" Da dove la vita è perfetta" di Silvia Avallone,
pag. 376, Ed. Rizzoli, 2017
Questo è il primo romanzo che leggo di questa autrice, che pure, perlomeno in Italia, è molto conosciuta ormai da anni, grazie al suo primo libro, "Acciaio".
E' un romanzo intenso, toccante, commovente, per ogni donna che sia stata madre o desideri esserlo.
Perchè parla di gravidanze (due) e di genitorialità, ma anche della promessa di vita che i bambini portano in sè e che gli adolescenti sanno coltivare.
La gravidanza in età adolescenziale, in un ipotetico quartiere periferico degradato di Bologna, di Adele.
Diciassettenne con una vita famigliare complicata, un padre assente ed ingannevole, una madre che cerca di garantire un futuro alle figlie ma anche di sopravvivere alla povertà ed alla sua rabbia verso il marito ed il poco che gli ha concesso la vita.
Una gravidanza "capitata", portata avanti però per scelta, fino ad una decisione finale che non posso svelarvi, perchè va scoperta leggendo.
E poi la gravidanza a lungo cercata ed immaginata, fra iniezioni di ormoni e tentativi di fecondazione assistita, di Dora e Fabio, trentacinquenni insoddisfatti della vita ed incompleti, divorati dal desiderio di essere genitori, di pancia o, alla fine, anche di cuore, purchè genitori, logorati da pratiche burocratiche, rimorsi, rimpianti e fallimenti, eppure uniti, nonostante tutto, da un sentimento forte e positivo.
Infine, la genitorialità vista al contrario, da figli, di Zeno ma anche di Manuel: il primo è un ragazzo brillante, innamorato, in silenzio, di Adele, che si prende cura di una madre perduta nel suo dolore e cerca di costruirsi, con tenacia ed ottimismo, un futuro diverso, puntando tutto sull'istruzione e sulla scrittura, spazio di evasione dalla realtà e mezzo salvifico; il secondo è il "fidanzato" di Adele, anch'egli intelligente ma privo della forza e della speranza dell'amico Zeno, incapace di tirarsi fuori dal pantano di un'esistenza povera e difficile, incamminato in un futuro di delinquenza a cui è difficile sfuggire. Un ragazzo consapevole della propria condizione ma forse troppo debole per scegliere il proprio destino, forse semplicemente troppo segnato dal passato per crederci.
"Bianca non apperteneva nè a lei nè a nessun altro.
Era l'inizio di una storia"
Le vite di tutti i personaggi si intrecciano, in voce narranti che si alternano, in punti di vista che cambiano, un pezzo di storia raccontata da ciascuno di loro, fino ad un finale che li coinvolgerà tutti, con una vicinanza che neanche immaginano.
Per me è stato difficile non affezionarmi ad Adele e a Zeno, tanto che la lettura mi ha trascinato rapidamente verso le ultime pagine, per scoprire il finale, che non mi ha deluso.
Un romanzo emotivamente coinvolgente e dunque non facile ma, secondo me, bello perchè pieno di speranza, in fondo.
Lati negativi? Ho avuto difficoltà, a tratti, a non perdermi nei continui salti temporali (il romanzo inizia dalla fine e poi torna a raccontare il principio della storia, per poi nelle ultime pagine riannodare i fili e concludere le storie dei protagonisti) e nell'alternanza delle voci.
Inoltre, i ragionamenti ed i pensieri di Zeno e Manuel mi sono sembrati a volte troppo maturi per provenire da ragazzi di diciassette anni. O forse sono io che mi sono dimenticata cosa significhi avere quella età.
Anche Dora e Fabio, leggendo, mi sono smebrate persone molto più vecchie dell'età anagrafica che attribuisce loro l'autrice (pressapoco la sua, ovvero anche la mia), perchè hanno un bagaglio di vissuto ed una tale disperazione e perdita di fiducia nel futuro che sembrano richiamare altre età, più mature.
Voi, se lo avete letto, cosa ne pensate?
Ora ho davvero voglia di leggere anche "Acciaio"!
Nessun commento:
Posta un commento
Un commento educato è sempre gradito!