giovedì 31 gennaio 2013

NUOTO



Nuoto

e perdo il conto delle vasche

Nuoto

e perdo il filo dei pensieri

Nuoto

e perdo il senso delle ore

Nuoto

e prendo il ritmo del respiro

Nuoto

e sento solo il rumore dell’acqua intorno a me

Nuoto

e mi godo liquide carezze

Nuoto

assaporando trasparenza

Nuoto

mentre la mente si riempie di blu

Nuoto

e un grumo si scioglie nello stomaco

Nuoto

e mi sento la testa divenir più leggera man mano che le membra

diventan più pesanti

Nuoto

e ritrovo me stessa

Nuoto

e null’altro importa

Nuoto

e sono viva



Dove altri vedono noia e ripetitività, io vedo un paradiso fluido.

E vorrei non uscire mai.


Voglia di Carnevale

Ho la fortuna di essere originaria di una piccola città in cui l'evento sociale, culturale, mondano, aggregativo più importante è il Carnevale.
E ho la fortuna di vivere in un paesino la cui vita culmina, anch'essa, nel Carnevale.
Due Carnevali diversi, entrambi storici, entrambi conosciuti (uno di più, l'altro di meno), entrambi molto coinvolgenti per la gente del posto.
Due Carnevali anche per adulti, ma con momenti dedicati solo ai bambini.
Spesso mi sono sentita dire, da amici, conoscenti, turisti (insomma, non "paesani" e non "cittadini"): ma voi siete matti!! Ma chi ve lo fa fare? Oppure, che spreco! O ancora, c'è poco da vedere, non è bello come il Carnevale di...., è pericoloso ecc.
Tutte "critiche", a loro modo vere per chi le esprime ma che nascono da un approccio che reputo sbagliato, sbagliatissimo.
Il fatto è che il Carnevale, secondo me, non è una festa a cui "assistere passivi".
E' gioia, partecipazione attiva, mettersi in gioco, follia e trasgressione (sempre sana, si intende).
E i miei due Carnevali "del cuore" sono, forse ancora più di altri, feste popolari che regalano tanta più gioia, divertimento e follia quanto più vi partecipi.
Un pò come lo sport: vederlo in tv può essere bello, ma praticarlo, è infinitamente più bello!

E in questi giorni, quando al culmine del Carnevale ormai manca poco, nel mio paese e nella mia città, si respira aria di attesa, aspettativa, di festa.
Ci si sente parte di qualcosa di grande che ci unisce, di una squadra o di una rione, di una comunità.
Ed è bellissimo.
Voglio respirare queste emozioni a pieni polmoni.
E mi preparo a imprimermi i colori e gli odori nella mente e nel cuore, per tutto l'anno che verrà.

Perchè io ci sarò, anche quest'anno come tutti gli anni, compatibilmente con le esigenze del nano, dividendomi tra i due Carnevali, un pò di più il "mio", un pò meno "l'altro", ma in entrambi.
Perchè ho la sfortuna di essere originaria di una piccola città e di vivere in un paesino in cui il Carnevale si celebra negli stessi identici giorni!



mercoledì 30 gennaio 2013

La grimpette du grumeau

Metti una serata nebbiosa dopo una giornata di lavoro,
aggiungi un nano eccitato, dopo un pomeriggio di nanna,
non dimenticare un marito stanco quanto te,
trova un amico,
una palestra freddina,
mettici la voglia di sfogarti e "staccare",
un pò di sano movimento,
risate e compagnia
ed eccoti la mia serata di ieri..
..in palestra, ovviamente!


 Si studia la via....

si scalano i materassi (da qualche parte bisogna ben incominciare, no?)...


 Ci si scalda...

con materiale amico
 
E alla fine si pulisce e si torna a casa.... 
stanchi ma soddisfatti (non delle prestazioni ma della serata )
alla prossima settimana!!!




martedì 29 gennaio 2013

Dubbi esistenziali

Ci sono domande che nessun adulto può evitare di porsi, soprattutto se vive con uno o più nani.
Ci sono domande a cui BISOGNA cercare risposta.
Domande che ti frullano in testa di notte, mentre ti rigiri nel letto, al supermercato, mentre scegli tra zucchine e carote, in coda alla cassa, in posta, persino in Tribunale (e qui inizia ad essere un discreto rischio), mentre guidi rischio appena minore).
Ci sono domande che esigono un approfondimento, ricerche sui libri, corse in biblioteca, ore su internet.

Ci sono domande che osi porre solo alla tua migliore amica/o, perchè ti vergogni di far sapere agli altri che la risposta ancora non ce l'hai.
Ci sono domande importante, fondamentali, che ti assillano ed incalzano.

Sono domande che ti possono porre solo bimbi, adulti che hanno mantenuto un pò di animo infantile (per intenderci, quelli che vedono un cappello, anzichè un boa che ha inghiottito un elefante), maestre e anziani.
Sono domande a cui DEVI rispondere,

perchè esprimono intelligenza, curiosità, scoperta, attenzione ai particolari, apertura mentale,
perchè sono cultura, amore per la natura, gusto per la lingua...
















...ma la giraffa, come fa?
e l'avvoltoio? 
Il furetto? 
Il pavone? 
E il tacchino, è come la gallina?


Io non voglio che mio figlio si senta rispondere (anche se la sua domanda per ora è muta, un semplice boh??, con l'interrogativo negli occhi):  adesso non ho tempo, non lo so,
o peggio: non è importante.
E allora, ecco le risposte, che magari già sapete e magari no, e allora vi potranno essere utili:
La giraffa LANDISCE (i piccoli emettono versi che sembrano miagolii, gli adulti delle specie di grugniti, così dice l'enciclopedia);
l'avvoltoio PULPA;
il furetto POTPOTTA (bellissimo!!!!!)
il pavone PAUPULA
il tacchino GLOGLOTTA,
se ve ne vengono in mente altri insoliti, per favore, scrivetemelo, ve ne sarò grata!!!!
A dimenticavo, su internet ho letto che il coccodrillo TRIMBULA, ma non so quanto sia attendibile la fonte.

lunedì 28 gennaio 2013

sempre a proposito di libri per i piccolissimi..mi piace, non mi piace

 I libretti come questi, con una storiella semplice ma che c'è, i contorni morbidi e la forma "giocosa", mi piacciono..










Così come mi piaccie la serie dedicata a Mirtillo, con illustrazioni bellissime e storielle istruttive da leggere la sera prima di dormire.
 Questo mi piace perchè ha poco testo ma gli occhi degli animali e i buchini fanno ridere il nano a crepapelle

Questi due sono stati la scelta di oggi in biblioteca....un classico dal formato rivisitato, per poterlo leggere accanto al bimbo o mentre il bimbo guarda le figure (girando il testo all'indietro)..
e l'altro per le favole della buona notte del papà.



A me piace tantissimo anche la Pimpa, che il nano per ora sembra apprezzare. I racconti sono molto fantasiosi ma non privi di una loro logica...


Questi invece, non mi piacciono:
quattro pagine che non dicono nulla..
 e questo idem..persino le illustrazioni non sono molto carine...
comunque, il nano dice "No, batta", ogni volta che li vede!

Libri per piccolissimi..perchè così insulsi?

Nei giorni scorsi, complici il venerdì del libro e l'idea di un post sui 20 motivi per regalare libri ai bambini, ho avuto l'opportunità di riflettere sui libri per i piccolissimi.
All'asilo nido del nano, dalla prima settimana di gennaio hanno avviato un'iniziativa molto bella: il mercoledì le maestre dedicano una parte della mattinata alla lettura di gruppo, in un angolo dell'aula dedicato, con tanto di librerie a portata di bimbo, tappetone morbido e cuscini per tutti. 
Al termine dell'ora di lettura, scelgono insieme a ciascun bimbo un libretto da portare a casa. 
Il mercoledì successivo, il libro del nido viene riportato a scuola, dopo averlo letto (si spera) con i genitori.
Questa inziativa, di invito alla lettura, si è arricchita con la proposta (partitata da me e accolta di buon grado dalle maestre) di portare, un bambino alla volta, un libro proprio al nido, per leggerlo in settimana e condividerlo con i compagni.
Il primo mercoledì, sono uscita dal nido con il nano che sringeva con entrambe le mani, orgogliosissimo, il libretto scelto (pare che la maestra volesse dargliene uno di stoffa, ma lui ha insistito per uno sui micini, con di cartone con inserti in stoffa) in una cartellina trasparente, con il suo nome e simbolo personale: mi sono sentita emozionata e responsabile.
Un "compito a casa"!Il primo per lui, un ritorno ai tempi della scuola per me....e un compito così bello!
Però, c'è un però .
Vogliamo parlare di quanto molti libri per piccolissimi siano insulsi?
Ecco, ovvio che il materiale con cui sono fatti deve essere robusto, meglio ancora se resistente all'acqua, e possibilmente dovrebbe avere gli angoli smussati (per evitare che il nano accechi se stesso o la malcapitata mamma), essere di stoffa, di plastica (anche se è un materiale che al tatto non mi piace), di cartone spesso, di legno dipinto...ma il contenuto, perchè mai dovrebbe essere diverso da quello di un libro per bimbi più grandicelli?
Capisco l'opportunità di usare lo stampatello, i caratteri grandi, disegni dai colori vivaci per le illustrazioni, capisco perfino il motivo per cui le storie non devono essere troppo lunghe e la scelta di vocaboli semplici e di uso comune.
Quel che non comprendo è perchè alcuni abbiano solo una frase o addirittura una sola parola per pagina, perchè alcuni siano totalmente privi di una storia, di una narrazione e, nei casi peggiori, di senso logico, quasi come fossero frasi e parole unite in un libro per caso.
Voglio dire: gli autori/editori pensano che i bambini prima dei tre/quattro anni non capiscano quasi nulla e li trattano di conseguenza?
Perchè, se questo è il motivo, allora tanto vale non darglieli neppure, i libri, non scrivere nulla!
Perchè non partire dal presupposto che i bimbi potrebbero comunque "assorbire" vocaboli, suoni, frasi, magari anche capirle, e quindi scrivere storie con una trama di senso compiuto?
Che tanto, se non capiscono davvero, non ne avranno alcun danno, se comprendono, ne ricaveranno un vero beneficio.
E vogliamo mettere la soddisfazione ed il piacere dei genitori? Come si fa a leggere con entusiasmo, partecipazione, pathos, UNA PAROLA PER PAGINA? Come si possono trasmettere le emozioni ed il piacere della lettura senza storia? 
Voi ci riuscite?
Io alla fine mi trovo ad inventarle, le storie, fingendo di leggerle (salvo poi dimenticarmele e doverne inventare di nuove ad ogni lettura, con il nano che mi guarda torvo e dice: no!).
Perchè a spiegare a mio figlio che la palla gialla con i raggi si chiama sole e che l'animale marrone che abbaia è un cano, ci arrivo da sola e considerato che il libro è dedicato ai nani da 0 a 3 tre anni, non credo che sia stato ideato così per insegnare a scrivere e riconscere le lettere.

Ardua scelta, quella dei libri per i piccolissimi!





venerdì 25 gennaio 2013

Venerdì del libro: “La regina della casa” di Sophie Kinsella




Un altro libro “leggero” e divertente, perché di questi tempi sono gli unici di cui ho voglia di scrivere.

La prima volta in cui l’ho letto, su suggerimento di un’amica che aveva fatto il mio stesso percorso di studi, facevo pratica legale, uscivo di casa alle 7.30 e tornavo alle 19.30, mi piaceva quel che facevo perchè era ciò che avevo sempre sognato (e mi piace ancora) ma mi ponevo tante domande: come sarebbe stato vivere tutta la vita così? Era questo che volevo? Che possibilità di successo professionale avrei avuto? Avrei dovuto restare in provincia o tornare in un grosso studio di città, dove avevo studiato?
Il libro mi ha divertito, mi ha fatto riflettere ed alla fine sono rimasta in provincia (non solo per via del libro, ovviamente!) pensando, però, che mai avrei potuto fare la domestica a vita o lavorare sempre in casa.

L’ho trovato in libreria, comprato e riletto pochi mesi fa, con un nano gironzolante per casa, da libera professionista forzata ad orario ridotto (ma davvero libera), senza certezze nel futuro, nella provincia della provincia.
Mi è presa una tremenda nostalgia della vita professionale e sociale della Mamma Avvocato di prima, quella pre-nano, per intenderci.
E, sorridendo e gustandomi il racconto, ho riflettuto di nuovo, con altre esigenze ed altre consapevolezze.
E non so, non è che abbia trovato risposta definitiva alle mie domande (magari!!) ma per ora rimango qui, in questa situazione e, come dice Samantha, sono un’avvocato, non ho mai fallito prima, non comincerò certo adesso.
Ed ora, perdonatemi la divagazione, la trama del libro.

La protagonista, Samantha, è una venitonovenne in carriera, lavora presso uno dei più grandi studi legali di Londra tutto il giorno e buona parte della notte, sempre, tutti i giorni della settimana, tutto l’anno.
“Chiude” transazioni finanziarie importanti, conclude contratti con cifre da capogiro e fattura ore su ore su ore di lavoro.
Ovviamente la sua professione le piace, ovviamente guadagna più di quanto possa spendere, più di quanto sia necessario (ma non è questo che la motiva).
E vuole diventare socia dello studio.
Invece...scappa: da un errore grossolano, da una festa di compleanno che di festa non ha proprio nulla, da una famiglia da cui non c’è neanche bisogno di fuggire, perchè esiste solo per qualche minuto ogni tanto, rigorosamente al telefono.
Scappa così, in tailleur, tacchi e borsetta e si ritrova in aperta campagna, lontana da tutto e tutti, a scoprire cosa significhi fare la domestica, badare ad una casa, cucinare, prendere ordini da qualcuno molto meno intelligente di te anche se di buon cuore ma, soprattutto, scopre di avere tempo:
serata libere, fine settimane liberi, la possibilità di bere un caffè seduta al tavolo, di sfogliare un giornale, fare la spesa e scambiare due chiacchere.
E trova anche qualcuno....è un romanzo allegro, distensivo, la storia d’amore non poteva mancare.
Alla fine si troverà di fronte ad un bivio, perchè nel romanzo non c’è spazio per le sfumature, per le vie di mezze: o prendi o lasci.
Sul piatto della bilancia:
da un lato un lavoro di prestigio, quello che ha sempre sognato, guadagno, soddisfazioni, intelligenza e anni di studio messi a frutto, una città viva e stimolante;
dall’altra, un paesino sperduto, rapporti d’amicizia, un lavoro dipendente non particolarmente stimolante e ripetitivo ma non meno soddisfacente e dignitoso, tempo libero, TEMPO LIBERO.
Cosa deciderà? Il finale non è così scontato e si presta a varie interpretazioni, perciò..non una parola di più.

Intanto però, il tocco ironico del libro vi colpirà perchè essere la regina della casa è un’arte, richiede abilità, pazienza, conoscenza delle regole e creatività (gli esperimenti culinari di Samantha? Se io sono un mezzo disastro in cucina lei è moooooltooo peggio) ma Samantha è una avvocato e ce la farà, con una buona dose di fortuna, un discreto esborso economico, un prezioso aiuto e tanta tanta improvvisazione, perchè: “Non ho mai fallito un colloquio in vita mia. Non comincierò certo adesso”.

P.s. Ma da dove viene questo pregiudizio, secondo cui gestire (BENE, intendo) una casa, sia meno difficile che gestire un’azienda o un ufficio?
Perchè io ancora non me ne capacito!

Questo post partecipa all'iniziativa Venerdì del libro di http://www.homemademamma.com/category/venerdi-del-libro/

giovedì 24 gennaio 2013

20 Buoni motivi per regalare libri ai bambini + 2

Perchè regalare libri ai bambini?

1. Perchè il libro è una esperienza tattile, visiva e olfattiva allo stesso tempo
2. Perchè le parole sono un mezzo potentissimo per comunicare con gli altri e il libro consente di impararne  sempre di nuove e di ampliare il proprio vocabolario
 3. Perchè ciascuno di essi ha un suo odore particolare, una sua consistenza specifica, chelo rende unico e, talvolta, indimenticabile
4. Perchè contiene sempre una sorpresa: se non lo leggi non saprai mai se dentro avresti trovato una storia, una frase, una parola che ti avrebbero colpito e sarebbero diventati parte di un tuo personale bagaglio...e la curiosità è troppo forte!
5. Perchè sono una finestra su altri mondi: quello dell'autore, quello di altri popoli e culture, quello dell'illustratore, quello della fantasia, tua e altrui
6. Perchè, se scelto e regalato con il cuore, più di qualunque altro giocattolo ti mostra quanto chi te lo ha donato ha pensato a te e di svela un pezzettino di lui
7. Perchè ci puoi giocare da solo o con gli amici o con i genitori, senza limiti di età o condizioni.
8. Perchè può trasmetterti molto di più del senso letterale delle parole, molto di più di quello che l'autore voleva dirti, perchè il significato che assume per te sarà sempre unico e diverso di quello che assumerà per gli altri ma se avrai la fortuna di incontrare altri bimbi o altre persone che amano i tuoi stessi libri, avrai trovato la tua anima gemella
9. Perchè ogni volta che lo leggi, ti regalerà emozioni diverse
10. Perchè in rapporto ad altri giochi e divertimenti, il suo costo è ancora contenuto
11.Perchè ogni nuovo libro è un compagno di vita, per un'ora o per l'intera esistenza e non lo saprai finchè non ne vedrai
12. Perchè è sempre lo stesso regalo (un libro) ma è sempre diverso (quel libro)
13. Perchè permette di immaginare, di creare immagini e dialoghi e ambientazioni e caratterizzazioni dei personaggi che siano solo tue e che potrai cambiare a tuo piacimento
14. Perchè i film tratti dai libri non sono mai belli come i libri a cui si ispirano
15. Perchè il libro giusto è una cura efficace contro tristezza, malinconia, noia, ansia, paura ..e non è mai stato segnalato alcun effetto collaterale, tranne la dipendenza
16. Perchè, appunto, da dipendenza come una droga ma non ha mai fatto male a nessuno
17. Perchè non è vero che se leggi troppo ti rovinerai la vista
18. Perchè puoi portarlo con te ovunque e leggerlo in qualsiasi posizione, in auto, in aereo, in barca, nel letto, in cucina, sulla tazza del water, seduto, sdraiato, a testa in giù, appeso in parete, dal medico, in Tribunale, per strada, in treno...
19. Perchè anche se ci giochi (da piccolo) o lo leggi a scuola quando non è il momento, la maestrà si sentirà sempre in colpa a sgridarti o non ti sgriderà affatto (e son soddisfazioni!!!)
20. Perchè puoi riutilizzarlo all'infinito e alla fine si riclica pure (che sia di carta, di plastica o di stoffa)
21. Perchè non serve saper leggere o conoscere la lingua in cui è scritto, per leggerlo e giocarci
22. Perchè arricchisce la vita, senza se e senza ma, sempre e comunque, anche quando non ti è piaciuto!

Ecco, come al solito ho sforato..son fatta così, le regole mi stanno sempre un pò strette!

Questo post partecipa all'iniziativa
Le tue #20buoneragioni per regalare un libro ad un bambino,
qui: http://mammamogliedonna.blogspot.it/2013/01/buone-ragioni-per-regalare-un-libro-ad-un-bambino.html 

mercoledì 23 gennaio 2013

Di bimbi, di lettoni e di lettini

Dopo una serata in compagnia di una coppia di amici con una bimba coetanea del mio, in cui ci siamo confrontati sulla questione lettone o non lettone, ho riflettuto su questo post http://patatofriendly.blogspot.it/2013/01/oggi-ho-bisogno-di-umorismoo-forse-di.html#comment-form e su quelli, più o meno recenti, scritti da altre mamme sull'argomento.
 
I nostri amici ci hanno spiegato di non riuscire a far dormire la loro bimba nel suo lettino, anche se posto nella stanza dei genitori, perchè si addormenta solo nel lettone dopo la poppata al seno della sera, abitudine che mamma e piccola hanno sin dalla nascita e mantegono ancora.
Se la spostano una volta addormentata, si sveglia e piange.
Nessuno dei due era contento di questa situazione, che compromette la serenità del loro sonno, ma la mia amica non si sente ancora pronta ad affrontare il "problema".
Di fronte a queste confidenze e quelle di altre amiche alle prese con frequenti risvegli notturni e/o con la difficoltà a far dormire i bambini nel loro lettino, io mi sento contemporaneamente fortunata, orgogliosa e vergognosa.
Fortunata perchè sono una di quelle (forse poche) mamme (ssshh...non ditelo a nessuno, se no mi attiro la sfiga!!!) felicemente dotata di un nano che dai due mesi dormiva quasi ininterrottamente tutta la notte, e nel suo lettino.
Orgogliosa perchè per riuscire a far dormire il nano nel suo lettino e nella sua stanza praticamente da subito, io e l'Alpmarito abbiamo dovuto affrontare non pochi sforzi:
Non che non ci siano notti insonni, ma per ora (e incrocio le dita) sono eccezioni, non la regola.
Come abbiamo fatto? Siamo stati "cattivissimi".
Passati i primi due mesi, in cui il nano passava tutta o gran parte della notte nel lettone, per poterlo allattare a richiesta (e chiedeva sempre) o si addormentava sulla pancia del papà in preda a terribile coliche, abbiamo deciso di applicare, liberamente, il metodo descritto in questo libro, gentilmente imprestatomi da mia madre: "Come insegnare ai bambini a dormire tutta la notte", di Charles E. Schaefer e Michaele R. Petronko, edizione del 1989 (ebbene sì, non è cambiato nulla!).
Mettevamo il nano ancora sveglio nel suo lettino, nella sua stanzetta (aperta) con carillon e magari lettura di una favola (che non guasta mai) e poi ci allontanavamo spegnendo la luce.
Se piangeva, anadavamo a turno a controllare che stesse bene, a fargli due coccole, a volte prendendolo in braccio due minuti ma più spesso no, in modo da non farlo sentire solo e abbandonato e andando via di nuovo.
Una notte ha pianto ad intermittenza per ore (due-tre? Di notte i minuti sembrano ore, figurarsi le ore!): straziante e distruttivo.
Inutile dire che, in primi giorni, la mattina eravamo due stracci, piegati dalla stanchezza e pieni di sensi di colpa (o almeno io, l'Alpmarito non ne sono così sicura), ma HA FUNZIONATO!
In una settimana (con un paio di cedimenti per stanchezza che ci hanno costretti, la notte dopo, a ricominciare da capo, anzi peggio), l'operazione è riuscita.
Il ciuccio (abbiamo dovuto forzarlo per farglielo tenere in bocca, ma considerando che è anche raccomandato per diminuire il rischio di morte in culla ed è praticamente indispensabile con le coliche, abbiamo insistito) e il passaggio all'allattamento misto, diventato dopo i tre mesi esclusivamente artificiale, ci hanno aiutato.
Prima la pancia del nano non era mai sufficientemente piena, con il bibe, la storia è cambiata e sono passate anche le coliche (lo so che il latte materno è meglio, ma questa è un'altra storia).
Non dico che sia stato facile, anzi, resistere al pianto disperato del mio bimbo, peraltro in pieno baby blues o malinconia post parto che fosse, è stato veramente faticoso, mi sentivo male dentro.
Però con lui nel lettone non riuscivamo proprio a dormire (e non ci riusciamo adesso, quando è malato e vuole restare con noi, il che accade di rado).
A parte lo spazio e la straordinaria capacità del nano di contorcersi nel letto e mettersi in posizione che nenache un artista circense, io ero letteralmente terrorizzata all'idea di schiacciarlo o che soffocasse con il piumino o che avesse troppo caldo in mezzo a noi e questo potesse costituire un rischio per la morte in culla...mi svegliavo continuamente con l'ansia, gelando perchè il piumino era sempre in basso per non coprire il nano, dormivo con gli incubi.

Ora mettiamo il nano nel lettino, gli leggiamo una storia o due e spegniamo la luce e lui, due volte su tre si addormenta tranquillo (dopo aver chiesto lui stesso di fare "nanna"), l'altra rugna un pò ma passa in fretta, magari canticchia o si aziona da solo il carillon e poi si addormenta.
Perchè provo anche un pò di vergogna, allora? Perchè io ho comunque sempre e costantemente sonno e, anche quando il nano dorme dalle 9 di sera alle sette del mattino ininterrottamente,
non mi basta mai!
E sì, perchè qui la fortuna a cui accennavo prima si compensa con la sfiga di essere una di quelle persone (so che ne esistono altri esemplari, datemi un segno) che per essere al 100% dovrebbe dormire 10 ore per notte, che con 9 sopravvive bene ma con 8...accumula stanchezza e nervosismo a gogò!

E ora non venitemi a dire che la vera crisi "del lettone" e l'ansia da separazione non sono ancora arrivate e fra qualche mese o anno sarà mooolto peggio perchè magari è così ma, al momento, preferisco dormire beata!

Serata in parete (artificiale)

Ieri sera, nonostante la stanchezza e il freddo, l'Alpmarito ed io, nano muniti, abbiamo deciso di farci del male e quindi, dopo una cena frettolosa e la faticosa vestizione nostra e del nano, siamo andati in palestra a Q.
Qui:

  Inutile aggiungere che chi si è divertito di più è stato proprio il nano, alle prese con le prese



mentre io penavo su circuiti che nel pre-gravidanza avrei fatto ad occhi chiusi senza troppo sforzo..


E niente, mi sono sentita pesante, rigida come un baccalà ed incapace però...
però la scalata,
anche in una palestra gelida,
anche correndo dietro al nano,
anche sapendo che a casa ti aspettano, ancora, riordino, doccia, bagnetto, impigiamata
anche sapendo che probabilmente il giorno dopo la pagherai,
....però la scalata
vale sempre la fatica fisica e mentale che richiede.
Tutte le foto sono di proprietà di Mamma Avvocato - è vietata qualunque forma di riproduzione o utilizzo








lunedì 21 gennaio 2013

Capricci.. noi, almeno, ci proviamo



Fino a qualche giorno fa, forse grazie alla sua tenera età, il nano non si era mai prodotto in veri e propri "capricci".
Ora però, complice anche uno stato di malessere diffuso dovuto a influenza e raffreddore e la scoperta dei "bon bon", io e l'Alpmarito (così soprannominato da ieri) assistiamo, per fortuna ancora raramente, a vere e proprie sceneggiate per futili motivi.

Il nano inzia a piangere ad un tono via via crescente (stile sirena), si getta a terra rotolandosi e battendo mani e piedi oppure, variazione sul tema, si avvicina al muro o ad un armadio, in piedi ci dà la schiena e, piangendo, batte i piedi.

La prima volta, ci siamo precipitati da lui, prendendolo in braccio, mentre si dimenava arrabbiato, per verificare che stesse bene, toccandogli il pancino, controllando il viso e le gengive (saranno i denti?, avrà battutto la testa, le gambe, le mani??), offrendo ciuccio, consolazione e paroline dolci, ovviamente senza esito.
Allora abbiamo provato a lasciarlo dove era e aspettare: il nano piangente, ogni tanto voltava la testa con nocuranza per controllare che lo stessimo osservando.
In caso di risposta positiva, continuava a volume più alto; se no, si interrompeva, sembrava calmarsi e poi, riottenuta la nostra attenzione, ricominciava.

Ok, ci siamo detti, sono ufficialmente "capricci".

Abbiamo lasciato che si sfogasse e si calmasse da sè (15 minuti tutti, ha costanza, non c'è dubbio), per poi proseguire nelle normali attività con qualche coccola (perchè sapesse che gli vogliamo bene comunque), e così tutte le volte successive.
Non sappiamo ancora se la tecnica adottata produrrà i risultati sperati, nè se saremo in grado di tenergli testa anche in pubblico, perchè per ora le scenate sono avvenute soltanto tra le mura domestiche.
Io personalmente, anche prima di diventare madre, pur provando un innegabile fastidio di fronte alle manifestazioni di capriccio di bimbi al supermercato, al ristorante, per strada, nei negozi, ecc., ho sempre ammirato in silenzio i genitori che non cedevano e provato pena per quelli che invece, presi dalla stanchezza o dalla vergogna, lo facevano.
Un piccolo sacrificio di sopportazione pensando agli adulti di domani.

In ogni caso, io e l'Alpmarito (che quando decide una cosa, è quella e basta) tenteremo di proseguire su questa strada della "resistenza passiva", senza agitarci o arrabbiarci a nostra volta ma spiegandogli (una volta o due, non dieci) la motivazione del nostro no, sperando di conseguire presto l'obiettivo di fargli comprendere l'inutilità del suo comportamento e scongiurare nuove scenate.
- lo scrivo qui, così da ricordarlo in momenti di sconforto!-

Perchè se è vero, come ho letto su riviste ed autorevoli saggi, che i capricci sono anche il modo in cui il bambino tenta di affermare la sua identità, vorremmo che comprendesse che i limiti che noi genitori gli poniamo non sono negoziabili, almeno non ora che non è in grado di comprenderne il motivo.

Credo che a lungo termine sia utile e rassicurante, per il nano, sapere che mamma e papà sanno dirgli di no e contenere la sua frustrazione e la sua rabbia, e inoltre che ciò possa costituire un buon punto di partenza per l'autorevolezza che, già immagino, dovremo dimostrare in futuro.
All'adolescenza o pre adolescenza, penseremo quando ci arriveremo!

Intanto però, un dubbio rimane.
Dove avrà imparato a fare la sceneggiata? E' un sapere innato di tutti i bimbi, lo ha visto all'asilo o è un suo tratto caratteriale? Speriamo solo non l'ultima ipotesi!

Questo post partecipa al blog think di donna moderna, E tu cosa fai di fronte ai capricci?.

venerdì 18 gennaio 2013

Venerdì del libro

Premesso che non sono avvezza a recensioni, oggi vorrei provare a cimentarmi anche io nell'iniziativa di http://www.homemademamma.com/

"La soavissima discordia dell'amore" di Stefania Bertola.


Si tratta di un romanzo "leggero" e divertente, di quelli che si leggono con piacere quando si è stanche e si vuole "staccare" o si ha bisogno di ridere in cuor proprio per risollevare l'umore.
Protagonisti sono gli attori di un teatro amatoriale, il Tesk, con le loro vicende di vita familiare e amorosa.
Se li descrivessi, dovrei svelare anche il finale delle loro storie e rovineri la lettura a voi, quindi vi basti sapere che si parla di matrimoni non voluti, sogni professionali, determinazione e ostinazione, gesti impulsivi e furibonde litigate e, naturalmente, amori "strani" tra opposti ,che si attraggono proprio perchè opposti, e amori che si completano.
Esilerante e fin troppo vero l'atteggiamento di Gianna e Ornella, madri disposte a tutte pur di celebrare nozze che "non si hanno da fare".
Appassionanti gli scontri verbali tra Agnese e Rocco.
Stupefacente la figura di Elsa, governante tutta improbabili proverbi, ma assai poco old style.
Divertentissimo il marito medico di Emilia, troppo infedele per stere sposato e troppo fedele per separarsi.
Ironico lo psicologo che scopre di poter guadagnare (e divertirsi) di più facendosi chiamare  "psicopata".
Simpatici i genitori di Agnese, cubani d'adozione.

Si ride anche solo leggendo gli improbabili nomi dei protagonisti!

Il carattere di ogni personaggio è esagerato, così come le vicende, un pò surreali, ma sempre sul filo della verosimiglianza e ciò rende il tutto più intrigante.
E poi, come tutti i romanzi della Bertola, è ambientato a Torino, città a me cara.
Per concludere, una piccola citazione:
 "Spesso nella vita delle donne avviene questo fatto interessante, e cioè che appena una comincia a stare meglio dopo un periodaccio, a una sua amica succede qualcosa per cui è lei a stare peggio, e il circolo delle consolazioni non si interrompe bensì cambia semplicemente senso, da orario ad antiorario o viceversa."


Buona lettura!

giovedì 17 gennaio 2013

Di film e di pensieri..

avevo in mente un post sui nonni o qualcosa di leggero e divertente, per dimenticare il nostro essere una famiglia influenzata, invece..

invece ieri sera ho visto un programma su MTV dal titolo "16 anni e incinta", in cui la protagonista, sedicenne e incinta, appunto, dopo dubbi, rimorsi e ripensamenti e dopo aver tenuto con se la sua bambina per il primo mese di vita, decide definitivamente di darla in adozione ad una coppia, rassicurata dal fatto che si tratta dei suoi zii, con cui ha un bel rapporto, nonostante vivano dall'altra parte dello Stato.

Non so se sia davvero una storia vissuta o no, se i protagonisti fossero attori o no, comunque il rpogramma mi ha colpito molto, sotto molti punti di vista.

In primo luogo, mi ha colpito l'enorme differenza tra i genitori americani e i genitori italiani, almeno per come emergeva dal programma e per l'idea dei genitori americani che mi sono fatta leggendo libri e vedendo film: la madre della ragazza (il padre non c'era) la sprona a decidere autonomamente, ponendole tanti interrogativi "scomodi" e problemi e soluzioni pratiche. Non le mette fretta e non dava giudizi ma la pone di fronte alle sue responsabilità. Da un lato le offre appoggio, un tetto per la nipote, aiuto materiale; dall'altro, con molto pragmatismo le ricorda che lei ha già cresciuto e mantenuto le sue figlie e continua a farlo e che si aspetta che l'adolescente faccia lo stesso, frequentando il college e lavorando in contemporanea, se vuole tenere la bimba, nonchè aiutando nei lavori domestici.
Contemporaneamente le assicura che, se farà tutto il possibile, lei colmerà le esigenze economiche rimanenti e le starà vicino il più possibile.
Alla fine la ragazza, che sognava di fare la giornalista a New York, sceglie l'adozione e parte per un college in città, lontano da casa.
Ecco: pur sperando di non trovarmi mai nella stessa situazione, io mi auguro un domani, di saper essere una madre così per il mio nano.
Mi chiedo però, se sarei capace di mandarlo a studiare e vivere così lontano a 16 anni.
Forse in relatà tanta precoce autonomia è uno svantaggio, forse a quei ragazzi mancheranno sempre radici ed un'idea solida di famiglia. Forse no. 
Nei film gli americani si spostano rapidamente e frequentemente da una città all'altra, da uno stato all'altro, anche molto giovani e lasciano senza rimpianti case e amicizie.
Ecco, non so se sia la realtà, ma fa riflettere.
Perchè io da una parte vorrei sapere essere un pò meno radicata, un pò più "coraggiosa", sentirmi meno pesantemente trattenuta qui. 
Dall'altra però, so che non sarei mai felice vivendo così, senza "metter radici" a lungo e senza la mia famiglia a portata di viaggio in auto (non dico dietro casa, eh?).


E poi c'è la scelta dell'adozione. 
La ragazza del programma riflette sul fatto che gli zii/genitori adottivi hanno la maturità, l'esperienza, la capacità economica di crescere la bambina meglio di lei, che potranno offrirle più opportunità e mandarla all'università. Lei invece, non può garantire nulla, nè per sè nè per la piccola.
Ebbene, pur credendo fermamente nel valore dell'istruzione e  della cultura, pur sapendo che i soldi non sono tutto ma aiutano e pur pensando che sedici anni sono pochini per diventare madre, vedendo il programma ho pensato che niente e nessuno può garantire nulla: le situazioni economiche e lavorative possono cambiare, la salute può peggiorare improvvisamente, i luoghi e le case possono essere distrutti (le calamità naturali ce lo ricordano periodicamente), i familiari, prutroppo, si possono perdere, un titolo di studio può servire oggi e domani non più..persino i sentimenti possono cambiare, ma l'amore di una madre e la voglia di dare il meglio per ed ai suoi figli, credo che raramente possa venire meno.
E la cosa più sorprendente è che, prima della nascita del nano, mi sarei fermata al ragionamento della ragazza.
Sono cambiata, è ufficiale.

Anche perchè alla fine del programma piangevo come una fontana, sotto gli occhi stupefatti del marito.

Oggi, prese un paio di ore di pausa dal lavoro e sotto aspirina, mi sono vista "Ricatto d'amore", una commedia romantica con Sandra Bullok e un attore molto intrigante (Ryan Reynolds, chissà se ha girato altri film!) e...ho pianto ancora, ma stavolta dal ridere e senza ritegno: ok, è ufficiale, non sono cambiata così tanto!

p.s. Ma com'è che il nano si ammala spesso ma guarisce in 48 ore e noi, io ed il marito, che in teoria di anticorpi dovremmo averne mooooolti di più, rimaniamo ko per una settimana (pur lavorando quasi sempre, si intende)? Capita anche a voi?

mercoledì 16 gennaio 2013

Son mali di stagione...

...ma non è una consolazione!

Abbiamo avuto una notte travagliata.
Il nano, da un paio di giorni raffreddato a più non posso, si svegliava di continuo per una tosse insistente e grassa, che provocava fastidiosi conati.
Alla terza corsa al suo lettino ho ceduto ed eccezionalmente (capito nano?), l'ho preso nel lettone.
Risultato?
Lui ha dormito un pò di più, io ed il marito, alle prese con calci, manine in faccia, testate, scoppi improvvisi di pianto, tosse e ciucci tra le lenzuola, praticamente nulla.
Non bastasse, il mio mal di gola latente ha deciso di manifestarsi in tutto il suo splendore proprio oggi e, dopo essermi alzata ripetutamente in una casa gelida, ho trascorso metà della notte in bagno.
Non so se ringraziare il freddo notturno o qualche virus, o magari entrambi.

Comunque .
In qualche modo sono riuscita a portare il nano al nido entro il tempo limite, scoprendo che oggi il rapporto maestre- bambini è paritario (beato il nano, che sarà sicuramente coccolato tutta la mattina dalla sua maestra preferita), andare per uffici e approdare, infine, al mio.

Come mi sento mi si legge in faccia.

martedì 15 gennaio 2013

12 motivi per cui "mi ritengo" una buona madre

Seavessi ha lanciato un appello pro-autostima delle mamme (qui: http://seavessitempofarei.blogspot.it/2013/01/10-ottimi-motivi.html) ed io rispondo, con ben 12 motivi (questa volta ho voluto esagerare) per cui mi ritengo una buona madre, nonostante gli innegabili difetti ed i molteplici errori.

1. Anche se vorrei urlare e pestare i piedi per terra, 9 volte su 10 mantengo la calma e spesso addirittura sorrido quando, dopo la pulizia settimanale, il nano mangia biscotti in giro per casa, rovescia il piatto, l'acqua, le crocchette del gatto ecc.;

2. Gioco alla lotta, alle "torture cinesi" (solletico&C.) e rido insieme a lui tutti i giorni;

3. Gli leggo una fiaba a sera tutte le sere (a volte anche due o tre) oppure ricordo al marito che tocca a lui: ergo, la fiaba c'è sempre;

4. Gli cambio i vestiti  continuamente senza lamentarmi e, pur cercando di salvare il salvabile, non gli impedisco di sporcarsi;

5. Lo porto ai girdinetti e/o a passeggio ogni volta che ne ho l'opportunità;

6. Compro solo scarpe "GIUSTE", nè troppo grandi nè troppo piccole e pazienza se non resisteranno alla crescita;

7. Lo ascolto e lo invito a parlare ripetendo continuamente tutto;

8. Gioco al cucù almeno dieci volte al giorno ed edifico senza sosta torri con ogni genere di elemento da costruzione solo perchè possa fare "BUM", con soddisfazione, ogni dieci secondi;

9. Resisto alla tentazione di tenerlo a casa con me per coccolarlo e lo porto all'asilo anche se il giorno prima aveva la febbre (ma sta bene, ovvio) ripetendomi che la socializzazione è importante, il pranzo è buono ed equilibrato e starà benissimo;

10. Evito di imbacuccarlo come un alpinista sull'Everest e non insisto più di tanto se rifiuta di mangiare (cosa che comunque non accade spesso);

11. Da settembre ad oggi non ho mai smesso di fargli regolarmente i lavaggi nasali, alla bisogna, nonostante pianga implorando pietà facendomi sentire piccola piccola e la procedura non garbi al mio stomaco e, udite - udite, anche se odio cucinare, per lui, solo per lui, lo faccio comunque (sempre il meno possibile, però);

12. Non smetto mai di leggere, informarmi, chiedermi se sto agendo per il meglio e come posso migliorare o renderlo ancora più felice.

Ma soprattutto, come credo tutte le mamme o quasi, perchè 
amo il mio nano più di me stessa e farei qualsiasi cosa per il suo bene.

lunedì 14 gennaio 2013

Famiglia & lavoro: questa benedetta conciliazione!



Mai avrei pensato, poco più di un anno fa, quando ho deciso di restare a casa gli ultimi giorni prima della nascita del pupo (arrivato con quindici giorni di ritardo, quindici giorni in cui sono ancora andata in udienza!) che dopo il parto avrei dovuto lasciare lo studio in cui collaboravo perchè per tante ragioni incompatibile con un figlio, e che sarei diventata una libera professionista di fatto part-time, che aspira a lavorare di più, perchè il lavoro mi piace e sogno l'indipendenza economica, ma nello stesso tempo non riesce più a immaginarsi fino alle 19.30 fuori casa, almeno non finchè il nano non andrà alla scuola materna o alle elementari!
Eppure, mia madre lavorava a tempo pieno quando ero piccola, ma non ricordo di averla sentita lontana, anzi. Quando era a casa era a nostra disposizione e la ricordo in tutti i momenti importanti della mia infanzia.
Io mi ritrovo a giorni insoddisfatta a giorni felicissima e fortunata, in bilico tra critiche e comprensione, ancora alla ricerca del "COSA VOGLIO DAVVERO?"
E dire cho ho la fortuna di avere un marito che è presente nella vita di suo figlio sempre, anche nella quotidianità, che gli dedica tempo e attenzioni, che mette il benessere di suo figlio al primo posto.
E tuttavia, la gestione quitidiana, dal pediatra al nido, alla spesa, alla malattia, pesa su di me.
E' scontato che sia io a mettere da parte il lavoro ed organizzarmi e non lui, perchè lui "guadagna più di me".
Ma guadagna più di me anche perchè è più presente al lavoro...è un circolo vizioso.
Ho letto tanti post e articoli sulla “conciliazione” famiglia – lavoro, ho letto discussioni tra “madri che lavorano” e “madri casalinghe” (che lavorano eccome, anche se tra quattro mura!), ho letto statistiche e paragoni con altri stati europei ma alla fine, credo che il problema più pressante sia comprendere cosa vogliamo noi donne e madri.
Conciliare famiglia – lavoro vuol dire necessariamente rinunciare a qualche cosa in entrambi gli ambiti, vuol dire trovare una via di mezzo, un punto di equilibrio che sia IL NOSTRO?
O vuol dire soltanto avere i mezzi e le opportunità per incastrare i pezzi della nostra vita e della nostra giornata come un puzzle, dilatando le ore per “farci stare tutto”, nell’illusione (a mio parere) di riuscire a rendere al 100% sia in famiglia che sul lavoro, sempre?
O entrambe le cose?
Credo che la libertà di scegliere, purtroppo, sia solo il punto di partenza, indispensabile ma non sufficiente a renderci “appagate” e “felici”.
Perchè sui problemi pratici, economici, politici (intese come scelte istituzionali per la tutela della famiglia e della maternità), innegabili ed in Italia spesso insormontabili, si innestano problemi culturali e sociali: archetipi di donna/madre e donna /lavoratrice radicati e difficili da modificare con cui fare il conto quotidianamente, sensi di colpa forse innati o forse indotti, giudizi morali e timori.
E tutto questo guardando alla questione soltanto dal punto di vista della mamma-donna.
Perchè a volersi chiedere quale sia la situazione migliore per i figli, il marito, i nonni ecc., il discorso sarebbe troppo lunga e pieno di incognite (Oggi no, rimandiamo!),
Esiste davvero una terza via tra la realizzazione professionale (come ciascuno la intende) e la presenza costante a fianco ai figli e al marito?
Ci sono giorni in cui penso di sì, altri in cui, bloccata a casa con un nano malaticcio e costretta a gravare un giorno di più sull’indispensabile, e mai abbastanza lodata, nonna, mi rispondo da sola, , forse più realisticamente: “Sì, ma una terza via che consente di fare un pò di tutto ma niente veramente bene”.
Il che, non è sempre un male. No?

La riflessione non finisce qui.

“Nel 2010 in Italia, il tasso di disoccupazione femminile è stato del 46,1%, ultimo in Europa.
Il tasso di occupazione delle donne in coppia con un figlio è del 60%, contro il 91,3% degli uomini nella stessa situazione. Cala al 50,6% se i figli sono due, per crollare al 33,7% se i figli sono tre o più”. Da “Io e il mio bambino”, Gennaio 2013, pag. 30, ribrica “Attualità” di Maria Cristina Valsecchi.

giovedì 10 gennaio 2013

Io in cucina, IO IN CUCINA ????!!!

C'è una particolare attività che non ho mai amato.
Sfortuna vuole che sia un'attività che bisogna compiere almeno una volta al giorno, due se si è particolarmente attenti al benessere proprio e dei propri figli e si lavora in casa o vicino a casa.
A meno di non essere tra le poche elette che riescono, volendo, a delegarla sempre al Marito o alla baby sitter o possono permettersi una dipendente a ciò adibita (ma credo che sia una possibilità riservata a ben pochi).
Da quando c'è il nano poi, non posso più contare sull'improvvisazione e/o la frugalità assoluta, mie fedeli ancore di salvezza (almeno non 365 giorni l'anno).
Avete capito a cosa mi riferisco?
Ma sì, avete capito: alla "preparazione dei pasti", perchè usare il termine  "cucinare", nel mio caso, è  improprio ed eccessivo, salvo che io sia miracolosamente in una di quelle rare, rarissime, giornate in cui ho VOGLIA di stare ai fornelli e mi ci metto di impegno.
Fortuna vuole che il fagiolino frequenti la mensa dell'asilo e che i bambini amino la ripetitività a tavola.
O no?
Il problema è che dopo anni in cui ci siamo limitati ad aprire il frigo e vedere sul momento cosa c'era da mangiare, facendocelo andare bene, salvo cene con gli amici o voglia e tempo del Maritino di dedicarsi all'arte culinaria, mi è rimasta questa inspiegabile difficoltà a fare la spesa razionalmente e a pianificare i pasti, cosicchè mi ritrovo a pranzo con un pezzo di pane e formaggio da spiluccare al volo e a cena con la solita pasta in bianco (BENEDETTA PASTA!), chè all'inettitudine si affiancano numerose allergie alimentari, tanto per facilitare le cose.
Ottimo come cura dimagrante, per me, e non così grave per la vita quotidiana, visto che (per ora) siamo vivi e in buona salute.
Il disastro è quando ti svegli una mattina e, colazion facendo, realizzi che vorresti tanto rivedere alcuni amici, a cui hai promesso da tempo immemorabile una cena e a cui le ultime volte hai proposto pizza e/o pasta e praticamente nulla più.
Così, davanti ad una tazza di caffè, tra capricci e "mamma, mamma" di sottofondo, il gatto affamato che assediava la mia gamba e il Marito che ripeteva di essere in ritardo "come al solito", ho dovuto prendere la prima difficile decisione della giornata, scegliendo tra:
1. iniziare con gli inviti, rinviando alla sera la decisione sul menù e ad un momento imprecisato la spesa - con la lista!-;
2. sostenere spassionatamente  di avere proprio  voglia di trascorrere un fine settimana a tre in famiglia e condannando tutta la famiglia alla solitudine sociale;
3. iniziare con gli inviti, prepararmi alle scuse e, con notevole faccia tosta, proporre la solita pasta o pizza, tanto "l'importante è stare insieme, no?"
Questa mattina ho scelto la prima opzione.
Inutile aggiungere che sono trascorse due ore e sono già pentita.

p.s. Cercasi suggerimenti per un menù molto semplice, pomodoro e frutta free.