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venerdì 12 febbraio 2016

"Storia della bambina perduta" : ora sì che sono convinta!

 Quarto e ultimo volume della quadrilogia de "L'Amica geniale", "Storia della bambina perduta" è senza dubbio il romanzo della serie che mi è piaciuto di più e mi ha definitivamente convinto in merito alla bravura dell'autrice.



Ho iniziato a leggere il primo volume grazie al consiglio di Mimma, che oggi ringrazio per il suggerimento di lettura.

In realtà, non mi aveva affatto convinta, principalmente per la sua cupezza e per l'ambientazione così diverste dalla mia realtà quotidiana e dalla mia infanzia (per fortuna).
La curiosità ha tuttavia prevalso, portandomi dopo qualche tempo a prendere in prestito il secondo romanzo, "Storia del nuovo cognome", che mi ha, mio malgrado, catturata.
L'innamoramento è arrivato con il terzo volume, per ragioni che ho già spiegato (qui).
Così ho prenotato e letto voracemente anche il quarto ed ultimo romanzo, che mi ha conquistata.
Forse perchè più romanzato, sicuramente per l'ampio spazio concesso alla storia socio-politica italiana (il terremoto, la camorra, i partiti politichi, le ondate periodiche di rinnovamento, il ruolo della magistratura, l'evoluzione della condizione femminile ecc.), senza dubbio anche perchè mi ero abituata a quella sensazione di angoscia e pessimismo che avevo avvertito con fastidio nel primo volume, non ultimo, perchè molte domande che mi ero posta durante la narrazione avevano trovato finalmente risposta.
Inoltre, ho apprezzato le riflessioni introspettive di Elena, con la quale,  tra le due amiche protagoniste, ho sempre sentito più empatia.
Nella sua narrazione di vicende, nel suo interrogarsi, infatti, Elena spinge a formulare con lei domande e supposizioni, dare risposte, riflettere sul senso dei rapporti di coppia e dell'amicizia, sull'influenza dei legami dell'infanzia, dell'ambiente e della istruzione.
Mi è piaciuto vedere (in senso metaforico) riannodare i fili della vita di ciascuno dei personaggi conosciuti nei precedenti romanzi, assistere alla loro evoluzione, maturità e, per alcuni, scomparsa.
Per alcuni, avevo ampiamente previsto il cammino che avrebbero imboccato (la sorte della relazione tra Nino ed Elena, ad esempio, aveva un finale scontato), per altri, sono stata sopresa in positivo o in negativo.

Il colpo di scena finale, inoltre, mi ha colto di sorpresa.
Certo, essendo fondamentalmente una sognatrice, non mi sarebbe spiaciuto un ritrovamento della "bambina perduta" ma, forse, quella perdita è servita a svelarne un'altra, che molto tempo prima aveva compiuto scelte tali da eclissare la sua genialità, a farne da specchio, da rimando.
In ogni caso, credo che un finale diverso avrebbe stonato con il tono della scrittura, con l'umore di fondo della narrazione.

"A Enzo aveva tolto con fastidio ogni merito, li aveva attribuiti tutti a Lila. Fu così che mi resi conto che se lo avessi costretto a scavarsi dentro, sarebbe venuto fuori che il massimo esempio di intelligenza femminile - forse il suo stesso culto di quell'intelligenza, persino certi discorsi che mettevano in cima a tutti gli sprechi, lo spreco delle risorse intellettuali delle donne - aveva a che fare con Lila, e che se la nostra stagione d'amore si stava già rabbuiando, la stagione di Ischia per lui sarebbe rimasta sempre radiosa. L'uomo per il quale ho lasciato Pietro, pensai, è ciò che è perchè l'incontro con Lila lo ha plasmato così." (pag. 220) 

Ora leggete questo passo:
"Amavo la mia città, ma mi strappai dal petto ogni sua difesa d'ufficio. Mi convinsi anzi che lo sconforto in cui finiva presto o tardi l'amore fosse una lente per guardare l'intero Occidente. 
Napoli era la grande metropoli europea dove con maggiore chiarezza la fiducia nelle tecniche, nella scienza, nello sviluppo economico, nella bontà della natura, nella storia che porta necessariamente verso il meglio, nella democrazia si era rivelata con largo anticipo del tutto priva di fondamento. Essere nati in questa città - arrivai a scrivere una volta, pensando non a me ma al pessimismo di Lila - serva a una sola cosa: sapere da sempre, quasi per istinto, ciò che oggi tra mille distinguo cominciano a sostenere tutti: il sogno di progresso senza limiti è in realtà un incubo pieno di ferocia e di morte." (pag. 319)

Letto? Bene. Sostituite "Italia" con "Napoli" e "Paese" con "città" e avrete quello che si percepisce e respira tutti i giorni in questo periodo.
Queste le mie impressioni sul romanzo, che consiglio per l'appuntamento del venerdì del libro di oggi.

Se ne volete un'altra, leggete questa, di Mimma.
Se, invece, cercate una recensione di quelle "professionali", io vi consiglio quella di Slumberland. 

Nell'altro post di oggi, invece, trovate i due libri per bambini che consiglia il ricciolino biondo !!!
Non sia mai che qualcuno rimanga senza un buon libro per il fine settimana, eh!?






venerdì 22 gennaio 2016

"Storia di chi fugge e di chi resta" e "Le ossa della principessa", ovvero due romanzi per due scrittrici italiane

Sono arrivata al terzo volume della serie de "L'amica geniale" di Elena Ferrante:
"Storia di chi fugge e di chi resta", edizioni e/o, pag. 382, euro 19,50.
Dopo i sentimenti ambivalenti che mi avevano colto alla lettura del primo romanzo, dovuti soprattutto al l'angoscia che mi aveva lasciato in dono, avevo comunque deciso di placare la mia curiosità con il secondo volume, spinta dalle numerose recensioni positive ed i consigli ricevuti nei commenti.
L'angoscia era rimasta ma, mio malgrado, la storia mi aveva catturato sempre di più.
Così sono arrivata al terzo che, devo ammettere, e' quello che fino ad ora mi è piaciuto di più.
Le ragioni sono molteplici: in primis, l'attenzione riservata al particolare periodo storico italiano in cui è ambientato, con le rivolte studentesche, le lotte tra i partiti, il fermento "rivoluzionario", in anni che in fondo hanno visto anche i miei stessi genitori frequentare l'università, seppur altrove, e che i libri di storia non raccontano.
Poi lo sguardo lucido e disincantato dell'autrice sulla condizione sociale della donna e sul matrimonio.
Le riflessioni della protagonista, Elena Greco, sulla condizione di scrittrice, di donna, di madre e la fragilità, messa in luce forse per la prima volta, dell'amica e coprotagonista Lila.
Infine, il racconto dei contrasti intergenerazionali all'interno dell'ambiente colto e benestante come in seno alle più povere realtà.
L'interesse ha attenuato la tristezza e cupezza del racconto e ho sentito la storia dei protagonisti farsi più vicina e catturarmi ulteriormente, portandomi a divorare il romanzo in pochi giorni.
Ovviamente, ho già prenotato in biblioteca il quarto volume.
"Ero cresciuta con un paio di scarpe per volta, abitucci cuciti da mia madre, il trucco soltanto in rare occasioni. In anni recenti avevo cominciato a preoccuparmi delle mode, a educare il gusto sotto la guida di Adele, e adesso mi divertiva farmi bella. Ma a volte - specialmente quando mi ero curata non soltanto per fare buona figura in generale, ma per un uomo - apparecchiarmi (era questo il vocabolo) m'era sembrato che avesse qualcosa di ridicolo. Tutto quell'affanno, tutto quel tempo a camuffarmi quando avrei potuto fare altro. I colori che mi stanno, quelli che non mi stanno, i modelli che mi snelliscono, quelli che m'ingrossano, il taglio che mi valorizza, quello che mi svaluta. Una lunga, costosa preparazione. Un ridurmi a tavola imbandita per l'appetito sessuale del maschio, a vivanda ben cucinata perché gli venga l'acquolina in bocca. E poi l'angoscia di non farcela, di non sembrare bella, di non essere riuscita a celare con destrezza la volgarità della carne con i suoi umori e odori e difformità. Comunque l'avevo fatto...." (Pag. 334).
***
Dopo una lettura appassionante ma comunque non facilmente digeribile, ho sentito il bisogno di dedicarmi a tutt'altro genere e ho scelto un giallo, sempre di un'autrice italiana.
"Le ossa della principessa" di Alessia Gazzola, Longanesi, pag. 344, euro 17,60

Come nei suoi precedenti romanzi (io ho scritto di questo) Alessia Gazzola mi ha catturato e nello stesso tempo divertito, per la simpatia della protagonista ed il modo lieve. ma non privo di sentimento, in cui viene trattata la morte.
In conclusione, due romanzi molto diversi tra loro ma entrambi consigliati!
Con questo post partecipo all'appuntamento settimanale con il venerdì del libro.





venerdì 11 dicembre 2015

Leggendo...e non solo.

Lo scorso venerdì, presa da questioni lavorative urgenti, ho saltato l'appuntamento con il Venerdì del libro.
Eppure ho letto, eh. Cosa?
"Storia del nuovo cognome" di Elena Ferrante, edizioni e/o 2012, pag. 470.
Si tratta del secondo volume del ciclo iniziato con il romanzo "Amica geniale": Elena Greco e Lila Cerruto, le due amiche d'infanzia conosciute nel primo libro, stanno crescendo.
Lila si è sposata a sedici anni ma il suo rapporto matrimoniale e' iniziato fin da subito con il piede sbagliato e non fa che procedere nella tempesta, mentre lei cerca conforto e amore presso altre persone ed altri luoghi.
Elena, invece, è immersa nella realtà degli studi universitari, di un vecchio amore e di nuove relazioni.
Il rapporto tra loro si fa più distante ma senza mai interrompersi del tutto, in un continuo susseguirsi di ambivalenti sentimenti di amore ed odio.
Devo ammettere che, anche se rimane una tristezza e cupezza di fondo che fatico a digerire, questo secondo romanzo mi ha catturato più del primo, dando ragione alle amiche blogger che mi avevano consigliato di proseguire nella lettura della serie.
Ora non mi resta che cercare il terzo volume ma, per farlo, attenderò dopo Natale: il clima del libro non  si addice alle feste e poi in biblioteca c'è la lista d'attesa per averlo!!!
In contemporanea, ho letto anche
"Affari d'oro" di Madeleine Wickham, ossia Sophie Kinsella, ed. Mondadori 2015, pag. 273.
Un romanzo rosa che si legge tutto d'un fiato, divertendo e facendo nel contempo riflettere sulla difficoltà dei rapporti di coppia, l'influenza dei problemi economici sui sentimenti, l'apparenza e la ricerca continua della felicità che ognuno di noi porta avanti nella quotidianità, magari accorgendosi, alla fine, che in fondo era già in suo possesso, bastava accorgersene.
Anche se non mi è piaciuto quanto altri titoli della stessa autrice (ad esempio: "Fermate gli sposi", "A che gioco giochiamo?", "Dov'è finita Audrey?" oppure " La compagna di scuola"), con questo romanzo la Wickham non mi ha comunque deluso.
Una lettura di evasione certo, ma non per questo banale o scontata, anzi!
E poi...insieme al ricciolino d'oro, costretti a casa da tosse e catarro,ci siamo guardati un bel film del 2014.
In questi giorni nelle sale cinematografiche e' in programma il seguito della storia e, quando eravamo bambini io e mio marito, andava in onda il cartone animato, che però, non mi pare avesse molto in comune con la trama del film.

Si tratta di "Belle & Sebastien" , ambientato sulle Alpi francesi durante la seconda guerra mondiale, ed e' la storia dell'amicizia tra un bimbo che sa guardare oltre le apparenze, un cane enorme dal pelo lungo come una pecora, ingiustamente accusato di essere un mostro ed un padre putativo burbero e con il vizio della bottiglia ma sinceramente amorevole.
Il tutto arricchito da scenari montani incantevoli e dalla volontà dei protagonisti di aiutare gli ebrei in fuga.
Il ricciolino biondo non ha compreso molto del film, però lo ha guardato volentieri e con attenzione e si è innamorato del cagnolone!
Poi, ovviamente, abbiamo visto anche i film- cartoni delle tartarughe ninja (niente Peppa e Masha, questa volta), numeri 2 e 3, ma su di essi non c'è molto da scrivere!

Qualcuno ha letto il romanzo da cui è tratto il film? Dite che vale la pena di leggerlo? Un po' di curiosità mi è sorta!!!

venerdì 16 ottobre 2015

"L'amica geniale" e la mia opinione ambivalente

"L'amica geniale" di Elena Ferrante, edizioni e/o, pag. 327


Ho terminato questo romanzo, il primo dell'autrice che io abbia letto, ormai da più di una settimana.
Eppure, le mie impressioni sono ancora ambivalenti.

L'ho letto su consiglio di Mimma (che ringrazio), trascinata dalla curiosità di moltre altre recensioni e del passaparola, però, però....mi trovo in difficoltà a dare un giudizio.

Non mi soffermerò sulla trama, in rete si trovano descrizioni accurate e precise che dicono tutto, forse anche troppo, vi dirò solo che l'ho trovato cupo, triste, deprimente, angosciante.

L'intelligente Lila Cerullo, figlia dello scarparo, non mi è mai stata simpatica.
La sua amica,  la studiosa e un pò remissiva Elena Greco, figlia dell'uscere, neppure.
Il romanzo è abile nel tenere in bilico il rapporto di reciproca dipendenza tra le due protagoniste, prima bambine e poi adolescenti, nel far sembrare più geniale ed intrapredente ora l'una, ora l'altra, tanto da impedirmi di scegliere un personaggio preferito.

La narrazione è senza dubbio avvincente, il libro è scritto bene e la storia cattura ma, ad un certo punto, mi è sembrato venissero introdotte troppe figure secondarie non necessarie, troppe storie collaterali divaganti, poi spesso frettolosamente concluse o abbandonate.
E' possibile che ciò sia funzionale al seguito e, certamente, consente al lettore di immaginare la vita attiva del rione napoletano, però personalmente mi indispettisce che i personaggi secondari vengano citati continuamente ma tratteggiati superficialmente.
L'amicizia tra le due protagoniste, poi, ha un che di morboso, di velenoso.

In conclusione, non posso dire che non mi sia piaciuto, nè posso sconsigliarlo, per i motivi anzi detti. Anzi, lo consiglio.
Perchè io per prima sono curiosa di leggere il secondo volume della quadrilogia.

Contemporaneamente, però, il pensiero di immergermi nuovamente nella storia di Elena e Lila mi mette ansia e mi deprime, non so se mi spiego.

Devo ancora capire quale sentimento prevarrà, nel frattempo, vi consiglio di prepararvi ad una storia forte, se deciderete di leggerlo.

Con questo post, partecipo al Venerdì del Libro di Home Made Mamma.