lunedì 11 agosto 2014

Passeggiando in Valle d'Aosta con il nostro bambino: Alpenzu', Sorgenti del Lys, Lago Pelaud, Grand Rou

In questa estate che sa di autunno/primavera, dal tempo incerto e con un sole che si concede con parsimonia, ogni tanto riusciamo a fare qualche piccola escursione, con il nostro biondino sempre piu' felice di camminare.

Abbiamo iniziato in modo molto soft...solo 45 minuti (partenza da Gressoney Saint - Jean - AO - Loc. Dresal), anche se di quelli belli tosti, per raggiungere un villaggio Walser dal sapore di altri tempi, Alpenzu' Grande, per poi gustarci prosciutto e fontina in compagnia di mucche ed asinelli (e prendere la pioggia in discesa).



  Durante il rientro, tante meritate tappe, come quella al parco giochi di Issime (AO), sempre apprezzatissimo....


 E Lilliannes (AO), molto moderno ed originale!











Siamo tornati alle sorgenti del fiume Lys, in Valle di Gressoney (AO), un luogo per me speciale, perchè meta immancabile dell'infanzia e non solo...








Circa due ore e mezza di camminata (con partenza da Staffal, comune di Gressoney La Trinité) e una vista magnifica.

E poi ci siamo spostati in Val di Rhemes, per la precisione a Rhemes Notre-Dame  (AO), ovviamente facendo tappa alla mitica pasticceria e bar Dupont di Villeneuve (conosciuta per i torcetti ma fantastica per tutto, compreso il caffè Illy).

Abbiamo fatto un giro al Lago Peluad, con partenza dal centro del paese ...



 costeggiando il canale Grand Ru...

 e deviando, in salita, fino alla cascata..




......per poi scendere al lago ed alla sua area giochi, ovviamente!
Il giorno successivo abbiamo cercato di raggiungere il Rifugio Benevolo, anche questo meta classica delle nostre estati e passeggiata soft...il tempo non è stato clemente e abbiamo dovuto tornare indietro.
Non senza riempirci gli occhi di marmotte, pero'!


Se andate con i bambini, fate un salto anche al Centro Visitatori del Parco Nazionale del Gran Paradiso di Rhemes Notre-Dame, quasi interamente dedicato al gipeto, il piu' grande uccello d'Europa, recentemente reinserito nelle Alpi anche grazie agli sforzi del Parco.



p.s. Scendendo o salendo, se viaggiate con bimbi, fate un salto al parco giochi di Rhemes Saint Georges...il suo lungo scivolo a tunnel è la passione di molti piccoletti!!!




venerdì 1 agosto 2014

"IL bambino della casa numero 10": una storia vera che non si può ignorare.

"Il bambino della casa numero 10" di Alan Philps e John Lahutsky, ed. Piemme, 413 pagine, ed. 2010

Ho cercato questo titolo in biblioteca, colpita dalla recensione di Stefania (leggetela, ne vale la pena!)
Il libro racconta la storia vera di Vanja, diminutivo in russo di Ivan, John in inglese, bimbo cresciuto negli orfanotrofi e nei manicomi di Mosca, narrata dalla voce delle persone, straniere e russe, che quasi per caso sono venute in contattato con lui e non hanno potuto fare a meno di aiutarlo.
Persone che hanno contribuito a salvarlo da un futuro che quasi certamente sarebbe consistito in una morte lenta e dolorosa.
Non solo.
E' la storia di altri migliaia di bambini abbandonati, che lo Stato ha strappato alle proprie famiglie, promettendo di prendersene cura e invece costringendoli a passare l'intera vita in un lettino con le sbarre, in mezzo agli escrementi, solo perché portatori di qualche handicap fisico o mentale o, peggio ancora, solo perché erroneamente, frettolosamente e disumanamente giudicati tali da persone a cui evidentemente anni di regime hanno tolto umanità e capacità di discernimento.
"Ora però mi rendo conto della crudeltà di quel sistema. Nel momento in cui Vanja rischiava di precipitare nell'abisso, per venirgli in aiuto sua madre non poteva fare altro che rinunciare a lui. Era questa la logica mostruosa dell'assistenza pediatrica sovietica. i comunisti avevano esautorato la famiglia, decretando che era lo Stato a doversi prendere cura dei bambini destinati a non diventare forza lavoro; il che di fatto voleva dirli segregarli e nasconderli agli occhi della società, privandoli di qualsiasi contatto con la famiglia, dell'istruzione e delle cure mediche."
Bambini che potrebbero essere guariti o aiutati a migliorare e che invece sono resi invalidi proprio dal tipo di "assistenza" che ricevono, stando a quanto si legge nel "romanzo".
Un libro che indigna, appassiona, commuove, fa riflettere, emoziona, lascia il segno.
Duro, crudo, arrabbiato ma anche pieno di speranza, di amore, di voglia di cambiamento.
Un libro che scorre veloce, una pagina dopo l'altra, perché una volta iniziato non si può abbandonare la storia di questo bambino straordinario e dei suoi amici fino al suo, fortunatamente, positivo epilogo.
Un'epilogo raccontato dalla stessa voce di Vanja, diventato un riconoscente adolescente americano.
Un libro che merita di essere letto, da tutti.
Perché la situazione non è cambiata molto da allora. Il libro e' stato edito nel 2010 e uno dei coprotagonista, spiega:"In Russia ci sono ancora cinquemila bambino che vivono in quello che viene definito "regime di permanente confina mento a letto", ovvero condannati a trascorrere tutta la loro esistenza in un letto."
Un'esistenza che, a causa di questi trattamento e della totale incuria e assenza di cure ed affetto, e' brevissima e terribile, peraltro.
Perché giudicare senza aver "camminato nei piedi altrui" e' sbagliato, prendere coscienza della realtà, invece, e' doveroso.
Consigliato, assolutamente!
Con questo post partecipo al Venerdì del Libro di Home Made Mamma.


mercoledì 30 luglio 2014

Di montagna, di 4000 mt, di ghiacciaio, di amici, di sogni, di fatica, di passione

Della mia passione per la montagna, in estate ed in inverno, ho già parlato.

Con l'ABC della montagna,
con i racconti delle nostre escursioni con il nano,
suggerendo come preparare zaino e valigia ,
riferendo delle nostre gite di scialpinismo e di sci alpino,
che mi fanno sentire fortunata,
giocando con il nano e la neve e sognando di essere una madre migliore,
girando per sentieri con un nano ciclomunito e una macchina fotografica al collo,
sorvolando in elicottero,
senza dimanticare le tragedie,
in fondo, non per caso in montagna è nato il nostro amore.


E ho già parlato anche di una vallata bellissima, la Val d'Ayas, e della gita fino al Pian di Verra ed al suo splendido lago.
Un anno fa, una vita fa.
Guardavo il Monte Rosa innevato e, mentre mi godevo la compagnia del nano e dell'Alpmarito, non potevo fare a meno di provare anche un pò di nostalgia, per quel ghiacciaio tanto amato, impossibile da raggiungere con un bimbo piccolo.

Sognavo gite sulle cime, di salire ancora in cresta e raggiungere la vetta, di pestar neve e ghiaccio, di vedere il mondo dall'alto, il miracolo dell'alba che si riflette nel bianco, il suono del mio respiro un pò affannato, il vento freddo ed il sole caldo, la corda che unisce e rende complici, creando amicizie solide ed eterne.
Sognavo tutto questo, di nuovo, ancora.

E qualche fine settimana fa, il mio sogno si è avverato.

Siamo partiti un venerdì pomeriggio, proprio dal quel Pian di Verra, questa volta arrivandoci in Jeep da Saint Jacques (mt 1700 circa) per abbreviare un pò il dislivello.




Abbiamo proseguito verso il rifugio Mezzalama e,




anche se il tempo non era dei migliori (per usare un eufemismo!)


 Rifugio Ottorino Mezzalama, mt.3004

 Dopo una fetta di torta ed un thè caldo, abbiamo proseguito per il rifugio Guide d'Ayas, altezza 3.420 mt..immersi nella nebbia e nella neve.



Trovando ad attenderci questo scenario quasi primaverile ...


Le previsioni per il giorno dopo, però, erano buone, quindi ci siamo goduti la cena, la compagnia di gestori, guide alpine e clienti.
Perchè quando fuori nevica, scende la sera e i clienti sono pochi, i rifugi di montagna sono luoghi accoglienti, calorosi, pieni di voglia di vivere, conversare e bere insieme..un grappino o due in compagnia non si può proprio rifiutare!

 mentre fuori il paesaggio si tinge sempre più di bianco..
E' anche questo che adoro della montagna, perchè quel senso di cameratismo e uguaglianza, al di là di ogni professione, posizione sociale, reddito e abilità, razza e religione, che trovi oltre i 3.000 mt., non l'ho mai vissuto in nessun altro luogo.
La mattina, sveglia alle 5, colazione, preparazione zaino, imbrago indossato, cordata pronta e via...con vento forte, tanta neve fresca e un pò di apprensione per il tempo, non ancora così bello e stabile come speravamo..


La meta? Il Polluce, mt. 4091, dalla via normale.
Sarebbe dovuta essere una cresta di roccia non particolarmente difficile, ma la neve ed il freddo l'hanno resa ostica, almeno per me, visto che i miei compagni di cordata, l'Alpmarito ed un amico di lunga data, non erano affatto in difficoltà!




Il forte vento, la nebbia che andava e veniva e, devo ammetterlo, la mia lentezza in cresta e la mia fifa nell'afforntare la via di misto esposta, ci hanno impedito di raggiungere la cima vera e propria.
Non di andare un pò a zonzo per il ghiacciaio, però!
Il resto, non ha bisogno di parole.


















L'Alpmarito ed M. sono rimasti un pò delusi dal non aver potuto raggiungere la cima mentre devo ammettere che, se anche un pò di amarezza mi resta, io sono stata così felice di essere lì, di nuovo, a godere dell'azzurro, del bianco, del vento, della grandiosità della montagna, della fatica (sì, anche di quella) e della loro compagnia, che mi sono sentita a casa, serena, appagata.

E pazienza se poi il tempo è ancora peggiorato ..

  e se quel giorno abbiamo camminato quasi dieci ore di seguito..

...i piedi guariscono, le gambe si riprendono e la stanchezza passa.
La soddisfazione, quella no, e solo questo conta.


Distrutta, ma felice.

Grazie Alpmarito (lo sai, vero, che è anche per giornate come questa che ti ho sposato?) e grazie a M., un amico di quelli veri, su cui puoi sempre contare e con cui è davvero bello condividere queste esperienze, di quelli che sanno accettare i limiti degli amici e non farli pesare.

E adesso....non vedo l'ora di tornare in ghiacciaio !