venerdì 14 marzo 2014

Open

"Open" di Andre Agassi, ed. Stile Libero Extra Einaudi, 20 Euro.
493 pagine sottili non proprio da leggere tutte d'un fiato, soprattutto se si conosce poco il tennis e le sue regole (io ho giocato da ragazzina con qualche corsetto, nulla di più).
Eppure vale la pena prendersi tempo per leggerlo, davvero.
Io ho trovato il libro in biblioteca ma so già che lo comprerò e lo regalerò presto, perché credo sia una di quelle biografie che vale la pena avere su propri scaffali e rileggere.
L'amicizia con Barbra Streisand, il matrimonio con Brooke Shields e poi la scoperta dell'amore vero, quello della vita, con Stefanie Graf (un'altra delle più grandi tenniste di tutti i tempi), gli amici, il college para militare, i coach, il preparatore atletico, l'amicizia, l'infanzia a Las Vegas in mezzo al deserto, il rapporto con i fratelli, le grandi cadute e le fantastiche ascese, l'impegno umanitario, la scoperta dell'importanza dell'istruzione, l'incontro con Mandela, l' amore per i figli sopra a tutto.
Nella vita di Agassi non è mancato nulla e nulla manca nel libro.
Agassi Inizia a giocare per compiacere il padre, un padre autoritario che vuole il meglio per il figlio, che cerca un riscatto e pensa di poter far raggiungere il successo a suo figlio tramite il tennis, un padre che in fondo ama suo figlio ma a modo suo, tanto da comprare una casa in mezzo al deserto solo perché ha un cortile abbastanza grande per edificare un campo da tennis, che costruisce una macchina diabolica, che Andre soprannomina "drago sputa palle", dinnanzi al quale lo costringe tutti i giorni a estenuanti allenamenti;
continua perché e' l'unico cosa che crede di saper fare, per sopravvivere alla solitudine e alla scuola;
continua perché pensa di non avere alternativa.
E poi continua perché decide di sceglierlo.
"Forse sono confusi perché non ho raccontato loro la storia per intero, non gli ho spiegato del tutto cos'è che mi spinge. Non posso perché sto prendendo coscienza io stesso solo a poco a poco delle mie motivazioni.Gioco e continuo a giocare perché ho scelto di farlo. Anche se non è la tua vita ideale puoi sempre sceglierla. Quale che sia la tua vita, sceglierla cambia tutto."
Un campione che si racconta senza veli nella sua ricerca della perfezione, di se stesso, della serenità.
"Penso a una cosa che Mandela ha detto una volta in un'intervista: Dovunque tu sia arrivato nella vita, c'è altra strada da percorrere. E penso ad una delle citazioni preferite di Mandela, dalla poesia Invictus, che gli ha dato forza nei momenti in cui pensava che la sua strada fosse stata interrotta: Io sono il padrone del mio destino: io sono il capitano della mia anima".
Un campione che odia il tennis ma forse alla fine lo ama anche o, più semplicemente, ne è dipendente, perché volente o nolente e' parte di lui.
"Non strafare, dice. Non cercare di essere perfetto. Sii te stesso.Penso di sapere come seguire quel consiglio su un campo da tennis, ma con una donna sono perso.Andre, dice, certe persone sono termometri, altri termostati.Tu sei un termostato. Non registri la temperatura in una stanza, la cambi. Perciò sii fiducioso, sii te stesso, assumi il controllo. Mostrale chi sei veramente."
"Anche diversi giornalisti sportivi riflettono sulla mia trasformazione e quella parola mi amareggia. Penso che non colpisca nel segno. La trasformazione e' un cambiamento da una cosa in un'altra, ma io quando ho cominciato non ero niente. Nonno mi sono trasformato, mi sono formato. Quando ho cominciato a giocare a tennis ero come la maggioranza dei ragazzini: non sapevo chi ero e mi ribellavo al fatto che fossero i grandi a dirmelo. Penso che i grandi facciano sempre questo errore con i giovani, trattandoli come prodotti finiti quando in realtà sono in fieri. E' come giudicare un match prima che si sia concluso e io ho recuperato troppo spesso e ho subito troppe furiose rimonte per pensare che sia una buona idea.
Consigliato, consigliato e ancora consigliato.
Con questo post partecipo al Venerdì del Libro di Home Made Mamma che ringrazio perché è solo grazie alla sua recensione di qualche mese fa (http://www.homemademamma.com/?s=Open) che ho scoperto questo libro.



martedì 11 marzo 2014

"Cose" belle

Il vocabolo "cose" non mi è mai piaciuto. Continuo ad associarlo al mio professore di greco, che lo segnalava in rosso che più rosso non si può e ti dava insufficiente solo per aver osato tanto, che se ti sbagliavi a pronunciarlo durante un'interrogazione si accendeva di rabbia e partiva con una filippica sull'importanza della scelta dei sostantivi e sulla nostra superficialità.
Eppure ci sono occasioni in cui mi sembra che abbia quel carattere di neutralità, quell'aurea di indefinito, che lo rende perfetto.
Questa e' una di quelle.

Di questi tempi mi aggrappo alla felicità che riesco a strappare alla vita, cerco di goderne appieno, facendo scorta per la notte, quando le preoccupazioni e i pensieri agitano il mio sonno, già messo a dura prova dall'allergia.
Come al solito, la felicità e' prima di tutto lui, il mio pulcino che diventa grande alla velocità della luce.

Siamo stati al Carnevale di Ivrea, nonostante il clima inclemente e lui, con la casacca che solo l'anno scorso gli stava addosso abbondante e ora calza quasi a pennello, e' riuscito ad addormentarsi nel rumore della gente, del corteo, della battaglia.
Ha tirato un paio di arance allo zio sul carro, raccolto caramelle che ha voluto conservare "per dopo a casa", guardato i cavalli con la solita ammirazione, osservato tutto il resto senza alcuna paura ma con seria imperscrutabilità.



















Siamo stati ad un altro carnevale, godendoci il sole, i colori, l'allegria, i carri ed i coriandoli...no quelli no, infatti il nano ha tenuto il cappello di lana per proteggersi i capelli dai fiocchi di carta e, anche questa volta, e' riuscito a schiacciare un pisolino nonostante la musica e la folla.












Per la festa della donna mi sono regalata da sola le primule, che adoro e che risvegliano in me tanti ricordi.


Domenica, invece, abbiamo giocato sulla neve, consumando un pic nic al sole.
Siamo scesi come dei pazzi sul bob, io e il mio piccolino stretti stretti, tra tante risate e qualche capitombolo.

E poi ci sono le prime fioriture, che oltre all'eczema e agli occhi rossi, regalano gioia e speranza.

E le mie orchidee, sbocciate in tutto il loro splendore.

E scusate se e' poco.

venerdì 7 marzo 2014

"Per dieci minuti" vs "Fermate gli sposi"

Chiara Gamberale "Per dieci minuti" vs Sophie Kinsella "Fermate gli sposi".

No, scherzo, questa non è una sfida ( però il titolo attira eh?)
E' che sono stata un po' assente dal blog: il funerale di una persona cara, l 'aggravarsi della malattia di un'altra, il lavoro che per fortuna c'è ma sempre tutto insieme, casini vari, malanni di stagione per me ed il nano, carnevale ecc. ecc.
Però ho letto molto e molto bene.
E allora ecco due dei romanzi che mi hanno accompagnato negli ultimi giorni.

Belle le copertine, di entrambi.

Accattivanti, ecco.
Idem per i titoli.
A leggerli, poi, entrambi i romanzi lasciano un senso di leggerezza, di evasione (e io ne ho bisogno in questo periodo), non scevro da riflessioni.
Forse perché se vuoi pensare, puoi farlo prendendo spunto da qualunque cosa, qualunque parola, qualunque libro.
Nel libro della Gamberale, poi, io ho trovato alcune piccole perle di saggezza.

Pensieri che c'erano anche nella mia testa ma non avrei saputo esprimere così chiaramente, con due parole.
Volete un esempio?
Eccolo.

"Una minore intensità di aspirazioni senza dubbio permette una maggiore coincidenza con la propria vita.
Certo. Certo che è così.
Ma il punto e': come?
Come si fa?
Dovevo accettare, quietamente, che Mio Marito negli ultimi tempi fosse sempre stanco, sempre distratto? ...se non mi macerassi con la nostalgia per Vicarello e per la Mia Rubrica, coinciderei di più con la mia vita? Ed e quella cosa, che chiamano felicità? O è' il modo per rinunciarci a prescindere, alla felicità? Dunque dobbiamo scegliere? Tutti?"

"Improvvisamente mi domando se, a furia di confrontarmi con le infinite variazioni che la vita consente allo stare insieme, non abbia perso di vita dei fondamentali che ledono tutte uguali, le famiglie.
per esempio tollerarsi,
Rassegnarsi all'odore delle rispettive cacche.
Dare per scontato che gli altri sono la nostra grande occasione, certo: ma sono anche la nostra più infinita fonte di guai, la nostra disperazione, una tremenda rottura di palle.
...come se non fosse diritto di tutti, ogni tanto, essere fastidiosi. Puzzolenti. Logorroici, Muti. Un po' stronzi.Insopportabili.
"Forse Mio Marito e io non ce lo aspettavamo", penso a voce alta.
"Che cosa?" Mi domanda Claudia.
"Che l'altro esistesse a prescindere da noi, Che non fosse esclusivamente a nostra disposizione."

E poi riflessioni sui libri ed i lettori, come queste:
" Chi sono dunque, i lettori?
Sono senz'altro persone molto diverse fra loro.
Anche le uniche due che, in dieci minuti, hanno comprato lo stesso libro, a vederle hanno davvero poco, pochissimo in comune:....
Siamo diversi, appunto. Molto diversi fra noi. Leggiamo per noia, per curiosità, per scappare dalla vita che facciamo. Per guardarla in faccia, per sapere, per dimenticare, per addomesticare i mostri fra la testa e il cuore, per liberarli.
Non ci somigliamo per niente anche se teniamo in mano, amiamo, detestiamo, e se per Natale regaleremo a chi ci è più caro, lo stesso libro.
Non ci somigliamo per niente.
Fatalmente, e' proprio per questo che, si: non c'è dubbio.
Esistiamo
.....Uguali solo a noi stessi, con la speranza di affidare a un'altra storia, la nostra. per perderla, per ritrovarla.
Per rimediare, in qualche modo, all'esistenza."

Non è forse vero? Non è capitato anche a voi di sentire affinità con una persona e poi scoprire che avete gusti agli antipodi in fatto di libri o di musica? O viceversa? E vi chiedete come sia possibile? A me spesso.
Forse, però, la frase che più racchiude il senso del libro e' questa:
"Semplicemente, fra tutti quei benedetti - maledetti fenomeni che bucano la cortina dell'indifferenza generale e la forzano fino a schiuderla nell'immaginario collettivo, capita che qualcuno ci passi sopra la testa, ci strisci sotto i piedi.
E che non ci raggiunga. perché stavamo pensando ad altro, perché stavamo bevendo un caffè, perché eravamo nel posto giusto al momento sbagliato, nel posto sbagliato al momento giusto.
Capita.
...
perché in effetti il meglio della vita sta in tutte quelle esperienze interessanti che ancora ci aspettano: con il gioco dei dieci minuti lo sto imparando.
Dunque sta anche nei libri che tutti hanno letto, ma che per qualche imprecisato motivo noi ancora no."

Perché, come mi ricorda sempre mia nonna: quando si chiude una porta, si apre un portone.
E dal dolore si può imparare, molto, se si è disposti a rimettersi in gioco.
C'è tutto questo nel romanzo della Gamberale, però scritto in modo lieve, pagine che scivolano via veloci e piacevoli.
E devo ringraziare verdeacqua, perché se non avessi letto la sua recensione (in questo post : verdeacqua: di strizzacervelli, altalene e cambiamenti cercati ), questo libro non lo avrei mai cercato perché mi sembrava semplicemente "troppo di moda" e invece...

Lieve, piacevole e scorrevole anche il romanzo della Kinsella, che in più fa ridere e sorridere, con quelle strambe situazioni, così surreali da sembrare credibili, che sono la caratteristica di questa autrice.
Può una donna di trent'anni delusa dal fidanzato gettarsi tra le braccia di un ex e decidere di sposarsi così, su due piedi?
Quando si conosce veramente qualcuno? Quanto c'è di vero nei nostri ricordi?
Quanto è giusto intromettersi nella vita degli amici e dei parenti, anche se a fin di bene?
Quanto di noi proiettiamo sugli altri, anziché vederli per quel che sono?
Si possono rivivere certi momenti, certe sensazioni, certe emozioni del passato?
Io credo di no e forse è questo che li rende così magici, la loro irrimediabile irripetibilità.
Che cosa ne pensano i protagonisti di questo romanzo, però, non ve lo dico.

Leggeteli, tutti e due, e rilassatevi!!!
P.s. Secondo me sono proprio lettura giuste per la primavera imminente.


Con questo post partecipo all'iniziativa del Venerdi’ del libro: Un colpo all’altezza del cuore | di Home Made Mamma.

sabato 22 febbraio 2014

Aspettando la battaglia

E' di nuovo ora, finalmente.
E' di nuovo Carnevale.

Ho sempre amato questa festa, perchè nella mia cittadina si festeggia in modo molto particolare.

Perchè quando ero bambina e poi studentessa, il Carnevale era gioco, amici, spensieratezza, scherzi, era avere il permesso di fare tardi, stare in giro tutto il giorno.
All'Università, studiavo come una matta a dicembre e gennaio per dare tutti gli esami della sessione prima di Carnevale e potermelo godere.
Durante la pratica, odiavo il fatto di dover lavorare almeno il mattino, invece di dedicare tutto il giorno alla festa.
Perchè dura poco ma sono giorni intensi.
Ora c'è il nano e tutto deve esser rivisto e calibrato sui sui ritmi. Però il Carnevale, almeno in parte, voglio continuare a godermelo.

Ne ho parlato molto lo scorso anno, raccontando con scatti rubati nel mezzo della battaglia e delle emozioni, la magica follia che coglie gli eporediesi in quei giorni così speciali.


Ho parlato delle due domeniche che precedono l'inizio della battaglia, 



 con le Alzate degli Abbà, piccoli priori delle Parrocchie cittadine,i pifferi ed i tamburi, da sempre colonna sonora del Carnevale, http://www.mammavvocato.blogspot.it/2013/02/domenicaaria-di-carnevale.html

 Ho parlato della festa dei bambini, nel giovedì tutto dedicato a loro, tra i colori delle bandiere, i coriandoli, i pifferi ed i cavalli:

 Ho parlato della presentazione della Vezzosa Mugnaia e della battaglia:



 E della nostalgia che mi prende quando tutto finisce e rimane un tappeto di arance e quell'odore forte a dirti che non è stato un sogno.





Visto che la legge di Murphy è, appunto, legge e non si smentisce mai, sia io che il nano ci siamo ammalati e rantoliamo, tra antibiotici, cortisone, aereosol, tachipirina, stanchezza e lavoro arretrato, quindi domani non potremmo essere in piazza nella penultima domenica di Carnevale.

Domenica scorsa, però, la festa era già incominciata, la città riscaldata da colori e suoni,
e noi eravamo lì, in prima fila, con un'amica speciale ancora più innamorata di me di questa festa popolare.




 e ci saremo anche la prossima settimana, questo è sicuro!


Qualche informazione
Lo Storico Carnevale di Ivrea quest'anno entra nel vivo la sera di sabato 1 marzo e si conclude la sera di martedì 4 marzo.
Il giovedì grasso, invece (27 febbraio 2014) sarà dedicato alla festa in piazza dei bambini.
Dopo l'enorme successo riscosso dall'area per il tiro delle arance dei bambini, ideata dai Tichini del Borghetto (la mia squadra!!!), quest'anno anche altre squadre si sono attrezzate: sarà quindi possibile far tirare i bimbi, domenica, lunedì e martedì pomeriggio, in Borghetto, verso Piazza Lamarmora, tra Piazza Freguglia ed il Rondolino ed in Via Palestro, di fronte a Santa Marta.
Apposite aree sono dedicate ai più piccini, per cambio e allattamento, trovate qui tutte le informazioni: http://www.storicocarnevaleivrea.it/?page_id=3284
Il bello del Carnevale di Ivrea è assistere da vicino alla battaglia, se non parteciparvi,periò, se volte girare per le zone di tiro, lasciate a casa i passeggini, con i quali è quasi impossibile passare, visto lo strato di arance e la quantità di gente. Meglio portare i bimbi piccoli in braccio o nel marsupio, davanti, perchè dovrete proteggerli con il braccio da eventuali arance volanti.
E se volete uscirne illesi (o almeno evitare di trasformarvi in bersaglio), non dimenticate di indossare il cappello frigio, come questo, in vendita in numerosi banchetti in città

Non un cappello rosso qualunque o una fascia, non basta.
E' un simbolo importante, rispettatelo, per favore.

venerdì 21 febbraio 2014

Un "non consiglio"

Questo venerdì ho deciso di darvi uno "non consiglio", anziché un consiglio di lettura.
Perché il tempo per leggere e' sempre troppo poco per sprecarlo, perché sono malata e sommersa dalle scadenze, con un nano altrettanto malato e allora forse mi sento un po' bastian contraria...comunque.
"Quell'attimo di felicità" di Federico Moccia

"Tre metri sopra il cielo" mi era piaciuto, forse perché ero più giovane, un po' più vicina come età ai protagonisti. Forse perché mi aveva mostrato una realtà che non conoscevo, così diversa dalla mia, provinciale che più provinciale non si può.
Forse perché l'idea del ragazzo, in apparenza "bello e dannato" ma in fondo dal cuore d'oro, mi ha sempre attirato.
Forse e' che, anche se non riconoscevo nulla della me ragazza nella protagonista, quell'innamoramento assoluto, totale, da adolescente, quelle emozioni che ti sembra non abbia mai provato nessun altro prima, quel legame forte con le amiche, quel dolore e quella delusione che ti sembrano immensi e quando cresci scopri che erano lievi, rispetto alla realtà della vita adulta, ma comunque vivi, veri, sinceri..tutto quello lo ricordavo bene.
Non mi era dispiaciuto neanche il seguito, che avevo comunque letto piacevolmente.
Questo romanzo, invece, non mi ha colpito.
Si legge tranquillamente, per carità, e' scorrevole ma anche un po' scontato, come una storia già letta e riletta, un finale affrettato che non mi ha detto nulla di particolare, tanti frasi fatte,
emozioni che forse, semplicemente, non sono più le mie.
Il linguaggio alla "romanaccia", poi, mi ha un po' stufato, si sente già troppo in tv, e l'insistenza sulla cucina, ogni due pagine un piatto "buonissimo", superlativo, unico, ovviamente consumato in un ristorante che "e' il migliore", unico, superlativo......tutto secondo me un po' esagerato.
Una lettura di evasione forse più adatta agli adolescenti che a persone più mature.


mercoledì 19 febbraio 2014

Sciopero

Sono in sciopero.
Non come mamma, come avvocato. Siamo in sciopero.
Il che non vuol dire che non lavoriamo, ma solo che non teniamo udienza.
Il che non significa che non ci andiamo, non siamo mica dipendenti pubblici che scioperano standosene a casa, spesso di venerdì (e non mi interessa se dicendolo mi faccio dei nemici): noi andiamo lo stesso davanti al giudice e dichiariamo che ci asteniamo.
Tre giorni di astensione per ora, troppo pochi, inutili in fondo.
Perché non ci sono orecchie per sentire, la' in quel di Roma.
Non ci sono orecchie per sentire e abili penne, la' nella redazione dei giornali, negli studi dei Tg.
O forse c'è solo una programmata sordità, che fa comodo ai soliti noti, che aiuta a captare un consenso popolare che non capisco come trovino.
E non importa se non lo leggera' nessuno, ma io oggi voglio dirla forte e chiara la ragione per cui aderisco a questo sciopero: perché la giustizia non può essere un lusso per ricchi, per chi ha tempo e soldi.
Perché la giustizia richiede giudici che facciano i giudici e non i politici e che siano in numero congruo, cancellieri che abbiano voglia di lavorare, ne abbiano le capacità e siano posti in grado di farlo.
Invece i giudici, almeno nella mia realtà, sono pochi, i cancellieri non sempre volenterosi, l'orario di apertura al pubblico degli uffici e' ridicolo, i costi della giustizia sono assurdi e continuano ad aumentare.
E noi avvocati?
Hanno abrogato le tariffe professionali, che già non erano legge assoluta ma servivano almeno da riferimento, in nome di un distorto concetto di concorrenza...così ora il cliente che va dall'avvocato non ha idea di cosa aspettarsi, l'avvocato che ha "un nome" può chiedere cifre esorbitanti, gli altri fanno la fame pur di accaparrarsi i clienti rimanenti.Hanno aumentato i costi delle "tasse" e delle marche da bollo, ancora, ancora.
Per dire: la marca da 8 euro che si apponeva per iniziare una causa, anche da 1100 euro, per dire, da gennaio 2014, grazie a Letta, e' 27 Euro. Bisogna poi aggiungere il c.d. Contributo unificato, da 37 euro, 85, 206 e così via...in base al valore della causa ma con range da 5200 a 25000.. Ragionevoli, vero?
E poi ogni copia autentica, e ne servono molte, costa almeno 10,62 di marca, più le fotocopie, che paghiamo noi avvocati. E così via. Pure la tassa di registro, che si paga quando si ottiene un titolo giudiziario (il titolo, non il risultato, attenzione), e' aumentata ( e si parte da minimo 200 euro).
Hanno introdotto il telematico. Immaginate chi paga i programmi? Ciascun avvocato se li compra ovvio, ma devono essere quelli che ha deciso il Ministero, ovvio.
E per ora e ancora per molto, comunque in Tribunale ci devi andare materialmente lo stesso, perche mica e' tutto telematico, fossimo matti, sarebbe troppo bello.
Questi costi impoveriscono noi, ma anche i clienti o consumatori. Si riflettono su di loro, almeno in parte, impoveriscono il livello dell'offerta professionale, impoveriscono gli avvocati ed i consumatori.
Quindi lo Stato, perché se non guadagni non paghi le tasse.
Bisogna ridurre i tempi della giustizia? La soluzione non è assumere più giudici o farli lavorare più ore, no certo, sarebbe un costo per lo stato, e' inventarsi la mediazione obbligatoria, un passaggio in più che porta a nulla ma fa spendere altri soldi ai cittadini e perdere tempo; e' diminuire i termini processuali e non importa se servono per consentire al cliente di concordare una linea di difesa, all'avvocato di scrivere gli atti e di organizzarsi; e' inventarsi improbabili "processi di cognizione sommaria" a cui seguono conversioni del rito e appelli ed allora tanto valeva fare un processo come si deve fin dall'inizio.
Mediazione, peraltro, già precedentemente dichiarata incostituzionale dalla Consulta.
Per non parlare della previsione del pagamento di ulteriori tasse o contributi per poter leggere la motivazione della sentenza (così i giudici possono evitare di scriverla se non c'è richiesta), il che mi pare a dir poco assurdo.
Questa non è efficienza, questa e' una presa per il sedere.
E così via, in un crescendo di "riforme" (riforme?) piene di bachi e buchi.
Per non parlare dell'ultima novità: la riduzione ad un terzo del compenso "normale", già ridotto per effetto della sopracitata abrogazione delle tariffe forensi e adozione di una tabella ministeriale dei compensi che li ha decurtati a prescindere (perché noi il tariffario non possiamo averlo, il ministero si', ovviamente), per gli avvocati che prestano l'attività per clienti che si avvalgono del "patrocinio a spese dello Stato", nel giudizio civile, anche detto "gratuito patrocinio".
Quindi: se il tuo reddito e' basso, lo Stato ti paga l'avvocato ma te lo paga un terzo di quello che prenderebbe normalmente e dopo anni (ovvio, no? Se fossimo noi a pagare IMU, IVA e IRPEF dopo anni?) e un non semplice percorso di controllo burocratico.
Immaginate come avrà voglia di lavorare bene, quell'avvocato?
E siccome non si è obbligati ad iscriversi nelle liste del patrocinio a spese dello Stato, immaginate chi avrà voglia di iscriversi o restarci? Facile: chi non trova clienti o chi e' troppo giovane per averne abbastanza di suo, chi deve fare esperienza, chi è svantaggiato perché giovane e magari pure donna e mamma...
Non è questa la giustizia in cui credo.
Non si possono risolvere i problemi ostacolando l'accesso alla giustizia, rendendolo sempre più oneroso in termini di tempo e costi.
Sappiatelo, almeno, e se avete tempo, fatevi una veloce ricerca su Internet per capire le ragioni di questa astensione.