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martedì 7 febbraio 2017

Il paradosso dei cartoni animati "educativi"

La recente influenza mia e del ricciolino ha elevato per qualche giorno il numero di cartoni anonimati "subiti" e "sorbiti", portandomi a prendere coscienza di un paradosso.

I moderni cartoni animati sembrano tutti pensati per "educare" o, meglio ancora, "insegnare", a differenza di quelli degli anni '80, almeno per quello che ricordo io.

Immagine tratta dal web

Prendiamo, ad esempio, alcuni tra quelli apprezzati dal ricciolino:

- i "Super wings", in cui in ogni puntata viene indicata una parola o una usanza caratteristica di un paese del mondo e la "missione" degli aerei dovrebbe portare i bambini a imparare qualche nozione di geografia, ovviamente scelta senza un criterio logico facilmente rinvenibile;

- "Blaze e le mega macchine", in cui ogni avventura è il pretesto per introdurre nozioni sparse di geometria (es. il concetto di angolo e ampiezza dell'angolo), fisica (es. le leve), matematica (es. il concetto di maggiore o minore) ecc., in modo peraltro del tutto estemporaneo e, anche in questo caso, senza un filo logico che leghi le diverse puntate. In più, si cerca di insegnare vocaboli tecnici relativi al motore, ai diversi tipi di veicoli a motore e non ecc., operando trasformazioni alle macchine con la sola forza della "ripetizione del vocabolo giusto";

- "Dora l'esploratrice" , che personalmente non sopporto per quella sua vena di esagerato buonismo e le continue canzoncine senza capo nè coda. Il cartone vorrebbe insegnare l'inglese con l'unico metodo che sconsigliano tutti i manuali dedicati al bilinguismo che ho letto e tutte le insegnanti di lingue straniere che conosco: mischiando qualche vocabolo in lingua straniera e in frasi costruite e pronunciate in italiano, oppure inserendo frasette in inglese in un discorso in italiano. Anche in questo caso, senza che sia facilmente comprensibile quale sia il criterio logico seguito per scegliere il vocabolo o la frase della puntata;

- "La casa di Topolino" insegna a contare, a riconoscere concetti matematici, numeri e lettere e a cercare soluzioni alternative ai problemi, grazie ai fantastici "strumentopoli" di cui miracolosamente dispone Topolino ad ogni puntata;

- "Curioso come George" affronta temi quali l'ecologia (raccolta differenziata, difesa degli habitat degli animali selvatici, difesa dell'ambiente, gli orti sul tetto), la metereologia, l'astronomia ecc. partendo dai "pasticci" della scimmietta George che, da detto, cerca sempre di porvi rimedio e apprendere, aiutata da un illuminato "uomo dal cappello giallo" che non perde occasione per portarla a scoprire da vicino fenomeni fisici, naturali e scientifici.

In aggiunta, ci sono tutti quei cartoni che cercano di spiegare ai bambini alcune regole di vita civile e trasmettere valori come la forza dell'amicizia, l'importanza della solidarietà, della pace, dell'aiuto reciproco e della collaborazione, come "Gli orsetti del cuore", "La dottoressa Peluche", lo stesso "Curioso come George", i "Paw Patrols" ecc.

Ora.
Sia chiaro che non ho nulla da eccepire sulle intenzioni degli inventori/sceneggiatori di tutti questi cartoni animati, sicuramente nobili e condivisibili.

Ciò che mi disturba è:
- il metodo, che manca del tutto o io non comprendo e che, secondo me, andrebbe rivisto da pedagogisti o insegnanti competenti.
Ditemi voi che senso ha cercare di spiegare il concetto di ampiezza dell'angolo in una puntata e poi alla puntata successiva tornare a parlare di come riconoscere un numero, oppure indicare sul mappamondo il Congo senza mai aver mostrato ai bambini neppure dov'è l'Italia;

- la pretesa di rendere il cartone "interattivo" (comune ad alcuni), ponendo domande ai telespettatori e poi complimentandosi dopo qualche secondo per una risposta che potrebbe non essere stata data o esserlo stato in modo sbagliato e che comunque non è stata percepita, oppure incitando i bambini a ballare o ripetere vocaboli più e più volte a voce alta, sempre poi complimentandosi per "aver aiutato" il protagonista.
Mio figlio ora ha cinque anni ma ha capito da un pezzo che il teleschermo non registra le sue risposte e mi ripete ogni volta quanto gli  sembrino sciocche e inutili tali domande. E ai "ringraziamenti" del protagonista risponde con un sonoro: "Uffi, hai fatto tutto da solo, non lo capisci ?!"

- il lessico fantasioso, che contrasta con i termini tecnici ed i vocaboli in lingua straniera che si vorrebbero insegnare.
Solo per dirne una, perchè la dottoressa Peluche non  può segnare i sintomi sul grande libro delle "malattie" anzichè della "bua" e dare alle malattie stesse dei termini corretti o, quanto meno, usare espressioni realmente esistenti? Cambierebbe il senso dei cartoni? O forse gli ideatori sono convinti che i bambini si esprimano tutti così? E voi, davvero volete un figlio che parla di "bua" e "sgonfitosi"? Per sdrammatizzare le pratiche mediche ed avvicinare i bambini alla medicina, è proprio necessario arrivare a questo punto? Non basta usare delle perifrasi?
Davvero desideriamo bambini che sappiano come funziona un motore ad elica ma chiamino "bue" le malattie?

- in ultimo, ma primo per importanza, l'assoluta ignoranza della consecutio temporum e delle regole grammaticali basilari della lingua italiana.
I congiuntivi sono perfetti sconosciuti, le espressioni con "a me mi" si sprecano, i condizionali sembrano non essere mai pervenuti e così via.
Basterebbe aggiungere quella esagerata cadenza romana e le frasi smozzicate alla Totti per ottenere una replica su scala animata dei programmi di intrattenimento televisivo che instupidiscono gli italiani (o forse li rispecchiano, ma cerco di essere ottimista).

Una delle poche eccezioni mi pare proprio "Curioso come George" (però il ricciolino lo guarda mentre io lavo i piatti, dunque potrei essere semplicemnete stata troppo distratta io).
Sono arrivata al punto di rimpiangere "Masha e l'orso" e "Peppa Pig" (magari incorrono negli stessi errori ma non me ne ero accorta perchè all'epoca in cui andavano per la maggiore in casa nostra non ascoltavo con attenzione?).

Fatemi capire: anche i cartoni animati sono diventati un pretesto per "stimolare" l'apprendimento nei bambini della matematica, della logica e delle lingue straniere e poi si "cade" nell'imbarbarimento della lingua italiana?

Un paradosso che non mi piace per nulla.

Ditemi che non sono la sola, per favore!





giovedì 11 giugno 2015

Bilinguismo, errori grammaticali, giochi di parole...l'italiano a tre anni e mezzo!!


Il significato delle parole.
Ieri, in auto, guardando l'auto davanti a noi.
Il ricciolino biondo: "Mamma, ma quella macchina è elettrica !"
Io: "Elettrica ? E perchè"
Il ricciolino: "perchè va da sola, non la guida nessuno, come il cancello!!!" (quello elettrico, appunto, di casa della nonna).

A cena, a tavola.
Il papà al ricciolino biondo: "Vuoi del pane ? E' fresco!"
Il ricciolino: "Ma del frigo ?? Io non ho caldo!"

Libere traduzioni ed incidenti sul percorso del bilinguismo.
Vado a prenderlo a scuola. Tira fuori dall'armadietto un disegno quadrato pieno di linee colorate.
Io: "Bello! Che cos'è?"
Il ricciolino: " La mia nappa del tesoro!"

"Nappe" (la e finale non si legge) = tovaglia in francese.

Ieri sera, vado in camera e lo vedo giocare.
Ha un carro attrezzi giocattolo, al cui "uncino" si è fatto legare un cappio di corda.
Attacca all'uncino un pupazzo per volta, lo tira fino ad un mucchio e lo sgancia.
Io: "A cosa giochi?"
Il ricciolino: "Sono il carro attrezzi che porta le macchina a rugginire in tanti pezzettini!"

Verbi, difficilissimi verbi
Il ricciolino a me ed all'Alpmarito: "Oggi il capo sono io. Voi facete i bravi!"
E ancora, l'immancabile: "Ho aprito io!"

lunedì 16 marzo 2015

Parola di bimbo.



Lui: "Mamma, giochiamo al dottore?"
Io: " Si' nano."
Lui: "La bambola e' malata, ha la febbre."
Io: "Misuragliela, allora." 
Lui: "Si' mamma. Dammi il metro!!!"


In negozio, provo un vestito.
Esco dal camerino e chiedo a marito e figlio: "Come sto?"
Il nano: "Sei bella mamma, adesso sembri una donna!"
Risate di tutti gli altri clienti: inutile specificare che era tempo di saldi ed era pienissimo!

Pomeriggio, ai giardinetti, io ed il nano passeggiamo.
Una signora anziana ci passa accanto.
Il nano saluta con il suo solito "Ciao" allegro, io sorrido.
La signora si ferma ed esclama: "Che bella bambina!"
Il nano protesta: "Sono un maschio."
La signora continua: "Che bei riccioli biondi! Proprio una bella bimba!"
Il nano si gira, mi guarda e sentenzia: "Mamma, andiamo. Questa signora e' vecchia."
E parte trotterellando.

Forse è ora ch gli tagli un po' i capelli.

Domenica, in auto: "Mamma, papà, cos'è un pensiero?"

..... e adesso, cosa rispondiamo?!?

martedì 27 maggio 2014

Senso del pudore e domande difficili

Dopo un lunedì ed una notte di pioggia, dopo una mattinata grigia con il vento forte (ovviamente freddo) e qualche goccia ancora, mentre vado a prendere il nano al nido, inaspettamente, spunta un sole caldo.

Quando saliamo in auto, lasciata parcheggiata all'aperto, ho quindi caldo e mi tolgo la maglia di cotone spesso ch avevo indossato (patendo comunque il freddo) questa mattina.
Rimango in canotta, di quelle semplici stile Intimissimi, grigia, sportiva.

Il nano: "Mamma! Ma sei nuda!!"
Io: "No nano, sono in canottiera, mica nuda".
Il nano: "No mamma non si può andare in giro in canottiera, sembri nuda!"
Io: "Quando fa caldo caldo si può, amore."
Il nano: "In ufficio no, però. La metti dopo, per andare in ufficio?"
Io: "Sì tesoro, stai tranquillo".

In auto, passiamo di fianco ad un cantiere stradale e due cantieri edili: uomini che lavorano a torso nudo.
Il nano: "Mamma guarda, sono nudi!!"
Io: "sì, perchè fa caldo."
Il nano: "Ma neanche la canottiera?"
Io: "Amore, gli uomini che non lavorano in ufficio possono stare anche a torso nudo, quando fa caldo."
Il nano: "In ufficio no?"
Io: "No, non sta tanto bene."
Il nano: "E le mamme, possono stare nude fuori?"
Io: "No, in canottiera sì, nude no, magari al mare".

Silenzio assorto.

Stessa scena appena arrivati in casa di mia madre (nano: "Mamma, la metti la maglia adesso che vai in ufficio!", io: "Sì nano, adesso la metto"; nano: "Nudi non si può").
La nonna, al nano:  "Ma da dove arrivi tu, dal Marocco?"
Il nano: "No, nonna, dall'asilo!"

Asilo valdostano, senza dubbio.

Che faccio, la prossima volta gli parlo del topless e delle convenzioni sociali??!!