lunedì 14 ottobre 2019

Nuoto dunque sono

Nuoto dunque sono


Ho portato il ricciolino in piscina e, per un fortunato incastro, sono riuscita a nuotare un’oretta anche io.
E mentre nuotavo, pensavo a come il nuoto sia una delle costanti della mia vita, pari forse solo alla frequentazione della montagna.

Nuotavo quando ero piccina, con il giubbotto salvagente o i braccioli, al lago e al mare.
Nuotavo da bambina, nella piscina comunale, in corsi collettivi con un’insegnante severissima che non scalfiva il mio divertimento.
Nuotavo alla scuola elementare, con il maestro Marcello, che era anche istruttore di nuoto e che ci portava tutti gli anni per dieci lezioni.
Nuotavo mentre facevo anche danza classica.
Nuotavo quando ormai avevo lasciato la danza e facevo scherma.
Nuotavo quando alla scherma si era unito il pianoforte.
Nuotavo quando mia madre incinta del mio fratellino mi guardava dalla gradinata.
Nuotavo quando mio fratello maggiore aveva già smesso da un pezzo e il piccolo iniziava a camminare.
Nuotavo da ragazzina, con la scuola media, al lago d’estate, in corsi collettivi in piscina.
Nuotavo quando iniziavo ad avere il ciclo e a chiedermi come conviverci in acqua.
Nuotavo anche se mi faceva venire l’otite.
Nuotavo anche quando soffrivo spesso di sinusite.
Nuotavo durante la mia prima vacanza senza genitori, ospite di un’altra famiglia al mare.
Nuotavo al liceo, con la classe, alle gare di istituto, interscolastiche e provinciali, ma anche il pomeriggio dopo la scuola o il sabato mattina, che ci fossero amiche oppure no.
Nuotavo nel periodo dell’Universita’, nelle piscine di Torino qualche volta, quando tornavo a casa sempre, sfruttando le ore di “nuoto libero” e gli abbonamenti scontati per studenti.
Nuotavo mentre quasi tutto il mio tempo libero era impegnato con quello che ora è mio marito, ad arrampicare in palestra o in falesia.
Nuotavo nel periodo della pratica forense, tre volte a settimana in pausa pranzo, andando e tornando a piedi, trangugiando un panino al volo nel tragitto.
Ed era bello perché si era formato un bel gruppo di amici, tra i frequentatori abituali della piscina, a forza di macinare bracciate fianco a fianco nella pausa risicata. Ci chiamavamo “i giannuotatori” e qualcuno ancora lo sento.
Nuotavo ogni volta che ne avevo l’occasione, nel weekend o nelle serate libere, quando lui non era a casa o avevamo bisogno dei nostri spazi.
Nuotavo tanto mentre studiavo per l’esame da avvocato, prima lo scritto, poi l’orale, l’ansia da smaltire, in qualche modo.
Nuotavo mentre iniziavo la professione, ancora in pausa pranzo, ancora tre volte a settimana, spesso con i giannuotatori.
Nuotavo mentre speravo nell’arrivo di un bambino.
Nuotavo incinta, dalla prima settimana all’ultima, che tanto il fagiolino non voleva saperne di uscire e bisognava stimolarlo.
E lui, che non sentivo mai muovere, in acqua sembrava ballare di gioia.
Nuotavo senza prendermi alcuna infezione come temeva il ginecologo, senza sentire dolori o contrazioni ma moderando lo sforzo quel tanto che bastava.
Nuotavo da neomamma, ritagliandoli uno spazio di cui avevo un disperato bisogno.
Nuotavo dopo il corso di acquaticita’, poche vasche rubate mentre il papà lavava e rivestiva il ricciolino.
Nuotavo durante i suoi primi corsi di nuoto senza genitori, nella corsia di fianco, sbirciandolo con orgoglio.
Nuotavo mentre speravo in un’altra maternità che sembrava non sarebbe mai arrivata.
Nuotavo dopo ogni mese trascorso senza novità, per vincere la delusione è sentirmi forte, ancora.
Nuotavo dopo il test positivo, in attesa della visita e pure dopo, pur avendo saputo che erano due o forse, proprio per questo.
Nuotavo in gravidanza, finché me lo hanno consentito.
Nuotavo dopo il parto, ormai raramente ma intensamente.
A pensarci bene, nuotavo anche nella pancia di mia mamma, 
come dicono facciano tutti i fagiolini nel loro liquido amniotico.
Nuoto ancora, quando posso.
È cambiata la frequenza e la velocità, non le sensazioni e la voglia di nuotare.
Nuoto e ogni volta, è come se non avessi mai smesso.

Nuoto e intanto penso.
Nuoto dunque penso.
Cogito, ergo sum.
Nuoto, dunque sono.


Sono, e penso che finché potrò andare a nuotare, continuerò ad essere io.

8 commenti:

  1. Ma che meraviglia :) Un filo conduttore che ha attraversato tutta la tua vita... Non smettere, non smettere!
    Se ricordi anche i miei monelli vanno in piscina, oggi proprio è il giorno in cui li porto: TMA (Terapia Multisistemica in Acqua) per il monellino e corso di nuoto regolare per la monella. Sono felici e liberi mentre sono in acqua e per me è una gioia vederli così :)
    Un abbraccio.

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    1. No no, non intendo smettere!!! Sì, mi ricordo dei monelli in acqua: brava che continui a portarli!!!!

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  2. Ecco, io e il nuoto siamo su due pianeti diversi... ma ti capisco perchè la mia costante, invece, è la danza e, leggendo le tue righe, mi sono accorta che (seppur non frequentando dei corsi professionali), essa sia la mia valvola di sfogo, la mia ancora, il mio modo per pensare, creare ed esprimermi, ad essere io.
    Non importa la frequenza e la costanza, basta non abbandonare mai quello che ci fa sentire bene!
    Ad ognuno il suo elemento! Buona settimana Giulia!

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    1. Proprio così, ad ognuno il suo elemento e mai mollare ciò che ci fa sentire vive e felici!!!!

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  3. Hai trovato lo sport della tua vita, vedo che nel corso degli anni l'hai accompagnato a diversi altri sport ma il nuoto è davvero il filo conduttore della tua storia!

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  4. Mi sembra incredibile perché come sai io e l'acqua siamo vicine solo nella doccia. Ma che bello quello che comunichi, mi piacerebbe avere uno sport, una fisicità così forte in qualcosa. Sì, camminare. Ma non è uguale, non c'è un luogo apposito, che crea una specie di rifugio e ti connette a un elemento diverso. La mia vita e linfa è scrivere, ma anche lì... manca quella fisicità che si ha in uno sport.

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    1. Pero' la costante della nostra vita, mica deve per forza essere uno sport! Lo scrivere una volta era molto più fisico, comunque, con le penne e la carta.

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