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domenica 24 luglio 2016

Dal blog di Scintille di gioia: Il significato di essere mamma"

Silvia, del blog "Scintille di gioia" mi ha posto alcune interessanti domande sulla maternità, queste:

"cos'è per te la maternità o, se sei un padre, la paternità?

Come vivi la tua genitorialità?

Come è nata la tua scelta di mettere al mondo dei figli?

Cos'ha comportato per te fare questa scelta?"

Curiosi di sapere le mie risposte? Considerate che ho impiegato più di due mesi ad elaborarle!

Le trovate qui!

Se vi va di partecipare, inviate una e-mail a Silvia!

venerdì 8 luglio 2016

Le letture di Mamma Avvocato: "Maternità. Il tempo delle nuove mamme"

"Maternità. Il tempo delle nuove mamme. Testimonianze, appunti e riflessioni" a cura di Laura Ballio e Giusi Fasano, ed. Le opere del Corriere della Sera, febbraio 2016, Euro 7,90, pag. 335.

Un libro difficile da definire, che nasce dal blog del Corriere della Sera, la "27esimaOra" e dalle inchieste de "Il tempo delle donne".

 

Non un romanzo, non una biografia e neppure un saggio. Piuttosto una raccolta/inchiesta sulla maternità di oggi, con dati, contributi e riflessioni di giornalisti, blogger, donne comuni, professionisti, medici, maestri e perfino presentatrici/ attrici e scrittrici, da Umbero Veronesi a Michelle Hunzicher e Ambra Angiolini, da Silvia Avallone a Chiara Gamberale, passando per Emma Bonino, Veronica Pivetti e Dacia Maraini.

Tanti anche i temi trattati: la conciliazione famiglia- lavoro, l'insegnamento, la disparità di trattamento in ambito lavorativo, il congedo parentale, la tutela della maternità sul lavoro, la "nuova" paternità, la discriminazione sessuale, la scelta della maternità e della "non maternità" , i modi diversi di intendere "il materno", mamme e tecnologia, i millenials, la menopausa e la maternità surrogata.

Un caleidoscopio di riflessioni che fanno pensare, aiutano a guardare alle parole ed ai concetti con diversi punti di vista, suggeriscono possibilità.

A parte una impostazione politica di fondo che in parte non condivido (la prefazione di Valria Fedeli, ad esempio, che ho trovato eccessivamente autocelebrativa, mi ha lasciata perplessa) e alcuni interventi in tema di maternità surrogata che personalmente mi fanno rabbrividire, forse perché io sono troppo liberista per certi versi, e' un libro che secondo me merita una lettura, per approfondire e capire le diverse sfaccettature della maternità.

"Interessante l'annotazione sulle obiezioni delle aziende americane a dotarsi di un top management femminile: il modo di fare network. Trascurano le relazioni con quello che definiscono un 'club di vecchi ragazzi', non partecipano a cene sociali e non giocano a golf." Pag. 32

Pag. 43: "Un altro grande mito infranto dalla crisi è quello del partit time. Dal 2000 al 2013, secondo i dati ISTAT gli occupati a tempo parziale sono aumentati del 40 per cento: da poco meno di tre milioni a quattro milioni di persone. Tre part time su quattro sono al femminile, un rapporto rimasto sostanzialmente costante nell'ultimo decennio. Il problema è che negli anni della crisi è nettamente aumentato il part time involontario. Le donne insoddisfatte del l'orario ridotto erano il 34 per cento nel 2000 e sono diventate il 58 per cento - quindi la maggioranza- nel 2013. Cosa non funziona in quella che doveva essere la soluzione di tutti i problemi della conciliazione? Spesso la difficoltà sta in una distribuzione oraria che non aiuta. Prendiamo il settore del commercio, dove il part time femminile è particolarmente diffuso. Sovente il lavoro è concentrato in orari in cui nidi e materne hanno già chiuso da ore. In questa condizione l'orario ridotto non aiuta le donne (né gli uomini) nella gestione familiare. Da rilevare poi il fenomeno del lavoro nero legato al part time. Sono purtroppo numerosi i casi di dipendenti a orario ridotto che in realtà lavorano a tempo pieno. Soprattutto in settori "maschili" per la verità, come l'edilizia. Ma a ben guardare, la principale cartina al tornasole di un modello che non ha funzionato e un'altra. Mente in Europa l'aumento del part time fa crescere l'occupazione delle donne, ciò non avviene in Italia. Negli ultimi dieci anni, nonostante un incremento del part time femminile superiore agli altri Paesi UE, il nostro tasso di occupazione femminile è rimasto inchiodato al 45 per cento o giù di lì. Non si può dimenticare, poi, che gli effetti positivi del part time sul l'occupazione femminile hanno un prezzo. In termini di maggiore "segregazione". E' così che gli economisti come Luisa Rosti chiamano il fenomeno per cui le donne sono costrette ad accontentarsi di bassi livelli di carriera in settori meno pagati degli altri.

...una società che teme la maternità più della mediocrità, e premia il tempo più del risultato, escludendo le donne dai percorsi di carriera, spreca la risorsa più preziosa delle economie moderne: il capitale umano."

Pag. 44: "...la spesa pubblica per la famiglia è pari al 2 per cento della spesa totale della pubblica amministrazione e appena all'1 per cento del Pil, a fronte degli interventi per gli anziani che, tra pensioni e spesa per la salute, corrispondono al 20 per cento del Pil. In altre parole per 1 euro speso a favore della famiglia se ne dedicano 20 agli over 65. Il basso livello di spesa per la famiglia colloca l'Italia al 22esimo posto tra i Pesi UE per la quantità di risorse destinate a questo capitolo di interventi pubblici ..."

Con questo post partecipo all'appuntamento settimanale con il venerdì del libro di Homemademamma.

 

lunedì 30 maggio 2016

‪#‎ceravamotantoamati‬: Giorno dopo giorno



Sarà la mia professione.
Sarà un caso.
Sarà che ormai i miei amici e conoscenti si sono quasi tutti sposati e spesso hanno anche procreato.
Sarà che, per via dell'età di mio figlio, ormai frequento tendenzialmente famiglie.
Sarà che sono uscita dal tunnel dei primi tempi con un neonato ormai da un pò e questo ridà prospettiva ai momenti trascorsi (ovvero aiuta a dimenticare molte difficoltà e ricordare con nostalgia i momenti di gioia).
Sarà quel che volete ma ultimamente mi pare di essere circondata da coppie che scoppiano.
E sì che negli scorsi due anni ho partecipato ad un numero elevato di matrimoni!

Oppure, più banalmente, si scoprono crisi coniugali (o personali che coinvolgono anche la coppia) di persone riguardo alle quali proprio "non lo avresti mai detto".

E' la vita.
La statistica ricorda che è un fenomeno tutt'altro che raro e, soprattutto, per esperienza personale ormai so che i figli non risolvono i problemi di coppia, come molti si ostinano a pensare, semmai li aumentano, almeno nel breve periodo.

Perchè prima, al di là del lavoro, le preoccupazioni sono meno.Per non parlare delle coppie che si sono formate ai tempi delle superiori o dell'università (come nel mio caso), in cui al massimo si litigava in preda la nervosismo pre-esame.

Perchè prima, se c'erano risorse economiche limitate, ne soffrivate solo tu e lui e non c'era il pensiero del futuro da offrire ai propri figli.

Perchè prima era un attimo decidere di uscire al sera, cenare a latte/caffè e biscotti (no, vabbè, questo con l'Alpmarito non è mai stato possibile, però con qualcosa di freddo sì), partire per un viaggio o prendersi la giornata per andare a sciare insieme.
Era un attimo posticipare l'orario della cena, passare una giornata di pioggia guardando un film dopo l'altro o andare a fare una via lunga di arrampicata con il frontalino (così se proprio tardiamo e viene buio, almeno riusciamo a scendere).

Perchè prima, banalmente, c'erano meno responsabilità e pure meno incombenze domestiche.

Soprattutto, però, il sentimento era spesso ancora "fresco", l'amore non ancora logorato da anni di compromesso, le incomprensioni non ancora trasformate in muto rancore.

Io non so come si vivesse "lo stare in coppia" e come si gestissero i sentimenti 30 anni fa, 50 anni fa, 80 anni fa. Non lo so e non saprei dire se era peggio di adesso, uguale o se "si stava meglio quando si stava peggio".
Mi pare, però, che la spinta a soddisfare immediatamente ogni desiderio, anche comprando a rate un viaggio esotico o un televisore al plasma o l'ultimo modello di smartphone (non certo bisogni primari) non sia mai stata così forte. Basta guardare le pubblicità, per accorgersene.
Il "diritto alla felicità", d'altro canto, è una idea moderna: condivisibile, per carità, ma forse non quando viene interpretata come "convizione" di aver diritto ad essere "sempre soddisfatti", ad ottenere sempre e comunque, non importa a che prezzo, ciò che si vuole (o si crede di desiderare, salvo poi accorgersi che non basta non appena lo si è ottiene).

Così, quando questa convizione viene frustrata dalla realtà, perchè ci si trova alle prese con un esserino che dipende completamente da noi e i suoi bisogni primari diventano la priorità, è facile cadere nel vortice dell'insoddisfazione, sfogarsi con l'altro membro della coppia e, magari, addossare a lui/lei la colpa di tutto.

Oppure, più banalmente, le elucubrazioni di cui sopra non c'entrano nulla.
Solo che nasce un figlio e tutto il resto passa in secondo piano. E si è più stanchi, per tutto e tutti.
Non a caso la privazione del sonno è considerata una vera e propria tortura.

Perchè, siamo sinceri, chi di noi una volta diventato genitore, non ha pensato, almeno una volta al giorno, alla settimana, nella vita,  di aver FATTO DI PIU' del partner, di essere PIU' STANCO, di aver PIU' DIRITTO DI LAMENTARSI ?
E, spesso se non sempre, questa sensazione è vissuta in contemporanea da entrambi i genitori, che finiscono per non capirsi più.

Allora, l'unico modo per restare a galla è forse guardarsi negli occhi e ripensare a cosa ci aveva fatto innamorare l'uno dell'altra, armarsi di pazienza e trovare mille e una strategia per restare a galla nel quotidiano, emergendo ogni tanto da soli e/o in due per prendere fiato e aria, fino a che il peggio sarà passato, accettando che l'innamoramento sia solo una fase, intensa, bellissima, certo, ma solo una fase (o forse intensa e bellissima proprio perchè una fase), ma comprendendo che l'amore, quello vero, è qualcosa di più e di diverso,
qualcosa di cangiante,
qualcosa di capiente.

Tanto da saper contenere prima una coppia e poi una famiglia, che sia di due, tre, quattro o più persone.

Non credo sia facile. Non credo sia sempre per sempre.
Credo, però, che valga sempre la pena provarci. Comunque vada poi.
E se andrà,  allora la coppia post - figli diventerà una squadra imbattibile e il pre-figli sembrerà solo una copia sbiadita della vita vera.

Con questo post, dico la mia sul tema del mese delle Stormoms




lunedì 23 maggio 2016

Before I die

Da una idea di Lucia.

Before I die... 


vorrei mettere al mondo un altro bimbo o bimba
vorrei fare colazione nella "casa nuova". In realtà lo vorrei anche prima dei 40 anni ma mi permetto di dubitarne
vorrei scalare a vista, da prima, una 6c di placca, ma mi accontenterei anche di un 6b
vorrei rifare la Vallee Blanche con gli sci ma, stavolta, con il ricciolino oltre che con l'Alpmarito
vorrei salire sulla cima del Monte Bianco godendomi l'ascesa (=senza arrivarci stremata)
vorrei visitare l'Australia e la Nuova Zelanda
vorrei fare un trekking in Patagonia ed uno in Tibet
vorrei tornare in Irlanda e girarla tutta in auto
vorrei tornare in Scandinavia in inverno e vedere finalmente l'aurora boreale
vorrei festeggiare il giorno del diploma e/o della laurea di mio figlio
vorrei guardare dal vivo le cascate del Niagara
vorrei vedere mio figlio innamorato
vorrei fare un'altra vacanza in bicicletta, ma questa volta di 15 giorni e con il ricciolino, dormendo in campeggio
vorrei conoscere i miei nipoti (e quindi che mio figlio avesse dei figli) e magari anche avere la fortuna di vederli crescere
vorrei fare una discesa in rafting
vorrei suonare alle perfezione l'Aria, l'Aria da capo e tutte e trenta le variazioni Goldberg del mio amato Bach e pure la Toccata e fuga in Re minore, sempre di Bach, adattata per pianoforte (ma saperla suonare con l'organo sarebbe il massimo)
vorrei correre una maratona o un ultra trail, non di quelli più tosti, mi accontento dei più semplici, ma in montagna
vorrei fare un volo con il parapendio
vorrei correre a perdifiato in un campo di lavanda in fiore
vorrei mangiare di nuovo una pizza margherita, una pasta al pomodoro e basilico e la lasagna di mio padre e magari, esagerando, gustarmi una pesca noce e delle ciliegie senza stare malissimo
vorrei vedere mia madre di nuovo serena, se non felice e non per pochi istanti, ma per un periodo duraturo
vorrei pratica yoga all'alba, da sola, su una spiaggia deserta e farlo senza vergognarmi se qualcuno mi vede
vorrei imparare tutti i punti del lavoro a maglia ed a usare la macchina da cucire e vorrei impararli da mia nonna.

E poi per ora basta, domani si vedrà!

E voi, cosa vorreste fare prima di morire? Dando per scontato di avere tutti tantissimi anni in salute davanti a noi, ovviamente!

I "Before I die" di Lucia li trovate qui.

martedì 10 maggio 2016

Wonder mamma, a quale prezzo?

Domenica sera, in occasione della festa della mamma, hanno trasmesso il film "Ma come fa a fare tutto?" con Sarah Allison Parker.

Quando era uscito al cinema avrei voluto andarci, ma non avevo potuto, così ho colto l'occasione domenica.

A costo di farmi dare della pazza, devo confessare che ho quasi pianto, guardandolo.

Perché rappresentava perfettamente la realtà di molte mamme, di molte donne, una realtà dura e scomoda.

Certo, le madri che conosco io non prendono un aereo ogni tre per due per andare dall'altra parte del continente, piuttosto si spostano da un lato all'altro dell'Italia o anche meno, stando via qualche notte oppure girano l'Europa o, più semplicemente, fanno le pendolari ogni giorno, in treno, auto o autobus che sia.

Il concetto, però, e' lo stesso. Perché se per partecipare ad una riunione o ad una udienza o per ricevere il cliente o vendere un prodotto, ti perdi la recita della scuola o la lettura della buonanotte, che l'ufficio sia a Milano o a New York poco cambia.

Ed al di là della figura di "mamma che non lavora" del film, certamente esagerata (non so voi, ma io di mamme casalinghe che passano intere mattinate tra palestra ed estetista, non ne conosco proprio; quelle che conosco io hanno ritmi più rilassati delle "mamme che lavorano" ma non battono la fiacca e spesso curano orti, fanno volontariato, assistono parenti o investono in una passione, quale che sia), il continuo confronto fra mamme e' una realtà.

La gara a chi fa meglio, dalla torta alla educazione, esiste. E ciascuna invidia l'altra, senza conoscerla davvero. Senza essere disposta a fare davvero cambio, se potesse.

La discriminazione delle donne sul luogo di lavoro o in termini di carriera, di cui parla la mamma single del film, e' purtroppo una realtà diffusa a cui ci siamo abituate, anche se non dovrebbe essere così, e non solo se il capo e' uomo.

Soprattutto, però, ciò che mi ha scosso del film e' stato vedere riflessi, sullo schermo di una TV, sensi di colpa, difficoltà organizzative, incomprensioni di coppia, che ciascuna mamma, prima o poi, vive.

Perché le pressioni che subiamo, in quanto "femmine", fin dall'infanzia, sono enormi.

Forse è sempre stato così. Forse è il rovescio della medaglia della maggior (non certo totale) libertà di autodeterminazione che ci siamo conquistate nei secoli. Forse anche gli uomini vivono, seppur in modo inferiore, queste pressioni.

Non lo so.

So solo che, in qualche modo, dobbiamo imparare a liberarcene. Dobbiamo capire che siamo tutte sulla stessa barca e che se la smettessimo con egoismi sterili e lottassimo tutti per più servizi per l'infanzia, per l'uguaglianza di stipendio e per cambiare la mentalità degli uomini e delle donne che abbiamo a fianco e che cresciamo, forse qualcosa cambierebbe.

Invece parli di centri estivi comunali aboliti per mancanza di fondi, cerchi solidarietà e ti senti rispondere: ah già, comunque a me non serve, tanto io sono a casa e poi poveri bambini, e' come continuare a mandarli a scuola!

In questi casi, mi viene da gridare come una pazza, come la protagonista del film.

Mi viene da mollare tutto.

In fondo una scelta bisogna sempre farla: o si ridimensionano tempo e risorse da dedicare al lavoro o quelle da dedicare alla famiglia. Le ore del giorno sono sempre 24 e noi siamo umane.

E' una scelta sempre difficile, sempre sofferta, spesso temporanea e rinegoziata quotidianamente.

Però, chi ha detto che all'una o all'altra strada intrapresa debba accompagnarsi anche riconoscimento o disvalore sociale? Non basta la difficoltà della scelta in se'?

Non ho risposte, solo domande e bisogno di mettere nero su bianco i miei pensieri e, se vi va, sentire la vostra voce.

P.s. E magari anche un pretesto per mollare un ceffone alla mamma che mi ha dato quella risposta!

 

martedì 15 marzo 2016

I vantaggi della secondogenitura

Pochi giorni fa vi ho raccontato quelli che, secondo me, sono gli svantaggi di essere una secondogenita, premettendo di non mettere in dubbio l'amore dei genitori per ciascuno dei propri figli.

Oggi vorrei elencarvi quelli che credo siano i vantaggi del nascere per secondi.


1. Il primogenito/la primogenita può averti già aperto la strada, affrontando le discussioni con i genitori per ottenere permessi o vantaggi che a te, invece, basterà domandare per ottenere.
Può valere per l'uscire la sera con gli amici, il cinema o la pizza, le vacanze da soli o anche solo guardare la tv fino alle 21.30 anzichè le 21 o mangiare la caramella in più.
Non è detto, però, che i primogeniti facciano sempre da "apripista".
Nel mio caso, ad esempio, sono stata io ad insistere per frequentare l'università risiedendo per qualche tempo in città e sempre io a discutere per ottenere il permesso a prendere la patente della moto (e poi se ne è giovato anche mio fratello maggiore).
In altri casi, il grosso del lavoro lo ha fatto lui.

2. La pressione delle aspettative e delle ansie dei genitori è certamente minore, poichè ripartita su due figli anzichè su uno. E' un vantaggio anche per il primogenito, che si attenua per entrambi i figli se di sesso diverso, quando le aspettative sono in parte diversificate in base al sesso di nascita.

3. Ci sono più bambini che girano per casa, più amichetti, più feste, gite, pic nic in compagnia.
Perchè una volta sei tu ad invitare qualcuno, un altra è il primogenito, una volta si festeggia te, un'altra lui, una volta siete invitati alla festa di un tuo amico, una volta a quella dei suoi. Insomma, le occasioni di gioco ( e scorpacciata di dolciumi) in compagnia si moltiplicano, soprattutto se si è vicini per età e alcuni bambini vanno d'accordo con entrambi.

4. Ci sono più giochi, libri  e cartoni a disposizione in casa. E' vero, bisogna sempre condividere, spesso si litiga, spesso bisogna mediare ma, nel complesso, le opportunità ed in beni materiali aumentano.

5. Non sei (quasi) mai del tutto privo di un compagno di giochi, volendo di un complice per le tue marachelle.
Magari il rapporto con il primogenito non è proprio idilliaco oppure devi adeguarti al gioco che ha scelto lui (ma altre volte sarà lui/lei ad adeguarsi al tuo), però i lunghi viaggi in auto, i pomeriggi di pioggia, le giornate estive, le serate in casa, saranno sempre più piacevoli perchè, volendo, avrai sempre qualcuno con cui giocare, soprattutto se si è vicini di età.

6. Non ti senti mai solo. Quando inizi un ciclo scolastico, di solito conosci già la scuola materna, elementare o media, perchè ci andavi già ad accompagnare lui/lei, oppure lui/lei ancora la frequenta e sai che se avessi davvero bisogno, ci sarebbe. 
Non sei mai solo al centro estivo o colonia e a volte puoi iniziare a praticare uno sport o suonare uno strumento che sai già ti piacerà, perchè il primogenito ci è già passato e tu hai potuto provare.
Oppure puoi scegliere un'attività totalmente diversa che sia solo tua.
Crescendo, se il rapporto tra fratelli si mantiene sereno (il che, purtroppo, non sempre capita, soprattutto dopo i rispettivi matrimoni/convivenze), non sei mai solo neppure nell'affrontare momenti difficili della vita, dalla malattia, a incidenti, problemi lavorativi, necessità dei genitori.

7. I pranzi e le cene di famiglia sono più numerose, chiassose, allargate, divertenti. E si mangia pure di più. Almeno, questa è la mia esperienza e quella di mio marito!

8. I genitori di solito affrontano il loro compito con te in modo più rilassato e meno rigido che con il primogenito. Certo, a volte si aspettano che tu sia uguale a lui e fanno spiacevoli confronti, però si adattano anche più facilmente e cedono prima.
In altre parole: è più facile prenderli per sfinimento!
I terzi/quarti/quindi e via dicendo, in questo, hanno la strada spianata.

9. Hai la possibilità di trovare un confidente in casa, più adatto a certi discorsi dei genitori.

10. Anche se non hai ancora la macchina o sei più piccolo dell'età a cui i tuoi genitori hanno consentito al primogenito di uscire da solo, puoi contare su di lui (o sui suoi amici) per i passaggi o sfruttare la carta del "ma dai, c'è lui/lei a controllare!" per godere di libertà più precocemente. Certo, a patto di ignorare i suoi musi lunghi perchè deve portarsi la "sorellina" o il "fratellino" appresso!

11. Se il primogenito è maschio e tu sei femmina o viceversa, significa che avrai in casa esponenti dell'altro sesso che sono suoi amici/che poco più grandi di te e, se sei fortunato, qualcuno sarà anche molto carino/a.
E questo, nell'adolescenza, non guasta!

12. Infine, ti abitui fin da piccolo a mediare, condividere e accettare limitazioni e rinunce ma anche ad apprezzare le rinunce, i limiti  e le condivisioni che gli altri accettano per te. A volte anche a fare squadra. Ed è un insegnamento davvero prezioso.

Secondogeniti, che ne pensate? Avete altro da aggiungere o osservazioni da fare?




lunedì 14 marzo 2016

I sogni e la realtà: overo great expectations, grandi speranze e grandi aspettative


Da che ho memoria, ho sempre desiderato fare l'avvocato, come mio padre, e nello stesso tempo, essere una mamma lavoratrice, come mia madre, che ricordo bellissima vestita "da ufficio"  ma anche sempre presente e pronta a giocare e portarci di qua e di là.

Mi immaginavo avvocato di successo, impeccabile e preparatissima ma anche mamma presente, capace, giocosa, attenta.
Con tre figli almeno.

Mi immaginavo sempre di corsa ma non in affanno, occupata ma non preoccupata.

Immaginavo un gatto ad accogliermi sulla porta di casa o in balcone a prendere il sole, i bambini fare i compiti tranquilli in cucina mentre io sistemo e il marito prepara la cena.

Immaginavo un uomo con  cui condividere tutto, capirsi al primo sguardo e ridere molto.

Di diventare una cuoca passabile, invece, non l'ho mai neppure immaginato (per fortuna).

Immaginavo passeggiate in montagna e a sciare con bimbi al seguito, prima nel porte-enfante e  poi in fila dietro di noi. 
Immaginavo estati in tenda, giri in bici, arrampicate tutti insieme.
Tanto lavoro e tanto tempo libero insieme.

Immaginavo giornate con i miei fratelli e le loro famiglia, i loro figli.
Pranzi o cene nel weekend tutti insieme, a casa dei miei genitori, con i cuginetti che crescono insieme.

Immaginavo di fare tanti picnic e gite con gli amici di sempre, condividere attivitàò, sport, visite e viaggi.

Immaginavo di far addormentare mio figlio suonando Bach al pianoforte.

Diventando mamma, però, non sono riuscita a costruire una realtà identica ai miei sogni.
In parte è dipeso da me, senz'altro, tuttavia per la maggior parte sono state gli eventi della vita e le altrui decisioni a modificare le aspettative.

Sono diventata avvocato e, tutto sommato, sono abbastanza soddisfatta del mio lavoro.
Sono sempre di corsa, ma anche in affanno.
Occupata ma anche preoccupata.
Il gatto c'è (anzi, la gatta) però qualche volta quando noi rientriamo in casa lei preferisce uscire a farsi una passeggiata e godersi il silenzio (e non riesco proprio a darle torto!).
Ci sono lavoro e tempo libero, solo che sembrano non essere mai in sincronia.
Il figlio è uno solo, il fato per ora ha deciso così anche se il tre, per me, rimane il numero perfetto.
I compiti da fare per fortuna non ci sono ancora e mentre io cucino il ricciolino più che disegnare o giocare tranquillo reclama attenzioni.
Il marito che prepara la cena c'è solo a singhiozzo, anche se non per colpa sua.
Condividiamo molto ma non tutto (e forse è meglio così) e mi sono rassegnata al fatto che gli sguardi delle donne non sono così intelleggibili come ci piace pensare.
Non ridiamo più molto, presi da mille pensieri e occupazioni, però ci capiamo ancora quanto basta.
Come cuoca ho guadagnato punti, più di quanto mi aspettassi, a patto di non essere troppo esigenti e non allarmarsi per un leggero odore di bruciato.
Sport e gite insieme ci sono tutte, anche se è quasi sempre più faticoso che andare a lavorare e non tutto si può ancora fare in tre, però è questione di tempo e va bene così, perchè quando "facciamo qualcosa" insieme siamo davvero felici.
Il pianoforte non è ancora riuscito ad entrare in casa nostra, ma non ho perso la speranza.
La paura, semmai, è di non saperlo più suonare.

La mia famiglia di origine si è disgregata e i cuginetti si vedono, quando va bene, una o due volte all'anno, spesso per caso.
Ma non dipende da me e mi sono rassegnata.
In questo, la famiglia di origine di mio marito ha superato le aspettative ed un pò compensa.

Questo, però, rimane il mio più grande cruccio, come non riuscire più a vedere gli amici di sempre con l'assiduità di prima e, soprattutto, non riuscire a condividere altro che pranzi o cene, per la maggior parte.
Che è già bello e mi piace, però vorrei riuscire a fare di più.
Forse, però, anche in questo caso è questione di tempo.

Insomma, da mamma in tailleur e cartella con figlio sorridente per mano, come mi immaginavo, mi sento più mamma in tailleur con cartella dimenticata per terra in qualche angolo e figlio piangente attaccato alla gamba o mamma in tailleur con cartella sbrindellata che urla al figlio sorridente: "Adesso basta giocare, dobbiamo andare, siamo in ritardooooooo!!!"

Di una cosa però sono certa: mio figlio supera ogni immaginazione. Non avrei potuto sperare di più (sì, anche quando fa i capricci o alla sera mi fa urlare dal nervoso perchè non vuole andare a dormire, sì).






venerdì 11 marzo 2016

"Primogeniti, mediani, ultimogeniti...", un libro per riflettere sulll'ordine di nascita.

"Primogeniti, mediani, ultimogeniti...Come l'ordine di nascita inluenza il carattere e la personalità di un bambino", di Michael Grose, ed. Red, pag. 110, Euro 12,00


Ieri vi ho parlato degli aspetti negativi dell'essere un secondogenito, ovviamente secondo l'esperienza mia e dei secondogeniti con cui mi sono confrontata.

Oggi, vorrei consigliarvi un breve saggio, cercato e letto proprio per approfondire le mie impressioni sul tema.

Secondo l'autore: "L'ordine di nascita è il fattore meno compreso e più sottovalutato tra quelli che influenzano il comportamento umano, ma uno dei più semplici da capire. Per comprenderlo basta un pò di buon senso.." 
Capirlo e tenerne conto può aiutare nelle relazioni tra familiari, nella scuola, sul luogo di lavoro, tra amici e nella vita di coppia.
Con due importanti precisazioni, ripetute più volte nel saggio:
- la prima, a mio parere scontata, è che "..l'ordine di nascita è solo una delle determinanti del futuro del bambino, non una sentenza per la vita";
- la seconda, ragionevole, che bisogna tener conto anche della funzione che la persona occupa in famiglia, acneh a prescindere dalla posizione di nascita e che può esserle stata assegnata, nonchè del modo in cui genitori trattano i figli, del sesso e delle differenze di età tra fratelli, nonchè del temeramento di questi ultimi.

Il libro descrive le variabili familiari che influenzano la personalità, poi i caratteri che mediamente si riscontrano nei primogeniti, nei figli unici, nei secondogeniti e mediani, infine nei figli minori, dedicando a ciascun ordine di nascita un capitolo a sè, concluso sempre con i consigli per rapportarsi a ciascun figlio in base al suo ordine di nascita e come smussare i lati negativi del carattere o prevenire tensioni e disagi.

Ad esempio, dei secondi si dice che sono per la maggior parte: flessibili, diplomatici, pacificatori, spiriti liberi e generosi.
Se sono anche mediani "sono spesso gli adulti dal carattere più tenace. Sono anche i più difficili da identificare in quanto la loro personalità è influenzara dal contesto in cui si trovano, in partciolare dal fratello maggiore e dalla costellazione familiare.
Molti secondogeniti inoltre sono ribelli ed è più probabile che agiscano in modo stravagante o imprevedibile."
"I figli di mezzo sono i candidati più probabili a rompere le tradizioni familiari".
Laddove i primogeniti tendono a essere: responsabili, perfezionisti, fedeli alle regole, conservatori, deteminati e stabilire obiettivi.

Passa poi ad analizzare brevemente le varie "combinazioni" familiari (ad es., primogenito con fratelli, primogenito con sorelle, primogenito con fratelli e sorelle, ecc) e le caretteristiche che ne derivano negli individui.

Io, ad esempio, secondo il libro sono una secondogenita che è anche mediana, avendo un fratello minore, dovrei avere anche caratteristiche della primogenita (e per quello che mi riguarda posso confermalo), dal momento che sono l'unica figlia femmina e mio fratello ha nove anni in meno di me, mentre il carattere di solito si forma nei primi cinque o sei anni di vita.

In un altro capitolo che ho trovato particolarmente interessante, l'autore esamina lo stile genitoriale in base all'ordine di nascita dei genitori, per poi "smontare" le convizioni sbagliate dei bambini e offrire qualche suggerimento su come affrontare la rivalità tra fratelli, con alcuni consigli che io ho trovato tutt'altro che scontati e banali.
Inoltre Grose fa alcune interessanti considerazioni  sull'impatto sociale della dominuizione del numero medio di figli per famiglia e la presenza sempre più preponderante di figli unici.

Io, nelle descrizioni dei figli, seppur schematizzate e semplificate, ho rivisto molto sia di me che dei miei fratelli, nonchè di mio marito (primogenito) e dei suoi fratelli, così come vi ho visto molti amici di diverso ordine di nascita.
Insomma, una lettura non impegnativa, non certo stupefacente ma comunque sicura fonte di riflessioni e stimoli.

"La conoscenza dell'ordine di nascita vi aiuterà dunque a comprendere che il vostro posto nella famiglia d'origine ha esercitato un influsso fondamentale sulla vostra vita, dal rendimento scolastico, alla scelta della professione e perfino alla scelta del partner. Il vostrio ordine di nascita e quello dei vostri genitori influisce sulla vostra relazione affettiva, così come sul tipo e sul numero dei vostri amici.
In quale posizione avreste voluto nascere? Ogni bambino mi dice che la sua posizione è la peggiore. I primogeniti si lamentano dei genitori rigidi o della vota dura che hanno avuto in confronto ai fratelli (- è mio marito!- ). I secondogeniti e i nmediani recriminano gli svantaggi che comporta il dover seguiire i passi di un altro (-sono io!-). Gli utlimogeniti sottolienano che nessuno li ha mai presi sul serio.
In realtà, ogni posizione ha i suoi vantaggi e i suoi svantaggi, per cui è meglio convivere serenamente con la propria."
 "Il giudizio sui vostri figli sarà influenzato dalla vostra posizione di nascita. "

Questo è il mio consiglio di lettura per il Venerdì del Libro di questa settimana.

se poi vi interessa il mio parere, basato  sulla mia esperienza personale, sui vantaggi e gli svantaggi di nascere secondogenita, li trovate qui e qui.

giovedì 10 marzo 2016

Essere un secondogenito o una secondogenita.Il brutto di essere il secondo figlio.


Ogni volta che leggo e sento discorsi relativi ad avere più figli, mi pare che tutti i genitori si preoccupino della reazione del primogenito e giustifichino le proprie scelte con riferimento anche/solo al benessere del primogenito.
Una delle domande classiche che sento rivolgere alle neo bismamme è: "Come ha preso la nascita il primogenito? E' geloso?"
Mamme che temono di non poter amare il loro secondo figlio quanto il primo (salvo poi amarlo altrettanto quando nasce, ovviamente), mamme che temono di trascurare il primogenito, che si preoccupano di far arrivare un regalino al primo in occasione della nascita del secondo o che invitano parenti e amici in visita a prestare attenzione (e portare un dono) anche al primo figlio.

Niente di male, si intende. Anzi, mi paiono precauzioni, preoccupazioni e curiosità fondate.
Però...
C'è un però.
E' raro che qualcuno si preoccupi di come si troverà, questo secondogenito, arrivando in una famiglia già formata, di come si sentirà rispetto al primogenito, di cosa penserà, nella vita, del suo essere arrivato secondo.

Io sono la seconda di tre figli, l'unica femmina, ed ho sempre pensato che l'ordine di nascita abbia in qualche modo influito sul mio carattere e la mia personalità.
Perchè così come non è facile passare da figlio unico a primogenito, non è però neppure facile essere sempre e comunque il secondo.

Essere secondi vuol dire non poter godere mai dell'attenzione esclusiva di genitori e nonni (nonchè di altri parenti e amici di famiglia).
E non parlo di momenti dedicati in modo esclusivo ad un figlio piuttosto che all'altro, perchè questo è possibile volendo, e molti genitori lo fanno.
Parlo della consapevolezza di essere il primo ed unico pensiero della propria mamma al risveglio, che i tuoi genitori pensano a te prima di ogni altra cosa, si preoccupano solo di te e della tua felicità e salute prima di ogni altra preoccupazione.
E vi assicuro che si percepisce, 
Essere secondo vuol dire doversi adattare non solo a due genitori, ma a due genitori + 1, un bambino, uno che è pari a te (ossia non adulto e figlio quanto te).
Sin dal primo respiro.

Essere secondo vuol dire che, per quanto i tuoi genitori/nonni ti amino quanto il primo figlio, le loro emozioni nei confronti di ciò che dirai e farai, saranno comunque sempre diverse rispetto a quelle che hanno provato di fronte alle prime volte del loro primogenito.
Perchè lo stupore, la meraviglia, la magia delle prime volte del tuo primo figlio, non credo si possano ricreare assolutamente identiche e con la stessa intensità anche in merito al secondo/terzo ecc.
E, lasciatemelo dire da figlia (non da bismamma, perchè non lo sono), è una sensazione che si percepisce.

Essere secondi significa dover sgomitare per crearsi un posto in famiglia, per imporre i propri bisogni e i propri desideri, sempre.
Dal giocattolo al cibo in tavola.
Perchè è vero che i secondogeniti spesso possono contare su un fratello/sorella più grande con cui giocare, che adorano ed imitano, e sui suoi giochi ed amici, però è anche vero che spesso abitudini, ritmi e gusti imposti dal primogenito si sono ormai radicati e non vengono modificati se non con fatica.

Essere secondogeniti significa adattarsi a abiti, giochi, mobili per l'infanzia di seconda mano, non dico sempre, ma di sicuro qualche volta.
Non comprati apposta per te, ma per il primogenito e poi "passati" a te, anche se ancora troppo grandi, se vecchi o del colore che non ti piace.

Essere secondogeniti significa subire il confronto con il primogenito e con le aspettative create dal carattere, dalle reazioni e capacità del primogenito, a casa come a scuola (se è la stessa).

Essere secondogeniti significa dover sempre cercare di attirare le attenzioni e meritare l'approvazione dei propri genitori in campi diversi da quelli in cui eccelle il primogenito, perchè altrimenti hai perso in partenza o ti imbarchi in una guerra senza fine con tuo fratello/sorella.
Oppure significa adattarsi a non primeggiare mai.

Essere secondogeniti significa non avere mai la prima/ultima parola in ogni discussione.
Oppure adattarsi a ingoiare parole e opinioni e stare in silenzio.

Significa sentirsi zittire perchè "sei troppo piccolo" o sentirsi rispondere "sei troppo piccolo per capire", non solo da genitori, nonni, parenti ecc., come qualche volta accade a tutti, ma anche da un primogenito che si atteggia a sapientone e che, in effetti, percepisci più forte e competente, perchè più grande.

Essere secondogeniti significa ricevere un giudizio non solo dei genitori, ma anche del primogenito e quest'ultimo, a volte, per te significa ancora di più.

Essere secondogeniti significa sentirsi presentare come: "la mia sorellina/il mio fratellino" agli 
amici del primogenito, quando quel "-ino" ti sta davvero stretto, non fosse altro che per il desiderio di tutti i bimbi di sentirsi grandi.

Essere secondogeniti significa avere qualcuno che sminuisce le tue conquiste, magari inconsapevolmente, spesso senza mala fede, ai tuoi occhi prima ancora che agli occhi di genitori ed estranei.
Perchè, ad esempio, se hai appena imparato a leggere e vuoi mostrare quanto sia straordinario e cerchi di spiegarlo, è difficile che tuo fratello/sorella grande a un certo punto, pur lodandoti, non ti dicano anche che loro, comunque, lo sanno già, ci sono arrivati prima di te (e non importa se è un prima dettato solo dalla legge del tempo).

Essere secondogeniti significa aspirare sempre alla compagnia ed ai giochi del primogenito, che però spesso e volentieri ti rifiuta o tende ad emarginare.
E comunque, per i suoi amici, resterai sempre "il fratello/la sorella di".

Essere secondogeniti significa dormire sempre più in basso nel letto a castello, non ricevere certi regali "perchè tanto ha già quello del fratello/sorella", significa occupare una stanza che non è mai stata tua, ma solo "sua" e poi "vostra"/"nostra" e magari pure occupare i cassetti/ante dell'armadio liberati dalle sue cose per le tue.

Essere secondogeniti significa, a volte, avere meno possibilità di scelta, perchè se tuo fratello/sorella già fa basket/danza il martedì e giovedì in un posto, difficilmente tua madre e tuo padre ti iscriveranno al corso di musica/pattinaggio o quel che si vuole che si svolge in altro luogo le stesse sere/pomeriggi, per ovvi motivi.
E qausi sicuramente tenteranno anche il colpo di farti appassionare allo stesso sport o alla stessa attività extrascolastica, così da facilitare l'organizzazione familiare e ottimizzare costi e attrezzature.

Essere secondogeniti significa subire il condizionamento che le esperienze con il primogenito hanno impresso ai tuoi genitori.

Essere secondogeniti significa, a volte, sentirsi l'ultima ruota del carro.
Soprattutto se un genitore, sottovalutando il dolore che sta infliggendo, te lo dice pure.

Ecco perchè, non dovrebbe stupire così tanto che, a volte, siano più gelosi i secondogeniti dei primogeniti.

P.s. Doverosa precisazione: con questo post non voglio sostenere che i secondogeniti crescano necessariamente male o si sentano sempre trascurati, ma solo far notare i lati negativi del nascere per
secondo (ma anche per terzo, quarto, quinto ecc.)
Perchè, secondo me, troppo spesso non ci si pensa neppure.
Ovviamente ci sono anche alcuni lati positivi, sempre secondo la mia esperienza. Li trovate qqui

mercoledì 27 gennaio 2016

Perchè sono contro il D.L. sulle unioni civili (ma a favore del matrimonio anche tra persone dello stesso sesso).

In questi giorni si fa un gran parlare del D.L. sulle unioni civili che dovrà essere discusso a breve in Senato, il cui testo viene commentato e proposto in mille varianti diversi, non si sa quanto inventate e quanto no.


E io non capisco.
Non capisco il perchè dell'accanimento contro le unioni tra persone dello stesso sesso, quali che la religiosità, le credenze o lo stile di vita di un individuo, possano essere poste in discussione e scardinate dalla presenza di quelle diverse dalla loro.
Senza contare che spesso, chi si oppone, è anche chi parla di uguaglianza, tolleranza, accoglienza, perdono a qualunque prezzo.

Soprattutto, però, non capisco il motivo per cui dovremmo creare l'istituto della "unione civile" e della "convivenza di fatto", non capisco perchè dovremmo estendere diritti e obblighi agli uni ed agli altri.

Esiste il matrimonio religioso e quello civile.
E il matrimonio civile, con tutti i diritti ed obblighi che ne derivano, potrebbe essere esteso alle persone dello stesso sesso, con una legge ad hoc.

Semplice, efficace, chiaro.

E invece no.
Si discute di creare, accanto al matrimonio civile ed a quello religioso, l'unione civile e la convivenza di fatto.
Si propongono diversi diritti e doveri che deriveranno dall'uno e dall'altro, si stabiliscono diversi modi di "registrazione", di "scioglimento", di "regime patrimoniale".

Si moltiplicano e complicano le situazioni, all'infinito.

Perchè dobbiamo modulare tanti tipi di unione diversi con tanti diritti e doveri diversi?
Perchè c'è chi vuole che il termine "matrimonio" sia solo destinato a persone dello stesso sesso che si scambiano un anello, quello "unioni civili" a tutti coloro che non vogliono feste, anelli, fiori, ecc., ma solo una firma e due testimoni?
Perchè c'è chi pretende diritti e doveri e riconoscimenti sociali senza assumere nessun obbligo reciproco, senza parlare di "unione"?

Vi svelo un segreto: anello, festa, fiori, lunghe cerimonie, musica ecc. non sono obbligatorie per sposarsi.
Bastano due testimoni, un ufficiante pubblico ufficiale, la lettura degli articoli del codice civile e quattro firme, due per i coniugi, due per i testimoni.
Fine.
Certo, se poi non si ha il coraggio di tagliare fuori parenti di sesto grado e amici per non "deludere" o si vuole a tutti i costi un abito da migliaia di euro e piuttosto non ci si sposa, questo è un altro discorso. Un discorso di intelligenza, che purtroppo non si insegna.

E allora, perchè anzichè scrivere una nuova legge in cui si parla di "unione civile", riscrivendo di fatto le conseguenze derivanti dal matrimonio? Perchè non estendere il matrimonio civile alle persone dello stesso sesso?
Perchè scegliere l'unione civile? Perchè non si vuole passare attraverso le fasi della separazione e de divorzio? Perchè non ci sono le pubblicazioni prima del matrimonio ? 
Perchè, se così fosse, non modificare anche su questi punti l'istituto del matrimonio già esistente?
Ci vuole troppo coraggio?!?! 
Strano, perchè mi pareva che qualcuno lo avesse sbandierato a lungo, il suo coraggio, e del menefreghismo, quando si tratta di imporre tasse e balzelli e  tagliare servizi, ha fatto il suo modus operandi.
Davvero c'è qualcuno che pensa seriamente che la differenza, nella vita quotidiana, la faccia l'uso di un termine o di un altro? Che ai nostri figli freghi qualcosa?
Oppure aboliamo il matrimonio civile e parliamo solo di unione civile, come si vuole, senza ingarbugliare e complicare, duplicare e riscrivere tutto.

Si vuole dare "riconoscimento alle coppie di fatto".
Francamente, io non sono d'accordo. 
Vivere in società vuol dire accettarne le regole, anche quando non ci piacciono.
Non si possono cambiare regole per costruirle ad hoc sulle esigenze di ciascuno.
E allora, se la coppia vuole che la sua unione sia riconosciuta dallo Stato e dalla società, si sposa (con matrimonio civile o concordatario, non importa), adeguendosi alle regole di quello Stato.
Se non vuole, non si sposa e nulla deve pretendere.

L'idea di dover godere tutti di diritti, senza sottostare ad alcun obbligo, senza seguire il cammino di regole prestabilito, senza dover render conto a nessuno, solo perchè si convive, più o meno stabilmente, mi sembra la definitiva dimostrazione del livello di egoismo e superficialità a cui siamo giunti.
Tutti vogliono poter decidere della sorte di chi vogliono, subentrare nel contratto di locazione di chicchessia, prendersi permessi per visitare in carcere o assistere chi gli pare.
Però non vogliono dover passare per un Tribunale in caso di separazione o divorzio, nè obbligarsi reciprocamente, nè sentirsi legati.

Perchè un conto sarebbe riconoscere diritti ai conviventi di fatto che non hanno e non potrannno mai possedere i presupposti per contrarre matrimonio civile (estendendo lo stesso anche alle persone dello stesso sesso) - e su questo potrei essere d'accordo e lo sarei senz'altro a un punto di vista morale -  un altro estenderlo a tutti.

Alla fin fine, l'impressione che ne ho io, è che ad essere discriminati siano sempre i soliti: coloro che le leggi le rispettano da sempre, anche quando sono scomode.
Senza contare che nessuno sembra preoccuparsi delle ripercussioni economiche di queste decisioni.
Perchè, nel caso vi sia sfuggito, l'INPS e il SSN non hanno soldi per tutte le pensioni di reversibilità e le prestazioni assistenziali che verrebbero richieste, ad esempio.

Peraltro, in tutto questo, noi avvocati non ci rimetteremo, professionalmente parlando.
Perchè se è vero che per alcuni non serviranno separazione e divorzio, quelle stesse persone si rivolgeranno agli avvocati quando litigheranno per dividersi casa, mobili, conti correnti, pensioni, figli , sfrattare inquilini, comprendere il regime patrimoniale altri ecc., che ci siano unioni di fatto e convivenze regolate o no.
Eppure, io lo trovo assurdo, inutile.

E mi chiedo quando si porra la stessa attenzione ai problemi veri e quotidiani: l'immigrazione, le frontiere, il livello di tassazione, la sicurezza degli edifici pubblici, la burocrazia soffocante, le spese sanitarie sempre più ingenti a carico delle famiglie, la mancanza di asili nido, ecc. ecc. ecc. 





lunedì 11 gennaio 2016

Eleganza, formalismo e incongruenze modaiole

Un giorno una conoscente, il cui nipote esercita la professione di avvocato a Milano, mi aveva riferito che, andando in udienza in un Tribunale della provincia di Torino e in quello della Regione in cui vivo, aveva notato la "mancanza di eleganza" dei legali e dei giudici o, almeno, un "livello di eleganza" inferiore a quello a cui era abituato.
E so che anche altri colleghi e colleghe "di fuori" hanno esternato lo stesso pensiero.
Parallelamente, io stesso e molti miei colleghi, avevamo notato, nei Tribunali delle grandi città, delle "mise" per noi audaci e dei completi alquanto stravaganti, del tipo da rivista di moda, più che da negozio reale.
Ci riflettevo giusto questa mattina, mentre mi muovevo tra i vari uffici giudiziari in mezzo ad una forte nevicata e la neppure rigida temperatura di 0 gradi.
Perché quando nevica o fa freddo, in quel luogo i colleghi, semplicemente, si adeguano, indossando giacche a vento o piumini e stivali o scarpe tecniche, insieme al tailleur o al completo gessato o preferendo pantaloni un po' più sportivi o gonne con collant 50 denari.
D'altro canto, c'è chi scende da vallate innevate per tre mesi all'anno e magari ha dovuto spalare la neve del vialetto prima di partire oppure sa che potrebbe capitare di montare le catene o aiutare qualcuno a farlo, o ancora, semplicemente, e' disposta a barattare l'eleganza, ma meglio sarebbe dire (secondo me) il formalismo, con gambe integre, anziché rischiare una rovinosa scivolata sul ghiaccio.
Perché i gessi, indubbiamente, tanto eleganti non sono.
Anni fa, in Norvegia e Svezia, a dicembre, avevo notato in vetrina tantissimi stivali e scarpe, da uomo e da donna, in cuoio, da abbinare a completi e gonne ma foderati e con delle sorte di mini rampocini (cioè delle punte di ferro) sul tallone. Le usavano in tanti.
Nel teatro di Oslo, dove eravamo andati di pomeriggio a vedere lo Schiaccianoci, c'erano degli spogliatoi con armadietti chiusi a chiave, nel guardaroba, dove il pubblico, prima di entrare a teatro, poteva svestire se' ed i bambini e cambiare le scarpe.
Ho visto madri arrivare con dopo sci e zaini sportivi e uscire dal guardaroba con tacchi alti e borsetta, figlie con tute da sci trasformate in piccole principesse con le ballerine ai piedi. Lo stesso per gli uomini.
Forse il concetto di eleganza viene troppo spesso confuso con quello di formalismo?
Quale è la persona vestita in modo inappropriato, in occasioni simili?
E comunque, spiegatemi come mai se ad indossare maglioncino e pantaloni di velluto e' una persona molto influente o benestante (o anche solo il magistrato), viene guardato con benevolenza o ammirazione, perché capace di stravolgere i formalismi, mentre se è una persona normale, viene considerato "poco elegante"?
Forse in Italia si dà troppa importanza all'apparenza, anziché alla sostanza, per quanto creda anche io che certi abbinamenti non si possano vedere e che come noi, pochi altri sanno vestirsi con altrettanto gusto!
Solo che il gusto e' soggettivo e noi spesso ce ne dimentichiamo e giudichiamo con troppa facilità.
Talmente soggettivo che io, ieri, in un rapido giro di tre negozi di abiti femminili, non ho trovato nulla che mi piacesse e spesso mi chiedo con che coraggio certi colleghi indossino completo rigati che sembrano pigiami del nonno, abitini leopardato con decolte' abbinate e costumi hawaiani.
Salvo poi, nel contempo, ammirarli per la sicurezza di se' che dimostrano e la padronanza con cui li indossano.
Come le donne con tacco 12 sui cubetti di porfido o quella collega che questa mattina, controcorrente, viaggiava con un cappottino nero al ginocchio, sotto la minigonna nera e una maglia scollata, gambe nude e stivali neri, con il tacco alto, i capelli sciolti alla neve.
Ecco, non so cosa non darei per poter uscire così in un giorno come questo e non per piacere o piacermi e sentirmi bene (che poi, alla fine, e' l'unica cosa che conta) ma perché per farlo senza prendersi una bronchite, una tonsillite o almeno un raffreddore, bisogna avere un fisico bestiale!
Voglio dire, io mi vesto in modo invernale (ma senza troppi strati per non sudare) e sto male da un mese!!!
Comunque, donne, chi di voi li usa, illuminatemi: che senso hanno i vestitini invernali in lana, senza maniche, magari con il collo a dolcevita?
O quelli in cotone, sempre senza maniche, magari scollati, ma inequivocabilmente invernali?
Sarò ignorante, ma io non ho capito, come si usano? Con una giacca o maglia aperta sopra, anche dentro gli uffici, dove magari ci sono 20 gradi, tanto per crepare di caldo, peggio che ad agosto?
Oppure senza nulla sopra durante il lavoro, a gelarsi le spalle?Non avete freddo?!?
Soprattutto, però, cosa ci mettete sotto? Perché io, con la lana a pelle, a meno che non siano giusto gli avambracci, passo le ore a grattarmi come una ossessa, manco avessi i pidocchi su tutto il corpo!!!
(Ditemelo, che magari trovo la scusa per comprarmi il vestitino, ovviamente senza maniche e di lana, che ho adocchiato ieri e spiegarlo a mio marito!)
Misteri della moda (e di certi ambienti di lavoro).

domenica 3 gennaio 2016

Capodanno semplice

Ormai da anni, il nostro tradizionale capodanno in due e' una cena con un gruppo di amici, a casa di una coppia di essi, in mezzo alla neve.

In origine, andavamo in quota, il piatto forte era la burguignonne, accompagnata da una adeguata quantità di vino, con i botti della mezzanotte, su cui non ci risparmiavamo.

Poi arrivarono i primi bimbi e i cani, la bourguignonne fu sostituita da piatti preparati da ciascuna coppia è portato in loco, per evitare incidenti ai piccoli, la quantità di botti diminuì e pure l'alcol, almeno per le mamme (a cui poi toccava guidare per tornare a casa).

Qualche volta, visto l'alto tasso di neonati, alla mezzanotte arrivammo a stento, mezzi addormentati sul divano.

Da allora, il numero di bimbi e' sempre aumentato, il piacere di stare insieme e' rimasto invariato.

Quest'anno, però, noi abbiamo dovuto abbandonare, perché la mia tosse/raffreddore non accenna a passare, nonostante antibiotici, aerosol, cortisonici, mucolitici e sedativi presi in quantità da ormai tre settimane. E siccome nel gruppo e' arrivata da poco più di venti giorni una nuova piccolina, proprio non potevo correre il rischio di attaccarle non meglio identificati virus e batteri.

Così abbiamo improvvisato una pizza con altri amici e la loro bambina, a casa.

Ed è stato un benvenuto al 2016 semplice, sereno, allegro e gioioso.

Il ricciolino biondo entusiasta, tra balli sfrenati, travestimenti e giochi, l'atmosfera giusta.

 

E io non avrei voluto essere da nessuna altra parte.

Solo, tutti noi avremmo preferito un countdown sulle reti Rai e Mediaset, che abbiamo acceso dieci minuti prima della mezzanotte, decente, al posto dei soliti ormai vecchi cantanti italiani e delle loro canzoni, peraltro spesso in dialetto, anziché nella lingua nazionale....decisamente un'immagine dell'Italia di cui non vado fiera e in cui nessuno di noi si è riconosciuto: che tristezza!

Le recite improvvisate dei nostri bimbi, per fortuna, ci hanno salvato!

BUON 2016!

 

P.s. E voi avete visto la TV? Cosa avete pensato di quei programmi?

 

mercoledì 23 dicembre 2015

Un po' Grinch, un po' bambina, auguro a tutti buon Natale.

Nonostante il Natale sia ormai prossimo, quest'anno fatico ad entrare nello spirito e nell'atmosfera.
Intendiamoci: ho comprato i regali, dispenso auguri e sorrisi, ho fatto qualche telefonata (anche se sono ben lontana da aver spuntato tutta la lista e forse non lo farò mai), porto il ricciolino sul trenino di Natale del paese dopo la scuola ed in piazza per incontrare gli aiutanti di Babbo Natale ecc.


Mi fa piacere pensare di staccare qualche giorno dal lavoro e di stare in compagnia di parenti, nonchè la prospettiva di piatti prelibati.
Però, però...mi infastidiscono il traffico, i regali di circostanza, gli auguri di gente che non senti e frequenti tutto l'anno, le corse da una casa all'altra che ci aspettano..

Forse è solo che sono cresciuta e ho perso la magia,
forse è perchè i desideri non si avverano solo perchè è Natale, non i miei almeno, f
orse è il pensiero di quel che è accaduto a Parigi e potrebbe accadere ovunque,
forse è la crisi economica, al di là delle perle di speranza ed ottimismo che dispensa il c.d. Premier, forse è la famiglia non unita come in passato e come vorrei tanto...

Forse è la vita.

Fatto sta che sempre di più, anno dopo anno, nella testa progetto fughe dal Natale come nel romanzo di Jhon Grisham dal titolo, appunto "Fuga dal Natale" (se non lo avete ancora fatto, leggetelo, è davvero divertente).

Non che lo odi o che mi infastidisca l'entusiasmo di alcuni, al contrario, mi fa piacere vedere e frequentare chi ne esalta la magia e mi sento nostalgica.
Non so se questo sentimento sia diffuso o comune, io sento tanti adulti parlarne ed esternarlo ma non so se sia solo una moda o una forma di consolazione.

Persino alla recita di Natale della materna, dopo non avevo nessuna voglia di chiaccherare e mangiucchiare.
Va bè, avevo la febbre ed appena iniziato con gli antibiotici, però vi dico solo che ho accettato con rassegnazione di non poter filmare o fotografare decentemente i bimbi, a causa dei soliti nonni e/o genitori maleducati che si alzano in piedi e piazzano davanti a tutti.

In tutto questo, comunque, c'è il conto alla rovescia del ricciolino biondo,




c'è stata la recita con spettacolo delle ombre e tante canzoni di Natale...

























...e per fortuna nella scuola del nano il problema presepe sì o no non se lo pone nessuno e pizzette e salatini convivono tranquillamente con thè e caffè preparati alla moda dei paesi arabi...

..ci sono le letture della buonanotte nel lettone, ovviamente a tema natalizio ed in compagnia di soffici amici...
..i giri sul trenino e le cene con gli amici..
..e domenica, non potendo uscire causa malanni, anche i biscottini natalizi che ci siamo messi a preparare con la nonna.


Che poi, sono gli stessi che lo scorso anno avevamo preparato all'Epifania, solo decorati con Babbo Natale, l'abete decorato e i pacchettini o con forme "di stagione", cosparsi di zucchero a velo, cannella o con sciroppo di ribes rosso.
Qui trovate la ricetta, se volete.






 L'idea era di preparare dei pacchettini per distribuirli tra amici e parenti ma...di tre teglie il lunedì sera erano avanzati due biscotti di numero!!!
"Cotto e mangiato", come direbbe la Parodi!

E, infine, ci sono i momenti di gioco insieme, di quello che piace a me, creativo e divertente.
Anche il Lego, si veste di magia.


 Avrebbe dovuto essere Babbo Natale, invece sembra più un robot, ma a noi piace lo stesso!


Visto che slitta spaziale ?!?

 Insomma, cerco di pensare positivo
e vivo l'attesa del Natale 
attraverso il luccichio negli occhi di mio figlio 
ed il suo sorriso ingenuo.

Buon Natale amiche / i, blogger o no.

Vi auguro buone feste, con questa canzone natalizia che, tra quelle scelte dalle maestre quest'anno, è piaciuta di più a me ed al ricciolino biondo: "Si tuos les sapin" di Anny et Jean Marc Versini.


da "Youtube".



martedì 17 novembre 2015

Tra tanti bei libri per bambini, regali e riflessioni pre - natalizie


Il Natale si avvicina e con esso, la difficile ricerca dei regali.
(So che in questi giorni il pensiero di tutti noi, corre in un'altra direzione, in altri luoghi.
Tuttavia, io sto cercando di non farmi travolgere dagli eventi e non dimenticare che bisogna concentrarsi su ciò che c'è di bello e buono, per non perdere mai la speranza e vincere la paura.
Per questo, ho scelto di parlare di tutt'altro. Anzi, di libri. Perchè la cultura e la curiosità sono armi molto potenti).

Da troppo tempo ho come l'impressione che si finisca per regalare agli altri quel che vorremmo ricevere noi, nonostante ci si sforzi disperatamente di indovinare gusti e passioni, con  il risultato di deludere chi riceve e rimanere delusi.
Adoro spacchettare e adoro le sorprese, però mi spiace quando realizzo dopo le feste che, magari ,non ho comprato per me o mio marito ciò che desideravamo davvero, usando risorso per comprare per altri doni che poi non sono stati  graditi o non lo sono stati nella misura che ti consente di farli con gioia.
A volte, quando non si sa "cosa" regalare o lo si fa solo per "dovere" o "consuetudine", sarebbe più facile e razionale se ognuno di noi si facesse il regalo da solo.

A meno che non si tratti di regalare  libri, a grandi e piccoli, o giochi per bimbi che si conoscono bene.
Vedere la gioia dei bimbi, ripaga da tutto ed è sempre emozionante.
I piccoli, inoltre, sono molto meno esigenti degli adulti, forse perchè hanno un cuore sincero.
Con i grandi , invece, con il passare degli anni è sempre più difficile azzeccare il regalo giusto.

Mi piace scegliere, regalare e ricevere libri. E mi fa piacere che sia un piacere condiviso.
Piace anche al ricciolino biondo di casa che, per fortuna, per il suo compleanno ne ha ricevuto tanti, oltre a moltissimi graditi giochi, ovviamente.




 "Il magico mondo dei Folletti", ed Gribaudo, è in realtò adatto a bimbi più grandicelli e racconta il mondo dei folletti, le loro famiglie, le loro abitudini ed il loro aspetto, l'etimologia dei nomi utilizzati per indicarli, i periodi e i luoghi che prediligono e tantissime curiosità.
Per il ricciolino è ancora difficile, perciò lo sto leggendo a puntate e semplificando al massimo le informazioni,  ma sono certa che lo apprezzerà moltoquando sarà più grandicello, anche perchè è un chiaro invito a girare per boschi, campi ecc. a cercare gnomi o elfi o folletti che dir si voglia (noi qualche porticina delle loro casa nelle nostre passeggiate l'abbiamo già trovata, però ancora non li abbiamo visti!)

"Ciao, sono Orso!"  è il cartonato della famose serie Tv di Masha e Orso, in cui Orso si presenta, indicando ciò che gli piace e dove vive e ...come la sua vita sia cambiata dopo aver conosciuto quella adorabile pasticciona di Masha.
Non sarà (non è) un capolavoro della letteratura per l'infanzia, però al ricciolino biondo piace molto!!

"Il librone dei dinosauri giganti", ed. Usborne, è un libro dal grande formato e da pagine che si aprono e allungano, adatto agli amanti dei dinosauri, con tante informazioni alla portata di bimbo, bei disegni e tantissime specie da scoprire.



 Noi ce lo stiamo già gustando.


 "Gli animali", ed. Grillo Parlante, è un libro vivace e robusto che invita a scoprire gli animali di cinque habitat naturali (la foresta, la montagna, la savana, il mare, Polo Sud e Polo Nord ), sollevando le finestrelle che nascondono notizie e curiosità e osservando le coloratissime illustrazioni.

Inutile dire che abbiamo già aperto tutte le finestrelle!!





"Cars - Motori Ruggenti" , ed. Giunti, è il riassunto della storia di Saetta McQuenn, protagonista del cartone animato della Disney Pixar.
E' scritto in modo scorrevole e comprensibile ed il ricciolino, che ama macchinine, motori  e velocità, se ne è subito innamorato.
Purtroppo per noi genitori,come lettura della buonanotte è un pò lunghetto, soprattutto perchè il ricciolino pretende di ascoltarlo ogni volta dall'inizio alla fine!



E infine c'è "Toglilo tu, il dente al dragante!", ed. Piemme. Un volume della serie di Geronimo Stilton, collana i Topinghi, sicuramente adatto sia ad essere letto che da mamma e papà, sia ai piccoli lettori alle prime esperienze da soli.


 Non lo abbiamo ancora incominciato ma di sicuro lo leggeremo a puntate e vedremo se è già comprensibile per il ricciolino, altrimenti sarà pronto ad attenderlo nella sua crescita!!



Che dite, basteranno fino a Natale?!?

E voi, a Natale regalerete libri ? Fate regali anche ad amici e conoscenti, oppure sceglierete doni solo per i parenti o solo per i bimbi ?