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mercoledì 14 novembre 2018

Ultimamente ... autunno 2018

Ultimamente sono stata da sola tre ore, DA SOLA TRE ORE.
Sono andata la vicino Forte di Bard, a godermi con calma e senza ressa la mostra di fotografie in bianco e nero del maestro Henry Cartier - Bresson, "Paysages".
Sono salita a piedi, perdendomi nel paesaggio, e poi mi sono soffermata quanto e quando volevo su ogni magnifica opera esposta.




E mi sono innamorata una volta di più dell'artre della fotografia, che secondo me sa raccogliere in uno scatto più di mille parole e trasmettere emozioni quanto un bel quadro.
La mia preferita tra le opere eposte, eccola.

Foto Henry Cartier Bresson tratta dal web
 Ultimamente siamo finalmente riusciti ad andare in montagna con degli amici con cui tentavano di combinare dalla primavera.
Ed è stato un trionfo di colori, chiacchere e cielo blu.

Ultimamente i piccoli giocano insieme senza picchiarsi o piangere per 1 minuto o due. Qualche volta. Il fratellone ogni tanto perde la pazienza e li sgrida, il più delle volte, però, è davvero affettuoso.



  Ultimamente, una domenica, io ed il ricciolino abbiamo impastato tre teglie di pizza, due con farina 00 ed una con farina integrale.
Poi le abbiamo lasciate crescere e ce le siamo gustate a pranzo, con il piacere di mangiare cibo preparato al 100% in casa (e di sapere di non doverlo fare sempre!)



Ultimamente è finita la stagione ciclistica del ricciolino, culminata nella caccia la tesoro in bici e nell'aperitivo in sede. 
Sono finite le gare ed i montagi e smontaggi del portabici. Una bella fatica in meno ma, considerando quanto piaceva e serviva da sfogo al ricciolino, un pò mi manca (solo un po').

Utilmamente abbiamo festeggiato diversi compleanni, a partire da quello di mia nonna e mia nipote, 80 anni esatti di differenza, passando per quello di amichetti del ricciolino e per i sette anni di quest'ultimo.
Emozioni, divertimento e fatiche, insieme.



Ultimamente alla scuola primaria hanno celebrato la giornata dell' orto in condotta vendendo ai genitori e nonni dei bambini i prodotti dell'orto della scuola, in cui i piccoli alunni vanno ogni tanto ad aiutare nel corso dell'anno scolastico.
Ovviamente sono arrivata tardi e mi è toccato solo un quarto di zucca.
L'Alpmarito, però, ne ha tirato fuori un delicato risotto alla zucca e dunque è stato un successo.

Ultimamente ci sono state le prime riunioni alla scuola primaria ed al nido ed a breve ci sarà il primo colloquio con le maestre del ricciolino. E tutto sembra più fluido che lo scorso anno.

Ultimamente abbiamo festeggiato San Michele nel paese dello zio, perchè così si è sempre fatto. 


Ne abbiamo approfittato per far volare l'elicottero telecomandato, goderci gli anziani della famiglia (vi vogliamo bene! - E prima che tu me lo chieda, mamma, non mi riferisco a te, tranquilla!) e cogliere a tradimento... gli ultimi frutti dell'autunno, se così si può dire!

Il limone colto dalla pianta dello zio da avide manine!


Ultimamente è già iniziato il conto alla rovescia per la ripresa della stagione di sci di fondo ed io non so ancora quanto e se riuscirò a mettere gli sci ai piedi e quanta paura avrò. Sci di fondo, si intende. Con la discesa per il momento ho dovuto chiudere ma è solo un arrivederci perchè io guardo le cime innevate e già sogno di sfrecciare giù dalle piste.
Un sacrificio dovuto agli impegni imposti dalla maternità, ma che ho promesso a me stessa sarà solo temporaneo.
Intanto  ci sono ancora i fiori, no?


Ultimamente, in una domenica di pioggia, abbiamo visitato il Museo della Vite e del Vino di Donnas, praticamente il museo di casa.
Che però non avevamo mai visto ed a torto.
Ve ne parlerò, perchè merita.



Ultimamente, alla sagra dell'uva, il ricciolino e la Principessa hanno partecipato al laboratorio del pane e impastato con decine di altri bambini e due panettiere, una pagnotta a ciascuno, che poi ci siamo mangiati a cena. 
Gnam!
(Orsetto ? Ha dormito tutto il tempo)
Per ingannare l'attesa durante la cottura ci siamo sparati due o tre giri con il trenino aperto per il paese. E vi dico solo che il trenino non ha ammortizzatori e viaggia a velocità fin troppo sostenuta. Forse per questo piace tanto ai bambini, i miei compresi!





 



Ultimamente siamo stati ad un paio di letture animate per bambini nella biblioteca del paese ed al ricciolino e alla piccola Principessa sono piaciute molto. Orsetto se ne è infischiato, preferendo esplorare l'ambiente.


Ultimamente abbiamo festeggiato Halloween, accompagnando il ricciolino, vestito da guerriero, ad un giro per il paese organizzato dall'oratorio, dietro sue insistenti richieste.
Santino o scherzetto, questo il titolo, se non sbaglio, si è rivelata una caccia ai dolcetti con tappe agiografiche dedicate ai Santi ritenuti più importanti, sotto il diluvio universale.
Il ricciolino (che ci è andato da solo), ne è tornato molto provato e ha decretato : " Che fortuna che voi non mi obbligate a seguire catechismo!".
Comunque si è anche divertito e a me fa piacere che abbia partecipato perchè, seppur io sia atea, apprezzo molto l'impegno e la voglia di fare edn organizzare dell'oratorio locale, forse unico ente che si sforza di organizzare sempre appuntamenti per i bambini.


Ultimamente ho comprato l'abbonamento per il teatro dei bambini della mia città, che lo scorso anno tanto ci era piaciuto.
Ed in fondo è stata un'ottima scusa per trascorrere un pomeriggio con la mia amica del cuore, sole, a fare la coda, chiaccherare e berci un caffè senza interruzioni infantili (parlano anche dei figli, ovviamente, perchè siamo pur sempre mamme italiche!!!) 

Ultimamente ci siamo ammalati, a turno, tutti e cinque da settembre ad oggi. 
Io, Orsetto e l'Alpmarito pure due volte.
E ne ho già piene le p... dell'umidità e degli sbalzi di temperature, sappiatelo.

Ultimamente ha riaperto la palestra di arrampicata. Finora, però, io sono riuscita ad andarci solo due sere, con i tre al seguito, ovviamente. Consideriamolo come un inizio, va.

Ultimamente, ma proprio ultimamente ultimamente,  per la settimana di "Nati per leggere", sono stata al nido dei gemelli a leggere qualche libriccino ai piccoli. 
Non è facile coinvolgere bimbi dell'età dei miei e anche qualcuno più grandicello però è stato comunque bello, molto molto bello.Vedere l'angolo biblioteca morbidoso creato per i momenti di lettura al nido, osservare i bimbi maneggiare i libri, vederne qualcuno attento ad ascoltare e pronto ad interagire... piccole gioie della vita.

Ultimamente è già tutto un chiedere la letterina per Babbo Natale, postare tutorial di addobbi, programmare cene e pranzi natalizi e prenatalizi, pensare ai regali dei grandi ecc.
E no, a novembre no, non ce la posso fare quest'anno!!!

Ultimamente in casa si discute troppo, perchè crescere tre figli e tenere insieme anche la casa ed il lavoro è davvero dura. E noi speriamo di farcela.

Ultimamente...basta, perchè se siete arrivati a leggere fino qui, vi meritate un sentito ringraziamento, non altre parole!






giovedì 4 ottobre 2018

Festa dei nonni: ricordando i miei

Ho letto su Wikipedia (sommo detentore della verità per chi ha fretta), che il fiore simbolo della festa dei nonni è il "Non ti scordar di me" (tra l'altro il mio fiore preferito), e che questa ricorrenza è nata in America ed è stata introdotta in Italia nel 2005, fissandola al 2 Ottobre, per celebrare l'importanza dei nonni nella famiglia e nella società in generale.

Foto dal web
Ora, io a queste feste credo poco.
Soprattutto se promosse da uno Stato come il nostro, che tenta di addossare ai nonni prestazioni di assistenza che sarebbe il primo a dover garantire, a giudicar dai testi di legge, dalle intenzioni dei politici e dal livello di tassazione che ci è imposta.
Molto ci sarebbe da scrivere, sul valore e sulla funzione dei nonni, sull'importanza del legame nonni - nipoti, sulle mie speranze quando guardo i miei figli e in merito al mio futuro ...ma non importa.

Oggi (sì, lo so, con due giorni di ritardo) ho deciso di concedermi il tempo di pensare con calma, almeno per un pò, ai miei nonni ed a quello che hanno significato per me.

Di nonni ne ho avuti, di fatto, solo due. E nessun nonno bis.
I miei nonni paterni, infatti, sono mancati entrambi giovani, quando ero ancora molto piccola.
Ho un solo ricordo della nonna, forse costruito attraverso racconti familiari, più che registrato personalmente, e poche fotografie.
Non è che fossero poco presenti, è solo che la loro vita è terminata troppo presto, rispetto a quando è cominciata la mia.
Io, però, sono qui anche grazie a loro.

Ho avuto la fortuna di nonni materni eccezionali.
Mio nonno se ne è andato ormai da anni, ancora giovane, per colpa di una malattia bastarda che mi ha tolto quel poco di fede che nutrivo, ma c'è stato.
C'era, quando sono nata.
C'era, quando ho imparato a camminare,ad andare in bicicletta, quando ho preso la varicella al mio primo Natale, quando ho imparato a parlare.
C'era, soprattutto, all'uscita da scuola, per portarmi agli allenamenti di scherma ed in piscina, ad accogliermi sulla soglia a casa, a farmi compagnia quando i miei uscivano, per venirmi a prendere da amichetti, per portarmi in montagna o in campagna, per regalarmi fiori e lasciarmi fare danni nel suo orto.
C'erano i pomodori maturi, le fragoline selvatiche, le violette che mi portava.
C'era ai pranzi in famiglia del weekend, nelle ricorrenze ma anche praticamente tutti i giorni d'estate, per molti anni.
Mi ha insegnato moltissimo, mi ha aiutato tantissimo.
Eravamo molto diversi ma anche molto legati, come scrivevo ormai quattro anni fa, ricordandolo in questo piccolo spazio mio.
C'è ancora, nei miei ricordi, gesti, pensieri.
C'è, in me.

Mia nonna è una donna forte di carattere, che ha affrontato a testa alta molte difficoltà e dolori, molti lutti prematuri.
E' estremamente sensibile, un pò permalosa, molto dolce con nipotini e bis nipoti, sempre disponibile.
Lei è un pò il mio faro, il mio esempio e modello.
Non si ferma mai, non smette mai di fare, creare, rassettare, muoversi, esserci.
E io penso sempre a quanto tempo in più vorrei trascorrere con lei.
Ora ha occhi solo per i bis nipoti (cinque!) e, forse, è giusto così.
Lei c'era quando c'era mio nonno e ha avuto la fortuna di festeggiare con lei anche la patente, la maturità, la laurea triennale e quella specialistica, nonchè l'esame di abilitazione.
Lei ha tenuto in braccio il mio primogenito appena nato, subito dopo il papà e mia madre.
Lei ha tenuto in braccio la mia principessa appena nata, subito dopo il papà e mia madre.
Spesso, in occasione di compleanni e festività, accompagna i suoi regali con bigliettini meravigliosi, pieni del suo amore e della sua tenerezza.
Lei è colei che mi ha insegnato a fare a maglia (anche se l'allieva non è molto diligente, nonnina!), le basi dell'uncinetto (che però non è tanto nelle mie corde) ed il punto croce, che è rimasto una mia passione.
Lei stira in modo che i vestiti sembrino nuovi di zecca.
Lei legge talmente tanto da far impazzire la bibliotecaria, secondo me!!!

Un giorno mio fratello minore mi ha detto: "Tu e F. siete più fortunati di me. Voi avete vissuto più momenti accanto al nonno, avete costruito più ricordi di quanto ho potuto fare io."

E' vero e non dovremmo dimenticarci mai che l'affetto delle persone che amiamo, il tempo che trascorriamo con loro, è quanto di più prezioso ci sia nella vita.

Grazie nonni.
E grazie mamma, meravigliosa nonna per i miei bambini.


lunedì 24 settembre 2018

QUANDO SIAMO IN DUE

Quando siamo in due

 

Quando siamo in due, la mattina è meno pesante sistemare i bambini in auto e partire per scuola e nido.
Perchè le scale con bimbo in braccio le faccio una sola volta e i giri per caricare la macchina di sacche, borse e cartelle di lavoro, diminuiscono da tre a due.
Perchè mentre uno sistema la cucina, l'altro può rifare il letto, senza sottrarre il doppio di minuti preziosi al conto alla rovescia per l'uscita di casa, che la mattina i minuti mancano sempre.

Quando siamo in due, spesso a pranzo mi tocca cucinare e impego un'ora per un pasto che in genere mi sbrigo in 15 minuti netti.
Però altre volte cucina lui e comunque due parole in tranquillità tra adulti, riusciamo a scambiarcele.

Quando siamo in due, si può andare in bagno con la porta chiusa.

Quando siamo in due, portare il ricciolino ad allenamento non è un problema.

Quando siamo in due, posso portare i gemelli ai giardinetti senza l'ansia di perderne uno o che entrambi si lancino ingiochi spericolati, su due strutture diverse.

Quando siamo in due, il passeggino nei tratti brevi può rimanere in auto e Orsetto e Principessa possono camminare.

Quando siamo in due, è più facile andare dalla pediatra, nel cui ascensore non entra il passeggino doppio.

Quando siamo in due, la spesa grossa al supermercato con i tre bambini è una delle incombenze settimanali, non una delle sette fatiche di Ercole.

Quando siamo in due, posso andare ai convegni, perchè i bimbi al nido puoi andare a prenderli lui, che ha i seggiolini-auto montati e non vede la missione come "impossibile".

Quando siamo in due, il ricciolino può godere di momenti di attenzione esclusiva.

Quando siamo in due, possiamo andare in montagna con i bambini a camminare, che è la cosa che ci piace di più fare.

Quando siamo in due, svegliare i gemelli dal riposino pomeridiano, dare loro la merenda, cambiarli e andare a prendere il ricciolino a scuola, è sempre una corsa, ma più umana che da sola.
Perchè uno può rimanere in auto mentre l'altro corre all'uscita.
Quando siamo in due, la cena dura sempre troppo, però il dopo cena è più facile, perchè mentre uno lava Orsetto e Principessa e li prepara per la notte, l'altro può spreparare la tavola, lavare i piatti e pulire la cucina. 
E magari si riesce anche a sentire un tg o il ricciolino che legge ad alta voce.

Quando siamo in due, per le nove i bimbi sono quasi sempre a letto, mentre se sono sola, ci metto anche mezz'ora in più.

Quando siamo in due, diventa possibile pensare di uscire per un pasto fuori o andare da amici o a qualche festa di paese. Oppure si può portare il ricciolino a letture ad alta voce o a teatro. 
Perchè talvolta lo faccio anche da sola , ma che fatica assurda!!!

Quando siamo in due, è tutto un pianificare, prendere decisioni e discutere strategie comuni.
E poi c'è sempre qualcosa da aggiustare che era rimasto indietro e così si finisce per non potersi fermare mai.
Finisce che non c'è mai tempo per la coppia.

Quando siamo in due, nonostante spesso sia difficile, mi sento meno sola.

Quando siamo in due, assurdamente, siamo più in ritardo che quando sono sola.
Quando siamo in due, inspiegabilmente, siamo più in ritardo che quando sono sola.

Restano due problemi, oltre a quello (in fondo trascurabile) dei ritardi:
  1. io ormai mi sono creata una routine ed una organizzazione fatta per reggere sulle mie spalle l'essenziale e a fatica tollero deviazioni dal mio modo di affrontare gli impegni e le incombenze;
  2. quando siamo in due...accade troppi pochi giorni e, quando succede, la mole di impegni rimandati a "quando siamo in due" e la stanchezza accumulata rendono difficile mantenere calma e armonia.
E niente, una soluzione ancora non l'abbiamo trovata.

Sì, a volte la nonna fa le veci del "secondo" ed è di grande aiuto, a volte qualche "recupero" da/per scuola e/o allenamento del ricciolino lo fanno il nonno e la nonna, però per molti versi, come è d'altronde giusto che sia, non è la stessa cosa che quando siamo in due, io e lui.

Voi? Cosa cambia quando siete soli a gestire i figli/casa/lavoro/impegni extrascolastici e quando siete in due? Siete quasi sempre sole/i o in due?

mercoledì 13 dicembre 2017

Ricapitolando. Ovvero, pezzi di vita.

Il tempo scorre troppo in fretta, anche se a momenti sembra non passare mai.
Non riesco ad annotare quanto vorrei la vita che vivo.
Eppure c'è.

Nell'ultimo mese, giorno più, giorno meno:

- il ricciolino ha messo per la prima volta i pattini da ghiaccio.
Dopo due ore di pattinaggio entusiastico (paura e difficoltà zero), è caduto di faccia, battendo il naso.
Abbiamo terminato la serata al pronto soccorso, per fortuna senza alcuna conseguenza.
E poi ha pattinato di nuovo e io con lui (no, non sono mai caduta, però di paura ne avevo!);

- Orsetto ha iniziato lo svezzamento, perchè di pianti, rigurgiti e sua sofferenza, ne avevo abbastanza.
Pappa lattea, frutta, qualche passato con farine ecc. e, a seguire, comunque il biberon.
Bene, non benissimo ma meglio di prima.
In teoria avrebbe iniziato anche Principessa ma a parte sputacchiamenti e facce schifate, non abbiamo portato a casa nulla. Quindi per ora continua con il biberon e pace;

- abbiamo festeggiato il compleanno del ricciolino, quest'anno solo con nonni, zii e cugini, come da sua espressa richiesta. E' stato bello ritrovarsi e fare insieme le torte. Ora però basta fino a Natale!

- sono stata alla riunione del nido, ho iscritto i piccoli e concordato la data dell'inserimento.
Poco più di sei mesi e si inizierà, a breve.
Io non sono pronta, per nulla. Loro, al solito, saranno più bravi di me.
Comunque sia, sono emozioni forti;

- sono stata a teatro con il ricciolino, una cara amica e la sua bimba. Abbiamo visto Pinocchio, a breve assisteremo ad uno spettacolo natalizio. Attori bravissimi, bellissimo uscire soli io ed il ricciolino, ancora di più avere anche un appuntamento fisso con la mia amica e vedere i nostri bimbi incantati dallo spettacolo. E lo devo a lei, che mi ha avvisato in tempo (e si è pure fatta da sola la lunga coda per gli abbonamenti).

- abbiamo addobato la casa a festa. 
La nuova casa, per il suo primo Natale con noi.
Poi ha anche nevicato e reso tutto più magico (e più scomodo).
E niente, anche queste sono emozioni;

- il portafogli perso è stato ritrovato. Troppo tardi per evitare di rifare tutto ma tant'è. Era nell'ovetto di Principessa. Dentro la fodera, sotto il sedere. Roba che se lei non ci avessse rigurgitato sopra costringendomi a smontarlo interamente e il ricciolino non ne avesse approfittato per usarlo come dondolo per improvvisate montagne russe, non sarebbe mai uscito;

- pure la gattina, scappata dopo il trasloco, c'è. Solo che gira nei dintorni, risponde miagolando alle chiamate, qualche volte si fa accarezzare, mangia il cibo lasciato fuori dalla porta ma stop. Non entra, graffia se presa in braccio, si inselvatichisce ogni giorno di più. Però sta bene e questo attenuta il dispiacere.

- ho affrontato i primi colloqui con le maestre alla scuola elementare. Seduta davanti ad un banchetto, con tre maestre dietro ad una fila di banchi uniti a guardarmi. Quasi mi sentivo sotto inquisizione, riportata di botto indietro nel tempo.
E' andata bene, il ricciolino è vivace ma bravo. Io, comunque, non avevo dubbi in proposito;

- andiamo regolarmente in palestra ad arrampicare e qualche soddisfazione c'è anche per me. Il mal di schiena, però, è tutt'altro che un ricordo. Temo mi perseguiterà ancora per molti mesi;

- abbiamo trascorso tre giorni interi a montare mobili. Potrebbero rilasciarci un diploma in materia, ormai. Sono venuti bene, quasi tutti. Ora lo spazio e i contenitori ci sono, non resta che svuotare scatoloni e mettere ordine. Quando, non si sa.

Che altro?
Ah sì, ho finalmente il mio piano e quindi ho ricominciato a suonare.
Gioia pura, anche se, dopo tanto tempo, è un pò come ricominciare da capo.

Quanto ai miei bimbi (tutti e tre), a volte urlo, mi dispero e mi sento esaurita.
Poi uno di loro mi sorride.
E passa, ovvio, cosa lo dico a fare?
Alcuni la chiamano "tenerezza", io penso che sia una vera e propria arma segreta di cui la natura ha dotato i cuccioli di ogni specie.

Nel frattempo, casa nostra è sempre un porto di mare, riempita ad ondate di parenti, amici, conoscenti. Feste, pizzate, cene, merende. Quasi sempre improvvisate. Ogni occasione è buona e, per quanto a volte sia faticoso, ci piace proprio così.

E a voi? Come va la vita? Cosa mi sono persa, frequentando poco il web?

lunedì 16 ottobre 2017

Son giorni in cui...

Son giorni in cui reinventare.

Son giorni caotici, stancanti e strani.
Son giorni in cui frenesia e corse si alternano a momenti di pace e affettuosità, come i pianti disperati, spesso all’unisono, a dolcissimi sorrisi e mani baffute da stringere e baciare.
Son giorni da mamma che deve anche riuscire a lavorare, anche se ne farebbe a meno. O forse no. Chissà.
Son giorni di scatoloni abbandonati negli angoli, lavori e lavoretti che sembrano non finire mai, scelte continue da prendere e intoppi come se piovesse.
Son giorni di solitudine e nervosismo ma anche, all’improvviso, di famiglia.


Cerco una routine quasi impossibile, organizzo e preparo senza riuscire mai neppure a pareggiare, rincorro impegni miei e non, agognando riposo e aiuto, che però poi non so chiedere o che comunque non servirebbe, perché il più non è delegabile.

 Mi sento enormemente fortunata, ma anche prosciugata.
Navigo a vista, senza riuscire a vedere la riva, pur sapendo che deve pur esserci, da qualche parte.
Contrasto le lacrime con i sorrisi, rispondo che va tutto abbastanza bene nella speranza di convincere me stessa per prima. 
E poi, a volte, mi accorgo che è proprio così, che va bene davvero, che il peggio, per ora, è alle spalle.
Basterebbe dormire di più.


E intanto, penso e mi interrogo. Troppo. Come al solito. Perché a volte si può solo mettere un piede davanti all’altro, curando di riuscire almeno a saltare gli ostacoli e sperando di non perdersi l’ un l’altro in corsa

martedì 3 ottobre 2017

Ritrovarsi. 25 anni dopo.


Sono passati 25 anni.
25 anni da quando sedevamo in quei banchi bianchi, disposti a ferro di cavallo in un aula grande, la più grande della scuola, e super attrezzata.
25 anni dalla visione delle puntate dei documentari, dalle lezioni di programmazione con il linguaggio basico, dallo yoga nell’ora di religione, dalle spiegazioni sul corpo umano con il modellino gigante, dalle piantine sui banchi per insegnarci a prenderci cura di qualcuno o qualcosa, dal giradischi durante il pranzo, dagli intervalli lunghissimi per godere della natura, con il sole ma anche con la neve e la pioggia.

Eravamo tanti e diversi ma con due maestri molto speciali.
Due persone appassionate e piene di interessi, che hanno saputo trasmettere a tutti noi energia, curiosità, determinazione.
Che ci hanno tenuti uniti giorno per giorno.
Che ci hanno spronato a coltivare i nostri sogni.
Che ci hanno dato tempo e spazi, rispettando ognuno di noi e senza mai forzarci.
Che ci hanno dato fiducia.
Che hanno trasformato una realtà scolastica in una esperienza di crescita personale.

Perché non può essere un caso se dopo 25 anni ci siamo trovati in buon numero intorno ad un tavolo, a ridere, ricordare e raccontarci rispondendo alle domande della maestra (del tipo: “ sei soddisfatto della tua vita?”, mica roba scontata e con il richiamo perentorio a fare silenzio e ascoltare gli altri, mostrando quel rispetto e quella empatia che lei ha sempre considerato più importante di qualunque regola ortografica), scoprendo poi che per tutti quel ciclo scolastico era stato il migliore e che i semi piantati tanti anni fa, in modo lieve e inconsapevole erano germogliati nelle nostre scelte di adulti e nelle nostre passioni.
Dal nuoto, il rugby e lo sci di fondo, alla musica, dallo yoga e alle tecniche di respirazione alla scrittura, dalla valorizzazione dell’amicizia ai legami familiari.

E, pur nei diversi percorsi e nella lontananza geografica a cui la vita ci ha condotti, con qualche ruga e capello bianco (o senza più capelli!) ma in fondo sempre gli stessi, un po' ci siamo ritrovati.

Soprattutto, però, abbiamo ritrovato i noi stessi bambini e loro, C. e M., i maestri che hanno così positivamente influenzato la nostra vita.
Ora, con questa consapevolezza, se potessi viaggiare nel tempo, cercherei di fissare nella memoria ancora più particolari, perché quanto siano preziosi certi momenti, spesso lo scopri solo vivendo e lasciando sedimentare.

Al mio ricciolino ed a I., che hanno da poco iniziato la primaria con uguale entusiasmo, anche se purtroppo non insieme, auguro fra 25 anni di poter raccontare lo stesso delle loro rispettive classi e insegnanti!

P.s. Quanto a te, amica mia che mi leggi e che c’eri, accanto a me, noi non ci siamo mai perse, solo distratte un attimino, tra studi, matrimoni e maternità, proprio come i nostri maestri raccontavano che è successo a loro.




lunedì 25 settembre 2017

Il mio parto gemellare

Attenzione: post lungo e ad alto contenuto emotivo, ma a finale lieto!

Oggi, a tre mesi da quel 23 giugno che ha cambiato la nostra famiglia, mentre la piccola dorme dopo la prima poppata del mattino ed il piccolo inizia dare segni di risveglio, mentre la caffettiera grande (il primo caffè è sempre doppio!) è sul fuoco, vi voglio raccontare il mio parto, partendo dal ricovero.

La gravidanza sembrava andare a gonfie vele, a parte la stanchezza che a maggio ormai si faceva sentire, decisamente più che per quanto accaduto con il ricciolino, nonostante gli integratori di ferro e l’aumento di peso contenuto.
In effetti, negli ultimi giorni di maggio, avevo intuito che qualche cosa non andava, ma ne’ la mia ginecologa ne’ i medici dell’ospedale di Aosta, sembravano preoccupati e d’altra parte, l’ambulatorio per le gravidanza gemellari di Torino, contattato telefonicamente, continuava a rispondermi che le gemellari bicoriali e biamniotiche, come la mia, non le seguivano, non essendo di per sè a rischio ed avendo loro già molti pazienti,  ameno che non vi fossero problemi particolari.
Poi, pochi giorni dopo, mentre ero in ufficio, iniziano contrazioni persistenti. Sono solo alla 31 settimana per cui, dopo qualche ora, chiamo l’ostetrica del vicino poliambulatorio, che mi invita ad andare subito al pronto soccorso.
Vado a Torino, dove passo il pomeriggio e parte della sera: mi dicono che il collo dell’utero è accorciato ma in modo tutto sommato normale, che non sono contrazioni serie, che i flussi dei cordoni ombelicali sono a posto ma non l’accrescimento del maschietto: non è cresciuto per nulla dall’ultima eco (fatta ad Aosta meno di un mese prima, in cui mi avevano segnalato che uno dei gemelli era più piccolo dell’altro ma non c’era da preoccuparsi perché accadeva spesso).
Il dottore aggiunge che può essere sintomo di una grave malformazione (quale? Nessuna risposta, o meglio: “se avesse fatto l’amniocentesi lo sapremmo!”) oppure di un problema al cordone ombelicale o ancora, assolutamente nulla.
“Bisogna attendere almeno 15 giorni per una nuova misurazione e poi si vedrà”.
Nel frattempo devo stare a riposo (ma non a letto) e prendere il Buscopan.
Un doccia gelata. 
Fortunatamente i giorni passano, nonostante le contrazioni continuino.
Torno a Torino a 33 settimane per l’eco di accrescimento: ancora nessuna crescita del maschietto e anche la femminuccia è cresciuta sotto il minimo percentile.
Mi invitano a prenotare una visita all’ambulatorio delle gravidanze gemellari e, quando faccio presente che ho telefonato ripetutamente senza esito, mi suggeriscono involontariamente una scorciatoia, ovvero di iniziare ad andare all’ambulatorio "day service", per il “bilancio di salute pre parto”, ad accesso libero.
Era il giorno della recita di fine anno alla materna del ricciolino, il giorno successivo al mio compleanno e mi accompagnava mia madre.
Siamo tornati in fretta da Torino per assistere alla fine dello spettacolo, anche se mi veniva da piangere dalla preoccupazione, oltre che dalla commozione per il mio ometto.

Tre giorni dopo sono all'ambulatorio "day service" e parlo con una ginecologa premurosa che coglie al volo la situazione, telefona direttamente ad una collega della gemellare e mi prenota d’urgenza per il pomeriggio stesso.
Per farla breve, finalmente mi considerano abbastanza a rischio e vengo inserita nel circuito ospedaliero: nonostante l'arresto di crescita i bambini non sono in sofferenza e mi rimandano a casa con appuntamento a due giorni dopo.
Sono a 34 settimane, mi ricoverano e fanno la terapia cortisonica per i polmoni.
Sono giorni di ansia e attesa, di caldo insopportabile, travagli in camera e nostalgia del ricciolino e di casa, di monitoraggi continui, assenza di privacy e insonnia, dieta monotona e insipida e peso invariato. 
Mia madre è sempre al mio fianco.
Poi, il 22 giugno, nuova eco: crescita invariata per il maschietto e anche la femminuccia è cresciuta ben al di sotto della media.
A questo punto, mi dicono che a breve mi indurranno il parto.
Già sapevo, dal ricovero, che sarebbe stato vaginale (i bambini sono entrambi cefalici) - e a me va benissimo, perchè non vedo motivo di rischiare un taglio - e senza possibilità di spinale o epidurale, neppure in caso di taglio d'urgenza.
Essendoci già passata, nonostante le storie terribili di travaglio ed induzione a cui ho assistito e che ho mio malgrado sentito durante il ricovero, sono relativamente tranquilla.

Finalmente, venerdì 23 nel primo pomeriggio partono con l’induzione, avvisandomi che in genere ci vogliono dalle 12 alle 24 ore per partorire.
Sono a 35 settimane.
Avviso l’Alpmarito perché rientri dal lavoro all’estero senza però mettergli fretta, viste le previsioni.
Trascorrono sei ore ma solo nelle ultime due inizio ad avvertire contrazioni, molto ravvicinate ma che non mi impediscono di passeggiare, parlare e stare sotto la doccia. Rompo le acque.
Visita: nessuna dilatazione
Torno in camera e dopo pochissimo le contrazioni diventano ravvicinate e forti, sento che devo partorire subito.
Avviso l’ostetrica che inizialmente non mi crede, in fondo mi ha visitato dieci minuti prima e non c’era alcuna dilatazione. Frattanto, appena in tempo, arriva l’Alpmarito.
Io insisto che secondo me è il momento della fase espulsiva ed infatti: dilatazione completa in 15 minuti!
Corsa in barella fino alla sala parto e mentre arrivano anche il primario e il neonatologo e l’ostetrica indossa il camice, in nove minuti nascono entrambi i gemelli.

Tuttavia, a causa di una forte emoraggia, ho appena il tempo di vedere i bambini in braccio al papà e sentire il conto delle perdite ematiche ad alta voce (angosciante!!!), che l’anestesista mi addormenta.
Mi risveglio che è già mattina, ancora in sala parto. 

E' andato tutto bene ma la paura è stata tantissima, per me in primis, ma anche per l'Alpmarito e mia madre, che attendevano fuori senza veder più uscire i medici.
I viaggi a Torino, le mille telefonate per riuscire a prenotare una visita, la fatica del ricovero e la paura in sala parto, acquistano senso. 
Se non fosse stata lì, chissà ora come staremmo, noi tre.

Il pomeriggio mi portano in camera la piccola, dopo una notte in culla termica e i controlli del caso, con tanto di biberon, perché non devo muovermi e in quel momento non mi passa neppure per la testa di provare ad allattare.
Il mio piccolo posso vederlo solo il giorno ancora successivo, quando finalmente posso alzarmi dal letto e salire in terapia intensiva neonatale.
E vedendolo in incubatrice, piango.






martedì 5 settembre 2017

Questa casa

Questa casa

Stiamo per salutare questa casa e, pur essendo felice del cambiamento, in questo ultimi giorni mi ha preso un po’ di nostalgia.




Perché questa casa,
quando ancora era solo un letto, un tavolo ed una libreria,
ci ha visti diventare “noi”.

In questa casa,
mentre eravamo ancora in due,
ho preparato la mia tesi,
e l’esame di stato.

In questa casa,
quando ancora era “un’open space”,
abbiamo accolto parenti e amici,
letto, brindato, riso, giocato e pianificato,
semplici gite e viaggi a lungo desiderati,

In questa casa,
che abbiamo liberato,
pulito, pavimentato e tinteggiato con le nostre mani,
abbiamo sognato 
il nostro futuro.

Questa casa,
dalla posizione infelice
ma dalla vista splendida,
ha assistito al mio diventare mamma,
allargandosi e mutando per accogliere un bambino.

In questa casa,
ho portato la mia gatta,
salvandola,
e l’ho vista diventare mamma.

Ero in questa casa,
quando ho temuto,
per due terribili,
infinite ore di incertezza,
per mio marito
e qui l’ho vegliato
in una notte d’ansia,
ringraziando che la montagna non se lo fosse portato via.

Questa casa 
che è stato il teatro di feste,
anniversari, amore,
amicizie,
ma anche di litigi,
telefonate attese e mai giunte,
delusioni e rabbia,
è stata il mio rifugio,
in tempi di malattie, lutti e notizie di separazioni,
e l’eco della mia gioia,
ad annunci di nuove vite e nuove coppie.

In questa casa,
ho curato, cantato, ninnato, ballato e giocato
con e senza mio figlio,
ma anche fotografato,
dipinto, cucinato, praticato yoga,
ricamato, dormito, vegliato, montato mobili e spento candeline.

Questa casa,
mi ha visto provare il mio abito di nozze,
preparare e disfare valigie,
uscire in due e tornare in tre,
uscire in tre e tornare in cinque,
piangere, di gioia e di dolore,
sorridere e gioire.

Questa casa, 
dove ho trascorso parte della mia vita adulta,
in fondo,
so già che un po' mi mancherà.

Perché questa casa,
come tutte le case vissute,
è più di quattro mura e un tetto,
più di un semplice contenitore di oggetti,

è un contenitore di umanità.