodio mi riguarda più da vicino.

Oggi, al parco giochi, il nano e' stato importunato da alcuni bimbi più grandi, che hanno cercato di farlo cadere dalla sua bicicletta a, che ovviamente non ha mollato e lo hanno deriso perché ha chiamato la sua mamma in soccorso.

Non c'è lo ho con i bambini, che hanno fatto branco e che, seppur di qualche anno più grande, certo non avevano la maturità per capire che lui era piccolino ecc, ma sono rimasta delusa dai genitori, due coppie, che hanno continuato a chiacchierare tra loro a pochi passi, pur vedendo e ascoltando tutto.

Ecco. Gliene avrei dette quattro, la leonessa che in me si è svegliata all'istante.

Non lo fatto, però, ho portato via il nano, spiegando gli ad alta voce che i bimbi stavano solo giocando e che purtroppo, se qualcuno fa il prepotente, e' meglio andarsene e lasciarlo da solo che non stare a discutere.

Lui forse non ha capito, però ho pensato che una scenata avrebbe fatto male sia a lui che all'autore olezza di quei genitori nei confronti dei loro figli.....e mi sa che se iniziano così, servirà loro tutta la -poca- che ancora hanno!

Per fortuna, come al solito, c'è stato molto altro di cui gioire!

 

giovedì 18 luglio 2013

UTOPIA

Utopia e' una coppia che si ama ancora dopo 40 anni.
Utopia e' un lavoro che si trova, e non a 1000 km di distanza.

Utopia e' una famiglia che può riunirsi tutte le sere a tavola, per ritrovarsi tutte le mattine attorno alla stessa tavola per iniziare la giornata insieme.

Utopia e' uno Stato in cui non servono un milione di carte e permessi e autorizzazioni per fare qualunque cosa.

Utopia e' un Paese in cui puoi dipingere la tua casa del colore che vuoi.

Utopia e' un ambiente in cui non respiri veleni senza neanche saperlo.

Utopia e' trovare tempo per gli amici e amici che abbiano tempo per te.

Utopia e' un sorriso da tutti e per tutti.

Utopia e' empatia.
Utopia e' un vestito che ti calza a pennello e nel tuo colore preferito, senza mai essere fuori luogo.

Utopia e' essere giudicati per i propri meriti e le proprie competenze, non per il proprio aspetto o l'apparenza di successo.

Utopia e' una città in cui non esistono omicidi e donne e bambini non sono vittime di assurde gelosie e ripicche di chi chiama amore un'ossessione.

Utopia e' un mondo in cui rettitudine, sincerità, giustizia, coerenza, impegno, non sono solo slogan o parole ma valori condivisi e coltivati.

Utopia e' un mondo senza il cancro a portarti via le persone che ami.

Utopia e' capirsi, parlarsi e comprendersi, pur continuando ad essere diversi e se stessi.

Utopia e' un cielo senza luci che oscurino le stelle.

Utopia e' una montagna scalata con rispetto.

Utopia e' acqua pura e cristallina, che basta per tutti.

Utopia e' il tuo sport preferito, ogni giorno.


U - non, topos - luogo: utopia purtroppo e' un luogo che non c'è o forse,
un non luogo.

Spesso il termine utopia e' la maniera più comoda per liquidare quello che non si ha voglia, capacità o coraggio di fare....un sogno sembra un sogno fino a quando non si comincia da qualche parte, solo allora diventa un proposito, cioè qualcosa di infinitamente più grande.
Adriano Olivetti
Utopia e' il coraggio di crederci.

E poi c'è il sorriso dolce e furbetto del mio bambino.
E questa, per fortuna, e' realtà.

martedì 16 luglio 2013

Una domenica di scatti alle cascate di Lillaz, a Cogne

Potevamo stare senza montagna???
Ovviamente no.
Così domenica di buon mattino, il nano e la mamma si sono diretti alla volta della meravigliosa Cogne, questa volta in compagnia di un gruppo di conoscenti appassionati di fotografia e dei nostri due "maestri" di scatti.
La bici, come al solito, e' venuta con noi.



Le cascate di Lillaz ci hanno incantato, con il loro magnifico sfoggio di potenza
La mamma ha fotografato poco ma gioito tanto

Peccato solo per l'eccesso di gente.
Lo so, e' una affermazione antipatica ed impopolare ma e' cosi' e io, che non vivo di turismo (altrimenti starei zitta), di molti turisti farei volentieri a meno.
Gelosa del cielo, dei prati, delle cime...quasi come se mi appartenessero.
Ed invece sono io, che appartengo a loro.
Guardare da lontano e non poter essere di nuovo e ancora lassù, un dolore sordo al petto, nostalgia e desiderio....poi il sorriso e le risate del nano, i piedi penzoloni da un muretto, gli occhiali da sole ben calati e lo stupore negli occhi...e la consapevolezza di essere fregata, ora e per sempre.
Perché non posso rinunciare a nessuno dei due.

Sogno la roccia ed il ghiacciaio tenendo per mano un nano in bicicletta.
E mi consolo come posso, tra scatti e chiacchiere in compagnia.




sabato 13 luglio 2013

Fiera equestre

Ivrea non è solo la città del Carnevale con la battaglia delle arance.
Ivrea non è solo la città dell'Olivetti (anche perchè non lo è più da un pezzo, ormai).
Ivrea è anche San Savino e la sua fiera equestre, una delle più importanti di Italia.
Il legame tra la città e i cavalli è scritto già nel nome: "Augusta Eporedia" (colonia romana fondata nel 100 a.c.), considerato che l'etimologia più accreditata (almeno per quanto ne so io) afferma che derivi dal gallico epo (in greco ippo ed in latino equo, cavallo, e reda, che in gallico significa carro, ossia "stazione di carri equestri" o "città di conduttori di carri equestri" (esiste tuttavia anche un'altra etimologia, derivante dall'altro nome utilizzatoda alcuni autori mediovali, Yporia,  designante la città che sorse su un promontorio, dal greco upò, sotto, e oros, monte.
Infatti Ivrea era posta in posizione strategica sulla via dell Gallie, nel tratto collegante Vercelli ad Aosta.
Al legame storico con i cavalli, si è aggiunto quello con San Savino, diventato il Santo Patrono della città dopo che le sue spoglie vi furono portate, nel 956, da Corrado, figlio di Berengario II, Marchese di Ivrea, (tra l'altro, pare che il loro arrivo coincise con la fine di una epidemia di peste).

Così ogni anno, il 7 luglio, la città festeggia il Santo Patrono con una processione e con la Fiera equina, la  domenica, a cui si accompagna un variegato mercato, comprendente anche prodotti alimentari del territorio, accessori e attrezzature per l'agricoltura, il giardinaggio e per l'equitazione, uno spettacolo pirotecnico (sabato sera), le immancabili giostre, esibizioni "acrobatiche" di cavalli durante le serate della settimana, una bellissima sfilata di carrozze d'epoca, per le vie del centro, con equipaggi di solito magnificamente vestiti (il venerdì sera) e, momento culminante della festa, la fiera dei cavalli e la vendita di trattori, la domenica.
Il nano, che è molto attratto dai cavalli, ha apprezzato molto sia la fiera che la sfilata delle carrozze e, ancora di più, la sua grande passione: i trattori "grandi grandi"!
Così, domenica scorsa, alle 8.30 eravamo già in giro, per far visita alle scuderia ed alle esposizione di cavalli ( e pony, perchè l'evento è anche una vetrina per le numerose scuole di equitazione della zona...dolcissimi i pony ed i cavallini nani!) prima dell'arrivo della calca di spettatori e, naturalmente, ammirare con calma i giganti delle campagne...
Ovviamente, il nano non ha tradito il suo nuovo amore...la sua bici! Tra l'altro, ha dimostrato una resistenza fisica non da poco; quando c'era poco spazio o troppa gente per stare sul sellino, la conduceva da solo a mano...tutto pur di averla con sè.
Festa riuscita!
Visita alle scuderie

Anima contadina....

Aria di festa!




Non mancano gli asinelli

 Chissà se, più grandicello, il nano avrà piacere di provare ad anadare a cavallo e se, nel caso, riusciremo ad assecondarlo...putroppo le mie allergie non aiutano.
Il nano ed il suo papà...lasciano indietro la mamma, come al solito intenta a fotografare...

venerdì 12 luglio 2013

Una educazione non convenzionale

Educazione siberiana di Lilin Nicolai
Quando l'Alpmarito ha acquistato questo libro, non lo ha fatto perché indotto dalla prossima uscita della trasposizione cinematografica, ma perché aveva già letto il seguito, Caduta Libera, e gli era piaciuto molto.A giudicare dal titolo e dalla copertina, io ho storto il naso ed affermato che sicuramente sarebbe stato troppo violento e non mi sarebbe piaciuto.
Mi sbagliavo di grosso.

Si tratta di un'autobiografia lucida, chiara e sincera, scritta in modo scorrevole, che ti prende e ti trasporta in una realtà totalmente diversa dalla nostra (o almeno dalla mia), in una infanzia che non avrei mai immaginato, in una Russia che, invece, purtroppo immaginavo, grazie allo studio della storia ed altre letture.Una comunità criminale che però è difficile definire tale, almeno per come la intendo io, come violenza gratuita o ingiusta, contra legem ma soprattutto contro regole sociali accettabili.Quella che racconta Nicolai e' piuttosto una comunità con valori, sentimenti, tradizioni forti, radicate, profonde e in gran parte condivisibili, nata in contrapposizione ad uno Stato di prevaricazione ed occupazione.
Una società in cui la violenza c'è ma, pur non essendo certo per questo giustificabile, e' controllata e orientata verso bersagli ben definiti, in cui gli anziani sono rispettati ed i bambini anche, in cui i tatuaggi non sono ornamenti per apparire, ma raccontano una storia o garantiscono riconoscimento e protezione.Una società in declino, travolta da una criminalità senza senso e misura, di stampo moderno, che ingoia vite, futuro e tradizioni.Il tutto visto con gli occhi di un ragazzo dalla sensibilità profonda e dalla grande intelligenza, la cui sola colpa, per la Grande Madre Russia, e' di aver ricevuto una educazione siberiana.
In altre parole, soldi e tempo ben spesi per un libro che consente di scoprire una realtà diversa e nascosta, a patto di affrontare la lettura senza pregiudizi e preconcetti (come sempre, del resto).E non è neppure troppo violento o impressionante.
Quanto al seguito dell'affascinante vita di Nicolai.....corro a leggerlo!!!!!
Questo post partecipa al Venerdì del Libro di Home Made mamma Homemademamma.


martedì 9 luglio 2013

Felicità è.....

Ricordo ancora una sera di inzio estate, giugno, con la scuola appena finita.
Ricordo mio padre che arriva, che mi chiama da sotto casa, affinchè io esca in balcone (senza sporgerti, attenta!!!!- il terrore di mio padre- ).
Ricordo il vederlo lì sotto, in bici, con un'altra bici al fianco, blu cielo con pagliuzze bianche e scritte adesive fucsia, una mountain bike con cambi Shimano, la seduta da uomo, cioè con  la barra centrale, non di quelle da "donna" da città, una bici vera!.
PER ME
L'aveva portata dal neogzio a casa così, a fianco, cinque chilometri.

Non è stata la mia prima bicicletta, quella purtroppo non la ricordo ma so che dopo quella con le rotelle c'è stata una BMX blu, con le imbottiture in gomma piuma gialle, bellissima.
E poi ricordo questa.
Mi ha accompagnato la mattina a scuola, alle medie e poi la liceo, nelle strade di campagna il pomeriggio, sotto il sole cocente, anche in piena estate, sola o con una amica.....20 kilometri per andare a mangiare un gelato dove era più buono, pedalando senza altro in testa e il contachilometri che girava.
Mi ha accompagnato a scherma, la sera; in giro per città, in biblioteca, a fare commissioni.
La adoravo.
E' ancora nei garage dei miei, distrutta ma sempre lì.

E pochi giorni fa, io e l'Alpmarito ci siamo regalati la stessa soddisfazione e la stessa felicità, con il privilegio di guardare il viso di nostro figlio accendersi, il suo sorriso illuminarsi, i suo occhi splendere di gioia, felice come noi, ai nostri tempi.
La sua prima bicicletta.
Questa



E non importa se invece che pportarla a casa a mano, è arrivata via corriere, scelta e ordinata via Internet dopo due ore (DUE!!) di attente selezioni (materiale, tipo di vernici, altezza sellino, manici, facilità di regolazioni ecc.).
Non importa se non ha i pedali e neppure le ruotine.
Non importa se l'Alpmarito ha dovuto smontare il sellino, aggiungere un foro e abbassarla ancora un pò perchè il nano, in fondo, i due anni consigliati non li ha.

Il nano se ne è innamorato a prima vista e ora non la lascia più.

Una sera di prove di equilibrio e poi è partito, da solo.
Il giorno dopo girava, andava in retro e si lanciava dalle discese. Due giorni dopo saliva e scendeva, in sella, dai marciapiedi. Ora, percorre chilometri e guai a spingerlo e aiutarlo.
Inutile aggiungere che la sera, dopo un ultimo giro prima di andare a dormire, la parcheggia (IO IO! SOLO!) in garage, di fianco alla moto di papà.

Felicità è una bicicletta blu, LA SUA PRIMA BICICLETTA.
E intanto ha 20 mesi.

domenica 7 luglio 2013

Fatalità o irresponsabilità?

Morire a 12 anni per la disattenzione degli adulti, morire a 12 anni per troppa fiducia nelle capacità di un bambino, morire mentre ci si diverte, mentre si arrampica in falesia, in un luogo sicuro o che dovrebbe esserlo.
Arrampicare in falesia non è come fare sci alpinismo, non è come scalare in quota, come fare una via ferrata sulle Dolomiti, una cascata di ghiaccio a Cogne o la traversata del Lyskamm.
Arrampicare in falesia e' più sicuro che girare in auto.
Invece un bambino e' morto, un ragazzino che era già un campioncino, originario della mia città, in gita con istruttori Fasi e amici, piccoli e non.
È morto perché ha scambiato la sua attrezzatura con quella di qualcun altro, montata male.
Ovviamente ci saranno indagini e ci sarà una verità, forse diversa da quella che mi è stata raccontata, a caldo, da amici dell'ambiente. Le mie riflessioni, comunque, non possono che prendere avvio da ciò che mi è stato riferito.
E mi chiedo di chi sia la colpa.
Di genitori troppo fiduciosi, di adulti forse esperti nella tecnica ma affatto pronti ad insegnare (compito che non e' mai semplice), nella mancanza di prudenza e buon senso, anche di fronte a dei minori, quando ci si aspetterebbe che gli adulti fossero ancora più attenti ed accorti?

Sarebbe bastato un controllo prima del via e un casco in testa.
Sarebbe bastata responsabilità.
La nostra vita e quella delle persone a noi care può finire all'improvviso, per tragiche fatalità, e' vero. Se però la causa è un errore che si sarebbe potuto evitare e la vittima un bambino, forse parlare di fatalità e' troppo semplicistico, troppo facile.
Ora, forse, ci saranno divieti e precauzioni imposte dall'alto, magari, come spesso accade, da persone che non sanno neppure di che cosa stiamo parlando.
La testa, però, quella non può imporla nessuno per legge: metterci la testa, è questo il punto.
Nessuno "scarico di responsabilita" firmato dai genitori può fare venir meno la punibilità, almeno penale, di chi doveva vigilare su un minore, con conseguenze di gravità inversamente proporzionale all'età del minore.
Mi chiedo perché non si sappia e non se ne tenga conto.
Magari, se lo sapesse, qualcuno rifletterebbe ed agirebbe con più cautelala, se non per intelligenza, almeno per timore.

Ho un dolore sordo alla bocca dello stomaco per quel piccolo arrampicatore, che era uno di noi, e per la sua famiglia, il cui dramma posso solo immaginare.
E ho paura.
Di non essere in grado di proteggere mio figlio, di fare scelte sbagliate dalle tragiche conseguenze, di essere inadeguata, troppo apprensiva o troppo permissiva, soffocantemente ansiosa o pericolosamente fiduciosa.
Ho paura perché, comunque, il nano non sarà e non è sempre sotto la nostra ala protettiva e nulla dipende solo da noi.

Intanto fuori dalla finestra, una coda ininterrotta di auto mi ricorda che è domenica sera e le gite fuori porta, con il loro carico di gas di scarico e rumori, volgono al termine.
La "mia" Valle adottiva, ancora una volta, avrà dispensato gioia e dolori.
Questi ultimi però, raramente sono "colpa" sua.
L'imperfezione e' umano, la sofferenza anche.

A volte, una domenica di sole e calore non basta.

martedì 2 luglio 2013

L'emozione di una mamma

Ci sono occasioni che mi colgono impreparata, che non so come affrontare e di fronte alle quali vorrei saper mantenere maggior controllo, un certo contegno.
Invece...mercoledì siamo stati alla festa del nido e, anche se lo sapevo da un paio di settimane, ero eccitata come una bambina e curiosa di osservare le reazioni del nano.
Lui inizialmente è rimasto intimidito e un po' spiazzato.
Perché il nido e' anche un po' la sua casa, sua, dei suoi compagni e delle maestre e trovarsi frotte di fratellini/sorelline e genitori che la invadono, non è cambiamento da poco.
Le maestre (bravissime, come al solito) avevano organizzato degli angoli attrezzati con giochino organizzati. Il nano, però, forse perché ancora troppo piccolo o forse perché lui è fatto così, li ha snobbati, divertendosi con gli amici e da solo sullo scivolo, con i palloncini e in una casetta di plastica.
Ad un certo punto e' arrivata la sua amichetta, che lo adora e appena lo ha visto lo ha abbracciato di slancio e sbaciucchiato, mentre lui, come al solito, cercava di divincolarsi, salvo poi rincorrerà e chiamarlo un minuto dopo.
Erano tenerissimi!
Poi è arrivato il momento della canzoncina di saluto per i bimbi grandi, che a vederli mi sono commossa, perché sono ancora così piccoli, in realtà, che pensare che il prossimo anno cambiano scuola mi fa impressione.
Infine la consegna di un piccolo dono ad ogni bambino: una bandierina con la foto di ciascuno da un lato e il testo della canzoncina dall'altra e una maracas artigianale con sorpresa "animale".


Lo sguardo fiero e l'incedere serio e composto del mio nano, che tornava a sedersi dopo aver ritirato il tutto dalle mani della sua maestra preferita, camminando al fianco del suo papà...è una emozione ed una immagine che credo non scorderò mai.
E no, non pubblicherò le foto di quel momento, e' troppo intimo e privato per condividerlo!
Dopo, buonissimi biscotti (ho strappato al cuoco la ricetta, ma non credo che saprò uguagliar lo, erano divini), pizza, insalata di riso e torte, salate e dolci e quattro bimbi, nati a pochi giorni di distanza gli uni dagli altri, seduti affiancati su una panchina di legno a divorare il cibo e sorriderai, a rovesciare l'acqua e combinar pasticci insieme, a condividere e scambiare camion e maracas, complici e amici.
E noi genitori (i papà erano tantissimi, anche grazie all'orario- dalle 17 alle 19 -scelto dalle maestre) felici spettatori di curiose interazioni infantili.

Le maestre, la direttrice e il personale della cucina sono stati meravigliosi e una volta di più, ho capito che il nido, quel nido, e' stata la scelta giusta. Non finirò mai di ringraziarli perché ci hanno regalato una di quelle emozioni che si conservano nel cuore.



venerdì 28 giugno 2013

Il libro di un'amica della rete

Ieri ho letto, tutto d'un fiato, il racconto appena "pubblicato" (su amazon) di una amica virtuale: "Il Viaggio" di Maris (http://caralilli.blogspot.it/).

Ebbene, vale la pena leggerlo (tra l'altro, il prezzo dell'e-book è più che modico).

Non sono un'amante dei treni. Non sono mai riuscita a godermi un viaggio in treno, a rilassarmi, pensare e leggere o ascoltare musica in pace. Mai. Basta leggere qui, http://www.mammavvocato.blogspot.it/2013/03/il-treno-dei-ricordi-ed-il-ricordo-dei.html, per accorgersene.
In treno, però, ho ascoltato (il più delle volte involontariamente) conversazioni esileranti e tragiche, ho conosciuto amici e compagni di università, ho condiviso riflessioni, studiato, scritto appunti, visto ogni tipo di essere umano, litigato con il controllore e molto altro.
In treno, ho trascorso tanto tempo, troppo, a causa dei ritardi cronici delle meravigliose (si fa per dire) Ferrovie dello Stato.

La protagonista de "Il viaggio" Nadia, sembra invece essere a suo agio, in treno.
Forse perchè è stato tante volte il mezzo che l'ha riportata a casa, nella sua città d'origine, Napoli e poi la ricondotta nella sua nuova "tana", Milano, dal suo amore.
Anche se questa volta il viaggio è intriso di malinconici ricordi e di ansia, ma non solo: di amicizia, amore, crescita e speranza.
Alcuni dei ricordi evocati sono particolarmente belli ed intensi, altri appena abbozzati ed un pò poveri.
Certo non è un racconto d'azione però...il viaggio della nostra mente, lasciata a briglia sciolta, è spesso molto più affascinante di qualunque azione.
Sembra di esserci, nella mente di Nadia, su quel treno dei ricordi, grazie alla scrittura profondamente lieve dell'autrice.

E quindi, brava Maris!Un'oretta di lettura piacevolmente trascorsa.

Questo post partecipa al venerdì del libro di Homemademamma.

mercoledì 26 giugno 2013

Il mio ABC della montagna

Confesso che non so da chi sia partita questa idea dell'ABC e se posso partecipare (non sapendo a chi chiedere e chi citare).
Ho letto semplicemente il post di francesca (http://patatofriendly.blogspot.it/2013/06/persone-speciali-e-abc-montagna.html ) e mi è venuta voglia di dire la mia...perciò scusatemi fin da subito se sto facendo torto, involontariamente, a qualcuno!



Foto Mamma Avvocato - riproduzione e duplicazione vietate.
Piramide Vincent (Monte Rosa), vista dal Rifugio Città di Mantova
A come Alba, quella che, se sei partito all'ora giusta dal rifugio, puoi ammirare mentre tinge di rosa, rosso e arancione le cime innevate e colora di mille riflessi il ghicciaio sotto i tuoi piedi e intorno a te; ma anche come Arrampicata, che adoro, come Alpi, che sono un pò casa mia e...molto altro!
B come Bandana, molto più comoda, comprimibile e leggera del cappellino: non prende neanche il volo con il vento!
C come "Chi me lo ha fatto fare?" Ovvero ciò che ti chiedi quando sei stanco, affamato, assetato e cotto dal sole o scosso da brividi di vento e devi ancora rimanere concentrato ed affrontare un passaggio difficile o camminare per ore per tornare a valle...non c'è risposta ma non è che importi molto!
D come diedri..di quellli che piacciono all'Alpmarito e molto meno a me, sopratutto se si arrampica in quota o se salgo da prima!
E come Estate, la stagione delle gite in ghiacciaio e dei quattromila, ma anche dei picnic nei prati e dei torrenti impetuosi, del lavoro in rifugio e della Fontina comprata in alpeggio.
F come Ferrate,   e come Fatica
G come Gite, lunghe o brevi, per prati, per boschi o per ghiacciaio...e come Gestori, quelli dei rifugi, alcuni amici, altri conoscenti, sempre gentili e disponibili con alpinisti ed escursionisti.
H come Hervé Barmasse, un grande alpinista della mia zona (e d'Italia).
I come Inverno, la stagione dello sci, dello scialpinismo e della neve, delle cioccolate calde e delle crespelle alla valdostana.
L come Luci, quella del rifugio, che quando la vedi sai che sei in un porto sicuro,quella forntale, sul cappello di lana la mattina, quando parti per il ghiacciaio che è ancora notte, e quella che avresti dovuto portareti dietro anche per fare la via lunga in falesia, perchè si è fatta notte e adesso devi calarti, o scendere dal sentiero, al buio!
M come Marmotte, a portata di mani e di sguardi, animali affascinanti (e buoni, ops, non dovevo dirlo) che sono di casa in montagna. E come Monte Rosa, la mia seconda casa e Monte Bianco, il mio prossimo obiettivo (se solo avessi il tempo e l'occasione per allenarmi, sigh!)
N come "Non è giornata" o "Non si passa", perchè andare in montagna significa prima di tutto, sapere quando è il caso di rinunciare e tornare indietro. Come Nuvole e Nebbia, temuti nemici di ogni alpinista, che nel giro di mezz'ora possono trasformare una facile scarpinata in ghiacciaio in una pericolosa discesa al buio, fidandosi solo dell'istinto e della conoscenza del luogo.


Foto Mamma Avvocato - riproduzione e duplicazione vietate

O come Onestà, per accettare i propri limiti, per ammettere i propri errori, per non mentire ai compagni di cordata sulla propria preparazione e competenza, che poi le conseguenze le pagherebbero tutti.
P come Picozza, perchè non si va in ghiaccio a su una cascata di ghiaccio senza. Fonte di infinite ed appassionate discussioni sulla lunghezza e la forma ideale per ogni occasione, sulla dragon sì o no, sulla forgiatura ed il peso. Amica fidata delle gite "serie", quella che se non l'avessi avuta e usata al momento giusto, ora non sarei qui a scrivere.
Q come Quattromila, quelli che ho avuto la fortuna di salire e quelli che ancora mi aspettano. Come Quota, quella che c'è chi la soffre e chi no e io li invidio, quella che ti fa mancare il fiato, quella che ti attira come una calamita, quella che è meglio non prendere troppo in fretta.
R come Rifugio, i due in cui ho lavorato per anni in estate e che ho imparato a considerare casa; quelli dove comunque dormo bene e dove la pasta ha sempre un sapore più buono, perchè ho fame e sonno a volontà; quelli dove ci fermiamo a salutare gli amici, dove chiaccheriamo intorno ad un tavolo la sera, dove aspettano il nostro ritorno dalla gita, dove trovi tutta un'umanità varigata che ci vorrebbe un trattato intero; Quelli in cui realizzi che non ti serve altro che cibo, acqua, una giacca a vento e buona compagnia e tutto il resto sono beni superflui. Come Ramponi, spesso superflui ai piedi ma sempre pronti all'occorrenza nello zaino.
S come Sudore, che imperla la fronte, e come Silenzio, quello che non c'è mai, nè in rifugio, dove c'è sempre qualcuno che si alza, che sta male, che tossisce, che borbotta, nè fuori, perchè la montagna ed il ghiaccio sono vivi ed in costante movimento. 
T come Telecabine, quelle che ti permettono di risparmiare tempo e fatica nelle salite e articolazioni delle ginocchia nelle discese ma che se non ci fossero, forse sarebbe meglio.
U come Unione, quella che in montagna a volte fa la forza, quella che serve per prendere decisioni difficili o afforntare ostacoli imprevisti, quella che ti fa sentire vicino agli altri escursionisti o alpinisti. Come Un sorso di vino, che alza la pressione, scalda lo stomaco e scioglie le tensioni e i dietologi e medici sbagliano a condannare perchè la gente di montagna lo sa, che serve (con moderazione, ovviamente).
V come Volontà, come Voglia, quella che se manca, non si arriva da nessuna parte.
Z come Zaino, compagno di vita e di avventure.
Quello da 30 litri, con lo scomparto per le pelli e i lacci per le racchette, per lo scialpinismo; quello da 60 litri, solo per portarsi i vestiti di ricambio in vista di due settimane di lavoro in rifugio; quello da 45 litri, per le escursioni da più giorni; quello leggero ma comodo con lo scomparto per la Reflex e l'obiettivo, che si apre lateralmenten senza toglierlo dalle spalle, visto addosso ad un conoscente alpinista e fotografo e subito ordinato...non posso più vivere senza.