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mercoledì 16 novembre 2016

Sola

Sono stata assente dal blog per qualche giorno, circostanza per me non usuale.
La verità è che non ho trovato nè il tempo nè la voglia di scrivere.

Perchè? Per tanti motivi: il lavoro che mi ha assorbito (per fortuna), l'organizzazione del compleanno del ricciolino, questioni di salute, feste di compleanno tutti i fine settimana a cui partecipare, il cantiere - casa che assorbe tempo ed energie ecc. 

Il motivo principale, però, a ben guardare è uno solo: la solitudine.

In questo periodo, più che in altri, mi sento il peso del mondo, il mio mondo, sulle spalle.
Perchè in realtà sono sola.
Non moralmente: ho amici e parenti che mi chiamano, supportano e vogliono bene. Dunque non è questo il punto.

Non credo di aver mai spiegato chiaramente in questo mio spazio virtuale che, ormai da tre anni a questa parte, la mia ruotine familiare è a due, anzichè a tre.
L'Alpmarito è all'estero per gran parte della settimana e, anche quando dorme a casa, di solito il venerdì ed il fine settimana, di giorno in pratica non c'è. Il più delle volte sparisce prima delle otto del mattino e torna per cena, pure il sabato.
Non è una critica a lui, è un dato di fatto, anche se so che egli negherebbe energicamente.

In tutto questo essere sola, c'è il mio lavoro, che a volte mi impegno di più ed altre di meno ma che gestisco interamente da sola e non è il tipo di mestiere che puoi scordare una volta chiusa la porta dell'ufficio. Che mi stimola, mi appassiona, a volte mi regala soddisfazioni e botte di adrenalina, ma genera anche uno stress non indifferente.

C'è un cantiere ormai eterno, che se non raggiungeremo i tempi della Sagrada Familia è solo perchè i suoceri finiranno per cacciarci di casa.
Un cantiere a cui non riesco ad appassionarmi, perchè la verità è che quando gli impegni sono troppi, non hai le competenze tecniche (e di ingegneria ed edilizia non ti è mai fregato un tubo) per starci dietro e assorbono tutto il tuo tempo libero ed anche di più, è facile stufarsi. 
E no, ancora non intravedo la fine di questo buco nero, che inghiotte tempo e denaro quasi in eguale misura.
Non ho scelto io di ristrutturare anzichè comprare già fatto, però ormai siamo in ballo ed è inutile recriminare e rimproverare, si balla e basta.

C'è la casa in cui abitiamo, che bene o male va tenuta abitabile.
Ci sono gli impegni domestici di tutti.
C'è la famiglia, ci sono gli amici, ci sono eventi, inviti e ricorrenze, come penso per tutti.

C'è il ricciolino, che a volte è causa del mio girare come una trottola, altre ne è la vittima.
Che patisce la sveglia alle 6.45, le corse mattutine, uscire da scuola sempre tra gli ultimi alle 17.30, gli impegni fuori casa, lo stress mio e di suo padre.
Che ci ha detto chiaramente più di una volta che della storia della ristrutturazione non ne può più perchè quella casa per lui è solo tempo sottratto alla vita.
E dargli torto è sempre più difficile 
E che anche il mio lavoro per lui è tempo sottratto alla vita.
E qui è più facile dargli torto ma anche pensare che sia ingiusto che il lavoro della mamma sia sempre sacrificabile agli occhi dei figli, mentre non ho mai sentito bambini chiedere ai padri di non andare a lavorare.

In tutto questo io a volte sono troppo stanca.
Stanca di abbaiare ordini.
Stanca di tenere insieme i pezzi.
Stanca di scene di disperazione mattutina e di isteria serale.
Stanca di arrivare a casa tardi con il ricciolino e dover ancora fare commissioni, cucinare, preparare tavola, sparecchiare, riordinare, lavare, mettere a letto e tutto il pacchetto completo, da sola. Anzi, solo io e lui, un cinquenne bravo e intelligente ma pur sempre un cinquenne.
Stanca di incastrare impegni e svaghi e inviti e riunioni e spese e faccende di casa sempre e solo nelle mie 24H e tenendo conto di mio figlio, perchè è come se fossi una madre single.
Non è una critica, anche perchè non è certo stata una scelta libera, ma è un dato di fatto.

Con l'aggravante, rispetto ad una madre single, di dover pure rendere conto al marito che comunque esiste e talvolta ricompare.
E che, quando c'è, si trova incastrato in ruotine ed orari pensati senza di lui, perchè non è quasi mai possibile programmare la sua presenza.Non è bello neanche per lui.
Lui negherebbe energicamente, ma è così.

Sono talmente stanca che finisco per comprendere solo a posteriori che ci sono stati anche bei momenti.
Finisco per dimenticarli nel mare dei casini e delle corse. 
Se non fosse per le foto.
E allora scatto a raffica ogni volta che posso, guardo le immagini a distanza di giorni e mi dico che devo essere forte, perchè sono stanca ma pur sempre innamorata, di lui piccolo e di lui grande, anche quando nella contingenza vorrei solo essere sola per davvero, per un momento, due ore, un pomeriggio, un giorno intero.

C'è di peggio, lo so.
Poi passa, lo so.
Si sopravvive, lo so.
Però questa volta avevo bisogno di scriverlo.
Come avrei bisogno di ballare in due, accantonando i pensieri.
 

Foto del grande Elliott Erwitt, tratta da web, GREAT BRITAIN. 1966. Brighton, England


 


giovedì 27 ottobre 2016

La scuola "giusta": noi siamo stati fortunati

Un paio di giorni fa, ascoltando l'ennesima brutta notizia di educatrici arrestate per maltrattamenti ai bimbi a scuola, mi è venuto spontaneo pensare alla materna frequentata dal ricciolino biondo, per quello che sarà il suo ultimo anno, visto che ormai è tra i "grandoni".

Non che sia possibile un confronto con quella realtà, essendo scontato che nella quasi totalità delle scuole dell'infanzia e dei nidi non accada nulla di simile, ovviamente.


Però ogni tanto mi raccontano particolari di altre scuole materne dove, ad esempio, le maestre non accompagnano i bimbi in bagno, non puliscono loro il sederino, non li cambiano di abiti se si sono bagnati o sporcati (e non parlo dei bimbi di cinque anni ma anche di quelli di tre), non tagliano gli alimenti ai pasti, impongono ai genitori di mandare i figli senza scarpe con i lacci, senza gonne, senza maglie o pantaloni con bottoni, senza collant ecc ecc., per fare meno fatica ed in più non lasciano entrare i genitori nelle aule per prendere o portare i piccoli (non ho capito perché, mi auguro sia una questione di igiene).
Tutte richieste e rifiuti che sarebbero state impensabili nella scuola che io ed i miei fratelli abbiamo frequentato anni fa e, fortunatamente, anche in quella del ricciolino e che vengono motivati con la scusa che le maestre sono educatrici laureate, non assistenti o bidelli.

Proprio la scorsa settimana c'è stata la seconda riunione con le insegnanti dall'inizio dell'anno, con la spiegazione di quello che sarà il "tema dell'anno", le informazioni sulla programmazione ed i progetti che cercheranno di attuare e l'elezione dei rappresentanti di classe.
La riunione per me è stata anche l'occasione per poter parlare, prima, con le maestre di mio figlio.

In questi due anni e una manciata di giorni, non sempre mi sono trovata in sintonia con tutte loro o ho capito il loro approccio educativo.
Spesso il primo ed il secondo anno il ricciolino è tornato a casa con vari graffi e lividi, a volte causati da compagni/e di scuola, altre dalla sua irruenza nel gioco.
Talvolta, però, mi sono scontrata con le maestre perchè non era possibile capire chi fosse il responsabile e cosa fosse accaduto oppure mi veniva riferito che non sapevano nulla perchè non avevano visto o che "ciò che succede a scuola, lo risolviamo noi a scuola".
Io ho sempre ritenuto che i genitori abbiano il diritto di sapere e che l'azione aggressiva andasse punita, la reazione del bambino che si difende, invece, no.
A meno di non essere davvero eccessiva, si intende.
E ho sempre pensato che, mentre una o due sviste siano normali, visto che i bimbi sono tanti e le maestre poche, non fosse però ammissibile non accorgersi di nulla più volte.

In questo, non ho mai trovato l'appoggio delle educatrici, che puniscono chi inizia e chi reagisce allo stesso modo e, addirittura, a volta soltanto il secondo, perchè sono intervenute tardi e dunque non hanno visto l'intera scena e la violenza "è sbagliata a prescindere" (che è anche vero, però io non credo sia sia corretto, nè per la vittima nè per l'aggressore, porgere sempre l'altra guancia).

Una situazione che mio figlio percepisce come ingiusta quanto noi genitori, come ha detto più volte.

E' successo che, di fronte a questa "strategia" delle maestre, il ricciolino abbia iniziato a chiudersi con loro, a non chiedere il loro aiuto, reputato inutile e/o addirittura controproducente, scegliendo piuttosto di difendersi da solo e poi subire la sgridata o il momento di "time out" con frustrazione.
E' successo che dallo scorso anno il ricciolino che mai prima, era stato aggressivo e mai lo è stato al centro estivo, con i cuginetti o nello sport, abbia spinto intenzionalmente due bimbi senza motivo e adesso, stufo di subire, reagisca quando viene spinto o graffiato da altri.

E questo non mi è piaciuto per nulla e a nulla è valso parlarne con le educatrici.
Almeno fino all'ultimo colloquio, forse. Ma questo me lo dirà il tempo.

E' tuttavia questo l'unico appunto che mi sentirei di muovere alle maestre, fino ad oggi.
Certo, ci sono altre piccole scelte che io non farei (come non fare lavare loro di denti dopo pranzo, un pomeriggio a settimana dopo la merenda far vedere un cartone animato, dispensare caramelle come premi in alcune occasioni, la recita di fine anno che devono organizzare e fare le mamme dei bambini "grandoni" - !?!?- ecc.), però si tratta di questioni di poco conto che so che non influiranno nè sulla salute nè sulla educazione del ricciolino e che, secondo me, rientrano nel giusto ambito di libertà di organizzazione della didattica e del proprio lavoro che spetta alle maestre.

Anzi.
Penso sia importante che i bambini imparino fin da piccoli che viviamo in una società con un complesso di regole e norme che possono anche non piacerci ma che dobbiamo rispettare.
Che comprendano che persone diverse hanno approcci diverse, compiono scelte educative diverse e non sempre in sintonia, che tuttavia vanno accettati.
Che capiscano che non sempre si può scegliere, che ci sono tanti sistemi e ambienti a cui bisogna adeguarsi, pur guardando a tutte le regole con spirito critico.
Penso sia importante imparare a confrontare e giudicare ma anche guardare le cose da altri punti di vista, mettersi nei panni degli altri, ascoltare le motivazioni e rispettare anche ciò che non si condivide, quando è necessario.

Dunque, sono stata fortunata. Siamo stati fortunati.
Magari restano ferme sulle loro posizioni, però con le maestre del ricciolino si può parlare quando e quanto si vuole, senza prendere appuntamenti, senza formalismi, senza problemi.
Il ricciolino ed i suoi compagni entrano ed escono da scuola contenti.
La mattina posso accompagnare mio figlio in classe, come gli altri genitori, posso osservare l'interazione dei bambini tra loro e con le maestre, vedo l'affetto e l'attenzione con cui queste ultime liaccolgono, anche quando hanno altri 18 bambini scalmanati da guardare, tra cui alcuni piccolissimi in lacrime perchè la mamma è appena andata via.
Arrivando fuori orario, si può rimanere basiti dalla confusione ma, in realtà, basta una parola per capire che le maestre hanno la situazione sotto controllo ed è un caos produttivo.

L'entusiasmo, l'allegria e la voglia di fare si respira sempre.
I progetti sono tanti, le uscite sul territorio a costo zero altrettante, i lavoretti e le iniziative infiniti.
Ed io, di questo, sono molto grata alle maestre.

Perchè non mi è difficile immaginare che per loro non sia facile arrivare la mattina con il sorriso e tenerselo tutto il giorno, lasciando fuori dalla scuola preoccupazioni, ansie o dolori. 
Perchè le risorse sono sempre poche e le istituzioni concedono sempre con difficoltà ed estrema parsimonia.
Perchè i bimbi sono tanti e loro poche e quando una maestra è malata il primo giorno di assenza non viene neppure sostituita (misura introdotta dalla c.d. "buona scuola" di cui ancora non mi capacito).
E se non è facile guardare uno o due figli, figuriamoci tenerne sotto controllo 15/18 contemporaneamente.
Perchè non si tirano mai indietro. Sbucciano la frutta, consolano, abbracciano, sgridano, insegnano, puliscono i sederini, piantano fiori e/o verdure in giardino, fanno pulizie extra, aiutano le mamme nel momento del distacco o a far affrontare altre tappe di crescita ai bimbi.
Perchè il loro lavoro è importante e si vede che lo fanno con impegno.
Anche se sono umane e qualche volta, ai miei occhi, sbagliano.

Dunque sì, non sono d'accordo con loro su un aspetto, ma per tutto il resto e nel complesso, io mi sento fortunata di averle trovate e non posso che pensare all'angoscia ed alla preoccupazioneche, in questo stesso momento, stanno provando genitori di bimbi meno fortunati di me.





mercoledì 19 ottobre 2016

La stanchezza delle mamme #ohmammachestanchezza # stormoms

La stanchezza delle mamme la scorgi nei loro occhi rassegnati la mattina e non c'è trucco o correttore che possa nasconderla.

La stanchezza delle mamme la comprendi dai sospiri e dai gesti affaticati, quando svestono il loro bimbo davanti all'armadietto, per infilargli le ciabattine per la scuola.

E la intravedi in fondo agli occhi, quando si voltano dopo l'ultimo abbraccio o saluto, solo in parte oscurata dall'ondata di affetto e nostalgia che le coglie.

La stanchezza delle mamme è il loro passo pesante, mentre accompagnano i bimbi alla macchina o su e giù per le scale, con la loro cartella sulle spalle e ascoltano il racconto della giornata che irrompe come fiume in pieno o, nonostante tutto, si sforzano di ottenerlo, un racconto.

La stanchezza delle mamme, a volte, è venata di sudore, lacrime e singhiozzi, quando aiutano a preparare i bambini negli spogliatoi, prima del corso di nuoto o danza o calcio, quando non c'è medicina che basti a calmare l'ennesima tosse o starnuto, dopo l'ennesimo risveglio della notte.

È nascosta dietro sorrisi, saluti, carezze, parole gentili, perché il dolore o la delusione che a volte si portano dentro non deve turbare il loro bambino.

La stanchezza delle mamme è quella che le fa crollare in un sonno senza sogni alle nove e mezza di sera, di fianco ai figli, con il libro della buonanotte appoggiato alla meglio sul comodino accanto.

E poi le sveglia alle cinque del mattino, con i pensieri di ciò che ancora va fatto, delle corse della giornata che le attendono, con le liste mentali e le preoccupazioni.

Si intuisce nei gesti meccanici di preparazione dei pasti, nel bavaglino da allacciare, nell'ennesimo pannolino da cambiare, nelle doccia da fare, nelle scadenze e negli appuntamenti da ricordare.

La stanchezza delle mamme emerge dai loro volti, all'uscita della scuola. Quando il sollievo per la fine della giornata lavorativa si mischia alla consapevolezza che non è ancora finita, che la fatica vera deve ancora venire ma, con essa, anche il bello.

La stanchezza delle mamme e' in ogni cambio di respiro notturno, ogni rumore di piedini nudi sul pavimento, ogni richiesta di acqua, bagno, cibo o conforto.

La stanchezza delle mamme la puoi quasi toccare, quando guardi i volti in attesa dal pediatra, un bimbo piagnucoloso o impaziente al loro fianco e la certezza che toccherà di nuovo, ancora.

La vedi nei passi delle neomamma, con la loro carrozzina immacolata e il loro bebè addormentato dentro, sempre quieto e pacifico, finché e purché continuano a camminare.

E poi la senti dalla loro voce, quando rispondono all'ennesimo passante o conoscente, che il loro è un bambino bravissimo ma che: "Si, insomma, come tutti i bambini, a volte non dorme e piange tanto, sa com'è, è normale."

La stanchezza delle mamme la percepisci in farmacia, quando chiedono altre gocce per le coliche prescritte dal pediatra, una crema per le irritazioni vista in pubblicità, lo sciroppo della tosse consigliato dal medico, le pillole omeopatiche sussurrate da un'amica, il rimedio che l'alto giorno al parco quella mamma che sembrava tanto sicura di se' ha nominato e allora forse vuol dire che è il migliore e nel dubbio lo si compra.

La stanchezza delle mamme fa capolino tra i loro discorsi, al parco o fuori dalle scuole, un po' svelata in cerca di solidarietà, un po' nascosta per pudore.

La intuisci al bar, guardando i tavolini in cui gruppetti di madri, quando possono, cercano di affogare il sonno in chiacchiere, risate, caffè o cappuccino, prima di ripartire per i rispettivi impegni.

La stanchezza delle mamme è quella che le fa crollare su una sedia mentre osservano i bambini giocare alla festa di compleanno, una delle tante, pensando a quanto sia ingiusto che a tre/ quattro/ cinque anni abbiano una vita sociale più attiva della loro e nello stesso tempo gongolando di orgoglio materno per il loro bambino così amato.

Ed è la stessa stanchezza che le fa consegnare il bambino con il regalo sulla porta di casa del festeggiato e scappare via veloce, dopo un saluto, quando il figlio è già grandicello. Perché la aspettano ore di libertà preziose e non importa se saranno consacrate alla spesa o i lavori domestici, perché per una volta sarà sola.

La stanchezza delle mamme la riconosci dai libri sull'educazione accatastati sul comodino, dalle lavagne in cucina fitte di impegni, dalle domande intrise di dubbi nei forum e nelle chat, dagli articoli sui siti e sui blog che parlano di maternità.

La stanchezza delle mamme è nei chilometri macinati a piedi, in auto, con i mezzi pubblici, da e per la scuola, per e da i corsi sparsi in giro per quartieri, paesi e lande desolate, da e per riunioni, pediatri, farmacie, negozi di giocattoli e alimentari, scorrazzando se stesse e i bambini nei mille impegni della settimana, giorno dopo giorno.

La stanchezza delle mamme è, spesso e insospettabilmente, il motore di nuotate e corsi di fitness rubati alla pausa pranzo, di corse all'alba nelle città o tra le campagne addormentate, di momenti di yoga serali praticati tra una risposta all'ennesima domanda e un abbraccio consolatorio.

È fatta anche di ricami nel cuor della notte, di torte la domenica mattina, di ore a stirare davanti alla TV, di canzoncine per bambini imparate a memoria o inventate sul momento, di cartoni animati visti e rivisti centinaia di volte.

E' nelle sacche e negli zaini da preparare al volo, nei quaderni e diari da controllare, nella merenda preferita del figlio da acquistare, nei continui rimbrotti e richiami e anche nei no.

Quelli che aiutano a crescere, quelli di cui non si può fare a meno ma anche quelli che scappano quando non se ne può più.

La stanchezza delle mamme non fa distinzioni di età o condizioni economiche o livello culturale.

Colpisce tutte, indistintamente. Chi più chi meno ma con una trasversalità impressionante.

A volte, la stanchezza delle mamme esplode forte e chiara, negli urli isterici, nelle punizioni esagerate, in quello scapaccione di cui si pentiranno per l'intera giornata, nei "basta, non ne posso più!" gridati allo specchio del bagno, nelle litigate con gli automobilisti, le altre mamme, i mariti e chiunque passi di lì al momento sbagliato.

La stanchezza delle mamme spesso è riflessa negli occhi degli insegnanti, degli altri genitori, degli amici, dei passanti che le incrociano.

La stanchezza delle mamme è anche quella delle nonne che, con entusiasmo, amore e generosità ma anche con il peso degli anni di più, corrono in aiuto dei loro nipotini e delle loro figlie o nuore, figli o generi.

La stanchezza delle mamme è fisica ma anche e soprattutto mentale.

La stanchezza delle mamme, in molte famiglie, somiglia tanto a quella dei papà.

La stanchezza delle mamme è amara e dolce allo stesso tempo, dura e persistente come lo strato di ghiaccio perenne in alta quota ma capace di sciogliersi al primo sorriso come la neve al sole di primavera.

La stanchezza delle mamme, forse, è immensa perché immenso è il bene che vogliono ai loro figli.

#ohmammachestanchezza #stormoms

 

 

martedì 27 settembre 2016

La corsa ai corsi

Settembre.
E' ricominciata la scuola.
E' ricominciata la routine.
Sono ricominciate le corse.



No, non mi riferisco alle corse del mattino, per arrivare in orario a portare i figli a scuola ed entrare in ufficio, o della sera, per andarli a riprendere, fare la spesa ecc. ecc.
Perchè quelle, a parte i giorni di vacanza, se non si è insegnanti o casalinghe o donne che lavorano da casa, sono continuate per tutta l'estate, forse anche peggio che durante l'anno scolastico.

Io mi riferisco alle corse alle iscrizioni.

Da ogni parte, è un proliferare di volantini, avvisi sui diari, avvisi sulle porte, foglietti distribuiti al parco giochi e disseminati nei negozi, numeri telefonici ed informazioni su orari, costi e luoghi scambiati in ogni dove, con ogni mezzo.
Perchè è settembre e bisogna scegliere le attività extrascolastiche, per i figli ma anche per i genitori, pianificare, programmare ed iscrivere.

L'offerta di anno in anno sembra farsi più numerosa e articolata, dall'inglese (ormai pure per neonati) allo yoga per bimbi, dall'avvicinamento alla musica al karate, dal rugby al calcio, passando per pallavolo, scherma, danza, ginnastica artistica e ritmica, basket, atletica, nuoto, arte, recitazione ecc. ecc. ecc.

Solo che non basta scegliere. Bisogna anche provare, perchè non vorrai mica decidere a scatola chiusa, no?
E via i giri di prova!
E poi, una volta scelto, bisogna correre ad iscrivere.
Perchè se aspetti, rischi di non trovare più posto o di beccarti l'orario sbagliato, il giorno sbagliato, il luogo sbagliato, la compagnia sbagliata.

Perchè, in tutto questo turbinio di corsi, perdersi è un attimo.

Io quest'anno ho tagliato.
Ho deciso e sono andata avanti a testa bassa: nuoto, solo nuoto, per ora.
Che poi non è proprio così, perchè tanto verrà con noi in palestra di arrampicata e d'inverno ci sarà lo sci, come d'estat c'è stata la mountain bike.

Non importa se il ricciolino non ne ha gran voglia, per me imparare a nuotare è un dovere prima che un piacere e poi già ho visto negli anni scorsi che i capricci pre piscina si sciolgono come neve al sole appena entra in acqua, perchè a lui stare in acqua piace, è innegabile, quel che non gli garba tanto è l'idea di obbedire ad un istruttore.

E' solo fortuna se giorno o orario coincidono con quello di altri amichetti, perchè questa volta ho deciso io.

Sci d'invero, bici d'estate, sono state scelte sue. Guidate, quanto allo sci (fondo anzichè discesa), ma sue.
Giocomotricità in città lo scorso anno è stata un'idea sua e c'è da dire che ha tenuto duro fino a maggio, quando la noia e la stanchezza gliela si leggevano in faccia. Tanto che quest'anno gli è passata la voglia.
Ora, però, decido un pò io.
Perchè lo scorso anno il ricciolino a giungo è arrivato stanco, seppur felice. Forse non per gli impegni extra, ma con certezza non posso dirlo.
Perchè la logistica è un problema mio, non dell'Alpmarito che in settimana non c'è (per carità, non per sua volontà ma tant'è), non dei nonni che fanno già il possibile dividendosi tra i vari nipoti e che comunque per le emergenze ci sono ma la routine è un'altra cosa.
E ' mio.
E allora faccio come riesco e credo meglio io, per lui e per me.

Ascoltassi la voglia, lo porterei a musica, inglese, karate, nuoto, giocomotricità, yoga e a mille altre attività.
Perchè nulla è sprecato, nella vita.
Tuttavia, è innegabile che i corsi costino: denaro, tempo, fatica, impegno.
Dei figli ma anche dei genitori.
Quindi si impongono scelte.

Ci sarà tempo per le seconde/terze lingue (che comunque mi auguro impari a scuola, visto che le tasse le pago anche perchè abbia un'istruzione decente) e per la musica.
Ci sarà tempo per l'agonismo, qualunque sport scelga in futuro.
Ora ha bisogno di sfogarsi, fondamentalmente, giocando a casa o in giardino e praticando sport.

Sento genitori lamentarsi che alcuni sport, purtroppo, si possono praticare con i corsi solo dai 5/6/7 anni e "peccato non si possa fare prima", altri che si lamentano che alcuni sono solo estivi o invernali e allora gli istruttori "non  potrebbero pensare alla presciistica o ad un corso di bici dentro la palestra per l'inverno?"

Capto i discorsi tra gli istruttori e i dirigenti di varie società sportive, che tentano di inventarsi "corsi di avviamento" per piccolissimi o cercano soluzioni per "prolungare la stagione" perchè altrimenti si mettono a praticare altri spot "e poi li perdiamo".
E non parlo solo di persone che con l'insegnamento di attività sportive, ricreative o simili ci campano, ma anche di chi lo fa solo per passione, nel suo tempo libero.

Il risultato, mi raccontava proprio qualche giorno fa la mamma di una bimba di sette anni, è che iniziando a 4, quando arrivano all'agonistica e/o a dover apprendere davvero la tecnica ed i fondamenti di quello sport, sono già stufi, perchè per tre anni hanno fatto più o meno le stesse cose "di avviamento."

E poi sento i genitori dire che i bambini devono provare tanti sport e cambiare tutti gli anni, se vogliono, perchè "se non lo fanno adesso, quando?"
Io non sono molto d'accordo, su questo concetto, però devo ammettere che, alla fine, di certezze me ne sono rimaste ben poche.
Non è che così facendo si passa il messaggio che lo sport sia SOLO divertimento e non anche impegno, costanza e fatica?
Non è che si abituano a "consumare" le esperienze come le cose ?
Non è che non ne trarranno mai una soddisfazione duratura perchè appena la strada si fa in salita li autorizziamo a mollare e cambiare?
Non è che, per contro, insistendo perchè scelgano una strada e la mantengano, si rischia di fargli odiare lo sport in generale o di non dargli la possibilità di trovare quello davvero fatto per loro o, più semplicemente,  di renderli infelici?

Ecco.
Io non lo so.
Navigo a vista.
Però, dovendo navigare, quest'anno il mare me lo sono scelto un pò più io, anzichè gli altri.
E vedremo come andrà!

Fuori dalla scuola, intanto, osservo un pò stranita la folle corsa ai corsi.

P.s. Voi, come la vedete questa folle corsa ai corsi?
Cosa ne pensate di far iniziare ormai ogni attività nei primi anni di vita?



lunedì 5 settembre 2016

Centro estivo: tra polemiche, alternative ed assenze (nostre)

Quest'anno, a maggio, l'amara scoperta: la Comunità montana non avrebbe più organizzato il servizio di centro estivo, per paventata "assenza di fondi". Parimenti, il Comune aveva deciso di non finanziare neppure più il servizio di tate familiari "estivo" del paese.

Vero che noi non ne avevamo usufruito, preferendone uno privato più lontano ma anche più economico e, soprattutto, più flessibile.

L'esperienza era stata positiva, dal mio punto di vista, un po' meno da quello del ricciolino che, pur non trovandosi male, non aveva però reagito bene. Forse per stanchezza, forse per il caldo eccessivo, forse per età o inclinazione caratteriale. Chissa'. Comunque, come vi avevo raccontato, parte dei dubbi iniziali si erano dissipati ed alla fine era andata, anche grazie all'alternativa "nonni".

Era stata, però, una faticaccia, fisica e morale. Così, quest'anno ero partita convinta: più settimane al centro estivo e ne proviamo pure un altro, da scegliere insieme ai suoi amichetti, possibilmente.

Certo, ma quale?

Il panico si era diffuso, soprattutto considerato che l'alternativa trovata dai Comuni era apparsa, a me ed a molte altre mamme, alquanto discutibile: finanziare l'oratorio perché coprisse il "buco" di servizio, ma solo per i bambini dai sette anni (o comunque a prima elementare conclusa) e con contributo economico a carico delle famiglie non economico.

Meglio che niente, certo, ma pur sempre un "centro estivo" confessionale finanziato con fondi pubblici (du questo anche di atei e appartenenti ad altre fedi religiose) e tale da non coprire la fascia di età della scuola materna.

Purtroppo, però, la maggioranza ha vinto e così è stato, alla faccia dei discorsi sullo Stato laico e l'integrazione religiosa.

Abbiamo perciò optato per un centro estivo fuori regione, a qualche km di distanza.

La scelta è stata più azzeccata (e pure più economica) e il ricciolino, a parte il primo giorno, ha reagito meglio al distacco e ha sempre riferito di essersi divertito.

Eppure, ha anche sempre cercato di evitarlo, pregando i nonni di tenerlo con se' e facendo leva sui miei onnipresenti sensi di colpa. Perciò, passato luglio tra centro estivo e nonni, ad agosto, quando ho avuto meno lavoro, e' stato molto con me, oltre che con i nonni. Poi ci sono stati dieci giorni di vacanza, tutti e tre insieme.

Questa settimana, l'ultima di vacanza, avrebbe dovuto rientrare al centro estivo ma ha protestato con fervore, pregandoci spesso di non mandarlo o, se proprio necessario, solo un giorno o due.

Alla fine, visto che pare che la disponibilità dei nonni ci sia, io ho ceduto.

So già che me ne pentirò, però un paio di domande del ricciolino mi hanno messo alle strette: "Se pensate che sia tanto divertente, perché non ci andate voi?!?"

E soprattutto: "Voi, al centro estivo, ci andavate o no?"

La risposta è stata no, per entrambi. Certo, le condizioni familiari erano diverse ma la realtà è che ne' io ne' l'Alpmarito avremmo neppure mai voluto andarci e, anche quando c'erano momenti di noia a casa, non avremmo mai fatto cambio.

Forse a torto, perché non avendo mai provato non sappiamo cosa ci siamo persi, ma tant'è.

Così, grazie ai nonni (con i loro difetti, certo, ma pur sempre nonni disponibili), il ricciolino ha vinto.

 

E voi, come vi siete organizzati? Che alternative avevate? Cosa ne pensate della trovata di finanziare l'oratorio?

 

mercoledì 17 agosto 2016

12 "cose" che odio dell'estate


12 "cose" che odio dell'estate:




1. Il caldo, che fiacca il corpo e l'animo, mozza il respiro e brucia la pelle. Lo attendi tutto l'inverno, lo saluti con gioia in primavera, lo sogni nei giorni di pioggia e poi, quando splende nel cielo azzurro senza nuvole, lo rifuggi e maledici, almeno una volta (due, tre, venti), anche se ti eri ripromessa di non farlo mai più;

2. Le creme e quel senso di "sempre unto", creme da spalmare, da spalmarsi e da lavare via. Quella solare, perchè non bisogna scottarsi e bisogna proteggere e proteggersi, quella idratante o doposole per la pellw seccata dal sole e dal vento, quella per viso e collo, che deve essere meno unta e pesante ma altrettanto utile a respingere i raggi dannosi, quella antistaminica per le irritazioni cutanee, quella cortisonica per le punture di insetto o le reazioni allergiche più forti, quella lenitiva quando la pella è arrossata e bruciante....una farmacia ambulante, in pratica.
Quella solare, inoltre, avanza sempre nel tubetto e dicono che d'inverno dovresti usarla come idratante, perchè poi per l'estate dopo non sarà più efficace ma in realtà, finita l'estate, solo a sentirne l'odore ti vengono insieme nausea e nostalgia e rimane lì, per l'anno dopo, alla faccia di tutte le date di scadenza e le raccomandazioni degli "esperti"; 

3. Le mani sempre bagnate tra lavandini, lavatoi e stendini, perchè è tutto un lavare e stendere costumi, asciugamani, magliette e pantaloncini e reggiseni ecc. ecc., senza sosta, con la lavatrice che fa gli straordinari e grida "pietà"!!! 
E che sia mare, montagna o città poco importa: la mole di panni da lavare, stendere e stirare sembra triplicarsi con l'arrivo del caldo;

4. Le macchie difficili, perchè tra melone, pesche, more, lamponi, gelato al cioccolato (che cavolo ha il gelato al cioccolato????), l'erba e il fango è tutta una macchia che non va mai via al primo lavaggio e spesso neppure al quinto e allora vai di lavaggio a mano strofinando e strofinando, di limone, aceto, bicarbonato, candeggina e qualunque altro rimedio astruso suggerito dalla nonna o dal vicino di ombrellone o chalet, ovviamente dopo che il preammollo con smacchiatori di ogni marca non ha funzionato.
E se ci sono dei bambini e se, in più, passano le giornate ai giardinetti o al centro estivo, il gioco delle macchie si fa duro davvero e i cambi si moltiplicano, tra un cappellino dimenticato al lago e una maglia sparita al centro estivo.

5. I programmi tv, tra tg che parlano di gente che si butta nelle fontane e raccomandano di andare nei luoghi con aria condizionata e un servizio sulle spiagge prese d'assalto, sempre le stesse parole ogni estate, spesso anche sempre le stesse immagini, una tiritera che chiamare telegiornale o giornalismo è un insulto. 
E ancora, repliche di film dell'anteguerra, serie tv sospese e palinsesti vuoti. Più le serate si allungano, più i programmi latitano. Per forza che leggo di più, d'estate! E meno male che ci sono i gelati con gli amici e le passeggiate serali!
Perchè anche i cinema, ad agosto, chiudono.

6. L'umidità che a volte persiste nell'aria e ti fa sentire sempre bagnato e sudato e ti entra nelle ossa come neppure a novembre.

7. Le grandinate o i nubifragi improvvisi o le "tempeste di fulmini", perchè sembra che in estate non piova, no, quando il cielo si arrabbia, son dolori.

8. Le previsioni del tempo: "Si preannunncia un fine settimana bellissimo, caldo e soleggiato, tranne al Nord, sulle Alpi dove saranno possibili isolati temporali/rovesci sparsi." E io penso, ma vaffa...., lo capisci o no giornalista dei miei stivali che non tutti gli italiani vivono o vanno in vacanza al mare o al Sud???? Ma la smetti di dire: "Bel tempo su tutta l'Italia, tranne qualche nuvola la Nord" come se non te ne fregasse un fico secco di chi ci vive, al Nord o sulle Alpi??? Grrrr...!
E se fa brutto, è sempre nel fine settimana o in quei sette giorni che fai di ferie, garantito. 

9. I titoloni dei giornali sulla montagna che miete molte vittime e giù di discussioni sui pericoli della quota e sulla stupidità di veri o sedicenti alpinisti, quando le statistiche vere parlano chiaro: si muore molto di più al mare/lago che in montagna e comunque, a me dispiace per chi muore e non me ne frega niente che sia colpa della sua avventatezza o del caso, che sia sulle autostrade, annegato o in un crepaccio. 

10. Le tentazioni culinarie, tra salsiccia e polenta in montagna, focacce e pizzette in ogni dove e gelati in città ed al lago. Resistere è dura, soprattutto quando il gelato diventa il pretesto per trovarsi e chiaccherare...altro che "prova costume"!

11.  Le domande sulle tue vacanze: "E tu (o la variante "Scusi, ma Lei"), non vai in vacanza?", "Io sono stato /andrò a...e tu/Lei?", "Quando parti, quando torni, quando resti?", "Hai già prenotato? No?!? Non troverai posto", "Hai già prenotato? Si??? Oh, che esagerata, con così tanto anticipo, tanto non c'è mica il pienone!", "E perchè non vai da nessuna parte?" , " Perchè il mare/la montagna" ecc. ecc. 
Farsi i fatti propri, mai? E poi, vabbè, alla fine le faccio pure io (giuro che è una sorta di malattia!)

12. La difficoltà di trovare il momento giusto per una corsa o un giro in bicicletta. In pausa pranzo è un suicidio, la sera il caldo sale dall'asfalto fino a ben oltre il tramonto, oltre il tramonto c'è il bimbo a casa da (giustamente) guardare e la cena da preparare, la mattina presto (ma presto presto, perchè il sole sorge, eh?), se il marito non c'è cinque giorni su sette come a casa mia, nessuno che possa stare con il bambino che (giustamente) dorme. 
E allora una corsa la rubi implorando la nonna perché "tanto hai da portare a spasso il cane di E. presto, che ne dici subito dopo di venire mezz'ora a casa nostra?", un'altra la incastri appena prima di cena, facendoti divorare dalle zanzare con lo spray che ti cola negli occhi insieme al sudore e il caldo che ti soffoca, un'altra ancora la tenti dopo cena, con il bimbo in bicicletta, finchè i moscerini non ti entrano negli occhi e in bocca e lui si lancia nelle pozzanghere come se non si fosse appena fatto la doccia...insomma, l'inferno della mamma (che prova a fare la) runner! 

E voi, anche voi trovate che l'estate abbia dei risvolti odiosi? Se sì, ditemi pure quali, che ridiamo in compagnia!

mercoledì 10 agosto 2016

Apprendere con i cartoni: "Il viaggio di Arlo"

Nell'inverno appena trascorso abbiamo portato al cinema il ricciolino biondo per la prima volta, a guardare due cartoni: "Il viaggio di Arlo" ed "Il piccolo principe".

Il primo era certamente più adatto alla sua età (quattro anni e mezzo) del secondo ma devo dire che li ha apprezzati tantissimo entrambi e, nonostante con "Il viaggio di Arlo" l'emozione della prima volta e l'eccitazione della scoperta fosse elevatissima, ha poi sentenziato di aver comunque preferito "Il piccolo principe".

In ogni caso, io dalla visione ho capito che i cartoni possono essere un valido strumento educativo, oltre che fonte di intrattenimento.

Questo purché, ovviamente, siano ben fatti e i due sovra citati lo sono senz'altro.

Ecco perché mi è piaciuto

"Il viaggio di Arlo" ("The good Dinosaur")

1. Innanzi tutto la colonna sonora: è strepitosa. Ho fatto qualche ricerca e scoperto che è del compositore canadese Mychael Danna. Nella versione italiana, nei titoli di coda c'è anche un brano di Lorenzo Fragola, (che io non avevo mai sentito nominare ma pare abbia vinto l'ottava edizione di "X Factor ") "La nostra vita e' oggi". Come canzone non mi fa impazzire però il suo messaggio secondo me è ottimo.

Ascoltare buona musica fa sempre bene, sfido chiunque a negarlo e inoltre sono stati usati anche strumenti antichi ed esotici, per aumentare l'effetto "primitivo" della musica;

https://m.youtube.com/watch?v=_LUr9bAzFpQ

2. Le immagini, comprese quelle dei titoli di coda, sono magnifiche. Pare che i paesaggi preistorici siano anche realistici, poiché gli animatori avrebbero riprodotti fedelmente il deserto rosso del Wyoming, le praterie del Montana, i geyser e le cascate di Yellowstone. Quel che è certo è che non lasciano indifferenti neppure i bambini, mostrando tutta la meravigliosa grandiosità della natura;

3. Consente di guardare al passato con uno sguardo nuovo, ribaltando i ruoli e rimettendo in discussione la presunta superiorità degli esseri umani. Nel cartone, ad essere "evoluti" sono infatti i dinosauri. I brontosauri, erbivori, sono ritratti come contadini; i tirannosauri, carnivori, come allevatori, ed il selvaggio e' il piccolo Spot, un bambino di sei/ sette anni rimasti solo. Una bella doccia di umiltà non fa mai male, ne' agli adulti ne' ai bambini;

4. Trasmette valori: l'importanza dell'aiuto reciproco, del "fare gruppo" (Arlo e Spot si aiutano a vicenda è solo così sopravvivono, per poi essere aiutati dai tirannosauri e aiutarli a loro volta, formando squadre sempre vincenti, contro la sopraffazione e la violenza), l'amicizia e l'affetto veri, quelli che ti spingono a mettere il bene dell'altro dinnanzi al tuo e che non si esaurisce nel possesso, in quel possesso malato che spesso è la molla di molti fatti di cronaca nera e che anche quando non è patologico, come per i genitori nei confronti dei figli, e' comunque difficile da affrontare e superare, aiutando i figli a lasciare il nido.

Arlo lo capisce ed è per questo che incita il piccolo Spot ha tornare dalla sua famiglia, distaccandosi da lui, lottando contro l'egoistico ma naturale desiderio di tenerlo con se'.

5. Aiuta a superare la naturale diffidenza verso "il diverso" e a comprendere che "famiglia" non è solo quella in cui nasci, ma anche quella che ti crei, quella che ti ama;

6. Affronta il tema della paura e del distacco, sempre attuale e universale, con sguardo intelligente e molta sensibilità : come insegnano Papo Henry (il papà di Arlo) con il suo esempio e il papà Tirannosauro- cowboy, la paura non è un sentimento da cui fuggire ma una forma di protezione naturale che ti consente spesso di salvarti la vita e che si può e si deve affrontare a testa alta; quanto al distacco, la scena in cui il papà di Arlo lo aiuta in sogna a superare un momento drammatico mostra chiaramente ai bambini che le persone care non ci abbandonano per davvero mai, perché portiamo il loro ricordo e i loro insegnamenti nel cuore.

E che si cresce attraverso le prove della vita.

7. Infine, come molti cartoni Disney (oggi Disney-Pixar), attraverso le situazioni tragiche che rappresenta, ha un effetto catartico, un po' come le tragedie del teatro greco. Senza contare che, per una volta, a morire non è la mamma, di solito la prima ad essere sacrificata, ma il papà !

E poi, ovviamente, è anche molto divertente!!!!

Io, alla prima visione, ho riso molto ed alla fine avevo le lacrime agli occhi per la commozione e pure il ricciolino biondo è stato molto coinvolto emotivamente, uscendo però dalla sala cinematografica sereno.

E voi, avete visto questo cartone? Vi è piaciuto? La pensate come me?

 

N.b. Post non sponsorizzato

 

domenica 24 luglio 2016

Dal blog di Scintille di gioia: Il significato di essere mamma"

Silvia, del blog "Scintille di gioia" mi ha posto alcune interessanti domande sulla maternità, queste:

"cos'è per te la maternità o, se sei un padre, la paternità?

Come vivi la tua genitorialità?

Come è nata la tua scelta di mettere al mondo dei figli?

Cos'ha comportato per te fare questa scelta?"

Curiosi di sapere le mie risposte? Considerate che ho impiegato più di due mesi ad elaborarle!

Le trovate qui!

Se vi va di partecipare, inviate una e-mail a Silvia!

venerdì 8 luglio 2016

Le letture di Mamma Avvocato: "Maternità. Il tempo delle nuove mamme"

"Maternità. Il tempo delle nuove mamme. Testimonianze, appunti e riflessioni" a cura di Laura Ballio e Giusi Fasano, ed. Le opere del Corriere della Sera, febbraio 2016, Euro 7,90, pag. 335.

Un libro difficile da definire, che nasce dal blog del Corriere della Sera, la "27esimaOra" e dalle inchieste de "Il tempo delle donne".

 

Non un romanzo, non una biografia e neppure un saggio. Piuttosto una raccolta/inchiesta sulla maternità di oggi, con dati, contributi e riflessioni di giornalisti, blogger, donne comuni, professionisti, medici, maestri e perfino presentatrici/ attrici e scrittrici, da Umbero Veronesi a Michelle Hunzicher e Ambra Angiolini, da Silvia Avallone a Chiara Gamberale, passando per Emma Bonino, Veronica Pivetti e Dacia Maraini.

Tanti anche i temi trattati: la conciliazione famiglia- lavoro, l'insegnamento, la disparità di trattamento in ambito lavorativo, il congedo parentale, la tutela della maternità sul lavoro, la "nuova" paternità, la discriminazione sessuale, la scelta della maternità e della "non maternità" , i modi diversi di intendere "il materno", mamme e tecnologia, i millenials, la menopausa e la maternità surrogata.

Un caleidoscopio di riflessioni che fanno pensare, aiutano a guardare alle parole ed ai concetti con diversi punti di vista, suggeriscono possibilità.

A parte una impostazione politica di fondo che in parte non condivido (la prefazione di Valria Fedeli, ad esempio, che ho trovato eccessivamente autocelebrativa, mi ha lasciata perplessa) e alcuni interventi in tema di maternità surrogata che personalmente mi fanno rabbrividire, forse perché io sono troppo liberista per certi versi, e' un libro che secondo me merita una lettura, per approfondire e capire le diverse sfaccettature della maternità.

"Interessante l'annotazione sulle obiezioni delle aziende americane a dotarsi di un top management femminile: il modo di fare network. Trascurano le relazioni con quello che definiscono un 'club di vecchi ragazzi', non partecipano a cene sociali e non giocano a golf." Pag. 32

Pag. 43: "Un altro grande mito infranto dalla crisi è quello del partit time. Dal 2000 al 2013, secondo i dati ISTAT gli occupati a tempo parziale sono aumentati del 40 per cento: da poco meno di tre milioni a quattro milioni di persone. Tre part time su quattro sono al femminile, un rapporto rimasto sostanzialmente costante nell'ultimo decennio. Il problema è che negli anni della crisi è nettamente aumentato il part time involontario. Le donne insoddisfatte del l'orario ridotto erano il 34 per cento nel 2000 e sono diventate il 58 per cento - quindi la maggioranza- nel 2013. Cosa non funziona in quella che doveva essere la soluzione di tutti i problemi della conciliazione? Spesso la difficoltà sta in una distribuzione oraria che non aiuta. Prendiamo il settore del commercio, dove il part time femminile è particolarmente diffuso. Sovente il lavoro è concentrato in orari in cui nidi e materne hanno già chiuso da ore. In questa condizione l'orario ridotto non aiuta le donne (né gli uomini) nella gestione familiare. Da rilevare poi il fenomeno del lavoro nero legato al part time. Sono purtroppo numerosi i casi di dipendenti a orario ridotto che in realtà lavorano a tempo pieno. Soprattutto in settori "maschili" per la verità, come l'edilizia. Ma a ben guardare, la principale cartina al tornasole di un modello che non ha funzionato e un'altra. Mente in Europa l'aumento del part time fa crescere l'occupazione delle donne, ciò non avviene in Italia. Negli ultimi dieci anni, nonostante un incremento del part time femminile superiore agli altri Paesi UE, il nostro tasso di occupazione femminile è rimasto inchiodato al 45 per cento o giù di lì. Non si può dimenticare, poi, che gli effetti positivi del part time sul l'occupazione femminile hanno un prezzo. In termini di maggiore "segregazione". E' così che gli economisti come Luisa Rosti chiamano il fenomeno per cui le donne sono costrette ad accontentarsi di bassi livelli di carriera in settori meno pagati degli altri.

...una società che teme la maternità più della mediocrità, e premia il tempo più del risultato, escludendo le donne dai percorsi di carriera, spreca la risorsa più preziosa delle economie moderne: il capitale umano."

Pag. 44: "...la spesa pubblica per la famiglia è pari al 2 per cento della spesa totale della pubblica amministrazione e appena all'1 per cento del Pil, a fronte degli interventi per gli anziani che, tra pensioni e spesa per la salute, corrispondono al 20 per cento del Pil. In altre parole per 1 euro speso a favore della famiglia se ne dedicano 20 agli over 65. Il basso livello di spesa per la famiglia colloca l'Italia al 22esimo posto tra i Pesi UE per la quantità di risorse destinate a questo capitolo di interventi pubblici ..."

Con questo post partecipo all'appuntamento settimanale con il venerdì del libro di Homemademamma.

 

lunedì 30 maggio 2016

‪#‎ceravamotantoamati‬: Giorno dopo giorno



Sarà la mia professione.
Sarà un caso.
Sarà che ormai i miei amici e conoscenti si sono quasi tutti sposati e spesso hanno anche procreato.
Sarà che, per via dell'età di mio figlio, ormai frequento tendenzialmente famiglie.
Sarà che sono uscita dal tunnel dei primi tempi con un neonato ormai da un pò e questo ridà prospettiva ai momenti trascorsi (ovvero aiuta a dimenticare molte difficoltà e ricordare con nostalgia i momenti di gioia).
Sarà quel che volete ma ultimamente mi pare di essere circondata da coppie che scoppiano.
E sì che negli scorsi due anni ho partecipato ad un numero elevato di matrimoni!

Oppure, più banalmente, si scoprono crisi coniugali (o personali che coinvolgono anche la coppia) di persone riguardo alle quali proprio "non lo avresti mai detto".

E' la vita.
La statistica ricorda che è un fenomeno tutt'altro che raro e, soprattutto, per esperienza personale ormai so che i figli non risolvono i problemi di coppia, come molti si ostinano a pensare, semmai li aumentano, almeno nel breve periodo.

Perchè prima, al di là del lavoro, le preoccupazioni sono meno.Per non parlare delle coppie che si sono formate ai tempi delle superiori o dell'università (come nel mio caso), in cui al massimo si litigava in preda la nervosismo pre-esame.

Perchè prima, se c'erano risorse economiche limitate, ne soffrivate solo tu e lui e non c'era il pensiero del futuro da offrire ai propri figli.

Perchè prima era un attimo decidere di uscire al sera, cenare a latte/caffè e biscotti (no, vabbè, questo con l'Alpmarito non è mai stato possibile, però con qualcosa di freddo sì), partire per un viaggio o prendersi la giornata per andare a sciare insieme.
Era un attimo posticipare l'orario della cena, passare una giornata di pioggia guardando un film dopo l'altro o andare a fare una via lunga di arrampicata con il frontalino (così se proprio tardiamo e viene buio, almeno riusciamo a scendere).

Perchè prima, banalmente, c'erano meno responsabilità e pure meno incombenze domestiche.

Soprattutto, però, il sentimento era spesso ancora "fresco", l'amore non ancora logorato da anni di compromesso, le incomprensioni non ancora trasformate in muto rancore.

Io non so come si vivesse "lo stare in coppia" e come si gestissero i sentimenti 30 anni fa, 50 anni fa, 80 anni fa. Non lo so e non saprei dire se era peggio di adesso, uguale o se "si stava meglio quando si stava peggio".
Mi pare, però, che la spinta a soddisfare immediatamente ogni desiderio, anche comprando a rate un viaggio esotico o un televisore al plasma o l'ultimo modello di smartphone (non certo bisogni primari) non sia mai stata così forte. Basta guardare le pubblicità, per accorgersene.
Il "diritto alla felicità", d'altro canto, è una idea moderna: condivisibile, per carità, ma forse non quando viene interpretata come "convizione" di aver diritto ad essere "sempre soddisfatti", ad ottenere sempre e comunque, non importa a che prezzo, ciò che si vuole (o si crede di desiderare, salvo poi accorgersi che non basta non appena lo si è ottiene).

Così, quando questa convizione viene frustrata dalla realtà, perchè ci si trova alle prese con un esserino che dipende completamente da noi e i suoi bisogni primari diventano la priorità, è facile cadere nel vortice dell'insoddisfazione, sfogarsi con l'altro membro della coppia e, magari, addossare a lui/lei la colpa di tutto.

Oppure, più banalmente, le elucubrazioni di cui sopra non c'entrano nulla.
Solo che nasce un figlio e tutto il resto passa in secondo piano. E si è più stanchi, per tutto e tutti.
Non a caso la privazione del sonno è considerata una vera e propria tortura.

Perchè, siamo sinceri, chi di noi una volta diventato genitore, non ha pensato, almeno una volta al giorno, alla settimana, nella vita,  di aver FATTO DI PIU' del partner, di essere PIU' STANCO, di aver PIU' DIRITTO DI LAMENTARSI ?
E, spesso se non sempre, questa sensazione è vissuta in contemporanea da entrambi i genitori, che finiscono per non capirsi più.

Allora, l'unico modo per restare a galla è forse guardarsi negli occhi e ripensare a cosa ci aveva fatto innamorare l'uno dell'altra, armarsi di pazienza e trovare mille e una strategia per restare a galla nel quotidiano, emergendo ogni tanto da soli e/o in due per prendere fiato e aria, fino a che il peggio sarà passato, accettando che l'innamoramento sia solo una fase, intensa, bellissima, certo, ma solo una fase (o forse intensa e bellissima proprio perchè una fase), ma comprendendo che l'amore, quello vero, è qualcosa di più e di diverso,
qualcosa di cangiante,
qualcosa di capiente.

Tanto da saper contenere prima una coppia e poi una famiglia, che sia di due, tre, quattro o più persone.

Non credo sia facile. Non credo sia sempre per sempre.
Credo, però, che valga sempre la pena provarci. Comunque vada poi.
E se andrà,  allora la coppia post - figli diventerà una squadra imbattibile e il pre-figli sembrerà solo una copia sbiadita della vita vera.

Con questo post, dico la mia sul tema del mese delle Stormoms




lunedì 23 maggio 2016

Before I die

Da una idea di Lucia.

Before I die... 


vorrei mettere al mondo un altro bimbo o bimba
vorrei fare colazione nella "casa nuova". In realtà lo vorrei anche prima dei 40 anni ma mi permetto di dubitarne
vorrei scalare a vista, da prima, una 6c di placca, ma mi accontenterei anche di un 6b
vorrei rifare la Vallee Blanche con gli sci ma, stavolta, con il ricciolino oltre che con l'Alpmarito
vorrei salire sulla cima del Monte Bianco godendomi l'ascesa (=senza arrivarci stremata)
vorrei visitare l'Australia e la Nuova Zelanda
vorrei fare un trekking in Patagonia ed uno in Tibet
vorrei tornare in Irlanda e girarla tutta in auto
vorrei tornare in Scandinavia in inverno e vedere finalmente l'aurora boreale
vorrei festeggiare il giorno del diploma e/o della laurea di mio figlio
vorrei guardare dal vivo le cascate del Niagara
vorrei vedere mio figlio innamorato
vorrei fare un'altra vacanza in bicicletta, ma questa volta di 15 giorni e con il ricciolino, dormendo in campeggio
vorrei conoscere i miei nipoti (e quindi che mio figlio avesse dei figli) e magari anche avere la fortuna di vederli crescere
vorrei fare una discesa in rafting
vorrei suonare alle perfezione l'Aria, l'Aria da capo e tutte e trenta le variazioni Goldberg del mio amato Bach e pure la Toccata e fuga in Re minore, sempre di Bach, adattata per pianoforte (ma saperla suonare con l'organo sarebbe il massimo)
vorrei correre una maratona o un ultra trail, non di quelli più tosti, mi accontento dei più semplici, ma in montagna
vorrei fare un volo con il parapendio
vorrei correre a perdifiato in un campo di lavanda in fiore
vorrei mangiare di nuovo una pizza margherita, una pasta al pomodoro e basilico e la lasagna di mio padre e magari, esagerando, gustarmi una pesca noce e delle ciliegie senza stare malissimo
vorrei vedere mia madre di nuovo serena, se non felice e non per pochi istanti, ma per un periodo duraturo
vorrei pratica yoga all'alba, da sola, su una spiaggia deserta e farlo senza vergognarmi se qualcuno mi vede
vorrei imparare tutti i punti del lavoro a maglia ed a usare la macchina da cucire e vorrei impararli da mia nonna.

E poi per ora basta, domani si vedrà!

E voi, cosa vorreste fare prima di morire? Dando per scontato di avere tutti tantissimi anni in salute davanti a noi, ovviamente!

I "Before I die" di Lucia li trovate qui.

martedì 10 maggio 2016

Wonder mamma, a quale prezzo?

Domenica sera, in occasione della festa della mamma, hanno trasmesso il film "Ma come fa a fare tutto?" con Sarah Allison Parker.

Quando era uscito al cinema avrei voluto andarci, ma non avevo potuto, così ho colto l'occasione domenica.

A costo di farmi dare della pazza, devo confessare che ho quasi pianto, guardandolo.

Perché rappresentava perfettamente la realtà di molte mamme, di molte donne, una realtà dura e scomoda.

Certo, le madri che conosco io non prendono un aereo ogni tre per due per andare dall'altra parte del continente, piuttosto si spostano da un lato all'altro dell'Italia o anche meno, stando via qualche notte oppure girano l'Europa o, più semplicemente, fanno le pendolari ogni giorno, in treno, auto o autobus che sia.

Il concetto, però, e' lo stesso. Perché se per partecipare ad una riunione o ad una udienza o per ricevere il cliente o vendere un prodotto, ti perdi la recita della scuola o la lettura della buonanotte, che l'ufficio sia a Milano o a New York poco cambia.

Ed al di là della figura di "mamma che non lavora" del film, certamente esagerata (non so voi, ma io di mamme casalinghe che passano intere mattinate tra palestra ed estetista, non ne conosco proprio; quelle che conosco io hanno ritmi più rilassati delle "mamme che lavorano" ma non battono la fiacca e spesso curano orti, fanno volontariato, assistono parenti o investono in una passione, quale che sia), il continuo confronto fra mamme e' una realtà.

La gara a chi fa meglio, dalla torta alla educazione, esiste. E ciascuna invidia l'altra, senza conoscerla davvero. Senza essere disposta a fare davvero cambio, se potesse.

La discriminazione delle donne sul luogo di lavoro o in termini di carriera, di cui parla la mamma single del film, e' purtroppo una realtà diffusa a cui ci siamo abituate, anche se non dovrebbe essere così, e non solo se il capo e' uomo.

Soprattutto, però, ciò che mi ha scosso del film e' stato vedere riflessi, sullo schermo di una TV, sensi di colpa, difficoltà organizzative, incomprensioni di coppia, che ciascuna mamma, prima o poi, vive.

Perché le pressioni che subiamo, in quanto "femmine", fin dall'infanzia, sono enormi.

Forse è sempre stato così. Forse è il rovescio della medaglia della maggior (non certo totale) libertà di autodeterminazione che ci siamo conquistate nei secoli. Forse anche gli uomini vivono, seppur in modo inferiore, queste pressioni.

Non lo so.

So solo che, in qualche modo, dobbiamo imparare a liberarcene. Dobbiamo capire che siamo tutte sulla stessa barca e che se la smettessimo con egoismi sterili e lottassimo tutti per più servizi per l'infanzia, per l'uguaglianza di stipendio e per cambiare la mentalità degli uomini e delle donne che abbiamo a fianco e che cresciamo, forse qualcosa cambierebbe.

Invece parli di centri estivi comunali aboliti per mancanza di fondi, cerchi solidarietà e ti senti rispondere: ah già, comunque a me non serve, tanto io sono a casa e poi poveri bambini, e' come continuare a mandarli a scuola!

In questi casi, mi viene da gridare come una pazza, come la protagonista del film.

Mi viene da mollare tutto.

In fondo una scelta bisogna sempre farla: o si ridimensionano tempo e risorse da dedicare al lavoro o quelle da dedicare alla famiglia. Le ore del giorno sono sempre 24 e noi siamo umane.

E' una scelta sempre difficile, sempre sofferta, spesso temporanea e rinegoziata quotidianamente.

Però, chi ha detto che all'una o all'altra strada intrapresa debba accompagnarsi anche riconoscimento o disvalore sociale? Non basta la difficoltà della scelta in se'?

Non ho risposte, solo domande e bisogno di mettere nero su bianco i miei pensieri e, se vi va, sentire la vostra voce.

P.s. E magari anche un pretesto per mollare un ceffone alla mamma che mi ha dato quella risposta!

 

martedì 15 marzo 2016

I vantaggi della secondogenitura

Pochi giorni fa vi ho raccontato quelli che, secondo me, sono gli svantaggi di essere una secondogenita, premettendo di non mettere in dubbio l'amore dei genitori per ciascuno dei propri figli.

Oggi vorrei elencarvi quelli che credo siano i vantaggi del nascere per secondi.


1. Il primogenito/la primogenita può averti già aperto la strada, affrontando le discussioni con i genitori per ottenere permessi o vantaggi che a te, invece, basterà domandare per ottenere.
Può valere per l'uscire la sera con gli amici, il cinema o la pizza, le vacanze da soli o anche solo guardare la tv fino alle 21.30 anzichè le 21 o mangiare la caramella in più.
Non è detto, però, che i primogeniti facciano sempre da "apripista".
Nel mio caso, ad esempio, sono stata io ad insistere per frequentare l'università risiedendo per qualche tempo in città e sempre io a discutere per ottenere il permesso a prendere la patente della moto (e poi se ne è giovato anche mio fratello maggiore).
In altri casi, il grosso del lavoro lo ha fatto lui.

2. La pressione delle aspettative e delle ansie dei genitori è certamente minore, poichè ripartita su due figli anzichè su uno. E' un vantaggio anche per il primogenito, che si attenua per entrambi i figli se di sesso diverso, quando le aspettative sono in parte diversificate in base al sesso di nascita.

3. Ci sono più bambini che girano per casa, più amichetti, più feste, gite, pic nic in compagnia.
Perchè una volta sei tu ad invitare qualcuno, un altra è il primogenito, una volta si festeggia te, un'altra lui, una volta siete invitati alla festa di un tuo amico, una volta a quella dei suoi. Insomma, le occasioni di gioco ( e scorpacciata di dolciumi) in compagnia si moltiplicano, soprattutto se si è vicini per età e alcuni bambini vanno d'accordo con entrambi.

4. Ci sono più giochi, libri  e cartoni a disposizione in casa. E' vero, bisogna sempre condividere, spesso si litiga, spesso bisogna mediare ma, nel complesso, le opportunità ed in beni materiali aumentano.

5. Non sei (quasi) mai del tutto privo di un compagno di giochi, volendo di un complice per le tue marachelle.
Magari il rapporto con il primogenito non è proprio idilliaco oppure devi adeguarti al gioco che ha scelto lui (ma altre volte sarà lui/lei ad adeguarsi al tuo), però i lunghi viaggi in auto, i pomeriggi di pioggia, le giornate estive, le serate in casa, saranno sempre più piacevoli perchè, volendo, avrai sempre qualcuno con cui giocare, soprattutto se si è vicini di età.

6. Non ti senti mai solo. Quando inizi un ciclo scolastico, di solito conosci già la scuola materna, elementare o media, perchè ci andavi già ad accompagnare lui/lei, oppure lui/lei ancora la frequenta e sai che se avessi davvero bisogno, ci sarebbe. 
Non sei mai solo al centro estivo o colonia e a volte puoi iniziare a praticare uno sport o suonare uno strumento che sai già ti piacerà, perchè il primogenito ci è già passato e tu hai potuto provare.
Oppure puoi scegliere un'attività totalmente diversa che sia solo tua.
Crescendo, se il rapporto tra fratelli si mantiene sereno (il che, purtroppo, non sempre capita, soprattutto dopo i rispettivi matrimoni/convivenze), non sei mai solo neppure nell'affrontare momenti difficili della vita, dalla malattia, a incidenti, problemi lavorativi, necessità dei genitori.

7. I pranzi e le cene di famiglia sono più numerose, chiassose, allargate, divertenti. E si mangia pure di più. Almeno, questa è la mia esperienza e quella di mio marito!

8. I genitori di solito affrontano il loro compito con te in modo più rilassato e meno rigido che con il primogenito. Certo, a volte si aspettano che tu sia uguale a lui e fanno spiacevoli confronti, però si adattano anche più facilmente e cedono prima.
In altre parole: è più facile prenderli per sfinimento!
I terzi/quarti/quindi e via dicendo, in questo, hanno la strada spianata.

9. Hai la possibilità di trovare un confidente in casa, più adatto a certi discorsi dei genitori.

10. Anche se non hai ancora la macchina o sei più piccolo dell'età a cui i tuoi genitori hanno consentito al primogenito di uscire da solo, puoi contare su di lui (o sui suoi amici) per i passaggi o sfruttare la carta del "ma dai, c'è lui/lei a controllare!" per godere di libertà più precocemente. Certo, a patto di ignorare i suoi musi lunghi perchè deve portarsi la "sorellina" o il "fratellino" appresso!

11. Se il primogenito è maschio e tu sei femmina o viceversa, significa che avrai in casa esponenti dell'altro sesso che sono suoi amici/che poco più grandi di te e, se sei fortunato, qualcuno sarà anche molto carino/a.
E questo, nell'adolescenza, non guasta!

12. Infine, ti abitui fin da piccolo a mediare, condividere e accettare limitazioni e rinunce ma anche ad apprezzare le rinunce, i limiti  e le condivisioni che gli altri accettano per te. A volte anche a fare squadra. Ed è un insegnamento davvero prezioso.

Secondogeniti, che ne pensate? Avete altro da aggiungere o osservazioni da fare?




lunedì 14 marzo 2016

I sogni e la realtà: overo great expectations, grandi speranze e grandi aspettative


Da che ho memoria, ho sempre desiderato fare l'avvocato, come mio padre, e nello stesso tempo, essere una mamma lavoratrice, come mia madre, che ricordo bellissima vestita "da ufficio"  ma anche sempre presente e pronta a giocare e portarci di qua e di là.

Mi immaginavo avvocato di successo, impeccabile e preparatissima ma anche mamma presente, capace, giocosa, attenta.
Con tre figli almeno.

Mi immaginavo sempre di corsa ma non in affanno, occupata ma non preoccupata.

Immaginavo un gatto ad accogliermi sulla porta di casa o in balcone a prendere il sole, i bambini fare i compiti tranquilli in cucina mentre io sistemo e il marito prepara la cena.

Immaginavo un uomo con  cui condividere tutto, capirsi al primo sguardo e ridere molto.

Di diventare una cuoca passabile, invece, non l'ho mai neppure immaginato (per fortuna).

Immaginavo passeggiate in montagna e a sciare con bimbi al seguito, prima nel porte-enfante e  poi in fila dietro di noi. 
Immaginavo estati in tenda, giri in bici, arrampicate tutti insieme.
Tanto lavoro e tanto tempo libero insieme.

Immaginavo giornate con i miei fratelli e le loro famiglia, i loro figli.
Pranzi o cene nel weekend tutti insieme, a casa dei miei genitori, con i cuginetti che crescono insieme.

Immaginavo di fare tanti picnic e gite con gli amici di sempre, condividere attivitàò, sport, visite e viaggi.

Immaginavo di far addormentare mio figlio suonando Bach al pianoforte.

Diventando mamma, però, non sono riuscita a costruire una realtà identica ai miei sogni.
In parte è dipeso da me, senz'altro, tuttavia per la maggior parte sono state gli eventi della vita e le altrui decisioni a modificare le aspettative.

Sono diventata avvocato e, tutto sommato, sono abbastanza soddisfatta del mio lavoro.
Sono sempre di corsa, ma anche in affanno.
Occupata ma anche preoccupata.
Il gatto c'è (anzi, la gatta) però qualche volta quando noi rientriamo in casa lei preferisce uscire a farsi una passeggiata e godersi il silenzio (e non riesco proprio a darle torto!).
Ci sono lavoro e tempo libero, solo che sembrano non essere mai in sincronia.
Il figlio è uno solo, il fato per ora ha deciso così anche se il tre, per me, rimane il numero perfetto.
I compiti da fare per fortuna non ci sono ancora e mentre io cucino il ricciolino più che disegnare o giocare tranquillo reclama attenzioni.
Il marito che prepara la cena c'è solo a singhiozzo, anche se non per colpa sua.
Condividiamo molto ma non tutto (e forse è meglio così) e mi sono rassegnata al fatto che gli sguardi delle donne non sono così intelleggibili come ci piace pensare.
Non ridiamo più molto, presi da mille pensieri e occupazioni, però ci capiamo ancora quanto basta.
Come cuoca ho guadagnato punti, più di quanto mi aspettassi, a patto di non essere troppo esigenti e non allarmarsi per un leggero odore di bruciato.
Sport e gite insieme ci sono tutte, anche se è quasi sempre più faticoso che andare a lavorare e non tutto si può ancora fare in tre, però è questione di tempo e va bene così, perchè quando "facciamo qualcosa" insieme siamo davvero felici.
Il pianoforte non è ancora riuscito ad entrare in casa nostra, ma non ho perso la speranza.
La paura, semmai, è di non saperlo più suonare.

La mia famiglia di origine si è disgregata e i cuginetti si vedono, quando va bene, una o due volte all'anno, spesso per caso.
Ma non dipende da me e mi sono rassegnata.
In questo, la famiglia di origine di mio marito ha superato le aspettative ed un pò compensa.

Questo, però, rimane il mio più grande cruccio, come non riuscire più a vedere gli amici di sempre con l'assiduità di prima e, soprattutto, non riuscire a condividere altro che pranzi o cene, per la maggior parte.
Che è già bello e mi piace, però vorrei riuscire a fare di più.
Forse, però, anche in questo caso è questione di tempo.

Insomma, da mamma in tailleur e cartella con figlio sorridente per mano, come mi immaginavo, mi sento più mamma in tailleur con cartella dimenticata per terra in qualche angolo e figlio piangente attaccato alla gamba o mamma in tailleur con cartella sbrindellata che urla al figlio sorridente: "Adesso basta giocare, dobbiamo andare, siamo in ritardooooooo!!!"

Di una cosa però sono certa: mio figlio supera ogni immaginazione. Non avrei potuto sperare di più (sì, anche quando fa i capricci o alla sera mi fa urlare dal nervoso perchè non vuole andare a dormire, sì).






venerdì 11 marzo 2016

"Primogeniti, mediani, ultimogeniti...", un libro per riflettere sulll'ordine di nascita.

"Primogeniti, mediani, ultimogeniti...Come l'ordine di nascita inluenza il carattere e la personalità di un bambino", di Michael Grose, ed. Red, pag. 110, Euro 12,00


Ieri vi ho parlato degli aspetti negativi dell'essere un secondogenito, ovviamente secondo l'esperienza mia e dei secondogeniti con cui mi sono confrontata.

Oggi, vorrei consigliarvi un breve saggio, cercato e letto proprio per approfondire le mie impressioni sul tema.

Secondo l'autore: "L'ordine di nascita è il fattore meno compreso e più sottovalutato tra quelli che influenzano il comportamento umano, ma uno dei più semplici da capire. Per comprenderlo basta un pò di buon senso.." 
Capirlo e tenerne conto può aiutare nelle relazioni tra familiari, nella scuola, sul luogo di lavoro, tra amici e nella vita di coppia.
Con due importanti precisazioni, ripetute più volte nel saggio:
- la prima, a mio parere scontata, è che "..l'ordine di nascita è solo una delle determinanti del futuro del bambino, non una sentenza per la vita";
- la seconda, ragionevole, che bisogna tener conto anche della funzione che la persona occupa in famiglia, acneh a prescindere dalla posizione di nascita e che può esserle stata assegnata, nonchè del modo in cui genitori trattano i figli, del sesso e delle differenze di età tra fratelli, nonchè del temeramento di questi ultimi.

Il libro descrive le variabili familiari che influenzano la personalità, poi i caratteri che mediamente si riscontrano nei primogeniti, nei figli unici, nei secondogeniti e mediani, infine nei figli minori, dedicando a ciascun ordine di nascita un capitolo a sè, concluso sempre con i consigli per rapportarsi a ciascun figlio in base al suo ordine di nascita e come smussare i lati negativi del carattere o prevenire tensioni e disagi.

Ad esempio, dei secondi si dice che sono per la maggior parte: flessibili, diplomatici, pacificatori, spiriti liberi e generosi.
Se sono anche mediani "sono spesso gli adulti dal carattere più tenace. Sono anche i più difficili da identificare in quanto la loro personalità è influenzara dal contesto in cui si trovano, in partciolare dal fratello maggiore e dalla costellazione familiare.
Molti secondogeniti inoltre sono ribelli ed è più probabile che agiscano in modo stravagante o imprevedibile."
"I figli di mezzo sono i candidati più probabili a rompere le tradizioni familiari".
Laddove i primogeniti tendono a essere: responsabili, perfezionisti, fedeli alle regole, conservatori, deteminati e stabilire obiettivi.

Passa poi ad analizzare brevemente le varie "combinazioni" familiari (ad es., primogenito con fratelli, primogenito con sorelle, primogenito con fratelli e sorelle, ecc) e le caretteristiche che ne derivano negli individui.

Io, ad esempio, secondo il libro sono una secondogenita che è anche mediana, avendo un fratello minore, dovrei avere anche caratteristiche della primogenita (e per quello che mi riguarda posso confermalo), dal momento che sono l'unica figlia femmina e mio fratello ha nove anni in meno di me, mentre il carattere di solito si forma nei primi cinque o sei anni di vita.

In un altro capitolo che ho trovato particolarmente interessante, l'autore esamina lo stile genitoriale in base all'ordine di nascita dei genitori, per poi "smontare" le convizioni sbagliate dei bambini e offrire qualche suggerimento su come affrontare la rivalità tra fratelli, con alcuni consigli che io ho trovato tutt'altro che scontati e banali.
Inoltre Grose fa alcune interessanti considerazioni  sull'impatto sociale della dominuizione del numero medio di figli per famiglia e la presenza sempre più preponderante di figli unici.

Io, nelle descrizioni dei figli, seppur schematizzate e semplificate, ho rivisto molto sia di me che dei miei fratelli, nonchè di mio marito (primogenito) e dei suoi fratelli, così come vi ho visto molti amici di diverso ordine di nascita.
Insomma, una lettura non impegnativa, non certo stupefacente ma comunque sicura fonte di riflessioni e stimoli.

"La conoscenza dell'ordine di nascita vi aiuterà dunque a comprendere che il vostro posto nella famiglia d'origine ha esercitato un influsso fondamentale sulla vostra vita, dal rendimento scolastico, alla scelta della professione e perfino alla scelta del partner. Il vostrio ordine di nascita e quello dei vostri genitori influisce sulla vostra relazione affettiva, così come sul tipo e sul numero dei vostri amici.
In quale posizione avreste voluto nascere? Ogni bambino mi dice che la sua posizione è la peggiore. I primogeniti si lamentano dei genitori rigidi o della vota dura che hanno avuto in confronto ai fratelli (- è mio marito!- ). I secondogeniti e i nmediani recriminano gli svantaggi che comporta il dover seguiire i passi di un altro (-sono io!-). Gli utlimogeniti sottolienano che nessuno li ha mai presi sul serio.
In realtà, ogni posizione ha i suoi vantaggi e i suoi svantaggi, per cui è meglio convivere serenamente con la propria."
 "Il giudizio sui vostri figli sarà influenzato dalla vostra posizione di nascita. "

Questo è il mio consiglio di lettura per il Venerdì del Libro di questa settimana.

se poi vi interessa il mio parere, basato  sulla mia esperienza personale, sui vantaggi e gli svantaggi di nascere secondogenita, li trovate qui e qui.