Anzi, ho letto "bene".
L'ultimo romanzo finito, infatti, si inserisce perfettamente nella scia di belle letture con cui ho terminato il 2016 ed iniziato il 2017. Di che si tratta?
"Il bar delle grandi speranze" di J.R. Moehringer
ed. Picwick, 2014, euro 10,90, pag. 486
La vita, dall'infanzia all'età adulta, di un ragazzo povero, figlio unico di madre single, alla periferia di New York.
Un vero e proprio "romanzo di formazione americano", anche se non on the road, bensi' in gran parte ambientato in un pub.
Sî', perchè Manhasset è il paese dell'alcol, tutti ne consumano in grande quantità e la chiesa e il bar "Publicans" costituiscono i due poli della vita sociale del luogo, l'uno posto all'inizio, l'altro alla fine della stessa via principale.
Nel ba, J.R. (il cui nome ha tutta una storia che fa parte del romanzo) cerca quegli esempi maschili che gli mancano a casa, quella dei nonni, dove vive a periodi alterni, insieme alla madre, alla zia, alle numerose cugine, allo zio ed ai nonni stessi.
Nel bar lavora lo zio. Nel bar gli uomini di Manhasset trovano una famiglia, consolazione, aiuto, solidarietà, divertimento, risate, compagnia, modelli, discorsi.
Il bar sarà la costante della vita di J.R., da bambino il cui padre ha preso il volo senza mai contribuire al suo mantenimento, ad adolescente timido, a studente dotato ma insicuro di Yale, fino a quando, fattorino al New York Times, si rifugerà ogni sera nel bar in cerca di forza e speranza ma anche per annegare la sua frustazione.
E sarà il bar, o meglio la sua chiusura, in un certo senso, a salvarlo.
Intorno a J.R. ruotano personaggi maschili indimenticabili, dal proprietario del Pubblicans, Steve, allo zio Charlie, al resto del personale e degli avventori abituali, ciascuno con il suo carattere e le sue storie, ciascuno portavoce di un pezzetto di società, ideaologia e cultura diverse che insieme si completano, perchè:
"...La gente non capisce quanti uomini ci vogliono per fare un brav'uomo. La prossima volta che vai a Manhattan e vedi uno di quegli imponenti grattacieli in costruzione, fa' attenzione a quanti uomini sono impegnati in quell'impresa. Per costruire un uomo solido, ci vogliono tanti uomini quanti ne servono per costruire una torre." (pag. 264)
Solo alla fine, dopo gli studi, le delusioni sentimentali e professionali, la disperata ricerca di un rapporto con il padre e, soprattutto, le grandi disillusioni che accompagnano, purtroppo, il raggiungimento della "maturità", J.R. capirà che il suo modello "maschile" lo aveva sempre avuto accanto: sua madre.
Una madre che lo protegge, cresce, indirizza e conforta con una strordinaria forza d'animo, come solo una madre sa fare. L'immagine stessa della solidità e della determinazione che J.R. cercava negli uomini.
"Era una divina bugiarda, una geniale bugiarda e stava mentendo anche a se stessa, cosa che mi fece apparire le sue bugie in una luce completamente nuova. Capii che dobbiamo mentire a noi stessi di tanto in tanto, dirci che siamo forti e capaci, che la vita è bella e il duro lavoro avrà la sua ricompensa, e poi provare a trasformare le nostre bugie in realtà. Questio è il nostro compito, la nostra salvezza, e questo legame tra mentire e procaee ero uno dei tanti doni che mi aveva fatto mia madre, la verità che era sempre esistita dietro le sue bugie.....Ero sempre stato convinto che essere un uomo significasse saper tenere duro, ma questa era una cosa che mia madre aveva fatto meglio di chiunque altro. E tuttavia, aveva anche capito quand'era il momento di mollare...." (pag. 457).
Un romanzo che mi è piaciuto e mi ha colpito molto, ben scritto, scorrevole e mai noioso, ricco di riferimenti letterari e di discorsi, monologhi e dialoghi forse un po' improbabili per un pub ma certamente appassionanti ed intelligenti.
Ecco il mio consiglio di lettura per questo venerdi del libro!
L'autore è stato scelto da Andre Agassi per aiutarlo a scrivere la sua autobiografia, "Open".
In effetti, evidentemente non a caso, avevo apprezzato moltissimo anche "Open" (di cui avevo parlato qui).
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