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venerdì 1 luglio 2022

E sono 5 anni. Auguri bimbi miei!

Scrivo in ritardo, a festeggiamenti finiti.

Scrivo dopo una lunga pausa, scrivo un pò di fretta, mentre sono già in ritardo nella preparazione della cena.

Scrivo perchè voglio che queste mie parole per voi rimangano, comunque, nero su bianco.

Scrivo perchè nella notte di San Giovanni, mentre nella città in cui siete nati esplodevano i fuochi d'artificio (ops, di dentifricio, come li chiamate voi) e a Gressoney bruciavano i falò e si tornava a brindare con i boccali di birra della Bierfest (finalmente!), voi avete compiuto 5 anni.

Non è facile crederci perchè questi cinque anni sono stati insieme eterni e rapidissimi.

Se penso al ricovero pre parto, ai tuoi primi giorni in TIN, Orsetto, al rientro a casa sola con te, Principessa, divisa tra un appartamento pieno di scatoloni ed un immobile ancora in via di ultimazione;

se penso che nel frattempo vostro fratello stava finendo il suo percorso alla scuola dell'infanzia ed il papà era occupatissimo al lavoro, lontano, come purtroppo spesso d'estate;

se penso al trasloco ed ai lavori da seguire, mentre facevo la spola tra le case, la vostra nonna e la TIN;

se penso ai primi mesi con voi ed il ricciolino, nel caldo dell'estate e poi nel freddo piovoso dell'inverno,

se penso che non avevate che sette mesi quando mi sono rotta il ginocchio e ho dovuto cavarmela e vi spostavo in giro per casa con la sedia con le ruote da scrivania,

se penso a quanto eravate piccoli piccoli ma forti e sani, allora, e a quanto siete magri magri ma forti e sani, ora, 

se penso a come vi guardate, vi abbracciate, vi picchiate, giocate insieme, ridete e parlate continuamente, con noi e tra voi,

ecco, se penso a tutto questo e molto di più, 

mi sembra davvero incredibile che siano passati cinque anni da quando vi ho messo al mondo.


Abbiamo festeggiato, decisamente in grande. 

Con una torta al cioccolato ed una rosa e lilla.

Vi abbiamo portato alla vostra prima festa della birra, un battesimo da gressonari che vostro fratello ha potuto vivere più tempestivamente e che invece con voi è arrivato più tardi (ma in fondo, che importa ora?)

Avete giocato con i vostri amichetti, abbracciato le nonne, soffiato tante candeline e scartato tanti regali.

Perchè la vita va celebrata. 

E se voi, con la vostra vitalità, lo fate ogni giorno, a volte anche a noi grande qualche volta serve farlo.

Tu Orsetto, così serio e concentrato, a volte. Così tenero e coccolone ma nello stesso tempo così amante dei tuoi spazi e cocciuto e testardo. 

Tu, che ai dolci non sai resistere, mai.

Le tue scenate sono lunghe, i tuoi pianti insistenti, quando ti ci metti (per fortuna raramente), eppure quando ridi, hai quella risata di pancia, forte e profonda, che ci contagia tutti e ti fa ridere anche gli occhi.

Tu, sempre in movimento, che ami anche puzzle e lego e quando hai sonno, semplicemente, ci dai un bacio e vai a dormire.

Tu, che in montagna salti come i camosci e ti arrampichi come un geko.

Tu, che sai fare le somme e smonti tutti i giochi per capire come sono fatti.

La smetti di farti servire da tua sorella, pigrone? La stessa sorella a cui però porti lo zaino in montagna e che dichiari di essere pronto a proteggere perchè sei forte..

E tu Principessa, che passi lunghi minuti a pettinarti davanti allo specchio, mi fai impazzire con richieste di trecce e acconciature "da regina" che io non so ancora fare e indossi solo e sempre vestiti e gonne, oppure il completo da bici, senza vie di mezzo.

Fiori per due dalla nonna

Tu, che ti lamenti perchè la divisa della squadra di calcio non ha la gonna e ci sgridi se ci prepriamo per andare ad una festa e non siamo abbastanza eleganti.

Tu, che sai già scrivere il tuo nome e cognome correttamente, ma anche quello dei tuoi fratelli e riconosci lettere e numeri al volo. Tu, che vorresti ti insegnassi già a leggere, mentre io freno e preferisco leggerti le storie di principesse ed eroine che ami ad alta voce.

Tu, che spesso vieni a trovarmi nel lettone, mi riempi di baci e di complimenti.

Tu, così disponibile con il tuo fratellino e sensibile al suo umore, che vai a scuola ed al centro estivo sempre volentieri e con il sorriso e se a casa non ci sono i tuoi fratelli ti senti persa.

Tu che non parli, urli sempre con il tuo tono alto e squillante. Tu che non cammini, corri.

Tu, che mangi salato anche a colazione.

Tu, che balli e canti sempre, con il sorriso negli occhi e in viso ma quando è ora di scarpinare in montagna ti lamenti incessantemente per la noia.

Voi due, siete gioia e fatica, risate e sgridate, legame e litigi, complicità e qualche dispetto.

Voi due, vita.

Auguri bimbi miei.

Vi auguro di continuare la vostra vita di amicizie, affetti, legame fraterno, allegria, gioia di vivere, voglia di sognare e sperimentare ma con radici salde ed una famiglia in cui rifugiarvi all'occorrenza.

Siate come siete e ciò che sentite e desiderate essere, sempre.


Voi, circa quattro anni fa


martedì 23 giugno 2020

Auguri Orsetto e Principessa ! TRE ANNI !

Dopo lunghi mesi di assenza dal blog, ho scelto oggi per tornare su questo schermo.
Perchè oggi voi, miei piccoli gemelli monelli, compite 3 anni.

TRE ANNI
TRE ANNI
(nei vostri colori preferiti)



tre anni da quel pomeriggio in cui decisero di indurmi il travaglio, facendomi firmare che accettavo di correre il rischio, purtroppo nel mio caso molto alto, di rimetterci la vita per farvi nascere.
Tre anni da quel pomeriggio, dopo 15 lunghi giorni di ricovero, in cui mi dissero: "Finalmente sapremo se il maschietto è sano o no". Quando il no significava una "malformazione incompatibile con la vita".
Tre anni da quel pomeriggio in cui delle mie paure, di queste paure, di queste possibilità nefaste, avevo parlato solo con mio marito e mia madre, perchè nessuno poteva farci nulla e, con il fatalismo che a volte mi contraddistingue, sapevo che dal parto avrei dovuto passare e dunque tanto valeva affrontarlo cercando di restare serena, per quanto consentito dalla situazione. E sia quel che sia.

Ho rischiato davvero e c'è stato un momento in cui ho creduto che non avrei aperto gli occhi, eppure alla fine me la sono cavata con poco e loro pure.
Tre anni da quella notte in cui siete nati, con un travaglio lampo, piccoli, per me all'epoca minuscoli ma perfettamente sani.

Tre anni dall'esperienza di avere un figlio in TIN,che non dimentichero' mai.
Tre anni da un ricovero pre e post parto pesante, in cui ho capito su cui potevo davvero contare.

TRE ANNI DIVERSI DA COME LI AVEVO IMMAGINATI, CERTO. MA DI SICURO MOLTO INTENSI !


Tre anni di voi, oggi gemelli monelli piu' uniti e simpatici che mai.



Con tutti i difetti e i pregi di ogni bambino di tre anni ma la forza di un legame speciale, tra voi e con il vostro fratellone.
Tre anni di caratteri tosti e radicalmente differenti, che vi rendono unici e speciali. Come i vostri sorrisi ed i vostri discorsi.

Anche voi avete patito, in questi ultimi mesi, ed ancora vi manca la vostra "vita normale" di nido, amate educatrici, giochi con gli amichetti che conoscete ormai da tempo e nonni.
Mi avete fatto pentire piu' di una volta di aver desiderato un secondo figlio, ma poi passava ed è solograzie a voi e a vostro fratello, solo grazie a voi tre, se ho continuato a sorridere in questi mesi, se siamo stati e siamo felici, se ridiamo, giochiamo e guardiamo al futuro.


Voi, in tutti i sogni miei da tre anni e...anche un po' negli incubi,

 a partire dal ricordo dei viaggi divisa tra di voi, uno in TIN a Torino, l'altra a casa in Valle d'Aosta, per passare alle difficoltà di far mangiare l'uno e saziare l'altra, alle 12 poppate al giorno, ai malanni, al badare da sola a voi con un ginocchio rotto, all'impossibile conciliazione tra figli e lavoro, all'operazione, al trasloco in una casa ancora in cantiere, praticamente da sola, con due gemelli prematuri di tre mesi, un sienne ed un marito all'estero.

Voi, che fate impazzire a momenti alterni, di amore e disperazione, sia noi che il vostro fratellone.

 

Eppure siamo qui, insieme, pronti a spegnere le candeline per voi.

Perchè tre anni non sono piu' "dui" e vi aspettano tante nuove meravigliose avventure, ogni giorno.

E a noi con voi !

🎂🎂🎂  💜💙💛

Buon compleanno Orsetto e Principessa !!!




mercoledì 20 febbraio 2019

ALLATTAMENTO, da mamma e da trismamma, con il primogenito e con i gemelli: ESPERIENZE DIVERSE


Le mie tre esperienze di allattamento dei miei figli sono state molto diverse tra loro, sia per questioni fisiche, sia per questioni di consapevolezza personale, sia per la differenza intercorrente tra nutrire un neonato e nutrire due in parallelo.

Durante l'attesa del primogenito ho diligentemente frequentato un corso pre parto, in cui si è affrontato anche il tema dell'allattamento.
Io da sempre, pur non provando alcun fastidio nel vedere le altre donne allattare, non mi riuscivo ad immaginarmi nei loro panni e la prospettiva mi suscitava disagio, mi faceva in qualche modo “senso”.
Per fortuna l'ostetrica del corso preparto non era rimasta affatto sorpresa quando, contrariamente alle altre future mamme, che sembravano entusiaste all'idea, avevo esternato la mia scarsa voglia di allattare, spiegandone le ragioni.
Mi aveva tranquillizzato, assicurandomi che la sensazione di stranezza sarebbe sparita quando avessi avuto in braccio mio figlio e, comunque, per fortuna esisteva l'alternativa del latte artificiale.
Ero percio' entrata in ospedale con l'idea di provarci e poi decidere.
Quando il ricciolino si è attaccato al seno non ho provato in effetti nessun senso di disgusto.
Tuttavia, come ho raccontato in questo post, l'eperienza è stata abbastanza fallimentare: poco latte e arrivato tardi, il ricciolino che perdeva peso e piangeva disperato giorno e notte, il dolore, le infermiere prima, l'assistente all'allattamento poi, che sembravano non capire e insistevano che fosse solo questione di mie scelte e “scarsa resistenza al dolore”, nessuna possibilità di scelta in un ospedale in cui il latte artificiale, i copricapezzoli in argento o silicone, le coppette assorbilatte, il tiralatte ecc. erano tutti argomenti vietati.
Alla fine ho allattato il mio primogenito in modo misto per tre mesi, con fatica e e sentendomi spesso inadeguata, pur con momenti di tranquillità, prima di passare al solo latte artificiale, ascoltando il sensato consiglio del mio ginecologo.
Nonostante lo strascico dei sensi di colpa, il latte artificiale è stata una svolta per la salute del ricciolino ed una liberazione per me.
Con i gemelli, paradossalmente è stato tutto più semplice.
Durante la gravidanza non ho ricevuto alcun consiglio o pressione esterna e, nell'ospedale dove ho partorito, piu' grande e specializzato anche in gravidanze gemellari e situazioni a rischio, nessuno si aspettava che allattassi in via esclusiva due neonati.
Cosa che, tra complicazioni durante il parto e ricovero in TIN delmaschietto, nell'immediatezza in effetti sarebbe stato impossibile.
I primi giorni, percio', pur provando ad attaccare la mia bimba al seno, chiedevo e ricevevo ad orari regolari il biberon, seguendo solo il mio istinto.
Ed il mio istinto mi diceva che mia figlia era troppo piccola per rischiare di aumentare il calo di peso fisiologico, io non avevo abbastanza lucidità e forza per allattarla a richiesta e, comunque, la preoccupazione per il maschietto e la necessità di dividermi tra i due era troppo forte per consentirmelo.
Dopo qualche giorno, pero', il team di medici della TIN mi spiego', con molto tatto, quanto fosse importante il latte materno, anche in piccole quantità, per i prematuri e come tirarmi il latte per il mio bambino, per quanto non “obbligatorio”, potesse aiutarmi a sentirmi meno impotente durante al suo ricovero e più vicina a lui.
Così, quando poco dopo una delle infermiere del reparto aveva insistito perché provassi il tiralatte almeno una volta, avevo deciso di provare, anche per ingannare il tempo nelle lunghe giornate in reparto e, arrivato il latte, attaccavo mia figlia per stimolare la produzione, salvo poi continuare anche con il biberon e usare il mio latte rimanente per il maschietto.
Lo scopo era dare quel che potevo ad entrambi ma senza far perdere alla bambina l'abitudine al biberon, cosi' da potermi far aiutare da mio marito e dai familiari e non collassare io!
Per il maschietto, l’allattamento misto è continuato per mesi ma con il biberon ed uno di latte materno sui suoi 7/8 pasti abituali: andava bene anche cosi', perchè sapevo che lui aveva bisogno di aumentare rapidamente di peso, mangiando regolarmente e io avevo necessità di riposare qualche ora, soprattutto di notte.
Con la femminuccia l’allattamento è diventato quasi esclusivo, ad un certo punto: saltavo solo una o due poppate notturne, per poter dormire e, se il mio latte non bastava a placare la sua fame, integravo.
La mia maggiore consapevolezza e tranquillità, la necessità di nutrire in parallelo due bimbi e di farli crescere regolarmente, l'esigenza di sopravvire a 16/14 pasti giornalieri e alla fatica dei primi mesi con i gemelli, hanno certamente fatto la differenza rispetto all’esperienza con il primogenito.
Non ho avuto particolari sensi di colpa, ragadi, mastiti o dolori, anzi è stato un piacere allattare mia figlia e, a parte un po' di malinconia nel salutare una fase della loro crescita, non ho avuto particolari remore neppure ad iniziare lo svezzamento a sei mesi.
Soprattutto, pero', le minori pressioni esterne e la scelta di non prestare ascolto a nessun sostenitore delle due opposte fazioni estreme “solo allattamento materno, a richiesta ed a oltranza” e “latte artificiale sempre, che geniale invenzione”, mi hanno consentito di trovare un compromesso ad hoc per la nostra situazione.

Mi rimane solo il rammarico di non essere stata compresa ed ascoltata proprio dalle figure professionali che avrebbero potuto farlo, perchè sono certa che se si fosse scoperto per quale motivo il ricciolino non riusciva a ciucciare efficacemente (sembra che avesse il frenulo linguare corto, oppure semplicemente era un mangione), forse avrei un ricordo piu' roseo anche di quell'aspetto dei nostri primi mesi insieme.

A posteriori, pero', posso assicurare che avevano ragione il mio ginecoloco e l'ostetrica del corso pre parto: non conta tanto quale latte dai ad un figlio, ma come glielo dai.

Infatti, anche quando davo il biberon, latte materno o artificiale che fosse, mi sono sempre goduta il contatto fisico e la vicinanza con i miei bimbi allo stesso modo che nell’allattamento, né i miei figli hanno mai dimostrato una minore serenità rispetto a quando li ho allattati al seno.
Inoltre, il latte artificiale ha consentito anche al papà, alla nonna ed al ricciolino che mi sostituivano o mi aiutavano nel dare il biberon, di creare un legame fortissimo con i piccoli che perdura tutt’ora.

E voi, che esperienze avete avuto con l'allattamento e/o il latte artificiale? 

giovedì 5 aprile 2018

Nove mesi. Con voi tre.

Nove mesi

Sono già passati più di nove mesi, dalla vostra nascita prematura.

Nove mesi. Quasi non ci credo. E non perché siano volati, no. 
Perché sono sopravvissuta e voi, voi siete cresciuti così tanto che, come tutte le mamme, me ne stupisco ogni giorno.

Sono stato nove mesi sempre, costantemente, impegnativi.
A giorni, difficili, anzi difficilissimi. 
Perché  ai vostri bisogni ed alla stanchezza cronica, si sono sommati altri problemi, incidenti ed imprevisti.

Comunque siamo ancora qui e so che, se non scriverò ora, nero su bianco, qualche parola per voi, finirà che il tempo cancellerà i ricordi e sbiadirà i sentimenti. 
Allora scrivo.



Tu, piccola principessa mia, sei un vulcano di energia.
Nonostante il divario di peso e altezza con tuo fratello non abbia mai superato, rispettivamente, i 500 gr ed il centimetro e mezzo, sembri più grande.
Le tue espressioni, le tue scoperte e i tuoi movimenti.. sei sempre stata un passo avanti.
In genere, tuo fratello arriva a fare quel che fai tu quindici giorni dopo.
Poi ci riesce benissimo, a volte anche meglio.
Tu, però, nel frattempo sei già passata ad altro, con la tua sete di conquiste, e quindi non te ne importa nulla.
Sei buffa è tenerissima, quando sorridi agli altri e poi nascondi il viso sul mio petto o quello del tuo papà.
Sei sempre allegra ma riservi a noi ed ai parenti stretti, oltre che alle tue maestre, sorrisi, balbettii e risate, mentre sei più seria, attenta e diffidente con estranei o conoscenti.
Tuo fratello maggiore riesce a farti ridere di gusto come nessun altro, semplicemente avvicinandosi a te e guardandoti.
Con lui, hai imparato a fare le pernacchie e vi divertite un mondo!
A lui, riservi sguardi di ammirazione sconfinata.
La tua maestra ti ha subito definita “fedele” negli affetti ed ha colto nel segno.
Quando arriva la sera, sei tutta “ma ma ma ma ma..” e ti attacchi a me o al papà, senza che si possa uscire dalla stanza senza di te che gattoni dietro e protesti appena mi allontano , gridando a gran voce e con tono imperioso: “me me me me me..”!
Mangi di gusto, tanto, e sei molto golosa…tutta tua madre! 
Vuoi assaggiare qualunque cibo transiti sulla nostra tavola e pure ciò che cibo non è.
Batti le manine sul vassoio del seggiolone e muovi sempre i piedini, continuando a ripetere “me me me..”, non appena il cucchiaio si dirige verso la bocca di tuo fratello, anziché verso la tua.
Non hai ancora neppure un dentino, eppure mastichi pane, biscotti e pezzetti di pasta a volontà e non ti basta mai.
Decisamente, la pazienza non è il tuo forte, però sei molto autonoma nel gioco e di una curiosità insaziabile.
Non c’e’ nulla che abbia in mano tuo fratello che tu non voglia strappargli via, ciuccio compreso, per poi accantonarlo appena lo hai conquistato.

Lui a volte sopporta e ti sorride pure, lasciandoti fare e prendendolo come un gioco. Altre volte scoppia a piangere o urlare, finché qualcuno non arriva a ristabilire i ruoli e ridargli il ciuccio. Talvolta, adesso, si ribella e tu lo guardi stupita dalla reazione.
Inutile specificare che sei bellissima, la più bella bambina del mondo, per noi.
Di solito sei accomodante, però si capisce già che sei hai deciso, non c’e’ verso di distrarti e farti cambiare idea.
Di giorno i tuoi sonnellini  sono pochi e brevi, però la notte te la fai quasi sempre di filata e, se perdi il ciuccio, o stai senza o te lo rimetti da sola, senza proteste.
Insomma, sei proprio una donnina!



Tu, mio piccolo orsetto, sembri Ciccio bello, un bambolotto pelato biondo e dagli occhi azzurro ghiaccio, ma per nulla freddi.
Il tuo, è un sorriso che conquista tutti, al primo colpo.
E tu sei furbo, lo usi come un’esca: sorridi e ti prendono in braccio. 
Se proprio non funziona, lanci strilli acuti e piangi con la faccina raggrinzita e il labbro inferiore in giù, perfetta rappresentazione della disperazione infantile.
E ti prendono in braccio.
Immediatamente le lacrime cessano e sorridi di nuovo, in modo dolcissimo.
Perché tu sei un coccolo. 
Aperto e socievole, stai in braccio a tutti, purché ti guardino, e adori essere circondato da gente.
In braccio puoi stare tranquillo per ore, soddisfatto e felice.
Solo in braccio però. Guai a metterti giù!!!
Non so se sia carattere o il retaggio della TIN, comunque sei un bambino ad altissimo contatto.
Non ti interessa essere circondato da giochi e assaggiare e toccare tutto, come fa invece tua sorella. 
Tu prendi in mano un oggetto e lo osservi e assaggi a lungo, concentratissimo.
Solo quando hai carpito tutti i suoi segreti, passi ad altro.
Raramente ti ribelli quando tua sorella, mossa dalla curiosità, ti sottrae giochi o ciuccio. Più spesso lo prendi come un gioco o piangi finché non veniamo a salvarti!
Sei tenace, tanto che quando hai deciso di metterti in piedi, ci hai provato per un giorno intero, fino a riuscirci. 
Idem per scavalcare il primo scalino o altre piccole conquiste.
In questo periodo sorridi facendo la linguetta a tutti!
Il latte, che pure hai sempre faticato a digerire, ti piace sempre tantissimo e vivresti di quello. O di yogurt. 
Il biberon lo afferri con due mani e te lo tieni saldamente in bocca, fino a che non lo hai finito e anche oltre. Guai a mostrartelo se non è il momento…grida assicurate finché non arriva alla tua bocca…e che sia bello pieno!

Tu, che hai già tre dentini, ami soprattutto latte e pappine…scommetto che, potesse accorgersene, tua sorella ti darebbe dello sciocchino per questo, lei che vorrebbe tutti cibi da masticare.
Dormi molto e spesso, ma da qualche mese, ormai, non per una notte intera che sia una, svegliandoti spesso con pianti e urla, finché non ti ridiamo il ciuccio e facciamo due carezze.
E niente, speriamo che sia solo una fase ormai quasi terminata!

Siete gemelli ma diversi, non solo caratterialmente.
Tu, principessa, hai i miei capelli castani e gli occhi verde-nocciola miei e di tuo fratello grande, con manine più magre e dita lunghe.
Tu, orsetto, gli occhi di tuo padre e i capelli biondi di tuo fratello grande, anche se per ora pochissimi, come era lui. Le manine robuste e forti.
Il visetto tondo tondo è uguale a quello che aveva tuo fratello, però il sorriso di quest’ultimo è quello di tua sorella.
Vendendovi tutti e tre, non c’e dubbio sul fatto che siate fratelli!

Entrambi gattonate bene e vi tirate in piedi, arrivando in ogni angolo della casa e sotto ogni tavolo.
Al punto che vostro padre, contrario a box e “recinti” di plastica, dopo un pomeriggio con voi, ha parzialmente capitolato ed è corso a comprare e montare un cancellato sulla scala!

Quanto a te, ricciolino, hai affrontato gli ultimi nove mesi con molto coraggio e tantissima pazienza.
Con i tuoi fratellini, a parte protestare, a ragione, quando ti strappano i capelli, non perdi mai la calma. 
Sei più bravo di me, che dopo mezz’ora di pianti doppi ininterrotti, la perdo spesso.
Con loro sei dolcissimo e disponibile e mi aiuti quando sono sola.
C’e’  qualche capriccio e atto di disobbedienza in più del solito, ma meno di quanto ci aspettassimo, visto i molteplici cambiamenti a cui hai dovuto far fronte.
Sei cresciuto e i tuoi ragionamenti, sempre molto giudiziosi ed intelligenti, a volte sembrano quelli di un adulto.
A meno che non ti si chieda di fare i compiti a casa, che proprio non digerisci.
Poi basta giocare o farti stare in compagnia di un amichetto e torni un bambino super esuberante, come è giusto che sia.
I tuoi riccioli biondi sono sempre folti e belli, l’allegria ed il sorriso non ti mancano, il fisico magrissimo e nervoso, non ti fermi mai ma ami ancora, per fortuna, le nostre coccole, le storie della buona notte e stare nel lettone a chiacchierare.
Continui a non bere latte, mai, e a colazione bevi acqua naturale, insieme a pane e Nutella o torta al cioccolato o biscotti tipo Pan di stelle.
Il mio giudizio è di parte, d’accordo, ma sono davvero certa che tu sia il miglior fratello maggiore che loro potessero desiderare!


martedì 6 marzo 2018

La TIN: un'esperienza indimenticabile


La TIN: una esperienza che lascia il segno.


I miei gemellini sono nati a 35 settimane + 3 giorni, a causa di un arresto di crescita del maschietto.
Sono dunque dei bimbi prematuri anche se, per fortuna, con una prematurita’ lieve poiché, avendo superato l’importante traguardo delle 35 settimane di gestazione (con la terapia cortisonica a 34 settimane, quando minacciavano di nascere),  e non avendo altre patologie, sono nati con piena autonomia respiratoria.
Non hanno dunque avuto bisogno di ossigeno e, pur essendo entrambi piccolini (2200 gr  la mia bimba,1670 gr. il mio bimbo), la femminuccia ha trascorso solo una notte (immediatamente dopo la sua nascita) in culla termica, mentre il maschietto ha trascorso due giorni in incubatrice, restando per in TIN qualche giorno.

Poter abbracciare un figlio subito dopo il parto sembra scontato, naturale. 
Così mi era sembrato con il ricciolino.
Con i gemellini, ho scoperto che,invece, è un dono immenso.
Li ho visti e salutati subito ma solo per un istante.

Quando mi sono risvegliata dall’anestesia ho dovuto rimanere immobile a letto e ho potuto tenere in braccio la mia bambina solo una decina di ore dopo.
Ore annebbiate e stanche ma anche lunghissime.
Il mio piccolino, invece, ho potuto rivederlo solo il giorno ancora successivo, in terapia intensiva neonatale, dopo aver guardato in lacrime due foto sul cellulare.
La prima volta che sono potuta andare da l'io ho solo pianto, non osando neppure aprire lo sportellino per toccarlo.
Quando, finalmente, mi hanno invitato a farlo e, dopo poche ore, a tenerlo in braccio e dargli il latte, un po’ con il biberon ed un po' con il sondino, è stata una emozione incredibile.
Ogni volta che accedevo al reparto, lo vedevo così piccolo e fragile (con il calo fisiologico dei primi giorni, più importante nei prematuri, era sceso a 1500 gr): stava a pancia in su nella sua culletta, in tutine taglia 00 comunque enormi per lui e avvolto dalle copertine come in un bozzolo, gli occhietti i primi giorni quasi sempre chiusi.
Mi sentivo impotente, incapace, impaurita.
La sua crescita, la sua cura, non dipendevano da me.
È stato il personale della terapia intensiva neonatale di Torino, la TINO, che mi ha fatto comprendere quanto la presenza mia e del papà fosse preziosa per lui, quanto lui avesse bisogno di noi e del mio latte, se e nella quantità in cui fossi riuscita a produrlo.

Il mio bimbo ha trascorso in TIN solo 13 giorni.


Nulla, rispetto ai mesi di ricovero che vi trascorrono i neonati gravemente prematuri o malati ed i loro genitori.
Nulla, rispetto all’arco di una vita o, anche solo, alla prima infanzia di un bambino.
Una eternità, nella percezione mia e del suo papà.
13 giorni, di cui sette trascorsi ricoverata due piani più sotto, con la piccolina ma lontano dal mio bimbo “grande”, gli altri lontana da lui, ad andare e venire per stare insieme almeno un paio d’ore, lasciando fratellone e sorellina a casa con la nonna.

Quei giorni di TIN hanno lasciato il segno, su di me come, ne sono certa, su tutti i genitori che hanno varcato le porte di un reparto di terapia intensiva neonatale, per una manciata di giorni come per lunghi mesi.

L’esperienza della TIN è difficile da spiegare, impossibile descrivere efficacemente le sensazioni e le emozioni, positive e negative, che si provano.
È come entrare in un’altra dimensione, dove paura, dolore, speranza e gioia, convivono e si alternano continuamente.

Il suono dei tanti monitor di controllo dei bimbi, gli schermi che mostrano i parametri vitali, i genitori dagli occhi stanchi eppure pieni di vita e di speranza che siedono accanto a culle ed incubatrici, o camminano per i corridoi.
Il silenzio e, contemporaneamente, il rumore continuo.
Le mamme che tirano il latte nelle apposite stanze, contrassegnando il botticino con il nome del loro bambino, gli incontri con i medici e gli specialisti, 
le foto nella saletta per i genitori..
Foto di creaturine piccolissime, così fragili eppure così forti e combattive, a fianco di quelle degli stessi bimbi, diventati “grandi” come i loro coetanei non prematuri. Foto accompagnate da biglietti di ringraziamento.
Quelle foto mi hanno rincuorato, come i sorrisi di incoraggiamento e gli sguardi di comprensione di tutte le mamme ed i papà incrociati in quei giorni in reparto e le parole misurate e competenti dello staff dei medici e delle infermiere.

Ho imparato molto da questa esperienza: l’aiuto prezioso di due chiacchiere o anche solo dello sguardo di una persona che ha vissuto una esperienza simile, la differenza quasi miracolosa che può fare un giorno in più nella pancia della mamma, l’importanza di poche gocce di latte o della capacità di 
suzione autonoma, la straordinaria spinta alla vita che la presenza della mamma o del papà rappresenta per un bambino, il conforto profondo del contatto pelle a pelle e della voce “di casa”.
Ho capito la forza ed il coraggio di genitori alle prese con problemi gravissimi o situazioni fragilissime, ben lontane dalla nostra, eppure capaci di sorridere ai loro bimbi e lottare con loro, trovando anche il tempo per incoraggiare altri genitori smarriti.

Prima, quando mi raccontavano di neonati prematuri, annuivo e cercavo di immaginare, ma non comprendevo davvero cosa provassero i loro genitori.
Ora so di non sapere cosa significhi avere un figlio nato troppo presto, prestissimo, trascorrere mesi in TIN, magari portarlo a casa attaccato all’ossigeno e poi alle visite di follow up.
Ho provato, però, cosa significa avere paura per il proprio figlio prima ancora che nasca, perché qualcosa non quadra, perché è troppo presto e le incognite sono tante.
So cosa significa entrare in TIN, sedersi accanto ad una incubatrice senza poter abbracciare il proprio figlio e attendere la notizia che ha assunto, in un modo o nell’altro 10 ml di latte o guadagnato 10 gr di peso, esultando per tali traguardi come se avessi vinto alla lotteria.
Seppure, fortunatamente, solo per pochi giorni.

Pochi giorni di vita sospesa.
Quando niente di quello che accade fuori dal reparto è importante.

So cosa significa vederlo imparare a che cucciare dal biberon, prendere peso e finalmente, un giorno, sentirsi annunciare che può tornare a casa.
Che è pronto.

Non lo dimenticherò mai, così come ricorderò con gratitudine il TINO ed il suo personale.

giovedì 1 febbraio 2018

L'importanza di "sentirsi a casa" e di gesti e parole gentili

L’importanza di “sentirsi  a casa”

Sono cresciuta in una cittadina di provincia e ormai da molti anni vivo in un paesino, ad una ventina di chilometri di distanza dalla mia cittadina di origine.
Nel tempo, soprattutto grazie alla nascita del ricciolino ed al suo percorso scolastico, mi sono creata una rete di conoscenze e amicizie in zona, pur mantenendo alcuni degli “amici di prima”.

Questo luogo ha i suoi difetti, così come ne aveva la mia cittadina di origine e come credo abbia ogni luogo al mondo, tuttavia mai come nell’ultimo anno appena trascorso, ho capito quanto sia stata fortunata a incontrare qui, sul mio cammino, persone meravigliose e generose come quelle che ci sono state vicino.
Mamme e  papà di amichetti e compagni di scuola del ricciolino, ma anche maestre, educatrici, amici, che nell’ultimo periodo di gravidanza e dopo il parto, ci hanno telefonato, mandato messaggi, sono venuti a trovarci, ci hanno portato regali, cibo, invitato a cena e dato aiuto concreto, anche facendo divertire il ricciolino o, più semplicemente, facendomi percepire il loro l'interessamento ed il loro calore.

Loro sono stati più efficaci di una medicina.

Il ricovero pre parto in ospedale è stato pesante e improvviso ma, in quel momento, ero talmente preoccupata per la salute dei piccoli e per i problemi logistici da affrontare, che non avevo neppure molta voglia di parlare. 
Il mio ricovero post parto ed il periodo di TIN del mio orsetto, per quanto breve, è stato devastante, fisicamente e psicologicamente. 
Avevo solo voglia di piangere e di sfogarmi, un po' per il fisiologico calo di ormoni, un po' per le fortissime emozioni che dovevo in qualche modo esternare ed elaborare, un po’ per la paura del piccolo in TIN, non ultimo per la nostalgia per il ricciolino, per la stanchezza già accumulata e che continuava ad aumentare, per le difficoltà di organizzazione ecc.
In ospedale, poi, non c’era alcun modo di avere un po’ di privacy e io non riuscivo a parlare o piangere dinnanzi a tutte quelle persone estranee che, o stavano lavorando, o erano a loro volta alle prese con le loro emozioni, positive e negative e certo non avevano voglia di ascoltare/ vedere le mie
Un giorno ho avuto occasione di parlare con la psicologa di supporto dei genitori dei piccoli in  TIN e le ho detto che dopo tre settimane in quello ospedale, in una città che non era la mia, con il caldo assurdo di quei giorni ed il ricciolino lontano, sentivo che sarei stata meglio e avrei ritrovato le forze solo tornando a casa.
Lei mi ha detto che non sarebbe stato così facile.

Perché non sapeva, non poteva sapere, quel che avrei trovato a casa.

Non è stato facile, certo. 
Non lo è ancora e ancora so di non aver “digerito” tutto quel che abbiamo affrontato nell’ultimo periodo (non parlo solo di eventi negativi, eh, anche le forti emozioni felici!) e la stanchezza non ci ha mai abbandonato e spesso sembra sopraffarmi.
Anche perché nuovi contrattempi e problemi di salute continuano a sorprenderci e sfiancarci.
Però.

Mi hanno dimessa di venerdì, primo pomeriggio. 
Era l’ultimo giorno di scuola materna del ricciolino e noi siamo arrivati a prenderlo, direttamente dall’ospedale, nell’ultima mezz'ora utile, con la sua sorellina (orsetto era ancora ricoverato in TIN).
La sera stessa, siamo stati a vedere il ricciolino e gli altri bimbi al concerto di percussioni organizzato dalla scuola.
Ero dimagrita, mal messa e stravolta, ma mi sono sentita a casa, euforica di essere con il ricciolino, di poter salutare le maestre al termine del bellissimo percorso scolastico e, soprattutto, ho sentito la forza dell’affetto sincero di tante persone non appartenenti alla cerchia familiare e da cui non mi aspettavo tanta attenzione.
E ho continuato a sentirlo nei giorni e nei mesi successivi.
Così come ho sentito forte e chiara la vicinanza di tante amiche virtuali conosciute tramite questo piccolo spazio in rete.

E niente, avevo ragione: mi sono sentita subito meglio e più forte.
Non so se è quando sarò in grado di ricambiare e se sono stata capace di far sentire la mia gratitudine agli amici ed ai conoscenti per ciò che hanno fatto per me, per noi.
Non so se il cerchio di affetto che ci ha circondati sia dipeso da luogo in cui viviamo, dal nostro stile di vita e da quello delle persone che frequentiamo, o da semplice fortuna o se sia sempre così.

Però so che non dimenticherò e non finirò mai di essere riconoscente per chi ci ha aiutato e per tutti quelli hanno avuto per noi gesti gentili e parole di incoraggiamento ed affetto.