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venerdì 9 maggio 2014

L'amore e' un difetto meraviglioso

Ho preso in prestito "L'amore e' un difetto meraviglioso" di Graeme Simsion perché attratta dal clamore "mediatico" che aveva creato, dalla copertina e dal titolo, entrambi accattivanti.
E poi avevo voglia di una storia d'amore leggera.
Le mie aspettative erano quindi elevate, seppur commisurate al genere di romanzo.
Ebbene.
Mi ha lasciato senza parole. Non perché mi abbia deluso, non perché mi abbia particolarmente colpito, in positivo o in negativo, ma perché narrante una storia senza dubbio originale.
Un professore di genetica,con evidenti problemi relazionali ma certamente geniale, programma a tavolino la ricerca di una moglie, perché "e' giunta l'ora", imbattendosi, però, in una sopresa: una barista/studentessa che non ha nessuno dei requisiti (ma lui questo non lo sa) e che gli farà comprendere, a poco a poco, che l'amore e', appunto un meraviglioso difetto. Lieto fine assicurato.
All'inizio il protagonista ed il suo modo di raccontare la propria vita (il romanzo e' in prima persona) mi hanno irritato (perché il romanticismo e ' tutta un'altra cosa e le donne sono considerate come oggetti tra cui scegliere, con scientifica freddezza) ma mi hanno anche sorpresa. Così ho proseguito.
L'irritazione non se ne è andata ma la storia mi ha preso e ho finito per leggerla con piacere e apprezzando il punto di vista insolito della narrazione.
Mi è piaciuto molto anche l'approccio ai problemi comportamentali che emerge dal libro, l'idea che diverso non significhi "malato o sbagliato" ma spesso geniale e che a volte, cambiando punto di vista, cambia anche la percezione della "fortuna/sfortuna", perché un apparente deficit può dimostrarsi una risorsa, se valorizzato.
E poi la valorizzazione di una capacità spesso sottovalutata o data per scontata ed invece essenziale per una umanità che sia veramente tale: l'empatia.
Insomma, consigliato e da leggere, anche come "libro per l'estate", seppur non eccezionale ed imperdibile come le classifiche di vendita mi avevano fatto immaginare.
Con questo post partecipo, come ogni venerdì, all'iniziativa dedicata ai libri di Home Made Mamma ( Venerdi' del libro: Quattro etti d'amore, grazie )

giovedì 18 luglio 2013

UTOPIA

Utopia e' una coppia che si ama ancora dopo 40 anni.
Utopia e' un lavoro che si trova, e non a 1000 km di distanza.

Utopia e' una famiglia che può riunirsi tutte le sere a tavola, per ritrovarsi tutte le mattine attorno alla stessa tavola per iniziare la giornata insieme.

Utopia e' uno Stato in cui non servono un milione di carte e permessi e autorizzazioni per fare qualunque cosa.

Utopia e' un Paese in cui puoi dipingere la tua casa del colore che vuoi.

Utopia e' un ambiente in cui non respiri veleni senza neanche saperlo.

Utopia e' trovare tempo per gli amici e amici che abbiano tempo per te.

Utopia e' un sorriso da tutti e per tutti.

Utopia e' empatia.
Utopia e' un vestito che ti calza a pennello e nel tuo colore preferito, senza mai essere fuori luogo.

Utopia e' essere giudicati per i propri meriti e le proprie competenze, non per il proprio aspetto o l'apparenza di successo.

Utopia e' una città in cui non esistono omicidi e donne e bambini non sono vittime di assurde gelosie e ripicche di chi chiama amore un'ossessione.

Utopia e' un mondo in cui rettitudine, sincerità, giustizia, coerenza, impegno, non sono solo slogan o parole ma valori condivisi e coltivati.

Utopia e' un mondo senza il cancro a portarti via le persone che ami.

Utopia e' capirsi, parlarsi e comprendersi, pur continuando ad essere diversi e se stessi.

Utopia e' un cielo senza luci che oscurino le stelle.

Utopia e' una montagna scalata con rispetto.

Utopia e' acqua pura e cristallina, che basta per tutti.

Utopia e' il tuo sport preferito, ogni giorno.


U - non, topos - luogo: utopia purtroppo e' un luogo che non c'è o forse,
un non luogo.

Spesso il termine utopia e' la maniera più comoda per liquidare quello che non si ha voglia, capacità o coraggio di fare....un sogno sembra un sogno fino a quando non si comincia da qualche parte, solo allora diventa un proposito, cioè qualcosa di infinitamente più grande.
Adriano Olivetti
Utopia e' il coraggio di crederci.

E poi c'è il sorriso dolce e furbetto del mio bambino.
E questa, per fortuna, e' realtà.

giovedì 20 giugno 2013

Lo scrivo o non lo scrivo? Lo scrivo.

Ho riflettuto a lungo se scrivere o no questo post.
Perchè non so neanche io cosa scrivere e come esprimermi.
Eppure mi ronzano in testa tante parole, tanta voglia di gridare la mia indignazione, almeno qui.
Altrimenti rischio di continuare a rifletterci per mesi, alla ricerca di spiegazioni che forse, semplicemente, non ci sono, perchè a volte è veramente difficile comprendere le motivazioni altrui, mettersi nei panni degli altri.

Qualche giorno fa io, l'Alpmarito, il nano e la nonna bis eravamo in auto, stavamo uscendo da un centro commerciale dove avevamo fatto un acquisto al volo per il nano, eravamo in ritardo per un matrimonio a cui non potevamo mancare, il nano era noioso e l'orologio correva veloce.
Ci immettiamo nella rotonda appena fuori dal centro commerciale, pieno, essendo di sabato pomeriggio alle quattro e posto in un paese, non nella perifieria di una grande città o in un'area industriale.
A lato della roptonda scorgiamo un signore con un tutore alla gamba mal seduto su un muretto, un ragazzino con la bicicletta a terra che lo sorregge, una sedia a rotelle rovesciata sul marciapiede davanti a loro.
Io e l'Alpmarito diciamo quasi in simultanea: "Ci fermiamo? Siamo in ritardo ma ...sembra che abbia bisogno e non c'è nessuno fermo. Sì, ci fermiamo".
Quattro frecce e scendiamo al volo.
Chiediamo al signore se è capitato qualcosa e se hanno bisogno di aiuto.
Lui risponde semplicemente: "Sì grazie".
Io vado a spostare la macchina appena oltre, dove non intralci, avviso la nonna bis che arriviamo subito e torno.
Il signore ci spiega che il ragazzino è suo figlio, lo ha chiamato per farsi aiutare perchè la moglie, che ha la macchina atrezzata per trasportare la carrozzella, non è raggiungibile, che è lì da un bel pò, che nessuno si è fermato, che il figlio non riesce da solo a sollevarlo e comunque la carrozzella si è rotta.
Stava procedendo a lato strada (perchè ovviamente i marciapiedi non hanno rampe per salire e scendere, ovviamente, eh?), quando un'auto ha stretto la curva e ha fatto per investirlo (o così gli è sembrato), quindi si è lanciato con la carrozzella sul gradino per salire su marciapiede, la sedia si è rovesciata e lui è caduto, per fortuna sopra.
Il figlio è riuscito a metterlo sul muretto ma non di più.
La macchina, ovviamente, non si è fermata (se anche si ne è accorta).
L'Alpmarito, che di meccanica se ne intende, per fortuna, aggiusta la ruota al volo e riusciamo a rimettere in sesto sedia e signore. Salutiamo lui ed il figlio, ci scusiamo per l'inciviltà altrui e ripartiamo.
Ovviamente siamo arrivati in ritardo e trafelati ma praticamente in contemporanea alla sposa...andata!

Da allora, però, non posso fare a meno di domandarmi: perchè nessuno si è fermato, nè quando il signore era solo a terra nè quando c'era il figlio (un ragazzino) che cercava invano di aiutarlo.
E se non avesse avuto un cellulare con sè, per chiamare almeno il figlio o i soccorsi? Quanto sarebbe rimasto lì, da solo?
Perchè nessuno ha chiesto se avevano bisogno di aiuto?
Perchè le nostre strade sono inadatte a carrozzine, passeggini, biciclette e sedie a rotelle?
Perchè questa indifferenza, menefreghismo e inciviltà anche qui, vicino a casa, in una cittadina in cui è alquanto improbabile che si tratti di truffe o trucchetti, in un luogo molto transitato?
Perchè?
E se tutti quelli che hanno visto e sono andati oltre, chiaramente sani e autonomi, un giorno si trovassero nella stessa situazione? Come si fa a non pensarci e a non agire di conseguenza?


mercoledì 27 febbraio 2013

Allattamento: le conseguenze dell'estremismo

Da pochi giorni ho finito di leggere un interessantissimo saggio, che mi ha stimolato molte riflessioni.
Una di queste riguarda un tema in realtà toccato solo marginalemente, che però mi sta particolarmente a cuore: l’allattamento al seno.
Per tutta la gravidanza e ancora adesso, che il nano ha superato l’anno ed è a dir poco svezzato, mi sento chiedere continuamente: allatti? Ma neanche più la sera/la mattina? Lo hai allattato tu?
Alla mia risposta (no, no, solo per tre mesi e in modo misto), le reazioni sono due:
Ma come? Ma perchè? (Saranno fatti miei, o no??!!) Poverino!! (Ma come ti permetti??) con sguardo di disprezzo e/o estremo dispiacere, come se avessi appena detto che lo avevo abbandonato o che è affetto da una rara malattia.
Oppure: “Neanche io, ma è cresciuto bene lo stesso, eh, sai non ho potuto perchè...”, seguito da elenchi di ragioni, con atteggiamento solidale.
In pratica, sembra che chi abbia allattato si senta superiore e ti giudichi una pessima madre, chi non lo ha fatto, senta la necessità di scusarsi e giustificarti.
Ecco, i primi mesi ho vissuto tutto questo malissimo, anche se cercavo di non darlo a vedere, poi la malinconia post parto è passata e ora provo solo fastidio.
Ho smesso di sentirmi in colpa.

Credo che sia in atto un vero e proprio lavaggio del cervello delle neomamme e donne in gravidanza a favore dell’allattamento al seno.
E che sia un atteggimaneto “talebano” che ingenera ansie, timori, sensi di colpa, eccessive aspettative.
E che mi fa paura, come tutti gli estremismi.
Durante la gravidanza e dopo di essa, in tutti i consultori, studi di pediatri, poliambulatori, reparti ospedalieri o ASL legati in qualche modo alla maternità, ho trovato cartelloni e opusucoli propagandistici, una vera e propria pubblicità, PRO L.M.
Informavano che, in base a non meglio specificati “studi scientifici”, il L.M. vant una superiorità indiscussa, fa risparmiare (e su questo, non ci piove!), e persino che i bambini allattati al seno in modo esclusivo sono PIU’ INTELLIGENTI!
A parte il fatto che il solo pensare che si possa trasmettere l’intelligenza con il latte mi pare assurdo (e le madri poco intelligenti, allora? Cosa trasmetteranno?), vorrei proprio capire cosa possa esserci di scientifico in questi fantomatici studi: forse che hanno sottosposto al test del Q.I. un campione significativo di neonati? E dopo quanti anni, in che condizioni? E il campione era davvero significativo (per numero e selezione)? Ma soprattutto, come fanno a sapere che, se questi bambini non avessero assunto L.M. in via esclusiva il loro Q.I. sarebbe stato inferiore o viceversa?
Ho trovato cartelloni e linee guide del Ministero della Sanità che”suggeriscono” (facendo un vero e proprio terrorismo psicologico) di allattare al seno i bambini fino ai DUE ANNI, IN VIA ESCLUSIVA!
Ora.
Capisco che si voglia far comprendere l’importanza dell’alimento materno, anche al fine di ribaltare quella “moda” del L.A. che è stata in voga nella generazione delle nostre madri.
Non stento a credere che il L.M. sia perfettamente bilanciato e ideale per i primi mesi di vita del neonato (anche se ci sono studi, fatti analizzando il L.M., che dimostrano come possa essere inquinato da sostanze tossiche, ingerite dalla madre con il cibo e/o l’acqua).
Trovo assurdo, però, che si possa credere e sostenere che il L.M. renda più intelligenti!
Eppure: le donne vengono spinte da ostetriche, pediatri, infermieri, medici e amiche all’allattamento, al rooming in ecc. e colpevolizzate se manifestano segnali di disagio o dissentono.
Durante i monitoraggi, in ospedale, ho dovuto sorbirmi ore di ridicoli video sull’allattamento e così nei corridoi del reparto maternità, giorno e notte.
Video in cui si decantava la bellezza dell’allattamento, quanto fosse naturale, si suggeriva di allattare in pubblico, a richiesta, in via esclusiva, sino ai tre anni e oltre, e venivano mostrate "comodissime" posizioni possibili, persino quella a quattro zampe, giuro.
Ridicolo.
Vorrei sapere, al di fuori della donna del video, chi allatterebbe a 4 zampe un bambino di tre anni, neanche fosse la lupa con Romolo e Remo, in Italia; vorrei sapere dove gli hanno visti, gli autori del video, i bar/negozi/ristoranti con l’angolo allattamento, in Italia.
Ma soprattutto, vorrei che mi spiegassero per quante donne è davvero possibile conciliare l’allattamento naturale esclusivo con il lavoro, quante dispongono di un comodo frigo in ufficio per conservare il latte, quante riescono a “tirarsi” il latte in ufficio o prima di uscire (perchè si ha tanto tempo il mattino, vero?!), quante godono effettivamente dei permessi per l’allattamento e quanto di queste fortunate donne riescono a usarli davvero per dare il L.M. ai loro figli, FINO AI TRE ANNI o, comunque, ad allattare - andare a lavoro, tornare –allattare – tornare a lavoro.
Vorrei saperlo soprattutto perché il consiglio è, come se non bastasse, allattare “a richiesta”!
E ancora, se davvero fosse più che sufficiente il L.M. in via esclusiva fino ai due anni, perchè i bambini vengono svezzati dai 4/6 mesi? Vogliamo davvero credere che i pediatri prendano soldi dai produttori di alimenti per neonati? Perchè i bambini CHIEDONO anche altri cibi?
La nostra generazione e quella dei nostro genitori, cresciuti in numero significativo a L.A. è forse una generazione di idioti?
Sembra che ci sia una volontà sociale di riportare la donna al ruolo di madre e basta, in casa a sfornare figli ed allattare, a richiesta, come una serva.
Qual è il ruolo dei padri, in tutto questo?
D’accordo, ovvio che vale la pena tentare e non arrendersi alla prima difficoltà, che il L.M. è sicuramente meglio, se possibile, e che se la mamma è davvero felice di allattare e di continuare a farlo durante lo svezzamento, nulla deve impedirglielo.
Anzi.
Bisognerebbe atrezzare i luoghi pubblici e gli esercizi commerciali ad hoc.
Quel che non comprendo è l’estremismo, l’obbligo, l’imposizione.
Io non ho mai desiderato allattare, non mi sembrava naturale. Punto.
Ci ho provato comunque e con determinazione e perseveranza. Ha funzionato male e a singhiozzo.
Ho pensato che fosse colpa mia.
A distanza di mesi (mesi!) ho scoperto che il problema era fisico e del nano e che avrebbe potuto essere facilmente risolto!
Questo, dopo che pediatra, assistente all’allattamento, ostetriche e infermiere del nido avevano ripetutamente e insistentemente controllato l’attaccamento (di queste ultime, alcune con la delicatezza di ippopotami e una buona dose di maleducazione), avevano insistito mentre io ero ero stremata e sofferente, mi avevano accusato di lamentarmi per nulla ecc.
Ci ho provato. Risultato: lavoro, nulla, vita sociale, nulla, riposo, inesistente, pasti, disastrosi, bimbo che non prendeva peso, coliche e pianti disperati e quindi “aggiunte”.
Quando ho smesso, sono rinata, fisicamente e mentalmente, ed è lentamente passata anche la malinconia (a volte quasi vera e propria depressione), con esse le coliche ed i pianti.
Al nano è rimasta una fame atavica, in compenso!
Certo, non è comodo sterilizzare tettarelle e biberon, avere sempre dietro acqua bollita e bollente, non è economicamente vantaggioso, non è l’ideale ma non è neppure “il Male”.
Ho potuto ricominciare a lavorare con più serenità, dormire, mangiare, vivere.
Tra amiche e conoscenti neomamme ho scoperto, indagando, che TUTTE dopo un mese al massimo, hanno finito per dare degli orari alle poppate, pochissime hanno mantenuto il L.M. esclusivo per 4/6 mesi e quelle che lo hanno fatto, sono state spinte non solo e non tanto dal benessere del bimbo, ma dal piacere cher ne traevano (anche se la maggior parte dei padri non ne era affatto entusiasta, anzi).
Bellissimo per loro, bellissimo se si riesce a prezzo di sacrifici non eccessivi, ma non è così per tutti.
Anzi.
Perchè non si dice la verità, tutta la verità alle donne in gravidanza e alle neomamme?
Sembra, ad esempio, che tutti ignorino gli effetti sulla salute dell’occhio che può avere l’allattamento, nelle donne con disturbi visivi, tacciano sulla spossatezza fisica e mentale che l'allattamento a richiesta può procurare, sul fatto che i bimbi allattati al seno dormono meno di notte, sembra che nessuno voglia parlare delle difficoltà lavorative e sociali derivanti dal non potersi mai organizzare con gli orari e stare lontane dal bimbo, nascondano i problemi di coppia che possono derivarne ecc.
Lasciamo le donne libere di scegliere almeno questo, nella vita.
Rispettiamo e difendiamo non solo i bambini, ma anche le madri.
Perchè in fondo, non utilizzare gli appositi seggiolini, non vaccinare il proprio figlio, lasciare un bimbo solo in casa o nella vaschetta del bagnetto, anche solo per un minuto ecc. sono comportamenti che possono avere, purtroppo, conseguenze serie, se non tragiche, allattare o non allattare, invece, non ne ha nessuna conseguenza significativa, tanto meno scientificamente provata.
Essere madri felici e serene e non sentirsi in colpa (o almeno, non anche per questo) ha enormi conseguenze, per tutti.