Sabato pomeriggio.
Matrimonio di una cara amica al Castello.
Nonostante sapessimo che avremmo fatto tardi e che si trattava di un matrimonio molto elegante e formale, io e l'Alpmarito non abbiamo pensato neppure per un attimo di lasciare il nano a casa (anche volendo, non sarebbe stato facile, con i nonni impegnati), pur consapevoli che non sarebbe stato facile.
È filato tutto liscio, a parte il fatto che siamo arrivati in ritardo - ma prima della sposa- causa scenate isteriche del nano e l'imprevista e imprevedibile necessità di aiutare una persona in difficoltà (le priorità son priorità, anche se si tratta di sconosciuti e del matrimonio della tua testimone di nozze).
Il nano ha dormito per tutta la cerimonia, non ha rotto nulla a tavola, ha mangiato, giocato, camminato, rincorso altri bimbi e riso tanto ed alle undici e' crollato addormentato sul passeggino -amico fidato delle mamme e dei papà -, senza quasi piangere per tutto il pomeriggio e sera.
È stato un bel matrimonio ma....alla fine era anche il mio compleanno e non è stato facile.
Perché, tra le persone della nostra generazione - dai venticinque ai trentacinque- diciamo, c'era solo un'altra coppia con un figlio.
Certo, qualche amico o conoscente e' semplicemente ancora single, ma la maggior parte erano coppie stabili, con un lavoro e delle possibilità.
Tolti un paio che so che hanno deciso di non avere figli, mi sono chiesta perché.
È troppo presto? Hanno troppa voglia di divertirsi? Temono per il proprio futuro professionale o hanno paura della congiuntura economico-sociale? Ritengono sia troppo sacrificante e impegnativo?pensano di avere ancora tanto tempo?
Probabilmente tutte queste motivazioni e molte altre, non so.
Vorrei capirlo però.
È vero, un figlio ti cambia la vita e la cambia per sempre, a volte in peggio, soprattutto in termini pratici, nei primi mesi, ma il piu' delle volte, per quel che ho potuto vivere sino ad ora, certamente in meglio.
Non saprei spiegare razionalmente perché ma ne sono certa.
La arricchisce, più di qualunque oggetto, attività o hobby. Come l'amore per una persona speciale, moltiplicato all'infinito.
E un po' mi dispiace, per loro.
E un po' li invidio.
La mattina dopo, ad esempio, perché noi siamo stato svegliati comunque all'alba e loro...
Loro hanno dormito fino a mezzogiorno.
Non si può avere tutto dalla vita, no?
P.s. Che dite, posso dare la colpa al nano anche per il fatto che io avevo un po' di pancetta e le ragazze - sottolineo ragazze - no?!
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lunedì 10 giugno 2013
sabato 8 giugno 2013
Bignole rosa
Ore 8.00 colazione.
Mamma pesca il terzo biscotto dal pacchetto, il. nano, seduto di fronte sul suo seggiolone addenta il suo SECONDO muffin al cioccolato (di quelli grandi, mica formato bimbi), guarda mamma e esclama: maman no, batta, tu va correre! -siamo in fase di linguaggio misto-
Papa' ride divertito e mi rassicura.
Considerando che oggi ho un anno di piu, però, non l'ho presa bene, per nulla!
Quando era bambina, all'uscita da scuola, chiedevo alla mamma di passare dalla Gne' Gne' (così avevo soprannominato la negoziante di pane e dolciumi, perché parlava sempre tanto e con voce cantilenante- ero una bimba terribile, lo so -) a comprare le bignole, una per ogni anno e rigorosamente ROSA.
Ovviamente non venivo accontentata sempre ma quando accadeva era una goduria.
E una volta, per il mio compleanno, ho chiesto ed ottenuto una torta super dolce con cigni rosa..
Oggi, con un figlio e molti anni in più, penso ad allora e mi viene da dire: grazie mamma!
Per quel pomeriggio di giugno di....anni fa, mentre infuriava il temporale - San Medardo non si smentisce -, per tutti i compleanni passati, per i bignè rosa all'uscita da scuola, per esserci stata quando sono diventata mamma, per esserci oggi come allora..
anche se adesso, le bignole tocca a me comprarle!
Rosa, ovviamente.
Mamma pesca il terzo biscotto dal pacchetto, il. nano, seduto di fronte sul suo seggiolone addenta il suo SECONDO muffin al cioccolato (di quelli grandi, mica formato bimbi), guarda mamma e esclama: maman no, batta, tu va correre! -siamo in fase di linguaggio misto-
Papa' ride divertito e mi rassicura.
Considerando che oggi ho un anno di piu, però, non l'ho presa bene, per nulla!
Quando era bambina, all'uscita da scuola, chiedevo alla mamma di passare dalla Gne' Gne' (così avevo soprannominato la negoziante di pane e dolciumi, perché parlava sempre tanto e con voce cantilenante- ero una bimba terribile, lo so -) a comprare le bignole, una per ogni anno e rigorosamente ROSA.
Ovviamente non venivo accontentata sempre ma quando accadeva era una goduria.
E una volta, per il mio compleanno, ho chiesto ed ottenuto una torta super dolce con cigni rosa..
Oggi, con un figlio e molti anni in più, penso ad allora e mi viene da dire: grazie mamma!
Per quel pomeriggio di giugno di....anni fa, mentre infuriava il temporale - San Medardo non si smentisce -, per tutti i compleanni passati, per i bignè rosa all'uscita da scuola, per esserci stata quando sono diventata mamma, per esserci oggi come allora..
anche se adesso, le bignole tocca a me comprarle!
Rosa, ovviamente.
venerdì 31 maggio 2013
Biberon al piombo
“Biberon al pimbo” di Maria Cristina
Saccuman, Sironi Editore
Un
saggio breve (190 pag.) ma denso: di informazioni, suggerimenti, dati,
spiegazioni scientifiche, eventi reali, storie vere.
Non
posso che condividere le conclusioni dell’autrice: una volta che si sa, è
impossibile fingere ignorare.
E
questo libro insegna molto, troppo per essere riassunto in poche righe.
Eppure
vorrei che lo leggeste, che tutti lo leggessero, genitori e non, nonni e non,
per proteggere proprio i più deboli e indifesi, i bambini, i figli nostri e
altrui, e le donne in gravidanza.
Perchè,
come scrive la Dott.ssa Saccuman
a pag. 188: “E’ impossibile separare la
loro salute da quella dell’ambiente che li circonda. Impossibile isolarli in
una zona protetta. Non ci si salva da soli, e non si salva solo il proprio
bambino”.
Il
saggio è diviso in capitoli, dedicati ognuno ad una fonte di inquinamento: il
piombo, l’argento liquido, gli organici persistenti (POP e PCB), particolato,
carbonio e e ozono, DDT e pesticidi, le
plastiche.
Sostanze
a cui possiamo cercare di sfuggire, che possiamo ridurre, che possiamo
neutralizzare parzialmente, ma non evitare, perchè sono ovunque intorno a noi.
E
leggendo ho avuto la possibilità di conoscerle e conoscere qualcosa dei loro
effetti, incredibilmente devastanti, sullo sviluppo dei bambini.
Il
bello di questo libro è che aiuta a far luce su episodi di inquinamento
accaduti molto vicino a noi, nel tempo e nello spazio, come quello creato da
una nota azienda di Brescia, che fa sì che dal 2002 ogni sei mesi il Comune di
Brescia ordini alla popolazione di evitare “ogni
operazione che comporti il contatto con il terreno o l’inalazione di polveri da
esso provenienti”, con conseguente divieto di toccare la terra, scavare,
giocare, calciare un pallone, anche nei parchi pubblici; o l’Ilva di Taranto,
con gli effetti riscontrati nel latte materno delle donne del posto; l’esplosione
dell’ICMSE di Meda nel luglio del 1976, con rilascio di diossina che esplica i
suoi effeti sul funzionamento della tiroide di figli di quelle che all’epoca
erano solo bambine, partoriti anche trent’anni dopo l’esposizione; i cetacei
arenatisi nella spiaggia di Foce Varano, nel Gargano, il 10.12.2009, morti per
inquinamento da POP e PCB; la
SLOI di Trento, una fabbrica ormai chiusa da 30 anni ma di
cui rimangono 24 ettari
contaminati dal piombo e 180 tonnellate di teatrile disperse nel terreno; senza
tralasciare i casi esteri, europei e non.
La
parte che mi ha colpito di più, devo dire, forse perchè mamma da poco, è quella
relativa all’inquinamento riscontrato nel latte materno e l’esposizione al
piombo derivante da vernici sgretolate, magari di vecchi giochi o vecchie case,
per non tacere dei giocattoli al piombo ritirati dal mercato nell’agosto del
2007, dopo che un numero imprecisato di esemplari era già stato venduto (e si
parla di sottomarini Elmo, macchinine Cars, bambole di Dora l’esploratrice con
marchi Mattel e Fisher Price, che denunciarono immediatamente l’accaduto).
Alla
fine, però, le conclusioni dell’autrice sono meno allarmistiche di quanto ci si
potrebbe aspettare: non solo il mondo, o meglio, parte di esso, sta diventando
più sicuro e la salute ambientale sta diventando un tema “caldo” e attuale, con
la promozione di un’approccio “d’insieme” alle problematiche, ma si può fare
molto, come singoli esoprattutto, con azioni globali.
E
quando ci si muove, gli effetti benefici sono immediati.
Il
compito degli adulti? “Cercare le
informazioni, discriminare, spingere perchè si agisca nella giusta direzione.
Ci tocca anche mantenere il senso delle proporzioni: ricordare che la povertà
può essere potente come il piombo, che ai bambini servono cose interessanti da
fare, da vedere e di cui parlare, e qualcuno che li ami abbastanza e possa
condividere un pò del loro mondo.” (pag. 190, ultimo capoverso).
Leggendo,
infatti, si scopre che stimoli adeguati sono in grado di contrastare l’effetto
delle sostenze inquinanti sullo sviluppo del cervello fetale e neonatale,
riducendo l’impatto sul QI, la memoria e le altre funzioni, e che i benefici
del latte materno superano quasi sempre gli effetti negativi della
contaminazione.
Io,
da parte mia, cerco di fare la mia parte consigliando questo saggio, che ho
letto e riletto, dopo averlo trovato per caso sullo scaffale di un
supermercato.
Tornerò
a parlarne.
Questo
post partecipa all’inizativa di Home Made Mamma, il Venerdì del libro: http://www.homemademamma.com/2013/05/31/venerdi-del-libro-stuart-little/
giovedì 30 maggio 2013
Giorni difficili
Sono giorni difficili.
Di delusioni, stanchezza, conferma, riserve e lavoro.
Sono giorni in cui il tempo con il nano è risicato e temo si senta un pò un pacchettino postale, smistato tra nido, nonni paterni e nonni materni.
Non che sia triste, anzi, viene coccolato e viziato e assistito nel gioco, spesso con la compagnia degli amati cuginetti.
La sera e la mattina, però, viviamo momenti difficili.
Vuole addormentarsi in braccio a mamma o papà, fa i capriccetti, non vuole smettere di giocare, non vuole svegliarsi, non vuole vestirsi, non vuole mettere la giacca e uscire di casa e piagnucola al momento del commiato quotidiano.
Ripete come un mantra: "Mamma dopo tonna (= torna)", "Papà dopo tonna".
Eh sì, perchè questa settimana ha compiuto il fondamentale passaggio dalle parole alle prime frasi (e ce ne siamo accorti, nonostante tutto!).
Nel frattempo, sia lui che io e l'Alpmarito siamo malaticci e consumiamo fazzoletti di carta alla velocità della luce.
Fa freddo, piove ad intermittenza, nevica appena un pò più in quota ed il cambio di stagione.....neanche a parlarne.
E poi le elezioni, Consiglio regionale e Governatore nella nostra Regione, comunali nel mio paese di origine.
Siamo stati ai seggi entrambi a lavorare, costretti da un fastidioso senso del dovere civico, perchè ovviamente avremmo avuto di meglio da fare (poteva piovere domenica? No, UNICA domenica di sole da un pò di tempo a questa parte!)
Alle comunali, sono arrivati al 58 % di votanti, alle regionali, oltre il 70%, ma qui si sa, le cose sono diverse.
La delusione però, è tanta.
Non tanto per i risultati, non entro nel merito, ma per lo sconforto e la rassegnazione che si leggeva sui visi dei cittadini alle urne, per l'insofferenza (non voglio pensare sia indifferenza, non con questi numeri, non ci credo) di chi non è venuto.
Non cambia mai nulla.
Qualunque cavolata, qualunque errore, sono sempre lì, sempre loro e non si può, mi spiace non si può, dire che la maggioranza li ha voluti.
Perchè il 48% di voti del 58 % di votanti significa UNO SU QUATTRO, non la metà più uno degli elettori.
E' vero, non è colpa degli eletti se un elettore su due o quasi non è andato alle urne.
Anzi sì, è anche colpa loro.
Come di quelli che, in Parlamento, lasciano le aule vuote, come di quelli che ieri, mentre alcuni parlamenti esprimevano la propria opinione e spigavano le ragioni del loro voto, chiaccheravano e ridevano in gruppetti o sonnecchiavano sulle poltroncinie invece di ascoltare, quando erano lì, ovviamente (diretta RAI 2, era in discussione il progetto di riforma della legge elettorale e se non interessa loro neanche quello...)
Ed è anche colpa mia, nostra.
Perchè temo che tra tutti quelli NON seduti in Parlamento o assenti di fatti, ci sia anche qualcuno che, malauguratamente, devo aver votato, magari in passato o solo una volta nella vita, ma comunque...datemi una botta in testa, alle prossime elezioni, per favore.
L'immobilismo di questo Paese e l'apatia e rassegnazione dei cittadini mi fa paura.
Poi guardo il nano, nel suo pigiamino arancione invernale (ancora!) che tutto concentrato costruisce torri più alte di lui con il Lego Duplo, leggo insieme a lui, che sfoglia un libretto dopo l'altro e commenta felice le illustrazioni, canticchiamo "il leone si è addormentato e più non ruggirà, aiummauè, aiummauè..." (mi salvo da Peppa Pig, per ora, ma non da questo) e...
torno a sorridere e sperare,
torno a cercare di crescere un uomo,
sforzandomi con tutta me stessa di renderlo diverso da quei politici, locali e non, di cui sopra.
L'opposto andrebbe bene.
venerdì 24 maggio 2013
Conciliazione lavoro - famiglia: un libro per fare il punto
Venerdì del libro e conciliazione: “O
i figli o il lavoro” di Chiara Valentini (Serie Bianca Feltrinelli, 16
Euro).
Al centro
di questo libro c’è la conciliazione lavoro – famiglia o meglio, l’aspirazione
alla conciliazione e alla possibilità di scelta, temi mai abbastanza dibattuti
e sempre ignorati dalla scena politica.
Aperta parentesi:
non venite a dirmi che l’introduzione di un giorno (UNO!) di congedo di
paternità obbligatorio e due giorni (DUE!) facoltativi, questi ultimi peraltro
da scalarsi dal periodo di congedo della madre, sono un modo serio di
affrontare la questione. Per me, sono una goccia nel mare e non cambiano nulla,
nè la mentalità degli italiani nè la convenienza per i datori di lavoro nell’assumere
uomini anzichè donne. Chiusa parentesi.
Il libro è
una lucida analisi, completa di fonti, dati statistici e storie vere, della
situazione lavorativa femminile in Italia.
L’impronta
politica è spesso evidente ma il puntuale riferimento dell’autrice alle sue
fonti ed a dati obiettivi, rende facile leggerlo con spirito critico (come
credo si dovrebbe leggere qualunque libro, peraltro) ed apprezzarlo.
Non ci sono
consigli o facili suggerimenti ma solo la descrizione di una realtà desolante e
la totale assenza di strumenti di protezione delle donne che siano davvero
efficaci, soprattutto in questo periodo in cui, con la complicità e spesso la
scusa della crisi, è proprio il c.d. “sesso debole” a pagare il prezzo più
alto, adeguandosi a qualunque condizione lavorativa pur di percepire un minimo
di stipendio.
Intendiamoci:
vi sono intere categorie di lavoratori che non hanno ferie pagate, non hanno
mutua nè la possibilità di assentarsi per malattia o per maternità, che
lavorano anche 10 ore al giorno, fine settimana compresi e, se non ci sono,
nessuno li paga.
Ad esempio,
i liberi professionisti e, soprattutto, i c.d. “praticanti” o “apprendisti”
professionisti.
Un conto
però è sapere che un certo cammino professionale avrà questi risvolti negativi
e SCEGLIERE di intraprenderlo comunque, mettendo sul piatto della bilancia anche
molte soddisfazioni, autonomia organizzativa ecc., un conto è ESSERE COSTRETTE
a lavorare così per altri, senza aver nessun beneficio in cambio.
L’autrice
non dimentica di riportare anche i casi di donne che hanno abusato dei loro
diritti, così danneggiando l’intero sesso femminile (esistono anche questi casi
ed è giusto parlarne e farsi degli esami di coscienza), oltre che frequenti
paralleli con la legislazione di altri Sati europei.
Giustissimo,
secondo me, quanto scritto alla pagina 72 e seguenti:
“Il latte della mamma non si scorda mai” era il
titolo insolitamente sbarazzino scelto per un’inziativa ambiziosa: convincere
le donne italiane, in particolare quelle del Mezzogiorno, che era un loro
dovere allattare al seno i bambini. L’allattamento naturale come compito
praticamente ineludibile della buona madre è un tormentone che attraversa da
anni l’Europa, seppure con grandi differenza da paese a paese......Solleva qualche
preoccupazione l’integralismo che accompagna questo ritorno. .Il precedente Ministero
della Salute non solo aveva prescritto quasi come un dovere l’allattamento al
seno nei primi sei mesi di vita del bambino, ma aveva anche diffuso il
messaggio che l’allattamento dovrebbe continuare per due anni e oltre “secondo
il desiderio della mamma e del bambino”, raccomandando di allattarlo a richiesta,
senza seguire orari regolari.
Questo però significa propagandare una figura di
madre a disposisione notte e giorno, addirittura per anni, in aspro contrasto
con la realtà di oggi. E non è tutto. Come già segnalano alcuni psicologi
infantili, che stanno aprendo un confronto con i pediatri, non è detto che l’allattamento
ad oltranza assicuri al piccolo un equilibrio migliore.
La psicoterapeuta dell’età evolutiava Mercedes
Lugones sostiene che l’allattamento è il primo esercizio per trasmettere a un
neonato il senso del limite e delle regole, facendogli capire per esempio la
differenza tra il giorno e la notte......” (leggete il resto, ne vale la
pena, ve l’assicuro).
Il mio pensiero in merito, l’ho già espresso qui, proprio prendendo spunto
da questo libro:
Alla fine
della lettura, sono tanti gli interrogativi aperti: da dove e da chi dovrebbe
partire il cambiamento? Dalla mente e dal cuore di uomini e imprenditori? Dalla
politica? Dala discesa in piazza delle donne?
Se è così,
tempo che tra 20 anni non sarà cambiato nulla, non in meglio, almeno.
Nella mia –
limitata – esperienza (perchè si tratta di temi di cui si discute anche con
amiche, colleghe e conoscenti, per fortuna) ho osservato che anche negli uomini
più “moderni” dopo il matrimonio e la nascita di un figlio sembrano desiderare,
ad un certo punto, una moglie e madre tutta casa, bambini e fornelli, da
aiutare nella gestione quotidiana quel poco che basta per placarsi la coscienza
e nulla più.
Con una
enorme differenza rispetto al passato.
Che in
qualche modo, questi uomini vorrebbero che, nel frattempo, la compagna di vita
guadagnasse anche. D’altro canto, il doppio stipendio è ormai quasi sempre una
necessità e le donne, giustamente, vorrebbero realizzarsi sia in casa che
fuori, come gli uomini.
Il libro
sembra confermarlo, ancora una volta dati alla mano, (pag. 124 – 125), oltre ad
esprimere questa situazione con illuminante chiarezza.
Uin estratto:
“Ma come immaginare che quel compgano
così emozionato e amorevole, che ha assistito al parto senza un segno di
cedimento e che fin dalle prime ore ha impugnato il telefonino per fissare ogni
cambio d’espressione della nuova creatura, non sarà poi pronto a condividere
fatiche e notti insonni? Secondo molte giovani mamme, questo succede solo nei
primi giorni di vita, nel migliore dei casi nelle prime settimane, ma poi la
vita riprende il suo corso.
Lui potrà anche rinunciare a qualche impegno di
contorno, l’apertivo con gli amici o la partita di calcetto, ma non limiterà il
“suo” lavoro, che spesso è determinante per mandare avanti la famiglia.
Lei, se non lo aveva già concordato, si attacca al
telefono per chiedere ai “suoi” datori di lavoro almeno qualche mese di congedo
parentale o per strappare un part time. Le è bastato poco per convincersi che l’impresa
di gestire un neonato, per tradizione e per consuetudine, le spetta.”
Forse
sembro un pò troppo pessimista ma i recenti fatti di cronaca, con quotidiani
episodi di violenza di ogni tipo contro le donne, non mettono certo di buon
umore anzi, stimolano la mia rabbia e la mia indignazione.
Nel libro, comunque,
vi sono anche spunti per sperare in un futuro migliore: riferimenti ai cambiamenti
positivi della legislazione e della società e, soprattutto, esempi di donne
impegnate a favore di altre donne.
Eppure,
rimane l’amaro in bocca.
Perchè
leggerlo allora? Perchè ignorare i problemi e la realtà NON E’ un buon putno di
partenza per iniziare a cambiarla.
Questo post
partecipa all’iniziativa: “Il venerdì del libro” di Homemademamma, che trovate qui:
martedì 21 maggio 2013
Tempo...ma esiste davvero?
Tempo.
Quante
volte al giorno mi sono detta o ho esclamato ad alta voce: NON HO TEMPO!
A
volte, raramente, è una scusa, come quando dovresti fare quella telefonata che
non hai propria voglia di fare e rimandi all’infinito, fino a che un colloquio
che ti fa un pò paura o ti crea imbarazzo diventa un vero incubo..
La
mancanza di tempo spesso è il sintomo di un problema organizzativo, di confusione
nella scala delle priorità.
Il
più delle volte, però, mi pare che il tempo sia davvero il grande assente della
giornata.
Tempo
per assaporare la vita.
Tempo
per giocare con il nano.
Tempo
per prendermi cura di me stessa.
Tempo
per ascoltare gli amici e i famigliari.
Tempo
per ridere, scherzare, abbracciarsi.
Tempo
per lavorare.
Tempo
per scrivere.
Tempo
per leggere.
Tempo
per riflettere.
Tempo
per dedicarmi alle mie passioni.
Tempo
per aiutare i famigliari e gli amici.
Tempo
per stare con la mia nonnina, con le mie nipoti, con le persone a me più care.
Tempo
per correre, nuotare, arrampicare.
Tempo
per approfondire, studiare le questioni giuridiche e non.
Tempo
per essere presente nei momenti importanti della vita degli altri.
Tempo
per dormire.
Tempo
per mettermi una crema idratante.
Tempo
per prenotare una vacanza.
Tempo
per incontri e conferenze.
Vorrei
tempo per tutte queste cose e per molte altre,
per oziare magari.
Vorrei
certo, ma il tempo è quello che è: 24 ore.
A
volte sembrano infinite, altre volano.
Cerco
di riempirle, di non sprecarle ma spesso alla fine il danno è maggiore del
beneficio.
Come
ieri mattina, tanto per dire.
Mentre
il nano stava giocando un momento tranquillo, già vestito e pronto sulla porta
di casa, ho “approfittato” della ricerca del suo doudou e del ciuccio per
andare a caricare e far partire la lavatrice.
Risultato?
Neppure cinque minuti ed il nano aveva aperto la stufa - spenta, anche se in
questi giorni starebbe bene accesa!- preso la paletta metallica, tirato
palettate di cenere su tutto il tappeto antico, per poi finire con lo sedersi proprio
in mezzo, allegro e concentrato come non mai.
Non
ci credete? Giuro, neppure cinque minuti.
Alla
fine, di minuti ne ho impiegati venti per passare l’aspirapolvere, pulirla,
cambiare il nano, cambiare me stessa (ero vestita di nero, ovviamente) e
sgridare il monello.
Bilancio:
15 minuti di tempo “perso”.
Da
sempre, nelle orecchie, mi risuona la voce della mia nonnina che mi dice: “Chi aspetta tempo non perda tempo” e,
soprattutto, “non rimandare a domani
quello che puoi fare oggi”.
E’
sempre stato il suo motto, lo stile di vita della mia incredibile nonnina
formato mignon ma con la velocità e l’efficienza di un fulmine.
Un
pò è anche la mia aspirazione.
Il
motto dell’Alpmarito, invece è: “Vite fais, bien fais” - “Fatto veloce, fatto
bene”.
Due
stili diversi, eh?
La
verità, però, è che quando avevo tempo, non me ne accorgevo e quindi non lo
sfruttavo abbastanza, non lo assaporavo abbastanza.
Andavo
al liceo e mi sembrava che i pomeriggi non bastassero per tutto ciò che volevo
fare: studio, musica, scherma e amici.
Sono
andata all’Università e mi sembrava che ci fossero troppe poche ore per
lezioni, studio, Alpmarito, musica, amici, nuoto, arrampicata, musei e libri.
Ho
iniziato a lavorare e convivere e mi sono accorta di dover incastrare anche la
cura della casa, la spesa, le visite ai famigliari, in mezzo a 9/10 ore di
lavoro, più pausa pranzo dedicata allo sport e serate in palestra o con gli
amici.
Pensavo
di non aver più tempo libero.
Poi
è arrivato il nano e ho capito che di tempo “libero” prima, ne avevo davvero
tanto.
Che
poi non ho mai capito cosa sia questo fantomatico “tempo libero”.
I
primi giorni e mesi con il nano, il tempo mi sembrava non passare mai, dormiva
sempre troppo poco, piangeva sempre troppo, 24 ore erano eterne e sempre
uguali, eppure non riuscivo a fare nulla!
E
ora sono mamma e lavoratrice: il tempo è diventato come un mostro da
combattere, da sconfiggere, per strappare alle sue grinfie azioni, fatti,
persone.
Ed è
triste.
E
penso che non so quanto altro tempo avrò ancora e non posso, non posso,
perdermi dietro inutili convenzioni, riti, parole o incontri, che per me non
significano nulla, che non mi arricchiscono di nulla.
A
volte rinuncio a riti e convenzioni, altre volte no, quando capisco che per gli
altri sono veramente importanti o la forza della massa è più forte della mia
volontà.
Spesso,
durante la settimana mi sembra di vivere in apnea, in attesa di mettere la
testa fuori dall’acqua il sabato e prendere fiato, salvo poi arrivare la
domenica sera è pensare che non ho preso fiato, anzi, sono ancora in apnea
aspettando il lunedì.
Ogni
tanto, poi, mi fermo e capisco che il tempo è come scegliamo di viverlo, non
un’entità a se stante e fuori dal nostro controllo.
E’
come un raggio di sole in una giornata novembrina di maggio, che scompare subito,
veloce come è apparso.
Eppure
per ciò che mi rende davvero felice il tempo lo trovo ancora, anche se meno di
prima.
Per
il nano è tutto diverso e guardarlo è come bere un sorso di limonata fresca
l’ultima sera di vacanza, quando hai già nostalgia dell’estate.
Per
lui, il tempo non esiste.
Esistono
bisogni, necessità: mangiare, dormire.
Esiste
la voglia di correre, giocare, stare con la mamma, il papà, i nonni, gli amici
dell’asilo.
Senza
limiti, senza costrizioni, senza schemi orari prefissati.
A
lui non interessa se è mattina, sera o pomeriggio, a lui interessa poter fare
ciò che ha voglia di fare.
Corre
quando vuole correre, cammina e si ferma a riflettere o osservare un sassolino,
i fiori, i passanti, le auto, come e quando vuole.
Ritardi,
obblighi, orari di ingresso e uscita, chiusure/aperture, giorno o notte,
convenzioni, abitudini: non credo abbia ancora capito.
Ed
io mi sento in colpa quando lo incalzo: “Su,
veloce, vestiti, che siamo in ritardo!”; “No, dai, andiamo, ora non c’è tempo”; “uffi, è tardi”, “devi.vestirti/mangiare/metere
in ordine i giochi...” e via così.
Purtroppo,
il nostro mondo quotidiano non viaggia al ritmo dei bambini e forse, aver
accellerato il tempo fino a non lasciarci più neanche la possibilità di
scrivere per intero le parole nei messaggini e nelle mail, è il più grande
sbaglio dell’era moderna.
Risparmiare
tempo, accumulare tempo, far render il tempo.....son tutte false illusioni e i
bambini sembrano saperlo dalla nascita.
Se
trovate il modo per vivere bene al LORO ritmo senza andare su Marte o su un’isola
deserta, vi prego, rendetemi partecipi del vostro segreto perchè io sono ancora
alla ricerca di una soluzione o, almeno, di un quilibrio.
Vorrei
poter tornare indietro, ai tempi dell’Università e del liceo ma probabilmente,
anzi di sicuro, non cambierebbe nulla.
Questo
post partecipa al blogstorming di genitori crescono: http://genitoricrescono.com/tema-mese-tempo/
Tema
del mese? Credo lo abbiate già intuito!
lunedì 20 maggio 2013
Viaggiando con la mente...verso il mare e nei ricordi
Riproduzione vietata. |
Più precisamente, Grado Pineta fuori stagione.
Questa foto è stata scattata in un momento malinconico, in occasione di una visita improvvisa a parenti lontani solo fisicamente, l'ultima volta in cui abbiamo visto una persona cara. E' quindi un ricordo dolce e amaro allo stesso tempo.
Ho voglia di mare, anche se dovesse piovere e fare freddo.
E' insolito per me, ma ho propio voglia di mare, si spazio, di sabbia tra le dita, di acqua calda e di letture spensiera, di estate, magari.
La stagione dei monsoni del Nord Italia, avrà mai fine?
Questo post partecipa al Fotoviaggiando del lunedì di Francesca, http://patatofriendly.blogspot.it/2013/05/fotoviaggiando-la-danimarca-e-i.html , perchè anche è bello viaggiare anche in Italia, ogni tanto.
Anche noi...viaggiamo sicuri
Aderisco volentieri alla iniziativa NOI VIAGGIAMO SICURI di: http://appuntamenticreattivi.blogspot.it/2013/05/noi-viaggiamo-sicuri.html
perchè il tema mi è molto caro, tanto che pochi giorni fa ne ho parlato in un post che è un pò recensione, un pò invito alla riflessione.
Eccolo, ve lo ripropongo:
http://www.mammavvocato.blogspot.it/2013/05/la-difficile-scelta-del-seggiolino-per.html
Per non dimenticare quali sono le cose davvero importanti..
giovedì 16 maggio 2013
Violenza gratuita, anche se su piccola scala
Ieri all'asilo, il nano è stato oggetto di aggressione immotivata da parte di un altro bimbo, che lo ha graffiato sul naso e sulla guancia (un graffio profondo, che gli ha aperto una brutta ferita neanche tanto piccola sullo zigomo), con relativo ematoma.
Nnn gli rimarranno i segni della varicella, ma rischia di portarsi dietro quelli che gli ha fatto questo compagno.
Di nuovo.
E di nuovo le maestre non hanno voluto dirmi il nome del bambino, anche se il nano un nome lo ha fatto ed era convinto, ma non so quanto sia attendibile.
Sospetto che sia lo stesso bimbo che già due volte lo ha morso e un'altra volta graffiato proprio vicino agli occhietti.
Così arriviamo a quota quattro e io inizio ad essere stufa.
Cosa devo insegnare a mio figlio? A reagire, a spintonare? A subire e basta?
Non lo so. Non vorrei insegnarli la violenza neppure come difesa e reazione, però è troppo piccolo per discorsi e ragionamenti e poi la vita mi ha insegnato che con bimbi che agiscono così, non serve.
Serve mostrarsi sicuri e più forti, ma il nano è ancora così piccolo e indifeso.
Sono un pò arrabbiata con le maestre, con il nido e con la società, anche.
Perchè un solo bambino deve scatenare la paura negli altri, perchè trenta devono subire per non emarginare uno?
Ecco, visto che non è la prima volta e si è già comportato così con altri bimbi, mi piacerebbe che le maestre dessero un ultimatum ai genitori: o la smette o è fuori.
Non è una scuola dell'obbligo, è un nido.
E forse è brutto per questo bambino, che evidentemente qualche problema lo ha, visto che non fa male mentre sta giocando o per sbaglio ma improvvisamente e "volontariamente" (anche se certo non per cattiveria, non dico questo, ha solo poco più di due anni).
Però mi so un pò stufata del "buonismo", del "bisogna capire" una situazione difficile, un carattere difficile ecc.
Ho sentito questi discorsi per troppo tempo prima, da studente, ora non voglio sentirli da mamma.
Avrei voluto parlarne direttamente con i genitori del bambino, ma non mi è concesso e, comunque, se è chi dici il nano, dubito che parlare con loro servirebbero. Ho visto come si comportano.
Mi sento arrabbiata ed impotente.
Voi, cosa fareste?
Nnn gli rimarranno i segni della varicella, ma rischia di portarsi dietro quelli che gli ha fatto questo compagno.
Di nuovo.
E di nuovo le maestre non hanno voluto dirmi il nome del bambino, anche se il nano un nome lo ha fatto ed era convinto, ma non so quanto sia attendibile.
Sospetto che sia lo stesso bimbo che già due volte lo ha morso e un'altra volta graffiato proprio vicino agli occhietti.
Così arriviamo a quota quattro e io inizio ad essere stufa.
Cosa devo insegnare a mio figlio? A reagire, a spintonare? A subire e basta?
Non lo so. Non vorrei insegnarli la violenza neppure come difesa e reazione, però è troppo piccolo per discorsi e ragionamenti e poi la vita mi ha insegnato che con bimbi che agiscono così, non serve.
Serve mostrarsi sicuri e più forti, ma il nano è ancora così piccolo e indifeso.
Sono un pò arrabbiata con le maestre, con il nido e con la società, anche.
Perchè un solo bambino deve scatenare la paura negli altri, perchè trenta devono subire per non emarginare uno?
Ecco, visto che non è la prima volta e si è già comportato così con altri bimbi, mi piacerebbe che le maestre dessero un ultimatum ai genitori: o la smette o è fuori.
Non è una scuola dell'obbligo, è un nido.
E forse è brutto per questo bambino, che evidentemente qualche problema lo ha, visto che non fa male mentre sta giocando o per sbaglio ma improvvisamente e "volontariamente" (anche se certo non per cattiveria, non dico questo, ha solo poco più di due anni).
Però mi so un pò stufata del "buonismo", del "bisogna capire" una situazione difficile, un carattere difficile ecc.
Ho sentito questi discorsi per troppo tempo prima, da studente, ora non voglio sentirli da mamma.
Avrei voluto parlarne direttamente con i genitori del bambino, ma non mi è concesso e, comunque, se è chi dici il nano, dubito che parlare con loro servirebbero. Ho visto come si comportano.
Mi sento arrabbiata ed impotente.
Voi, cosa fareste?
mercoledì 15 maggio 2013
Sabato
Sabato.
Il fatto che mi trovi a scrivere di sabato il mercoledì successivo, la dice lunga su come sono messa questa settimana, tra rientri all'asilo, visita dal pediatra, impegni lavorativi urgenti, ricerca casa e famiglia.
Tuttavia, non potevo non parlarne.
Perchè sabato pomeriggio c'è stata la prima "gara sociale" della palestra di arrampicata che frequentiamo da anni io e l'Alpmarito. Una gara di buolder, che in realtà io non amo molto, ma non importa.
Valeva la pena esserci.
Per stare insieme.
Per praticare sport insieme.
Per mangiare costine, insieme.
Per ridere, chiaccherare, confrontarsi, condividere una passione.
Perchè la palestra è diventata un bel luogo di aggregazionem anche per bambini e ragazzi, ed è bellissimo.
Perchè lo sport è uno stile di vita, soprattutto quando si tratta dell'arrampiacata.
Perchè fare sport significa vivere (un pò più) sano.
E c'erano famiglie, bimbi anche piccoli, come il nano, che si è divertito come un matto fuori, a giocare con il triciclo e la palla, mentre altri bimbi giravano in bicicletta o si lavano i piedi!
C'erano mamme orgogliose dei figli in gara, padri e madri che arrampicavano tra un giro in altalena e una discesa in scivolo, come noi, c'erano single, ragazzine e ragazzini, uomini e donne, tutti insieme.
E c'era il sole.
E non è poco.
E sono pure arrivata in finale, anche se poi non mi sono quasi alzata da terra.
E va bè, l'altra mamma in finale (arrivata poi prima) aveva una bimba di più di tre anni, quindi io ancora ho tempo per recuperare gradi (= difficoltà di salita) e forma fisica, vero? VERO?
Il fatto che mi trovi a scrivere di sabato il mercoledì successivo, la dice lunga su come sono messa questa settimana, tra rientri all'asilo, visita dal pediatra, impegni lavorativi urgenti, ricerca casa e famiglia.
Tuttavia, non potevo non parlarne.
Perchè sabato pomeriggio c'è stata la prima "gara sociale" della palestra di arrampicata che frequentiamo da anni io e l'Alpmarito. Una gara di buolder, che in realtà io non amo molto, ma non importa.
Valeva la pena esserci.
Per stare insieme.
Per praticare sport insieme.
Per mangiare costine, insieme.
Per ridere, chiaccherare, confrontarsi, condividere una passione.
Perchè la palestra è diventata un bel luogo di aggregazionem anche per bambini e ragazzi, ed è bellissimo.
Perchè lo sport è uno stile di vita, soprattutto quando si tratta dell'arrampiacata.
Perchè fare sport significa vivere (un pò più) sano.
E c'erano famiglie, bimbi anche piccoli, come il nano, che si è divertito come un matto fuori, a giocare con il triciclo e la palla, mentre altri bimbi giravano in bicicletta o si lavano i piedi!
C'erano mamme orgogliose dei figli in gara, padri e madri che arrampicavano tra un giro in altalena e una discesa in scivolo, come noi, c'erano single, ragazzine e ragazzini, uomini e donne, tutti insieme.
E c'era il sole.
E non è poco.
E sono pure arrivata in finale, anche se poi non mi sono quasi alzata da terra.
E va bè, l'altra mamma in finale (arrivata poi prima) aveva una bimba di più di tre anni, quindi io ancora ho tempo per recuperare gradi (= difficoltà di salita) e forma fisica, vero? VERO?
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