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venerdì 1 novembre 2013
Di filosofia e di racconti
Così, quando l'ho visto sullo scaffale della biblioteca della mia città, non me lo sono lasciato scappare.
Lou Marinoff, "Platone e' meglio del Prozac"
Devo ammettere che non è stata una lettura semplice: le prime 100 pagine non passavano più e mi ero quasi arresa a riportarlo in biblio senza leggerlo.
Troppo egocentrismo dell'autore, troppe lodi sperticate della "consulenza filosofica", quasi fosse la panacea di tutti i mali, troppa pubblicità al suo "metodo" o alla sua professione.
Invece ho proseguito ed alla fine mi è anche piaciuto: certo, i riassunti del pensiero dei vari filosofi mi sembrano eccessivamente semplicistici e brevi (ma d'altro canto, non vuole essere un bignami filosofico) e le pecche di cui sopra permangono per tutto il libro, pero le citazioni dei filosofi e gli esempi pratici dell'applicazione della filosofia ai vari problemi della vita mi sono sembrato molto stimolanti e istruttivi.
In conclusione, quindi, se avete tempo e voglia di un ripassino della filosofia del liceo e, soprattutto, di fermarvi a riflettere sul modo in cui affrontate la vita ed i grandi quesiti esistenziali, e' il saggio che fa per voi.
Idem, se vi dibattete da un po' nel pantano dell'indecisione...male non può certamente farvi!
Ecco una breve raccolta dei passi e delle citazioni che ho trovato più interessanti e in cui mi sono ritrovata.
"L'uomo altro non è se non ciò che fa di se stesso. E' questo il primo principio dell'esistenzialismo." Jean Paul Sartre. Se l'universo non ha determinazioni, siamo totalmente liberi di scegliere il nostro cammino. La perenne potenzialità può apparire scoraggiante perché impone continue scelte, però è anche liberatoria. ...L'esistenzialismo attribuisce anche valore all'autenticità, alla responsabilità individuale e al libero arbitrio. Sicche', la buona novella e' che devi scegliere come affrontare il vuoto creato da una dichiarata morte di Dio. Molti, attingendo all'esistenzialismo, concludono che la vita e' priva di scopo e si chiedono perché data la situazione, dovrebbero preoccuparsi di alcunché. Qui si inserisce la mia argomentazione preferita per evitare la caduta nella depressione esistenziale: se la vita quale ci è nota non è che un incidente assurdo ed improbabile, tanto più numerosi sono i motivi per apprezzarla.Se dal nulla veniamo ed al nulla ritorniamo, perché non trascorrere il tempo che abbiamo a disposizione godendoci, appunto, quel poco che la vita ci offre? Il nostro tempo e' prezioso, letteralmente insostituibile. Dunque, vivi in maniera autentica.Il nodo e' che devi stabilire cosa significa per te vivere in maniera autentica, ma certamente implica un impegno nei confronti della vita stessa, non un ritrarsi da essa. Usa dunque il tuo libero arbitrio per scegliere una rinnovata valutazione positiva di ogni istante, anziché la disperazione.....
....Se fai bene il tuo lavoro, i frutti maturano di per se'. Se fantastichi di gustare i frutti anziché lavorare bene, quelli non matureranno affatto.Anche tu hai la capacità di fare della tua attività un'opera d'arte. Aspira dunque a essere come un grande artista, qualunque cosa tu faccia tenta di ricavare soddisfazione semplicemente dalla consapevolezza di avere fatto un buon lavoro....
P.s. Già al liceo, mi ero accorta dell'affinità di pensiero tra gli esistenzialisti ed il mio modo di vedere la vita...evidentemente, in questi anni, non sono poi cambiata così tanto!
Non finisce qui. Questa settimana, eccezionalmente, raddoppio.
"Il primo miracolo di George Harrison" di Stefania Bertola
Raccolta di racconti brevi (a volte brevissimi) surreali, ironici, un po' cattivi e certamente dissacranti, ambientati a Torino.
Per chi ama i racconti, non è male, perché il libro e' originale e scritto bene, come tutti i romanzi di questa autrice.
Io, però, personalmente non sono una grande lettrice di racconti, mi lasciano sempre un po' l'amaro in bocca.
Questo post partecipa al Venerdì del Libro di Home Made Mamma: www.homemademamma.com
martedì 29 ottobre 2013
Mamme perfette o mamme imperfette? Questo e' il dilemma!
Avvertenza! Se arriverete in fondo a questo lungo post, probabilmente vi troverete a commentare tra voi e voi che manca di filo logico e a tratti e' contraddittorio. Lo so, ma che volete che vi dica, non ho ancora finito di farmi domande, figuriamoci se ho tutte le risposte!!!Non dite che non vi ho avvertiti.
In queste ultime ore mi è capitato di leggere più di un post sulla imperfezione delle mamme (ad esempio, quello di gab: di nuovo W.W. Imperfetta, quello di Giovanna, Le mamme della domenica fingono - 1 kg di costanza, quello di The yummy mom).
Ho letto i commenti e ho ripensato alla sensazione che ho avuto domenica quando, approfittando del sonnellino pomeridiano del nano, prima di una festa di compleanno in apposito locale per bimbi (= rumore, gonfiabili, paura di perderlo, urla, musica, genitori imbarazzati e bimbi felici e sovra eccitati), mi sono sciroppata le ultime puntate della serie mamme imperfette (alla sera, chi riesce a vederla?) e quella sul test della perfezione mi ha colpito particolarmente, per il discorso dei figli ai genitori.
Perché credo che sia giusto affrontare anche il nostro essere mamme con spirito critico, vedendone i pro e i contro, e con ironia.
Perché credo sia giusto poter dire la verità sulla maternità, sulla vita di coppia, sullo sconvolgimento provocato dal'arrivo di un figlio.
Perché sono certa che tutti noi abbiamo il diritto di lamentarci come di rendere gli altri partecipi della nostra gioia, quando e come vogliamo (sempre che qualcuno abbia voglia di leggerci, ma questo e' un altro discorso), senza che venga mai messo in dubbio il nostro diritto di essere madri o i nostro sentimenti verso i figli.
E non è giusto vergognarsi perché ci sono dei momenti in cui vorremmo solo stare da sole o tornare indietro, al prima, per qualche ora.
Così come il fatto che siamo in tempo di crisi non può e non deve impedire a chi soffre di lamentarsi del suo lavoro, quando crede di averne motivo, allo stesso modo, la circostanza che ci siano donne che non hanno la fortuna di poter essere mamme non significa che chi lo è debba sempre mordersi la lingua invece di parlare o fingere che la vita con bimbi e marito sia idilliaca.
Facendolo, tra l'altro, rischia di far del male alle altre donne, costringendole ancor più nello stereotipo di mamma che va per la maggiore (che è sempre quella della mamma che si sacrifica, secondo me, nonostante gli anni ed il femminismo).
Soprattutto sul web, nel suo blog, ma anche con le amiche, i parenti e i conoscenti, ciascuno di noi ha il diritto di dire ciò che pensa, anche se può apparire scomodo, purché lo faccia con tatto e senza offese, ovviamente.
Questo, però, vale per tutti/e, anche per quelle mamme a cui piace raccontare solo le emozioni, le esperienze, i giochi, le iniziative belle che affrontano con i figli, quelle a cui piace mostrarsi brave e capaci.
Anche perché, magari, il resto non hanno proprio voglia di raccontarlo e ricordarlo.
Si, certo, magari le c.d mamme perfette a volte mi stanno un po' antipatiche, magari sembrano irreali e penso che in fondo non la dicano tutta e non vedo niente di male a ironizzare un po' su di loro e di noi.
Pero' cerco anche di non dimenticare il pericolo che, per sfuggire alla mania di perfezione, all'ansia da prestazione, al senso del dovere sociale di essere madri, mogli, donne ineccepibili sempre e comunque, che assilla molte di noi donne (e madri), si cada in un elogio acritico e non costruttivo della imperfezione.
Insomma, non vorrei alimentare, io per prima, quella rappresentazione sempre e solo duale delle madri che ha denunciato con estrema acutezza Loredana Lipperini, nel suo "Di mamma ce n'è più d'una".
E temo allo stesso modo le mamme super bio-fai da te' e le mamme super tradizionaliste quanto le femministe integraliste. E sorrido e mi sento capita quando leggo post come quelli sovra citati.mi sento un po' meno sola, ecco.
Le c.d. mamme perfette che si sforzano di essere sempre positive e non lamentarsi mai, secondo me, rischiano di soffocare i figli che sentono, anche senza che venga esplicitato, il peso del sacrificio che il genitore compie per loro (anzi, in fondo per se stesso, secondo me, anche se non lo ammetterà mai) e forse non vedranno l'ora di scappare.
Io, invece, penso che i bambini debbano imparare da noi che mostrare cedimento o debolezza, essere tristi e un po' scocciate e saperci ridere su, affrontare con ironia i momenti bui e qualche volta piangere di stanchezza o sconforto, fa parte della vita, e' normale. Altrimenti, come faranno a reagire alle delusioni, alla noia e alla tristezza che prima o poi proveranno? Si sentiranno inadeguati, si vergogneranno?
Perciò non bisogna fare dell'imperfezione un mito, anzi.
Però neppure accontentarsi della mediocrità.
Come al solito, forse e' solo questione di cercare l'equilibrio, di tendere alla perfezione riconoscendo che e' uno stimolo a fare meglio ma non può sempre essere una realtà quotidiana, a volte mai.
Ammesso che si riesca a definire la perfezione, come mamma e come persone.
Ma questa e' un'altra storia!
P.s. A scanso di equivoci, preciso che con questo post non intendo accusare le scrittrici dei blog citati ne' chi li ha commentati di alcunché, tanto meno di aver esagerato in un senso o nell'altro. Anzi, mi sono serviti da spunto per riflettere.
lunedì 28 ottobre 2013
Riflessioni sulla genitorialità e nano acquatico
Alcuni esmpi, però, a volte nulla c'entravano con il riconoscimento, come lo intendo io.
Attaccare un bottone alla maglia del figlio, ad esempio, secondo me, è un dovere, un obbligo educativo e morale, non un gesto di "riconoscimento", così come ricordarsi di andarlo a prendere al termine delle attività extrascolastiche (un pò di provocazione per risvegliare l'uditorio?)!
Il senso del discorso globale, comunque, era che ciascuno genitore dovrebbe dare il giusto peso alla personalità del figlio, ai suoi gusti, preferenze ed espressioni, con parole (che secondo la relatrice oggi usiamo fin troppo) ma anche con azioni e "non azioni" (ad es., rispettando i suoi silenzi o i suoi sfoghi), ovviamente secondo il proprio stile.
E fin qui, mi è parso un discorso alquanto scontato, a parte stimolare una riflessione (che non guasta mai) sul fatto che spesso siamo portati a proiettare sui figli i nostri gusti o diamo per scontato che le sue preferenze rimangano immutate nel tempo, nonchè che i gesti e le parole che contano per noi e per nostro figlio non sono necessariamente gli stessi degli altri genitori e relativa prole, poichè ciascuno di noi ha una personalità differente (tradotto: se mio figlio non da particolare importanza al cibo o a giochi creativi ma adora avere la possibilità di fare un giro in bicicletta o vestirsi con determinati colori, sarà un maggior "riconoscimento" per lui colorargli la maglietta o uscire prima da lavoro per portarlo al parco invece di cucinargli una torta o costruire con lui un castello di carta e non importa se vanno più di moda le seconde azioni che le prime o se le altre mamme penseranno che sei una pessima madre perchè non hai portato la torta fatta in casa alla festa della scuola).
Ho trovato molto interessante, invece, il discorso "sociologico" di fondo, espresso secondo me molto bene e riassumbile in una affermazione: la famiglia degli anni '50 in Italia era soprattutto "normativa", quella di oggi è tendenzialmente "affettiva"
Anzi, la stortura è che spesso è troppo "affettiva" (ad esempio, seconod la Dott.ssa, è eccessivo chiamare i figli "amore") e se, da un lato, ciò può rendere le persone più sensibili e comunicative, dall'altro le lascia impreparate ad affrontare difficoltà e frustrazioni.
I concetti di "normativo" e "affettivo" venivano poi associati a quelli di "canone materno" e "canone paterno", indicandi tipologie educative e "modi di porsi" nei confronti dei figli (non necessariamente riconducibili alla figura materna o paterna, soprattutto nei tempi attuali).
Non proprio calzante per la mia esperienza personale però stimolante, perchè mi ha costretto a ripensare all'educazione che ho ricevuto (secondo me ben bilanciata) e che stiamo impostando con il nano (forse un pò troppo "normativa" da parte mia).
E poi ho riconsiderato certi gesti di mia suocera: per lei preparare all'Alpmarito piatti che io non posso mangiare o non mi piacciono ma a lui sì (in mini porzioni consegnate all'ultimo, che ti costringono a ripensare tutta la cena in un nano secondo) è un gesto di cura e ricoscimento (che non riesce ad esprimere a parole o in altro modo)...considerarlo così mi aiuta a tollerarlo meglio!
In ogni caso, queste occasioni di riflessioni e confronto secondo me, a piccole dosi, sono molto utili, anche se, tra i partecipanti, ci sono sempre le solite mamme "so tutto io", "io il libro l'ho già letto e so già tutte le risposte giuste", con mania di protagonismo, che mi costringono a mordermi la lingua!
E poi sabato ad acquaticità abbiamo portato il nano nella piscina grande: era serio serio ed è stato bravissimo!! A fine lezione avrà fatto mille tuffi e mille discese sullo scivolo in vasca, felice e concentrato.
Sembra che questo momento ssettimanale tutto per lui in acqua, con noi due vicino, gli piaccia tanto, anche se preferisce non avere intorno troppi bimbi (avevamo già capito che non ama affollamento e confusione): e questo basta per decicdere di iscriverlo anche alle prossime sei lezioni, pur se significa pasare lì tutti i sabati pomeriggio.
Sarà un buon "riconoscimento"?
venerdì 25 ottobre 2013
Delitto (e indagini) tra Piemonte e Liguria
Un giallo nostrano, ambientato tra Albenga ed Alassio, con un commissario di polizia che più piemontese non si può, cuneese fin nel midollo, amante di bollito e bagna cauda, e un medico legale genovese dal nome simpatico e stravagante, Ardelia Spinola, che lo conquista con i suoi piatti di mare.
Due personaggi riservati e tranquillamente efficienti nel loro lavoro, come la gente della mia terra, alle prese con l'omicidio di una ragazzina.
Un libro che si legge con estremo piacere, soprattutto per chi, come me, e' piemontese e bazzica la Liguria, anche se forse l'assassino non è così difficile da indovinare, per lettori abituali di romanzi gialli.
Niente di macabro o impressionante nelle descrizioni (ed è per questo che ho potuto leggerlo fino a tarda notte senza restarne turbata, io che mi impressiono anche a vedere le americanate in tv e le serie criminali non le reggo a stomaco pieno), un po' di psicologia forense e bei dialoghi, mai scontati.
Insomma: ve lo consiglio!!!
Questo post partecipa ai Venerdì del Libro di Home Made Mamma: www.homemademamma.com
mercoledì 23 ottobre 2013
Di tutto un po'
Il nano, nella sua giacca a vento nuova blu e gialla fosforescente, lunga fino al ginocchio ma tanto comoda, con i ricciolini biondi che spuntano dal cappellino di lana bianco e azzurro e gli stivali di gomma rossi per fare ciac ciac nelle pozzanghere, e' un raggio di sole.
Sta diventando grande, il mio ometto.
Vuole fare tutto da solo, dal mettersi le scarpe al togliersi i pantaloni; vuole aiutare sempre, dall'apparecchiare la tavola, al lavare le verdure dritto sulla scaletta di legno che gli abbiamo comprato, al mettere a lavare i vestiti, a leggere, persino a tagliare le etichette..
All'asilo nido fa spesso cacca e pipì nel vasino, a casa meno ma forse dipende dal fatto che il pomeriggio e' con i nonni e la sera e' stanco e noi non ci siamo ben coordinati. Comunque ieri sera ha chiesto il water e lo ha usato...vittoria!!Era così soddisfatto e felice, si batteva le manine da solo!
E poi sabato io e l'Alpmarito abbiamo preparato due torte al cioccolato da portare agli amici, queste..
Con una spolverata di zucchero a velo aggiunto all'ultimo minuto...
....e ne abbiamo infornata anche una piccola solo per lui, che è rimasto incantato..
La casa profumava di buono e per una volta mi sono pure divertita a cucinare, perché era per loro, i miei amori ed i miei amici.
La mattina ci siamo riempiti dei colori dell'autunno sulle vigne, con una discreta camminata in collina dietro casa (le gioie della vita di provincia), il pomeriggio torte e acquaticita', con il nano scatenato, allegro, felice, che non voleva più uscire dall'acqua.
La sera, cena da una cara amica e la sua bella famiglia...ed è come se gli anni, pur passando, abbiano lasciato solo una traccia lieve, che non scalfisce il legame ma rende più stimolante colmare le lacune e ri-conoscersi.
Domenica ed una brutta notizia: l'amica che saremmo andati a trovare non sta affatto bene, non è giornata e quindi rimandiamo.
E vorrei abbracciare forte lei e il suo compagno, il mio amico d'infanzia, per dire loro che ci siamo e andrà tutto per il meglio.
Riformulati i programmi, nostro malgrado e con il cuore gonfio, ci dedichiamo agli acquisti per il nano (ogni tanto tocca), con la nonna che vuole regalargli cose utili per il compleanno.
Alla fine la spedizione ha esito positivo (vedi sopra giacca a vento e altro), nonostante capricci esagerati nel grande magazzino, con tanto di tentativi di fuga e rotolamenti sul pavimento non proprio pulito, nell'orgia di gente dedita alle compere.
D'altro canto, caldo e affollamento hanno infastidito anche noi.
E poi inizia la settimana, con il suo carico di lavoro, possibili buone nuove, alcune brutte notizie, qualche svago, molta stanchezza cronica.
Intanto ho ricominciato ad andare in piscina, almeno una volta a settimana, in pausa pranzo.
Costa tempo e fatica ma nuotare mi piace, lo adoro, non c'è storia.
E poi devo approfittare della (spero temporanea) maggior presenza dell'Alpmarito in casa.
Ieri sera, poi, siamo stati in palestra di arrampicata con il nano e, novità di quest'anno, due dei nipotini, che si stanno appassionando. E' già la seconda volta che andiamo e siamo solo ad ottobre, quasi non ci credo, mi pare un miracolo!
Peccato che dopo fosse tardissimo, che io abbia dovuto fare due giri per scaricare l'auto e poi..... metti in ordine la casa, svuota la sacca, doccia a me ed il nano, pigiama, asciuga i capelli e nanna con tanto di letture serali, mentre l'Alpmarito non era ancora rientrato ed intanto si erano fatte le dieci e trenta ed io ero stravolta.
Ma questa e' un'altra storia, questa e' vita.
venerdì 18 ottobre 2013
Di mamma ce n'è più d'una, Loredana Lipperini
Questo libro non è interessante, e' molto interessante e consiglio vivamente di leggerlo, conservarlo e rileggerlo.
Perché?
Perché è un saggio ma si legge scorrevolmente.
Perché con sguardo lucido svela molto del nostro essere donne e mamme nella società di oggi.
Perché aiuta a mettere a fuoco i problemi, a capire chi siamo e perché siamo prese da alcune tendenze del momento.
Perché è frutto di ricerche accurate, mi sembra.
Perché ci sono statistiche, dati, esempi che fanno impressione ma non si possono ignorare.
Perché siamo donne e/o mamme.
C'è di tutto in questo libro e questo rende difficilissimo riassumerne il contenuto.
Gli spunti di riflessione abbondano e dopo tre settimane dalla fine continuo a ripensare, rimuginare e metabolizzare, anche "verità" un po' scomode.
L'autrice parla del ruolo materno, del sempre più raro binomio lavoro-maternità, degli equilibrismi quotidiani, della solitudine sociale e affettiva delle madri, dell'incertezza indotta dalla messa in discussione degli insegnamenti delle generazioni che ci hanno precedute e dal proliferare di manuali di medici, psicologi, tate e tuttologi (e mamme che si improvvisano tali), del fenomeno delle mamme blogger (si, quello di molte di noi) e delle sue distorsioni, del marketing sul blog con la chimera del guadagno, della mania del naturale (e qui condivido al 100%) e del suo costo sociale, economico e, soprattutto, del suo peso sulle spalle delle donne, del movimento del "non ho niente e sono felice" ma non è così, del mito dell'allattamento artificiale (di nuovo, condivido al 100%), della parità di genere che non esiste, della violenza sulle donne, di politica e femminismo e molto altro.
E lo fa in modo sempre coerente e critico ma senza giudici affrettati o superficiali, senza proporre
soluzioni semplicistiche, senza, forse, che emerga una tesi di fondo unitaria (un po' di frammentazione del discorso c'è ma si perdona facilmente), ma va bene così.
Sta a noi riflettere e tirare le fila.
Qualche estratto dei passi che ho trovato più significativi, liberamente scelto e accostato (non me ne voglia l'autrice, qualora passi di qui- magari!)
" L'occupazione femminile resta ben sotto il 50 %, nonostante tutti gli studi di settore dimostrino che esiste un legame fra impiego femminile e natalità.
Ovvero, meno si lavora, meno figli nascono. E ancora: meno le donne lavorano, più l'Italia si impoverisce, e infatti si impoverirà di molto, nelle settimane che seguono quel Capodanno.
Invece, quel che si comincia già allora a sussurrare dopo le promesse di lacrime e sangue e che sarebbe meglio che le donne facessero un passo indietro.
Del resto, le giovani lavoratrici che restano incinte continuano a essere licenziante, certo indirettamente, con contratti non rinnovati o mancanza dei medesimi. Ad alcuni i datori di lavoro chiedono la data delle ultime mestruazioni prima di assumerle. Normale....Infine,..., il numero delle donne uccise dagli ex compagni avrebbe subito un'accelerazione impressionante nel 2012.
..
Eppure, le donne continuano a far si che questo paese non cada a pezzi, senza ricevere in cambio nulla, se non la consueta assunzione fra i nimbi del mito: siamo brave, siamo pazienti, siamo eroiche, siamo dee, vogliamo tutto, il cielo e la cucina. O, forse, stiamo tornando a desiderare solo la seconda, lasciando il cielo a tempi migliori...."
"La fierezza delle proprie mani operose...e fin qui niente di male.
Bisognerebbe, ed è bene dirlo e ridirlo, che ogni donna e uomo potessero considerare i propri gesti e le proprie passioni non come aderenti a un modello, ma come scelta. Bisognerebbe che fossero...liberi dalle costrizioni e dalle fazioni.
Invece, soprattutto sul corpo del madri, le donne si spaccano, si dividono, si azzannano....anche contro le loro madri.
Dunque, la maternità e il nodo. Prima negata ( perché bisognava contrattarla con il datore di lavoro, con il compagno, con se stesse) ora trionfante e apparentemente esclusiva. Il pendolo oscilla ancora è i punti che tocca sembrano essere sempre e solo due: l'emancipata e la madre,...Due modelli: invece di dieci, cento, miliardi. la rappresentazione delle donne non riesce ad essere prismatica, e' sempre, e solo, a due facce.
Ma questa faccia, quella del modello materno di ritorno, e' molto più difficile da raccontare, ed è quasi impossibile da indicare come pericolosa.
...
Tutto questo, per inciso, ha un nome: Gender backlash. Significa che si torna indietro. perché si ha altro a cui pensare, perché son cose da femministe, perché non è urgente. Anzi, e semmai urgente e benefico che le donne si facciano carico in prima persona della decrescita, felice o infelice che sia, accudendo i figli e provvedendo alle conserve...
...
Anche la maternità e' un Palazzo D' Inverno: dove è splendido aggirarsi ma da dove non si può uscire. A meno di non abdicare, condividendo quel che ci è stato attribuito come esclusivo: perché potere e libertà si elidono e per secoli la maternità e stato l'unico potere concesso alle donne. Dovrebbe inquietare il fatto che oggi torni ad essere prospettato come il più importante, l'irrinunciabile, il naturale, il primario."
Aspetto di leggere cosa ne penserete voi, dopo averlo letto o se lo avete già fatto.
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martedì 15 ottobre 2013
Cambiare prospettiva, almeno per un giorno.
A volte mi chiedo se sia vero che non abbiamo mai abbastanza tempo per fare tutto: lavoro, figli, casa, sport, hobby, amici, parenti.
Certo, giornate da 48 ore aiuterebbero, però forse basterebbe meno.
Basterebbe accorgersi che non è vero che DOBBIAMO fare questo o quest'altro, ma che SCEGLIAMO, più o meno consapevolmente, più o meno razionalmente, più o meno sotto minaccia (di catastrofi familiari, crisi economiche, ricatti emotivi ecc.) di fare ciò che facciamo.
Non vale sempre in assoluto, certo, ma il più delle volte, siamo noi a scegliere, a stabilire una scala di priorità, che potrebbe essere rivista, modificata, adattata.Sta a noi decidere.
Perché non è vero che non ho tempo per leggere, la sera, e' vero semmai che ci sono giorni in cui preferisco dormire.
Non è vero che non posso finire quell'atto urgente, e ' vero però a volte che preferisco rimandare all'ultimo e giocare con mio figlio quella mezz'ora.
Preferisco mangiare un panino che passare un'ora a cucinare (questo sempre, anche se poi adoro mangiare piatti casalinghi), leggere che guardare il Tg (sempre di nuovo) ecc.
Le ore non crescono sugli alberi, purtroppo, però formulare i propri pensieri usando il verbo "scelgo" o " voglio", anziché "devo", aiuta.
A volte.
Per un giorno o un minuto soltanto.
Comunque, un minuto di serenità e leggerezza guadagnato.
giovedì 10 ottobre 2013
Latito, ma solo in apparenza
Chiedo scusa.
Lavorativamente parlando, è un periodo impegnativo, di scadenze, di urgenze, di modifiche legislative che destabilizzano, a cui si aggiungono problemi di hardware e software.
Perchè ormai anche la professione richiede tecnologia e non è affatto un miglioramento, nonostante quello che il governo e gli informatici vogliono farci credere.
La qualità del lavoro e il tempo perso aumentano, anzichè diminuire.
E poi, naturalmente, c'è la progettazione della ristrutturazione della casa, che cerco di delegare all'Alpmarito ma di cui, bene o male, un minimo mi devo interessare anche io.
Non è che non me ne freghi nulla, anzi, è che, dipendesse da me, per ogni soluzione rifletterei mesi interi.
Ovviamente non si può.
E il nano. Con lavaggi nasali a gogò, sciroppi lenitivi e capricci sistematici al mattino ed alla sera.
La pediatra, da cui lo portato martedì sera, da un lato suggerisce "cambi di molecole" (= cambio di medicine, tanto per spendere un pò e riempire la casa di tubetti e fialette mezze vuote), dall'altra assicura che non ci sono "rumori patologici", che è solo un brutto raffreddore "grasso", che probabilmente lo accompagnerà di nuovo per tutto l'inverno, quindi "non c'è da preoccuparsi" e "non c'è bisogno che lo porti di nuovo", però "se non passa, fra un pò lo riporti": chiarissimo, lampante.
Così, se quando mi ha dato l'appuntamento (che tanto non serve a nulla perchè aspetti un'ora lo stesso) mi sono sentita una mamma ansiosa, uscita dallo studio medico ero diventata una "mamma ansiosa e scema".
E poi.
All'asilo pare che il nano sia un bimbo vivace ma molto obbediente e autonomo.
A casa, l'obbedienza è un accessorio e la voglia di fare tutto "io da solo!" provoca non pochi disastri, senza che possa neppure cercare di arginarla, perchè so che è un bene che voglia crescere ed essere capace di fare da sè.
E c'è la ricerca di un lavoro per l'Alpmarito, non facile di questi tempi, soprattutto non volendo emigrare all'estero o in città lontane.
E c'è la mia mamma, che soffre e non so come aiutare, e la mia nonnina, che fa da parafulmine con la sua salute già non proprio di ferro.
E ci sono io, che vorrei riuscire a frequentare la piscina almeno una volta alla settimana, non dico per sentirmi in forma, che ce ne passa, ma per sfogarmi un pò.
Niente, non ci riesco.
Tutto nella norma, insomma.
Il solito autunno.
Di nuovo c'è che il nano, intanto, cresce ed è sempre più bello, con il suo cappellino di lana bianco e azzurro da cui spuntano i ricciolini biondissimi e le scarpe da ginnastica nuove (regalo di "nonna bissi", come dice lui = nonna bis) che fa ammirare a tutti e che mi ha chiesto di fotografare, mettendosi in posa, in piedi con le gambine incrociate ed un sorrisone felice.
Il nano, che non smette mai di chiaccherare, che usa parole come "decollo" e "atterraggio" quando gioca con gli elicotteri, che chiama il pasto "pranzo" e "cena" correttamente ma vorrebbe sempre solo pasta e riso, la sua "pappa" per eccellenza.
Che ieri non ricordava il nome "zucchine" ed allora mi ha chiesto "la verdura", però poi ogni tanto chiama la mela pera.
Che si diverte a fingere di andare con il cavalcabile o il tricilo in stazione a Torino "all'univettità" come lo zio o ad Aosta come la mamma o a Roma (??), costruisce autorimesse per le sue macchinine perchè "fuoi piobe" , canticchia e ci sgrida ("bibba!") quando ci scappa una parolaccia.
Che corre o saltella o vuole stare in braccio, ma camminare normalmente mai.
Il nano, a cui stanno venendo tanti piccoli "rasta", perchè non riesco mai a pettinargli per bene i ricciolini: urla e piange e io, che ricordo il male che pativo da bambina con i capelli lunghi, non ho cuore di insistere.
E poi abbiamo ricominciato il corso di acquaticità (sabato pomeriggio) e lui, dopo un momento di smarrimento, si è tuffato in acqua a braccia aperte, fiducioso e allegro, per un'ora intera, giocando al trenino con la barra galleggiante (non so come si chiami) e rifiutando categoricamente l'uso del salvagente.
Una gioia per gli occhi e per il cuore.
venerdì 4 ottobre 2013
A che gioco giochiamo?
Troppe impressioni e riflessioni che hanno bisogno di sedimentare e pochissimo tempo a disposizione in questi giorni impegnativi, sotto molti punti di vista.
Quindi, vi parlo del romanzo che ho letto tra la Lipperini ed un'altra saggio (ancora sul mio comodino).
Dalla Kinsella ti aspetti un libro leggero, ben scritto ma di evasione ed era per questo che lo aveva scelto tra due letture più impegnative.
E invece questo breve romanzo (250 pagine circa) mi ha stupito.
Si ritrovano i personaggi, femminili ma anche maschili, per una volta, dalla personalità esagerata e un po' irreale che, secondo me, caratterizzano tutti i libri dell'autrice ma, come ne La regina della casa, colei che più sembra frivola e volgare alla fine dimostra una personalità sfaccettata e non priva di senso morale.
Perché il romanzo e' tutto incentrato sugli inganni dell'apparenza, sull'invidia sociale, sulla percezione che i personaggi hanno della loro vita e del loro status e come, invece, li vedono amici e familiari.
Ed alla fine, vince l'amore sincero, la vita familiare e professionale non perfetta (e quale e' davvero tale?) che però si regge su sentimenti autentici, al di la' della grandezza della casa, del numero di
camere degli ospiti, delle marche occhieggianti dai guardaroba, dei modelli di auto e della forma fisica.
I protagonisti, tre coppie di coniugi "amici", più una coppia formata da padre e figlia, si incontrano per un weekend di tennis nella casa di Patrik e Caroline.
Tra recite organizzate dai figli, partite a tennis, aperitivi e barbecue, ospiti e padroni di casa parlano e si fanno battute, non sempre felici di essere insieme.
Ed alla fine gli equilibri si rompono e ciascuno si svela per ciò che è, inaspettatamente, scoprendo che l'apparenza, certe volte, inganna e l'erba del vicino e' sempre più bella, ma solo fino a che non ti ci sei seduto sopra.
Un libro non impegnativo ma ben riuscito, scritto bene, non eccellente ma neppure banale. Non correrei a comprarlo in libreria ma, se ne avete l'opportunità, leggetelo e riflettete.
Ne uscirete un po' più contente della vostra vita e dei vostri amici!
Questo post partecipa all'iniziativa del Venerdì del libro di HomeMadeMamma
(http://www.homemademamma.com/2013/10/04/venerdi-del-libro-open/ che ringrazio una volta di più per questa bellissima idea.
venerdì 27 settembre 2013
Ne parliamo a cena
I giovedì sera, con cadenza caoticamente periodica, Costanza, amante da sedici anni in attesa, e le sue cugine, Veronica, quattro figli +1, un marito fin troppo perfetto ed un ménage familiare invidiabile, Sofia, una figlia che fa di tutto tranne studiare, una separazione in corso e gusti un po' retro', Bibi, che non è fatta per essere continuativamente materna e preferisce lasciare ogni tanto ai suoi gemelli un forte influsso periodico, girando il mondo vestita di cashmire da capo a piedi e Irene, un figlio, un quasi ex marito e due uomini che alterna con nonchalance ma poco entusiasmo, si trovano a cena per sviscerare, a turno, la vita di ciascuna di loro, confrontando drammi, dispensando consigli inutili, condividendo gioie e pensieri.
Il tutto allietate da piatti dai nomi improbabili, frutto delle ricette di famiglia e delle sapienti mani delle zie.
Nel frattempo, la vita delle cugine prosegue, nella Torino moderna, in un negozio di Carta e Cuci, cartoleria-merceria paradiso delle donne che non hanno tempo ma il poco che hanno adorano perderlo che gestiscono insieme Sofia, Costanza e la loro amica Carolina, allegramente zitella, per scelta e vocazione.
Tra improbabili appostamenti al buio, ex mariti agguerriti, amanti incostanti e recidivi, fidanzati non desiderati, tutti dai nomi sabaudi e dai caratteri originali, ristoranti rosa a nuvolette, case di Barbie, cassettoni rossi e case contese, si svolgono le avventure quotidiane di queste eroine dei nostri giorni.
Un romanzo leggero, che forse si dimentica in fretta, ma frizzante, scorrevole, ironico e mai banale.
Insomma, una perfetta lettura di evasione, femminile senza essere melensa e divertente quanto basta!
Ecco il mio suggerimento della settimana per partecipare al Venerdì del Libro di Home Made Mamma, www.homemademamma.com