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giovedì 1 ottobre 2015

Succede a Settembre


Settembre è iniziato bene e terminato abbastanza male.

Siamo stati al mare, senza tablet e connessione internet ed è stata una pausa rigerenerante di cui avevamo davvero molto bisogno.

I weeekend sono stati quasi tutti dedicati a matrimoni, tre in un mese, uno al mare, uno vicino a casa, uno in montagna.

Abbiamo ballato molto, chiaccherato molto, bevuto e mangiato troppo.

Le giornate lavaorative al rientro sono state frenetiche e mi hanno assorbita tanto e stressata ancor di più, ma fa parte del gioco e va bene così.

A settembre è ricominciata la scuola dell'infanzia e le paure ed i sensi di colpa dell'altro anno, sembrano acqua passata. L'emozione di mamma no, quella rimane.
Il ricciolino biondo non vedeva l'ora di ricominciare e non ha manifestato particolari disagi.
Poi il secondo giorno mi ha chiesto quando sarebbero iniziate le vacanze, "quelle lunghe lunghe", perchè a pensarci bene si era già stufato.
Ho detto tutto.

Abbiamo corso e siamo andati in bicicletta tutti e tre insieme, godendo dell'aria aperta il più possibile.

C'e' stato il compleanno di un'amica che se ne è andata troppo presto, la cui assenza fa ancora molto male, e pochi giorni dopo il primo anniversario della sua morte.

Io e l'Alpmarito abbiamo passato una domenica ad aiutare a fare un trasloco incrociato di quelli che non vorresti mai vedere, perchè conseguenza di una rottura che fa male. Comunque è andata anche questa.

Nel mezzo abbiamo cominciato l'impianto elettrico della casa nuova ed io ho cercato di fare "il bocia", come si dice in Piemonte, dell'Alpmarito, rimediando un bernoccolo  (no, non mi ha piacchiato, ho battuto il cranio sull'appoggio del trave del tetto, in mansarda. Due sabati di lavoro, due botte sullo stesso travetto, quando si dice l'attenzione e la furbizia!!! ) e qualche tanti insulti.
Decisamente, non è il mio mestiere.

Vedremo se con i pavimenti andrà meglio, almeno quelli una volta li ho già fatti ed il risultato (ottimo) lo calpestiamo ogni giorno da 8 anni a questa parte!

Comunque precede. A fatica e con grossi sacrifici ma procede.

A settembre, nel tirare fuori dal'armadio i vestiti autunnali invernali, abbiamo dovuto prendere atto che il ricciolino è cresciuto tantissimo, in altezza ed in peso (pur rimanendo magrolino).
E di conseguenza, abbiamo ceduto alla richiesta di un letto "da grandi"!

Il risultato è stato un sabato pomeriggio di fatica ed il mio armadio "quattro stagioni" con un'anta che non si può aprire più completamente, un materasso nuovo e la cantina di casa  che è già piena prima ancora di vederci traslocare.

Soprattutto, però, il risultato è che il mio cuore ha perso un colpo.

 Che ne dite ?

Settembre è finito con la mia amata nonna bis che si è ammalata di nuovo e con una delusione ed un forte dolore dentro di cui non so parlare.

Però oggi è iniziato ottobre, quel che è successo è successo e io sono forte. Lo so.

"Succede a " è una iniziativa di Mamma Piky.  Sua è anche la foto iniziale, dal bel sapore autunnale.

lunedì 4 maggio 2015

Io (mio figlio) e la cucina


Che non ami molto cucinare, e' risaputo.
Anche a causa della nascita del nano e delle assenze infrasettimanali dell'Alpmarito, negli ultimi anni sono comunque migliorata molto e, quando mi impegno, ora riesco a raggiungere risultati davvero discreti, soprattutto con i dolci ed i primi piatti.

Cucinare quotidianamente, però, per me rimane uno dei doveri più gravosi, che affronto solo per sopravvivere e per cercare di offrire a me stessa e a mio figlio una alimentazione il più possibile sana.

Di positivo c'è che il mio ricciolino ha imparato in fretta ad accontentarsi di piatti come riso bollito, pasta al l'olio, verdure al vapore e cibi insipidi, ad apprezzare la mensa dell'asilo e ad approfittare delle occasioni di pasto fuori casa, dai nonni al ristorante o ai vari matrimoni o compleanni.

Il rapporto tra me e i fornelli, tuttavia, e' altalenante, difficile e...non sempre pacifico!

Qualche sera fa avevamo un amico a cena.
L'appuntamento era per le sette e trenta ma, complice la bella giornata e la presenza dei suoi amichetti, avevo faticato a portare via il nano dai giardinetti, dopo la scuola.
L'Alpmarito, di solito addetto ai fornelli, era in ritardo per lavoro.
Perciò, rincasata alle sette, mi sono trovata con la spesa da sistemare (almeno quella l'avevo fatta prima), il bambino da lavare, la tavola da preparare e la cena da preparare.
Già ai giardinetti avevo fatto ridere la mamma dell'amico etto, chiedendole la ricetta del risotto agli asparagi punto per punto ma, almeno, mi sentivo preparata!
Fatte le prime tre cose della lista in un quarto d'ora/ venti minuti, mi sono messa a scottare in padella con il mio dado vegetale fatto in casa (non da me) e speciale (senza tutto ciò a cui sono allergica) gli asparagi, ovviamente dopo averli lavati e tagliati.
Peccato che poi non sapessi più come proseguire!!!

In quel mentre è arrivato M., soddisfatto di non essere in ritardo come al solito.
L'ho accolto sulla porta con un: "Meno male che sei qui!" e, sapendo che sa cucinare molto meglio di me e gli piace pure, ho fatto che lasciarli in mano, letteralmente, pentola e cucchiaio!!!
Risultato? Ha preparato un risotto buonissimo, anche se non era molto soddisfatto dei miei fornelli e del mio assortimento di cucchiai...però il vino lo avevo buono (promossa almeno su questo punto).
Quando si dice: "Fai come se fossi a casa tua!!!"

In questo caso, me la sono cavata così (anche se devo ancora verificare se al prossimo invito verrà comunque o cercherà di evitarmi) ma a volta, finisce moooolto peggio!
Non ci credete? Allora sentite questa.

Quattro giorni fa ho deciso di far bollire, a pranzo, gli asparagi per cena, così da portarmi  avanti in caso di ritardo ai giardinetti.
Lo so, sempre asparagi ma sono di stagione ed è una delle poche verdure che posso mangiare, quindi abbondo!

Comunque, decido di usare la fantastica pentola per asparagi regalatami da mia suocera (dono ideale per una come me): alta, stretta e con il cestello interno che poi si può alzare nel lavandino per scolare senza scolapasta.
Tutto a posto con la cottura, mi metto a lavare le pentole del pranzo, prima di tornare a lavoro.
Guanti bagnati, fretta e.... faccio per mettere la pentola sul pensile scolapiatti sopra di me ...peccato che, essendo alta e stretta,non ci sia stata e mi sia cascata addosso in una frazione di secondo!
Risultato? Montatura occhiali incrinata (ma ha tenuto, per fortuna), palpebra tagliata dallo spigolo della suddetta montatura e un dolore atroce allo zigomo sinistro, che si è preso una bella botta, ed al sopracciglio!!!
Altro che risse o battaglia delle arance!!!

Questa mattina ho notato che passanti, colleghi e clienti mi guardavano un po' incuriositi e un po' preoccupati ma nessuno diceva nulla di particolare.
Solo adesso, guardandomi allo specchio (al mattino era di fretta, come al solito), mi sono accorta del perché: ho l'occhio completamente cerchiato di un bel livido viola/blu scuro, con un soffuso alone giallognolo in sottofondo.

Ora ho capito perché si parla tanto di incidenti domestici e del fatto che fare il cuoco è un lavoro pesante!!!

Decisamente, e' meglio che mi limiti a mangiare, che dite!?!

venerdì 31 ottobre 2014

Tra le mie letture: "Colpa delle stelle"

"Colpa delle stelle" di John Green, ed. Rizzoli, pag. 347



Un romanzo che prende, colpisce e affonda.
Triste, molto triste, come solo la malattia ed il dolore delle persone giovani sa essere.

Duro, sincero, onesto, privo di fronzoli e con poca retorica.
Una storia d'amore tra adolescenti malati di cancro.
Una storia di famiglie e affetto.
Dialoghi veloci e diretti, molto all'americana.

Non posso dire di più, rovinerei la lettura.
Posso consigliarlo, però, e lo faccio con convinzione.

Devo ammettere che mi sono avvicinata a questo romanzo con molto scetticismo, un po' per il successo presso i media dello scrittore, che tende a far salire eccessivamente le aspettative, con il rischio di grandi delusioni, un po' perché arrivavo dalla lettura di "Bianca come il latte, rossa come il sangue" di Alessandro D'Avenia, che tratta un tema molto simile.

Lo stile di D'Avenia a me personalmente piace molto di più, lo trovo più delicato e ricercato.
In compenso, questo romanzo di Green ha molto meno punti deboli, figure più verosimili o, forse, solo una visione della vita e della morte molto più vicina alla mia, senza religione, senza false, ma rassicuranti, speranze di redenzione.

Leggetelo.
Io l'ho fatto in un momento in cui è ancora fortissimo il dolore per la perdita di una carissima amica, quasi farmi del male.
In realtà, però, forse è ciò di cui avevo bisogno, al pari del romanzo di D'Avenia.
In fondo, i benefici della catarsi (quella indotta da rappresentazioni teatrali o dalla lettura di un libro, attraverso l'immedesimazione nei personaggi e la finzione scenica) erano già noti ai tempi degli antichi greci.

Con questo post partecipo, come sempre, al venerdì del libro di Paola, alias Home Made Mamma.

venerdì 24 ottobre 2014

"Bianca come il latte, rossa come il sangue"

"Bianca come il latte, rossa come il sangue" di Alessandro d'Avenia, 254 pag.



"Ogni cosa e' un colore. Ogni emozione e' un colore. Il silenzio e' il bianco..." 
E' questo l'incipit di questo romanzo e mi ha subito colpito, perché io ho da sempre l'abitudine di classificare cose, persone ed emozioni, persino azioni, in colori.
In effetti, mi sono sentita vicina ai protagonisti per tutto il libro.

Forse perché l'autore è praticamente un mio coscritto ed anche io ho frequentato il liceo classico.
Forse, più semplicemente, perché non ho dimenticato la paura del bianco dell'adolescenza, quel voler riempire la paura di rumori e suoni, il desiderio di scrivere e il timore di perdere ciò che non metti nero su bianco, dimenticando ciò che ho appreso.
Così come non ho dimenticato quel senso di estraneità della vita quotidiana da quella interiore, il senso di utilità e inutilità, a intervalli più o meno regolari, della scuola, che a volte mi prendeva.
E neppure l'amicizia e l'amore...insomma, tutto quello che fa di un ragazzo/a un ragazzo/a.
E credo anche di essere stata, almeno in parte e senza l'epilogo amoroso del libro, la Silvia di qualcuno.

L'unica figura che non mi ha convinto, di questo libro, e' il prof. Sognatore.
Nel mio percorso scolastico ho avuto molti bravi insegnanti, che mi hanno dato molto anche in termini di educazione alla vita.
Però un rapporto come quello che descrive il romanzo, mai, e stento a credere che sia possibile.
Forse non è nemmeno augurabile: ad ognuno il suo ruolo.

La scrittura e' scorrevole e semplice, i pensieri del protagonista a volte ripetitivi, per chi i sedici anni li ha superati da un pezzo, ma non per questo superficiali.
Anzi, ricordarli fa solo bene.

Certo, avrei fatto meglio a risparmiarmi la malattia ed il dolore della perdita, almeno nella scelta delle letture, visto che è un tema che, purtroppo, questo periodo mi ha toccato e mi sta toccando troppo da vicino.
Però senza non sarebbe un romanzo sulla crescita, sull'amore e sui tormenti dell'adolescenza.

Il difetto: il richiamo continuo a Dio, negli ultimi capitoli.
Per me, pensare ad una divinità non è di nessuna utilità e consolazione e più vedo malattie e dolore, più mi allontano inesorabilmente da una fede, che non sono mai riuscita ad avere.
Questo, che per me  è  un "difetto" della narrazione (anche perché la facilità molto), per altri lettori può comunque essere un punto di forza.

"Avevo bisogno dell'essenziale, e in montagna e' più facile trovarlo" 

" E' bello quando stai male avere una famiglia che ti sta vicina. Come fai se non hai una famiglia, una moglie, dei figli? Chi si prende cura di te quando stai male?...perché le cose, finché non ci sei dentro, non le capisci o non riesci a vederle. E allora i genitori ti sembrano due rompiballe professionisti, che stanno li' solo a vietarti di fare le cose che vorresti.
L'Elefante, sua moglie e i figli invece me lo hanno mostrato con chiarezza: da grande voglio una famiglia unita come la loro. Perché anche se stai male rimani tranquillo, e questo è il senso di una vita ben spesa: qualcuno cheti ama anche quando stai male. Qualcuno che sopporta il tuo odore. Solo chi ama il tuo odore ti ama davvero. Ti da' forza, ti da' serenità. E mi sembra un bel modo di mettere una diga ai dolori che capitano nella vita."

Durante l'anno scolastico Leo capisce che il miglior modo per sconfiggere un uomo o un popolo intero, e' bruciare i suoi sogni, anche attraverso i roghi di libri.
Rubando i sogni, si ruba la vita.
E su questo, credo non ci siano dubbi.
Molti libri lo dicono, molti lo dimostrano, come pure i fatto che la storia ci racconta. Eppure tanti, nel mondo, ancora ci rubano i nostri sogni.

Con questo post partecipo al Venerdì del Libro di Home made mamma.

mercoledì 22 ottobre 2014

Una mamma di m.

E' così che mi sento, da un pò di giorni a questa parte.
Il nano è in modalità "capricci a raffica" e "lagne continue".

Tutto è una lotta, dal mangiare (farlo stare seduto composto a tavola...un miraggio) al vestirsi, al lavarsi, all'andare a dormire e a qualunque altra attività gli si chieda di compiere.

E io sono sempre più stremata e nervosa.
Perchè si comporta così solo quando ci sono io, a volte quando c'è l'Alpmarito, comunque mai se è solo con nonni/maestre/zie.

Io cerco di ragionare con lui, tento con le moine e poi con il contenimento fisico, con abbracci rifiutati e infine perdo la pazienza, urlo, qualche volta faccio pure partire uno scapaccione, ricatto a tutto spiano, sequestro giochi, metto in punizione e, quando proprio sono stremata, mi chiudo nel silenzio.
Poi certo, passata la tempesta, tento di recuperare e capire con coccole e abbracci ma non basta.
Dopo un pò, si ricomincia.

Sono nervosa, certo.
Anzi, siamo nervosi, io e l'Alpmarito.
E pure stanchi

Non c'è yoga e corsa che tengano.

Forse sono solo  le preoccupazioni economiche e pratiche legate alla casa in ristrutturazione ed al lavoro (che quando c'è è troppo, quando non c'è, vai in crisi perchè vedi nero, perchè essere liberi professionisti in questo senso è uno schifo al quadrato).

Forse è che non passa giorno che non giunga una notizia nefasta: persone che muoiono, anche giovani, troppo giovani, persone che si ammalano gravemente, persone che si separano, persone grette e meschine che iniziano battaglie contro chi sta già soffrendo abbastanza.

Persino la nostra gatta è ammalata e le sto facendo punture di antibiotico e l'aereosol, tutte le mattine.

Forse è solo che ho perso la mia amica e vedo il mio amico combattere contro dolore e cattiveria e non sono ancora riuscita a buttare fuori tutta la rabbia e la tristezza che ho dentro.
Forse è solo che è più forte di me: non riesco a trovare una fede che non ho mai avuto, nè a rassegnarmi a non avere risposte e non trovare giustizia.
Ci provo, perchè mi aiuterebbe, ma nulla.
Quanto invidio chi riesce a mentire a se stesso.

Forse è solo che ha ragione lui: la vita è troppo breve per perdere anche solo un minuto a fare qualcosa che non ci piace, se non è strettamente indispensabile e necessario.

Ci penso, ci rifletto e mi rigiro questa consapevolezza nello stomaco.
E mi sento ancora più di m. perchè il tempo che passo con la mia famiglia è rovinato da capricci, stanchezza e nervosismo, tanto che finisco per desiderare che sia notte o che vada alla scuola materna, per poi stare male tutto il giorno perchè non sono con lui.

Mi sforzo di sorridere.
Guardo le fotografie, che rappresentano sempre momenti felici (per fortuna) e cerco di cacciare fuori tutto il resto.
Però non è facile.
Da domani solo post positivi per un pò, giuro.


giovedì 25 settembre 2014

Questo post vorrei non scriverlo.

Questo post vorrei non scriverlo.
Eppure tu stai molto male e io non riesco a tenermelo dentro e non posso mostrarlo all'esterno, non con il nano, non con gli amici, perchè so quanto voi tenete alla riservatezza, anche ora.

Ho bisogno di scriverlo, almeno.
Piangere è un lusso e, nello stesso tempo, è troppo poco per te, per voi.

Cara amica mia, non è giusto che stia succedendo proprio a voi, a persone come voi.
Non riesco a capire il perchè, non riesco a trovare giustizia in quello che sta succedendo.

Non riesco a pensare ad altro.
Mi sento impotente.

Vorrei essere più vicina a te, a lui, ma la realtà è che non so come e cosa fare.
Non ci sono parole giuste, non c'è gesto che serva davvero.

Vi voglio bene.




mercoledì 27 novembre 2013

Lato A

Leggo molto, penso troppo, scrivo poco.

C'è che non riesco a scrollarmi il pessimismo di dosso.
C'è che tutto si dimostra peggiore di quel che speravo.
C'è che il clima sociale e politico non aiuta.
C'è che mia cugina sta sempre peggio e soffro per lei, per le sue figlie ed i suoi nipoti e le penso sempre, anche se non lo sanno.
C'è che alla mia amica, già alle prese con un serio problema di salute, hanno pure svaligiato casa, rubando risorse e ricordi.
C'è che nella mia famiglia d'origine si respira tensione, fatica, dolore.
C'è che nella famiglia di mio marito non si respira un bel nulla, un muro di gomma insensibile.
C'è che fino alla primavera, andava decisamente meglio e poi il mio mondo si è sgretolato e io vorrei solo stringermi forte al nano e all'Alpmarito ed essere felici perché ci siamo e siamo in salute.
Però il mio umore oscilla e non riesco a rilassarmi mai.
C'è che la scorsa settimana ho chiuso dei bei boulder e delle vie di 6a di 30 movimenti a vista.
Però è da giovedì sera che non riesco più ad alzare un braccio e le mie spalle gridano vendetta anche mentre dormo. Forse non ho più l'età.
C'è che intorno a noi è tutta crisi e sconforto e ci sono più malattie e funerali che lieti eventi.
Ed in effetti, non è che ciò che vediamo e respiriamo faccia venire voglia di metter su famiglia.
Perché non c'è aiuto per chi lo merita, in Italia.
C'è che ho ricominciato con il vaccino per l'allergia, dopo una pausa di due sole settimane, e vivo con la nausea ed il mal di stomaco costante, eliminando un cibo dopo l'altro.
C'è che questa mattina il treno e' partito in ritardo di 30 minuti e adesso  di 10 e " nessuno se ne importa " ( Pino Daniele docet).

C'è che sarà un Natale povero e in tutti sensi, solo che dei regali non me ne frega niente, del calore e dell'affetto, dell'atmosfera e della magia, invece, si. Ed è questa la povertà che mi spaventa di più.
C'è che ascolto gli sfoghi di tutti, ma non ho nessuno con cui sfogarmi io, se non questo spazio bianco virtuale.

E poi c'è il rovescio della medaglia.
Perché voglio, devo, ho bisogno,
di raccontarmi e raccontarvi anche quello.

domenica 17 novembre 2013

Quella cavolata della decrescita felice

Credo che quello della "decrescita felice" non sia un mito ma la cavolata del secolo.
Mi scusino tutti quelli che aderiscono al movimento che ne prende il nome (che non conosco così bene da poter dare giudizi), mi scusino in anticipo tutti quelli danno al termine un significato diverso da quello che gli attribuisco io.

Perché lo devo dire.
E' da quando ho letto il saggio della Lipperini (Mammavvocato: Di mamma ce n'è più d'una, Loredana Lipperini) che ci rifletto.
E' da quando mi sono imbattuta nel blog genitoricrescono che ci penso.
Ma anche da molto prima, dalla prima volta che ho visto il termine nero su bianco.

Non c'è felicità nella privazione di qualcosa a cui pensi di tenere.
Neppure se in realtà si rivela superflua e ininfluente, neppure se per gli altri e' inutile, neppure se in altri luoghi e in altri tempi sarebbe stata considerata un lusso impensabile.

Può esserci una ritrovata sensazione di leggerezza e una nuova consapevolezza, questo si', nella rinuncia.
Anche se sofferta, può aiutarci a capire cosa e chi e' davvero importante per noi.
E credo nella necessità di cambiare il mondo in cui viviamo, a partire da noi, con piccoli gesti, per consumare meno e, soprattutto, consumare meglio.
In questo, anni di lavoro in rifugio mi hanno aiutato: so perfettamente che non ho bisogno di molti oggetti per essere felice, purché abbia pasta in abbondanza e la compagnia giusta (= famigliari, nano, qualche amico sincero), non mi serve neppure una salute perfetta (= posso convivere con l'allergia e le ginocchia scricchiolanti).

Però, però.
Un conto e' avere un lavoro che piace ma che stressa, uno stipendio che consente vacanze sugli sci, una casa grande, cene fuori e piccoli lussi fashion, eppure non avere tempo per se è per i propri cari, perché presi nella ruota infernale del "devo lavorare per mantenere questo stile di vita e perché se mi fermo ora la carriera e' bruciata e non si può tornare indietro e poi in fondo non mi accontento mai, c'è sempre un altro traguardo, maggiori responsabilità e l'opinione della società" ecc. ecc.
Un conto e' avere tutto questo e scegliere di rallentare per vivere con meno e ritmi più umani, d'accordo con la tua dolce metà ed i figli, sapendo che avrai comunque abbastanza di che vivere e divertirti.

Un altro e' aver investito anni e risparmi (spesso dei genitori, però sempre soldi sono e nulla e' gratis), tempo e fatiche nello studio e nel lavoro e scoprire che con la scusa della crisi il tuo guadagno orario, ammesso che trovi un posto, e' inferiore a quello di una collaboratrice domestica e in più non hai salvagenti, perché il tuo contratto e' precario (magari no, ma tutti sanno quanto sia facile, nella maggior parte delle ditte, licenziare comunque) o lavori in proprio e anche se hai pagato contributi a gogo', quando sei tu ad avere bisogno dell'indennità di disoccupazione, non arriva e se arriva ci paghi giusto mutuo/affitto e bollette, se va male neppure il nido, perché le rette si basano sul reddito dell'anno prima e che ora non ci sia più, frega nulla a nessuno.
Oppure, semplicemente, il posto non lo trovi, i clienti non hanno soldi o, se il lavoro c'è, e' all'estero e devi disgregare la famiglia per trovarlo o uno dei due deve rinunciare al proprio per seguire l'altro.
Cero, a volte emigrare e' un'opportunità e non tutte le coppie che hanno un coniuge che lavora fuori casa dal lunedì al venerdì per anni, poi scoppia.
Però per i figli (e coniuge) avere un genitore/ partner da weekend non e' il massimo.
Lo dice mio marito, che ci è passato, da figlio.
Lo dicono tutti i nostri amici che hanno avuto un padre così.
E i pochi che conosco che si sono spostati spesso per via del lavoro dei genitori.

Scoprire che per quanto sforzi tu faccia, per quanto tu abbia studiato, investito, sudato, le prospettive sono solo di peggiorare, di decrescere, di rinunciare ad uno stile di vita che hai avuto la fortuna di conoscere, di dire addio a frequenti visite a musei & co, perché' costano troppo, di ridurre lo sport, perché pure quello costa, quando invece senti di averne bisogno di non poterne fare a meno a lungo,perché nutrire la tua anima e il tuo cervello di stimoli e conoscenze, allenare il tuo corpo TI SERVE per sentirti vivo, perché è parte di te....

Ecco, allora non è decrescita, e' depressione.


Perché questo sfogo?
Perché certe volte la paura prende il sopravvento, paura del futuro, nostro ma soprattutto di nostro figlio, anche se noi non siamo soli, abbiamo famiglie (non più entrambe solide ed unite, ahimè, ma presenti) alle spalle, cibo in tavole e tetto sopra la testa.
Perché a volte non basta.
Perché i segnali fanno pensare ad un futuro ancora peggiore, anche se non smettiamo di cogliere anche motivi di speranza, sperando che prendano il sopravvento.
Perché fa male vedere chi ha dato e non riceve, chi sogna ed è frustrato.
Fa male sapere che c'è chi è in maternità ma lavora comunque qualche ora da casa perché la ditta ne ha bisogno e lei è una persona coscienziosa e vuole essere onesta con chi lo è con lei.
Fa male sapere che c'è chi ancora non sa che il suo sogno di un figlio, molto probabilmente porterà con se la sospensione, spero temporanea, di una carriera che sta costruendo con fine settimana passati a studiare e giornate lavorative che iniziano e finiscono alle otto, precedute e seguite da un'ora di auto, senza quasi incrociare il partner.
Fa male sapere che c'è chi ha accumulato esperienze, ha studiato, rinunciato a ferie e permessi per anni, accettato qualunque incarico pur di lavorare e imparare e ora si trova ignorato dall'INPS e con prospettive, almeno nell'immediato, quasi a zero.
Fa male sapere che c'è chi lavora male ma "ha il nome" e spilla denaro a clienti ingenui e chi lavora bene ma "e' giovane e donna" e se la filano in pochi.
Fa male sapere che, come al solito, a pagare il prezzo più alto sono le donne, specialmente se già madri o aspiranti tali.


Perché è bello cucinare con le proprie mani, per il secondo compleanno del nano, affinché i bambini mangino più sano, affinché abbia proprio la torta che piace a lui, per offrire agli amichetti, ai loro genitori, agli amici, ai parenti, qualcosa di buono e non troppo pasticciato da sgranocchiare.

Perché da soddisfazione, perché ricevere nella propria casa e' anche voglia di aprirsi al mondo, di accogliere, di entrare in intimità e io vorrei che il nano ne imparasse il valore.

Però sapere che è anche l'unico modo per non spendere una fortuna e che bisognerà rinunciare a qualche invitato e comunque di feste farne due, altrimenti non ce la si fa, non è che renda tanto felici.

E invece, sul web e fuori, e' tutto un trionfo di "mi faccio il pane da sola", " faccio i detersivi da sola", " faccio i giochi da sola" "devo risparmiare come faccio a fare la festa" (e qui quasi sempre e' la mamma a fare, fare, fare da se', poveretta), " rinuncio alle vacanze ma cerco di cogliere il lato bello comunque", "non so cosa fare il fine settimana con i bambini perché costa tutto troppo ed il centro commerciale e' diseducativo e poi tanto lo shopping e' escluso " ecc., che alimenta la depressione.

Ecco perché, per me, la decrescita di cui tanto si parla oggi ha il gusto amaro della sconfitta.
Perché il sapore della felicità non può essere quello dei sogni che si sciolgono in bocca, ingoiati a forza, nell'acido che sale dallo stomaco.

domenica 3 novembre 2013

Nano in crescita, film, riflessioni e...tempo regalato!

Il mio nano sta diventando grande.
Oggi, in piscina, nuotava come un pesciolino con la macchinina (tubo galleggiante piegato a u e sostenuto alle estremita' da un altro pezzo di tubo con due fori), usciva dai tunnels e si tuffava con sicurezza e poi mi è sembrato cresciuto in altezza. La sua fisionomia sta diventando quella di un bimbo e non più di un bebè, fa frasi complesse, canticchia e chiacchiera tantissimo, si toglie i pantaloni e le calzine da solo e sa mettersi scarpe, ciabattine e stivali in autonomia.
E poi è così bello con i suoi ricciolini d'oro!!
Ieri mi ha strappato un piantino perché così, di punto in bianco, ha deciso di fermarsi a dormire dalla nonna, dopo il tour dei cimiteri e una lunga passeggiata in centro città.Mentre ci stavamo vestendo per tornare a casa, lui, serenamente e semplicemente, ha detto che voleva rimanere con la nonna a fare nanna e pappa e si è anche dimostrato molto infastidito quando gli abbiamo chiesto se era davvero deciso...

In effetti, lui quando decide decide!
Ci ha salutato abbracciandoci e mandandoci un bacino, gli abbiamo telefonato dopo cena e lui tutto allegro ci ha dato la buonanotte e oggi mi ha detto che si è divertito molto.
Io, invece, ieri sera appena fuori casa sono scoppiata a piangere perché non mi aspettavo che prendesse lui l'iniziativa così,senza preavviso...l'Alpmarito, sempre razionale, ha sostenuto che era sintomo della sicurezza e tranquillità che gli avevamo trasmesso ed era fiero di lui...verissimo però un po' di groppo in gola mi è rimasto!
E quindi.....Tempo regalato (la maiuscola non è casuale), improvvisamente, così tanto che non sapevamo neppure cosa farcene, li per li!
Abbiamo visto un film intero e cenato con calma, rendendoci conto che era bello perché il nano comunque c'era ed era solo un intermezzo alla vita con lui. E io pensavo a come avevo fatto a vivere senza di lui per anni!(Molto sentimentale, vero? Forse per il fatto che in fondo era il giorno di Ognissanti, una ricorrenza non proprio allegra e il nano sembra crescere a vista d'occhio).Questa mattina mi sono svegliata presto per ottimizzare il tempo, tra commissioni, riordino e un po' di nostalgia...masochismo?!
Ma torniamo al film: "Warriors", la storia commovente di due fratelli lottatori e di un torneo di MMA (lotta mista) con un premio finale di 5 milioni di dollari.La storia di come l'infanzia segni la nostra vita, di come un padre, a modo suo, possa amare i suoi figli anche se malato ed alcolista, di come ci sia sempre tempo di perdonare e della forza dei legami di sangue.E poi, e' la storia di due ragazzi che si battono per il bene delle persone che amano, dimostrando che motivazione ed allenamento possono fare di un uomo un campione.Sarà perché mi piacciono i film che hanno a che fare con gli sport, boxe inclusa, sarà perché era il primo film senza interruzioni che vedevano da mesi ma..ieri ha assunto un sapore speciale!Quasi come quello della zuppa di cavolo di mamma e nonna, mangiata al pranzo di Ognissanti...quanto amo la cucina tradizionale (soprattutto se mi basta sedermi e mangiare solo)!!


Sabato a pranzo, un'altra sorpresa: il nano ci ha lasciato parlare a lungo con lo zio, giocando da solo e leggendo i suoi libri in autonomia sul divano.Magari sarà un evento più unico che raro ma dimostra che sta crescendo e formandosi la sua personalità.

Poi naturalmente c'è stato il giro dei cimiteri e la nonna di nuovo malata e i lavori alla casa che sono iniziati davvero e....mi fermo a pensare che lui non sarà qui, con me, a vederla, che non conosce il suo bis- nipotino che porta il suo nome, che non ha mai potuto vedere l'Alpmarito e che in 15 anni la mia vita e' cambiata tantissimo ma se penso a lui, e' come se fosse sempre accanto a me e mi sembra ieri che veniva a prendermi a scuola e parlavamo...e mi manca, mi mancherà sempre.



mercoledì 11 settembre 2013

Spero

Vorrei scrivere un post pieno di leggerezza, di ricordi di posti lontani, di sole che ancora brilla, nonostante l'aria autunnale, del sorriso del mio bambino.

Invece non ho avuto neanche il tempo di aggiornare i post sul Portogallo con l'inserimento delle immagini, dopo 3 settimane dal rientro.
Nè ho ancora ordinato la stampa di quelle foto che giacciono da un anno sull'hardisk, in attesa.
Nè sono riuscita a riprendere una qualche attività sportiva.
E la casa rimane un casino.
Sono tornata senza essere mai andata via, non con la testa.
Sono tornata e sono stata catturata dagli impegni, dal lavoro (ed è anche una fortuna), dalle preoccupazioni.
Per la mia famiglia, qualla d'origine, che si è, in qualche modo, spezzata,
per il nano che ha ricominciato con tosse e raffreddori e lavaggi nasali,
per l'Alpmarito, senza più un lavoro ma con tanti progetti e idee in testa
e preoccupazioni e paure (non vuole mostrarli ma so che ci sono),
per la casa che ci aspetta ma sarà un lungo viaggio,
per il futuro ed il presente,
per gli amici che non riusciamo a vedere, nonostante i nostri sforzi,
che forse dovremmo ammettere che allora non sono poi così tanto amici,
ma fa male,
e per loro, soprattutto.

Guardo il nano, anche se febbricitante, con gli occhi rossi ed il nasino che cola ma comunque sano e felice, e poi penso a lui.
Al nostro "nuovo" cuginetto, arrivato con tanto, troppo anticipo, e già segnato dalla vita, dall'incompetenza o dal senso di onnipontenza di medici e infermieri poco accorti, dalla sfortuna, dall'ingiustizia; a lui, che lotta per crescere, anche se, ormai, per sempre rimarrà senza un pezzo di sè.
Penso alla sua mamma ed il suo papà, che vivono con angoscia e speranza, ormai per lui, solo per lui, come solo dei genitori.

E penso a lei,
la mia amica, bella dentro e fuori, 
e a lui,
il mio miglior amico, che la ama.
Penso a loro, alle prese con una malattia che ha colpito lei ma con lei anche lui.
Una malattia che non merita, che non meritano.
Non adesso, poi.

E penso ad altri cugini,
lontani nel grado di parentela e nello spazio
ma non nel mio cuore.
Anche loro alle prese con la malattia,
e, anche se questa volta riguarda una persona anziana, l'età non basta a rendere accettabile il dolore.

Penso a loro e mi sento fortunata.
E in colpa, anche.

Se avessi fede, pregherei per loro.
Se la salute si potesse regalare o comprare, correrei in negozio.
Se conoscessi le parole per farli stare meglio, le direi.
Se fosse medico, li curerei.

Invece.
Non posso donare salute, non conosco parole magiche, non sono un medico e non ho fede.

Telefono, ogni tanto, perchè bisogna entrare in punta dei piedi nel dolore altrui e non voglio che l'interesse si trasformi per loro in pressione, fatica, invadenza. E non so mai quanto sia gradito e quanto no.
Chiedo, e spero.

Spero che, per una volta, al mondo sia rimasta un pò di giustizia.

giovedì 18 luglio 2013

UTOPIA

Utopia e' una coppia che si ama ancora dopo 40 anni.
Utopia e' un lavoro che si trova, e non a 1000 km di distanza.

Utopia e' una famiglia che può riunirsi tutte le sere a tavola, per ritrovarsi tutte le mattine attorno alla stessa tavola per iniziare la giornata insieme.

Utopia e' uno Stato in cui non servono un milione di carte e permessi e autorizzazioni per fare qualunque cosa.

Utopia e' un Paese in cui puoi dipingere la tua casa del colore che vuoi.

Utopia e' un ambiente in cui non respiri veleni senza neanche saperlo.

Utopia e' trovare tempo per gli amici e amici che abbiano tempo per te.

Utopia e' un sorriso da tutti e per tutti.

Utopia e' empatia.
Utopia e' un vestito che ti calza a pennello e nel tuo colore preferito, senza mai essere fuori luogo.

Utopia e' essere giudicati per i propri meriti e le proprie competenze, non per il proprio aspetto o l'apparenza di successo.

Utopia e' una città in cui non esistono omicidi e donne e bambini non sono vittime di assurde gelosie e ripicche di chi chiama amore un'ossessione.

Utopia e' un mondo in cui rettitudine, sincerità, giustizia, coerenza, impegno, non sono solo slogan o parole ma valori condivisi e coltivati.

Utopia e' un mondo senza il cancro a portarti via le persone che ami.

Utopia e' capirsi, parlarsi e comprendersi, pur continuando ad essere diversi e se stessi.

Utopia e' un cielo senza luci che oscurino le stelle.

Utopia e' una montagna scalata con rispetto.

Utopia e' acqua pura e cristallina, che basta per tutti.

Utopia e' il tuo sport preferito, ogni giorno.


U - non, topos - luogo: utopia purtroppo e' un luogo che non c'è o forse,
un non luogo.

Spesso il termine utopia e' la maniera più comoda per liquidare quello che non si ha voglia, capacità o coraggio di fare....un sogno sembra un sogno fino a quando non si comincia da qualche parte, solo allora diventa un proposito, cioè qualcosa di infinitamente più grande.
Adriano Olivetti
Utopia e' il coraggio di crederci.

E poi c'è il sorriso dolce e furbetto del mio bambino.
E questa, per fortuna, e' realtà.

domenica 7 luglio 2013

Fatalità o irresponsabilità?

Morire a 12 anni per la disattenzione degli adulti, morire a 12 anni per troppa fiducia nelle capacità di un bambino, morire mentre ci si diverte, mentre si arrampica in falesia, in un luogo sicuro o che dovrebbe esserlo.
Arrampicare in falesia non è come fare sci alpinismo, non è come scalare in quota, come fare una via ferrata sulle Dolomiti, una cascata di ghiaccio a Cogne o la traversata del Lyskamm.
Arrampicare in falesia e' più sicuro che girare in auto.
Invece un bambino e' morto, un ragazzino che era già un campioncino, originario della mia città, in gita con istruttori Fasi e amici, piccoli e non.
È morto perché ha scambiato la sua attrezzatura con quella di qualcun altro, montata male.
Ovviamente ci saranno indagini e ci sarà una verità, forse diversa da quella che mi è stata raccontata, a caldo, da amici dell'ambiente. Le mie riflessioni, comunque, non possono che prendere avvio da ciò che mi è stato riferito.
E mi chiedo di chi sia la colpa.
Di genitori troppo fiduciosi, di adulti forse esperti nella tecnica ma affatto pronti ad insegnare (compito che non e' mai semplice), nella mancanza di prudenza e buon senso, anche di fronte a dei minori, quando ci si aspetterebbe che gli adulti fossero ancora più attenti ed accorti?

Sarebbe bastato un controllo prima del via e un casco in testa.
Sarebbe bastata responsabilità.
La nostra vita e quella delle persone a noi care può finire all'improvviso, per tragiche fatalità, e' vero. Se però la causa è un errore che si sarebbe potuto evitare e la vittima un bambino, forse parlare di fatalità e' troppo semplicistico, troppo facile.
Ora, forse, ci saranno divieti e precauzioni imposte dall'alto, magari, come spesso accade, da persone che non sanno neppure di che cosa stiamo parlando.
La testa, però, quella non può imporla nessuno per legge: metterci la testa, è questo il punto.
Nessuno "scarico di responsabilita" firmato dai genitori può fare venir meno la punibilità, almeno penale, di chi doveva vigilare su un minore, con conseguenze di gravità inversamente proporzionale all'età del minore.
Mi chiedo perché non si sappia e non se ne tenga conto.
Magari, se lo sapesse, qualcuno rifletterebbe ed agirebbe con più cautelala, se non per intelligenza, almeno per timore.

Ho un dolore sordo alla bocca dello stomaco per quel piccolo arrampicatore, che era uno di noi, e per la sua famiglia, il cui dramma posso solo immaginare.
E ho paura.
Di non essere in grado di proteggere mio figlio, di fare scelte sbagliate dalle tragiche conseguenze, di essere inadeguata, troppo apprensiva o troppo permissiva, soffocantemente ansiosa o pericolosamente fiduciosa.
Ho paura perché, comunque, il nano non sarà e non è sempre sotto la nostra ala protettiva e nulla dipende solo da noi.

Intanto fuori dalla finestra, una coda ininterrotta di auto mi ricorda che è domenica sera e le gite fuori porta, con il loro carico di gas di scarico e rumori, volgono al termine.
La "mia" Valle adottiva, ancora una volta, avrà dispensato gioia e dolori.
Questi ultimi però, raramente sono "colpa" sua.
L'imperfezione e' umano, la sofferenza anche.

A volte, una domenica di sole e calore non basta.

sabato 6 aprile 2013

Una settimana intensa

E' stata una settimana intensa.
Tre giorni di festa molto belli, trascorsi con la famiglia e cari amici.
Tre giorni che però hanno richiesto un intenso sforzo lavorativo nella settimana precedente e in quella appena trascorsa.
Quando il lavoro c'è non ci si lamenta, si lavora e basta, ma il tempo per scrivere scomprare, perchè la famiglia e gli impegni quotidiani prevalgono.
Ho voglia di raccontare tanto, di sfogarmi in questo mio piccolo angolo privato.
La decisione per la casa che si fa sempre più concreta, i dubbi e le paure, i problemi burocratici e le discussioni in famiglia, la crescita straordinaria del nano, che ogni giorno arricchisce il suo vocabolario e ci sorprende, che non ci lascia dormire bene la notte, che ha mal di denti e la congiuntivite ma anche tanta allegria, voglia di correre e giocare a palla in queste prime giornate di tiepida (molto tiepida) primavera.
HO voglia di belle foto e buone notizie, nonostante tutto.
Ho voglia di libri e poesie, da descrivere e riportare.
Ho voglia di riflessioni un pò "fuori tema" ma che mi appartengono, perchè gli spunti nella vita sono tanti e qualche volta è bello fermarsi e non passare in fretta ad altro.
E non ho abbastanza tempo.
Voglio pensare positivo.
Perchè questo è il mese in cui mi sono sposata, è il mese in cui è nato l'Alpmarito, è il mese di fioritura dei miei fiori preferiti.
Eppure non riesco a farmelo piacere, non riesco a dimenticare che in questo mese ho visto andarsene una persona cara.
E allora pensare ad altro a volte aiuta, almeno per un pò.