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mercoledì 20 febbraio 2019

ALLATTAMENTO, da mamma e da trismamma, con il primogenito e con i gemelli: ESPERIENZE DIVERSE


Le mie tre esperienze di allattamento dei miei figli sono state molto diverse tra loro, sia per questioni fisiche, sia per questioni di consapevolezza personale, sia per la differenza intercorrente tra nutrire un neonato e nutrire due in parallelo.

Durante l'attesa del primogenito ho diligentemente frequentato un corso pre parto, in cui si è affrontato anche il tema dell'allattamento.
Io da sempre, pur non provando alcun fastidio nel vedere le altre donne allattare, non mi riuscivo ad immaginarmi nei loro panni e la prospettiva mi suscitava disagio, mi faceva in qualche modo “senso”.
Per fortuna l'ostetrica del corso preparto non era rimasta affatto sorpresa quando, contrariamente alle altre future mamme, che sembravano entusiaste all'idea, avevo esternato la mia scarsa voglia di allattare, spiegandone le ragioni.
Mi aveva tranquillizzato, assicurandomi che la sensazione di stranezza sarebbe sparita quando avessi avuto in braccio mio figlio e, comunque, per fortuna esisteva l'alternativa del latte artificiale.
Ero percio' entrata in ospedale con l'idea di provarci e poi decidere.
Quando il ricciolino si è attaccato al seno non ho provato in effetti nessun senso di disgusto.
Tuttavia, come ho raccontato in questo post, l'eperienza è stata abbastanza fallimentare: poco latte e arrivato tardi, il ricciolino che perdeva peso e piangeva disperato giorno e notte, il dolore, le infermiere prima, l'assistente all'allattamento poi, che sembravano non capire e insistevano che fosse solo questione di mie scelte e “scarsa resistenza al dolore”, nessuna possibilità di scelta in un ospedale in cui il latte artificiale, i copricapezzoli in argento o silicone, le coppette assorbilatte, il tiralatte ecc. erano tutti argomenti vietati.
Alla fine ho allattato il mio primogenito in modo misto per tre mesi, con fatica e e sentendomi spesso inadeguata, pur con momenti di tranquillità, prima di passare al solo latte artificiale, ascoltando il sensato consiglio del mio ginecologo.
Nonostante lo strascico dei sensi di colpa, il latte artificiale è stata una svolta per la salute del ricciolino ed una liberazione per me.
Con i gemelli, paradossalmente è stato tutto più semplice.
Durante la gravidanza non ho ricevuto alcun consiglio o pressione esterna e, nell'ospedale dove ho partorito, piu' grande e specializzato anche in gravidanze gemellari e situazioni a rischio, nessuno si aspettava che allattassi in via esclusiva due neonati.
Cosa che, tra complicazioni durante il parto e ricovero in TIN delmaschietto, nell'immediatezza in effetti sarebbe stato impossibile.
I primi giorni, percio', pur provando ad attaccare la mia bimba al seno, chiedevo e ricevevo ad orari regolari il biberon, seguendo solo il mio istinto.
Ed il mio istinto mi diceva che mia figlia era troppo piccola per rischiare di aumentare il calo di peso fisiologico, io non avevo abbastanza lucidità e forza per allattarla a richiesta e, comunque, la preoccupazione per il maschietto e la necessità di dividermi tra i due era troppo forte per consentirmelo.
Dopo qualche giorno, pero', il team di medici della TIN mi spiego', con molto tatto, quanto fosse importante il latte materno, anche in piccole quantità, per i prematuri e come tirarmi il latte per il mio bambino, per quanto non “obbligatorio”, potesse aiutarmi a sentirmi meno impotente durante al suo ricovero e più vicina a lui.
Così, quando poco dopo una delle infermiere del reparto aveva insistito perché provassi il tiralatte almeno una volta, avevo deciso di provare, anche per ingannare il tempo nelle lunghe giornate in reparto e, arrivato il latte, attaccavo mia figlia per stimolare la produzione, salvo poi continuare anche con il biberon e usare il mio latte rimanente per il maschietto.
Lo scopo era dare quel che potevo ad entrambi ma senza far perdere alla bambina l'abitudine al biberon, cosi' da potermi far aiutare da mio marito e dai familiari e non collassare io!
Per il maschietto, l’allattamento misto è continuato per mesi ma con il biberon ed uno di latte materno sui suoi 7/8 pasti abituali: andava bene anche cosi', perchè sapevo che lui aveva bisogno di aumentare rapidamente di peso, mangiando regolarmente e io avevo necessità di riposare qualche ora, soprattutto di notte.
Con la femminuccia l’allattamento è diventato quasi esclusivo, ad un certo punto: saltavo solo una o due poppate notturne, per poter dormire e, se il mio latte non bastava a placare la sua fame, integravo.
La mia maggiore consapevolezza e tranquillità, la necessità di nutrire in parallelo due bimbi e di farli crescere regolarmente, l'esigenza di sopravvire a 16/14 pasti giornalieri e alla fatica dei primi mesi con i gemelli, hanno certamente fatto la differenza rispetto all’esperienza con il primogenito.
Non ho avuto particolari sensi di colpa, ragadi, mastiti o dolori, anzi è stato un piacere allattare mia figlia e, a parte un po' di malinconia nel salutare una fase della loro crescita, non ho avuto particolari remore neppure ad iniziare lo svezzamento a sei mesi.
Soprattutto, pero', le minori pressioni esterne e la scelta di non prestare ascolto a nessun sostenitore delle due opposte fazioni estreme “solo allattamento materno, a richiesta ed a oltranza” e “latte artificiale sempre, che geniale invenzione”, mi hanno consentito di trovare un compromesso ad hoc per la nostra situazione.

Mi rimane solo il rammarico di non essere stata compresa ed ascoltata proprio dalle figure professionali che avrebbero potuto farlo, perchè sono certa che se si fosse scoperto per quale motivo il ricciolino non riusciva a ciucciare efficacemente (sembra che avesse il frenulo linguare corto, oppure semplicemente era un mangione), forse avrei un ricordo piu' roseo anche di quell'aspetto dei nostri primi mesi insieme.

A posteriori, pero', posso assicurare che avevano ragione il mio ginecoloco e l'ostetrica del corso pre parto: non conta tanto quale latte dai ad un figlio, ma come glielo dai.

Infatti, anche quando davo il biberon, latte materno o artificiale che fosse, mi sono sempre goduta il contatto fisico e la vicinanza con i miei bimbi allo stesso modo che nell’allattamento, né i miei figli hanno mai dimostrato una minore serenità rispetto a quando li ho allattati al seno.
Inoltre, il latte artificiale ha consentito anche al papà, alla nonna ed al ricciolino che mi sostituivano o mi aiutavano nel dare il biberon, di creare un legame fortissimo con i piccoli che perdura tutt’ora.

E voi, che esperienze avete avuto con l'allattamento e/o il latte artificiale? 

venerdì 18 ottobre 2013

Di mamma ce n'è più d'una, Loredana Lipperini

Loredana Lipperini, Di mamma ce n'è più d'una.



Questo libro non è interessante, e' molto interessante e consiglio vivamente di leggerlo, conservarlo e rileggerlo.
Perché?
Perché è un saggio ma si legge scorrevolmente.
Perché con sguardo lucido svela molto del nostro essere donne e mamme nella società di oggi.
Perché aiuta a mettere a fuoco i problemi, a capire chi siamo e perché siamo prese da alcune tendenze del momento.
Perché è frutto di ricerche accurate, mi sembra.
Perché ci sono statistiche, dati, esempi che fanno impressione ma non si possono ignorare.
Perché siamo donne e/o mamme.

C'è di tutto in questo libro e questo rende difficilissimo riassumerne il contenuto.
Gli spunti di riflessione abbondano e dopo tre settimane dalla fine continuo a ripensare, rimuginare e metabolizzare, anche "verità" un po' scomode.
L'autrice parla del ruolo materno, del sempre più raro binomio lavoro-maternità, degli equilibrismi quotidiani, della solitudine sociale e affettiva delle madri, dell'incertezza indotta dalla messa in discussione degli insegnamenti delle generazioni che ci hanno precedute e dal proliferare di manuali di medici, psicologi, tate e tuttologi (e mamme che si improvvisano tali), del fenomeno delle mamme blogger (si, quello di molte di noi) e delle sue distorsioni, del marketing sul blog con la chimera del guadagno, della mania del naturale (e qui condivido al 100%) e del suo costo sociale, economico e, soprattutto, del suo peso sulle spalle delle donne, del movimento del "non ho niente e sono felice" ma non è così, del mito dell'allattamento artificiale (di nuovo, condivido al 100%), della parità di genere che non esiste, della violenza sulle donne, di politica e femminismo e molto altro.
E lo fa in modo sempre coerente e critico ma senza giudici affrettati o superficiali, senza proporre
soluzioni semplicistiche, senza, forse, che emerga una tesi di fondo unitaria (un po' di frammentazione del discorso c'è ma si perdona facilmente), ma va bene così.
Sta a noi riflettere e tirare le fila.
Qualche estratto dei passi che ho trovato più significativi, liberamente scelto e accostato (non me ne voglia l'autrice, qualora passi di qui- magari!)

" L'occupazione femminile resta ben sotto il 50 %, nonostante tutti gli studi di settore dimostrino che esiste un legame fra impiego femminile e natalità.
Ovvero, meno si lavora, meno figli nascono. E ancora: meno le donne lavorano, più l'Italia si impoverisce, e infatti si impoverirà di molto, nelle settimane che seguono quel Capodanno.
Invece, quel che si comincia già allora a sussurrare dopo le promesse di lacrime e sangue e che sarebbe meglio che le donne facessero un passo indietro.
Del resto, le giovani lavoratrici che restano incinte continuano a essere licenziante, certo indirettamente, con contratti non rinnovati o mancanza dei medesimi. Ad alcuni i datori di lavoro chiedono la data delle ultime mestruazioni prima di assumerle. Normale....Infine,..., il numero delle donne uccise dagli ex compagni avrebbe subito un'accelerazione impressionante nel 2012.
..
Eppure, le donne continuano a far si che questo paese non cada a pezzi, senza ricevere in cambio nulla, se non la consueta assunzione fra i nimbi del mito: siamo brave, siamo pazienti, siamo eroiche, siamo dee, vogliamo tutto, il cielo e la cucina. O, forse, stiamo tornando a desiderare solo la seconda, lasciando il cielo a tempi migliori...."

"La fierezza delle proprie mani operose...e fin qui niente di male.
Bisognerebbe, ed è bene dirlo e ridirlo, che ogni donna e uomo potessero considerare i propri gesti e le proprie passioni non come aderenti a un modello, ma come scelta. Bisognerebbe che fossero...liberi dalle costrizioni e dalle fazioni.
Invece, soprattutto sul corpo del madri, le donne si spaccano, si dividono, si azzannano....anche contro le loro madri.
Dunque, la maternità e il nodo. Prima negata ( perché bisognava contrattarla con il datore di lavoro, con il compagno, con se stesse) ora trionfante e apparentemente esclusiva. Il pendolo oscilla ancora è i punti che tocca sembrano essere sempre e solo due: l'emancipata e la madre,...Due modelli: invece di dieci, cento, miliardi. la rappresentazione delle donne non riesce ad essere prismatica, e' sempre, e solo, a due facce.
Ma questa faccia, quella del modello materno di ritorno, e' molto più difficile da raccontare, ed è quasi impossibile da indicare come pericolosa.
...
Tutto questo, per inciso, ha un nome: Gender backlash. Significa che si torna indietro. perché si ha altro a cui pensare, perché son cose da femministe, perché non è urgente. Anzi, e semmai urgente e benefico che le donne si facciano carico in prima persona della decrescita, felice o infelice che sia, accudendo i figli e provvedendo alle conserve...
...
Anche la maternità e' un Palazzo D' Inverno: dove è splendido aggirarsi ma da dove non si può uscire. A meno di non abdicare, condividendo quel che ci è stato attribuito come esclusivo: perché potere e libertà si elidono e per secoli la maternità e stato l'unico potere concesso alle donne. Dovrebbe inquietare il fatto che oggi torni ad essere prospettato come il più importante, l'irrinunciabile, il naturale, il primario."

Aspetto di leggere cosa ne penserete voi, dopo averlo letto o se lo avete già fatto.
Questo post partecipa al Venerdì del Libro di Home Made mamma: www.homemademamma.com

venerdì 24 maggio 2013

Conciliazione lavoro - famiglia: un libro per fare il punto



Venerdì del libro e conciliazione: “O i figli o il lavoro” di Chiara Valentini (Serie Bianca Feltrinelli, 16 Euro).

Al centro di questo libro c’è la conciliazione lavoro – famiglia o meglio, l’aspirazione alla conciliazione e alla possibilità di scelta, temi mai abbastanza dibattuti e sempre ignorati dalla scena politica.
Aperta parentesi: non venite a dirmi che l’introduzione di un giorno (UNO!) di congedo di paternità obbligatorio e due giorni (DUE!) facoltativi, questi ultimi peraltro da scalarsi dal periodo di congedo della madre, sono un modo serio di affrontare la questione. Per me, sono una goccia nel mare e non cambiano nulla, nè la mentalità degli italiani nè la convenienza per i datori di lavoro nell’assumere uomini anzichè donne. Chiusa parentesi.

Il libro è una lucida analisi, completa di fonti, dati statistici e storie vere, della situazione lavorativa femminile in Italia.
L’impronta politica è spesso evidente ma il puntuale riferimento dell’autrice alle sue fonti ed a dati obiettivi, rende facile leggerlo con spirito critico (come credo si dovrebbe leggere qualunque libro, peraltro) ed apprezzarlo.

Non ci sono consigli o facili suggerimenti ma solo la descrizione di una realtà desolante e la totale assenza di strumenti di protezione delle donne che siano davvero efficaci, soprattutto in questo periodo in cui, con la complicità e spesso la scusa della crisi, è proprio il c.d. “sesso debole” a pagare il prezzo più alto, adeguandosi a qualunque condizione lavorativa pur di percepire un minimo di stipendio.
Intendiamoci: vi sono intere categorie di lavoratori che non hanno ferie pagate, non hanno mutua nè la possibilità di assentarsi per malattia o per maternità, che lavorano anche 10 ore al giorno, fine settimana compresi e, se non ci sono, nessuno li paga.
Ad esempio, i liberi professionisti e, soprattutto, i c.d. “praticanti” o “apprendisti” professionisti.
Un conto però è sapere che un certo cammino professionale avrà questi risvolti negativi e SCEGLIERE di intraprenderlo comunque, mettendo sul piatto della bilancia anche molte soddisfazioni, autonomia organizzativa ecc., un conto è ESSERE COSTRETTE a lavorare così per altri, senza aver nessun beneficio in cambio.

L’autrice non dimentica di riportare anche i casi di donne che hanno abusato dei loro diritti, così danneggiando l’intero sesso femminile (esistono anche questi casi ed è giusto parlarne e farsi degli esami di coscienza), oltre che frequenti paralleli con la legislazione di altri Sati europei.
Giustissimo, secondo me, quanto scritto alla pagina 72 e seguenti:
“Il latte della mamma non si scorda mai” era il titolo insolitamente sbarazzino scelto per un’inziativa ambiziosa: convincere le donne italiane, in particolare quelle del Mezzogiorno, che era un loro dovere allattare al seno i bambini. L’allattamento naturale come compito praticamente ineludibile della buona madre è un tormentone che attraversa da anni l’Europa, seppure con grandi differenza da paese a paese......Solleva qualche preoccupazione l’integralismo che accompagna questo ritorno. .Il precedente Ministero della Salute non solo aveva prescritto quasi come un dovere l’allattamento al seno nei primi sei mesi di vita del bambino, ma aveva anche diffuso il messaggio che l’allattamento dovrebbe continuare per due anni e oltre “secondo il desiderio della mamma e del bambino”, raccomandando di allattarlo a richiesta, senza seguire orari regolari.
Questo però significa propagandare una figura di madre a disposisione notte e giorno, addirittura per anni, in aspro contrasto con la realtà di oggi. E non è tutto. Come già segnalano alcuni psicologi infantili, che stanno aprendo un confronto con i pediatri, non è detto che l’allattamento ad oltranza assicuri al piccolo un equilibrio migliore.
La psicoterapeuta dell’età evolutiava Mercedes Lugones sostiene che l’allattamento è il primo esercizio per trasmettere a un neonato il senso del limite e delle regole, facendogli capire per esempio la differenza tra il giorno e la notte......” (leggete il resto, ne vale la pena, ve l’assicuro).
Il mio pensiero in merito, l’ho già espresso qui, proprio prendendo spunto da questo libro:

Alla fine della lettura, sono tanti gli interrogativi aperti: da dove e da chi dovrebbe partire il cambiamento? Dalla mente e dal cuore di uomini e imprenditori? Dalla politica? Dala discesa in piazza delle donne?
Se è così, tempo che tra 20 anni non sarà cambiato nulla, non in meglio, almeno.
Nella mia – limitata – esperienza (perchè si tratta di temi di cui si discute anche con amiche, colleghe e conoscenti, per fortuna) ho osservato che anche negli uomini più “moderni” dopo il matrimonio e la nascita di un figlio sembrano desiderare, ad un certo punto, una moglie e madre tutta casa, bambini e fornelli, da aiutare nella gestione quotidiana quel poco che basta per placarsi la coscienza e nulla più.
Con una enorme differenza rispetto al passato.
Che in qualche modo, questi uomini vorrebbero che, nel frattempo, la compagna di vita guadagnasse anche. D’altro canto, il doppio stipendio è ormai quasi sempre una necessità e le donne, giustamente, vorrebbero realizzarsi sia in casa che fuori, come gli uomini.
Il libro sembra confermarlo, ancora una volta dati alla mano, (pag. 124 – 125), oltre ad esprimere questa situazione con illuminante chiarezza.
Uin estratto: “Ma come immaginare che quel compgano così emozionato e amorevole, che ha assistito al parto senza un segno di cedimento e che fin dalle prime ore ha impugnato il telefonino per fissare ogni cambio d’espressione della nuova creatura, non sarà poi pronto a condividere fatiche e notti insonni? Secondo molte giovani mamme, questo succede solo nei primi giorni di vita, nel migliore dei casi nelle prime settimane, ma poi la vita riprende il suo corso.
Lui potrà anche rinunciare a qualche impegno di contorno, l’apertivo con gli amici o la partita di calcetto, ma non limiterà il “suo” lavoro, che spesso è determinante per mandare avanti la famiglia.
Lei, se non lo aveva già concordato, si attacca al telefono per chiedere ai “suoi” datori di lavoro almeno qualche mese di congedo parentale o per strappare un part time. Le è bastato poco per convincersi che l’impresa di gestire un neonato, per tradizione e per consuetudine, le spetta.”

Forse sembro un pò troppo pessimista ma i recenti fatti di cronaca, con quotidiani episodi di violenza di ogni tipo contro le donne, non mettono certo di buon umore anzi, stimolano la mia rabbia e la mia indignazione.
Nel libro, comunque, vi sono anche spunti per sperare in un futuro migliore: riferimenti ai cambiamenti positivi della legislazione e della società e, soprattutto, esempi di donne impegnate a favore di altre donne.
Eppure, rimane l’amaro in bocca.
Perchè leggerlo allora? Perchè ignorare i problemi e la realtà NON E’ un buon putno di partenza per iniziare a cambiarla.


Questo post partecipa all’iniziativa: “Il venerdì del libro” di Homemademamma, che trovate qui:



 

mercoledì 27 febbraio 2013

Allattamento: le conseguenze dell'estremismo

Da pochi giorni ho finito di leggere un interessantissimo saggio, che mi ha stimolato molte riflessioni.
Una di queste riguarda un tema in realtà toccato solo marginalemente, che però mi sta particolarmente a cuore: l’allattamento al seno.
Per tutta la gravidanza e ancora adesso, che il nano ha superato l’anno ed è a dir poco svezzato, mi sento chiedere continuamente: allatti? Ma neanche più la sera/la mattina? Lo hai allattato tu?
Alla mia risposta (no, no, solo per tre mesi e in modo misto), le reazioni sono due:
Ma come? Ma perchè? (Saranno fatti miei, o no??!!) Poverino!! (Ma come ti permetti??) con sguardo di disprezzo e/o estremo dispiacere, come se avessi appena detto che lo avevo abbandonato o che è affetto da una rara malattia.
Oppure: “Neanche io, ma è cresciuto bene lo stesso, eh, sai non ho potuto perchè...”, seguito da elenchi di ragioni, con atteggiamento solidale.
In pratica, sembra che chi abbia allattato si senta superiore e ti giudichi una pessima madre, chi non lo ha fatto, senta la necessità di scusarsi e giustificarti.
Ecco, i primi mesi ho vissuto tutto questo malissimo, anche se cercavo di non darlo a vedere, poi la malinconia post parto è passata e ora provo solo fastidio.
Ho smesso di sentirmi in colpa.

Credo che sia in atto un vero e proprio lavaggio del cervello delle neomamme e donne in gravidanza a favore dell’allattamento al seno.
E che sia un atteggimaneto “talebano” che ingenera ansie, timori, sensi di colpa, eccessive aspettative.
E che mi fa paura, come tutti gli estremismi.
Durante la gravidanza e dopo di essa, in tutti i consultori, studi di pediatri, poliambulatori, reparti ospedalieri o ASL legati in qualche modo alla maternità, ho trovato cartelloni e opusucoli propagandistici, una vera e propria pubblicità, PRO L.M.
Informavano che, in base a non meglio specificati “studi scientifici”, il L.M. vant una superiorità indiscussa, fa risparmiare (e su questo, non ci piove!), e persino che i bambini allattati al seno in modo esclusivo sono PIU’ INTELLIGENTI!
A parte il fatto che il solo pensare che si possa trasmettere l’intelligenza con il latte mi pare assurdo (e le madri poco intelligenti, allora? Cosa trasmetteranno?), vorrei proprio capire cosa possa esserci di scientifico in questi fantomatici studi: forse che hanno sottosposto al test del Q.I. un campione significativo di neonati? E dopo quanti anni, in che condizioni? E il campione era davvero significativo (per numero e selezione)? Ma soprattutto, come fanno a sapere che, se questi bambini non avessero assunto L.M. in via esclusiva il loro Q.I. sarebbe stato inferiore o viceversa?
Ho trovato cartelloni e linee guide del Ministero della Sanità che”suggeriscono” (facendo un vero e proprio terrorismo psicologico) di allattare al seno i bambini fino ai DUE ANNI, IN VIA ESCLUSIVA!
Ora.
Capisco che si voglia far comprendere l’importanza dell’alimento materno, anche al fine di ribaltare quella “moda” del L.A. che è stata in voga nella generazione delle nostre madri.
Non stento a credere che il L.M. sia perfettamente bilanciato e ideale per i primi mesi di vita del neonato (anche se ci sono studi, fatti analizzando il L.M., che dimostrano come possa essere inquinato da sostanze tossiche, ingerite dalla madre con il cibo e/o l’acqua).
Trovo assurdo, però, che si possa credere e sostenere che il L.M. renda più intelligenti!
Eppure: le donne vengono spinte da ostetriche, pediatri, infermieri, medici e amiche all’allattamento, al rooming in ecc. e colpevolizzate se manifestano segnali di disagio o dissentono.
Durante i monitoraggi, in ospedale, ho dovuto sorbirmi ore di ridicoli video sull’allattamento e così nei corridoi del reparto maternità, giorno e notte.
Video in cui si decantava la bellezza dell’allattamento, quanto fosse naturale, si suggeriva di allattare in pubblico, a richiesta, in via esclusiva, sino ai tre anni e oltre, e venivano mostrate "comodissime" posizioni possibili, persino quella a quattro zampe, giuro.
Ridicolo.
Vorrei sapere, al di fuori della donna del video, chi allatterebbe a 4 zampe un bambino di tre anni, neanche fosse la lupa con Romolo e Remo, in Italia; vorrei sapere dove gli hanno visti, gli autori del video, i bar/negozi/ristoranti con l’angolo allattamento, in Italia.
Ma soprattutto, vorrei che mi spiegassero per quante donne è davvero possibile conciliare l’allattamento naturale esclusivo con il lavoro, quante dispongono di un comodo frigo in ufficio per conservare il latte, quante riescono a “tirarsi” il latte in ufficio o prima di uscire (perchè si ha tanto tempo il mattino, vero?!), quante godono effettivamente dei permessi per l’allattamento e quanto di queste fortunate donne riescono a usarli davvero per dare il L.M. ai loro figli, FINO AI TRE ANNI o, comunque, ad allattare - andare a lavoro, tornare –allattare – tornare a lavoro.
Vorrei saperlo soprattutto perché il consiglio è, come se non bastasse, allattare “a richiesta”!
E ancora, se davvero fosse più che sufficiente il L.M. in via esclusiva fino ai due anni, perchè i bambini vengono svezzati dai 4/6 mesi? Vogliamo davvero credere che i pediatri prendano soldi dai produttori di alimenti per neonati? Perchè i bambini CHIEDONO anche altri cibi?
La nostra generazione e quella dei nostro genitori, cresciuti in numero significativo a L.A. è forse una generazione di idioti?
Sembra che ci sia una volontà sociale di riportare la donna al ruolo di madre e basta, in casa a sfornare figli ed allattare, a richiesta, come una serva.
Qual è il ruolo dei padri, in tutto questo?
D’accordo, ovvio che vale la pena tentare e non arrendersi alla prima difficoltà, che il L.M. è sicuramente meglio, se possibile, e che se la mamma è davvero felice di allattare e di continuare a farlo durante lo svezzamento, nulla deve impedirglielo.
Anzi.
Bisognerebbe atrezzare i luoghi pubblici e gli esercizi commerciali ad hoc.
Quel che non comprendo è l’estremismo, l’obbligo, l’imposizione.
Io non ho mai desiderato allattare, non mi sembrava naturale. Punto.
Ci ho provato comunque e con determinazione e perseveranza. Ha funzionato male e a singhiozzo.
Ho pensato che fosse colpa mia.
A distanza di mesi (mesi!) ho scoperto che il problema era fisico e del nano e che avrebbe potuto essere facilmente risolto!
Questo, dopo che pediatra, assistente all’allattamento, ostetriche e infermiere del nido avevano ripetutamente e insistentemente controllato l’attaccamento (di queste ultime, alcune con la delicatezza di ippopotami e una buona dose di maleducazione), avevano insistito mentre io ero ero stremata e sofferente, mi avevano accusato di lamentarmi per nulla ecc.
Ci ho provato. Risultato: lavoro, nulla, vita sociale, nulla, riposo, inesistente, pasti, disastrosi, bimbo che non prendeva peso, coliche e pianti disperati e quindi “aggiunte”.
Quando ho smesso, sono rinata, fisicamente e mentalmente, ed è lentamente passata anche la malinconia (a volte quasi vera e propria depressione), con esse le coliche ed i pianti.
Al nano è rimasta una fame atavica, in compenso!
Certo, non è comodo sterilizzare tettarelle e biberon, avere sempre dietro acqua bollita e bollente, non è economicamente vantaggioso, non è l’ideale ma non è neppure “il Male”.
Ho potuto ricominciare a lavorare con più serenità, dormire, mangiare, vivere.
Tra amiche e conoscenti neomamme ho scoperto, indagando, che TUTTE dopo un mese al massimo, hanno finito per dare degli orari alle poppate, pochissime hanno mantenuto il L.M. esclusivo per 4/6 mesi e quelle che lo hanno fatto, sono state spinte non solo e non tanto dal benessere del bimbo, ma dal piacere cher ne traevano (anche se la maggior parte dei padri non ne era affatto entusiasta, anzi).
Bellissimo per loro, bellissimo se si riesce a prezzo di sacrifici non eccessivi, ma non è così per tutti.
Anzi.
Perchè non si dice la verità, tutta la verità alle donne in gravidanza e alle neomamme?
Sembra, ad esempio, che tutti ignorino gli effetti sulla salute dell’occhio che può avere l’allattamento, nelle donne con disturbi visivi, tacciano sulla spossatezza fisica e mentale che l'allattamento a richiesta può procurare, sul fatto che i bimbi allattati al seno dormono meno di notte, sembra che nessuno voglia parlare delle difficoltà lavorative e sociali derivanti dal non potersi mai organizzare con gli orari e stare lontane dal bimbo, nascondano i problemi di coppia che possono derivarne ecc.
Lasciamo le donne libere di scegliere almeno questo, nella vita.
Rispettiamo e difendiamo non solo i bambini, ma anche le madri.
Perchè in fondo, non utilizzare gli appositi seggiolini, non vaccinare il proprio figlio, lasciare un bimbo solo in casa o nella vaschetta del bagnetto, anche solo per un minuto ecc. sono comportamenti che possono avere, purtroppo, conseguenze serie, se non tragiche, allattare o non allattare, invece, non ne ha nessuna conseguenza significativa, tanto meno scientificamente provata.
Essere madri felici e serene e non sentirsi in colpa (o almeno, non anche per questo) ha enormi conseguenze, per tutti.