Un romanzo inaspettatamente profondo, che era stato molto pubblicizzato (nel 2011, però) e che non mi ha assolutamente deluso, anzi.
Il libro racconta la storia di Victoria, un'orfana cresciuta tra disastrose famiglie adottive e fredde comunità, spinta nel mondo senza alcun paracadute a 18 anni, senza amici, parenti, contatti ed aiuto, salvo l'amore per i fiori ed il loro significato, da sempre il suo unico modo di comunicare davvero.
Proprio grazie ai fiori Victoria troverà un lavoro, si farà un'amica e conoscerà l'amore, in tutte le sue sfaccettature, fino a che sarà costretta ad affrontare il suo passato e fare pace con i suoi sensi di colpa per crescere davvero e costruirsi un futuro che sia davvero a sua misura, ma senza fretta, un passo alla volta, come il dizionario dei fiori che, giorno dopo giorno, scatto dopo scatto, discussione dopo discussione, riuscirà a completare, dando inizio alla sua rinascita e ad una inaspettata riconciliazione.
La storia alterna passato e presente senza creare difficoltà di lettura, lasciando svelare a poco a poco, dal passato, la motivazione delle scelte della Victoria "adulta" e facendo conoscere al lettore personaggi che appaiono veri, perché complessi e sfaccettati: Elizabeth, il nipote, Renata, sua madre, l'assistente sociale e la protagonista stessa, naturalmente.
Un romanzo che tratta temi profondi, come il senso di abbandono, la rabbia che nasce dal rifiuto e dalla solitudine, la frustrazione di non riuscire ad aiutare gli altri o a ristabilire un contatto dopo anni di rancori, la difficoltà delle dinamiche affettive e familiari.
Ciò che mi ha colpito di più, però, e' forse il modo in cui l'autrice descrive l'esperienza della maternità e dell'allattamento, quell'euforia iniziale seguita dalla fatica, dal senso di soffocamento e spossatezza che nasce dal dover essere sempre a disposizione, 24 ore su 24, senza scampo da quel sentimento, insieme bellissimo e inesorabilmente impegnativo, di responsabilità e amore.
E riesce ad esprimere efficacemente ciò che molte donne provano ma non sanno o non vogliono descrivere, per vergogna, senso di colpa o inadeguatezza o, semplicemente, perché non è facile trovare le parole.
"Il suo succhiare inesorabile faceva riaffiorare la disperazione da dove si era annidata e la faceva risuonare come il leggero rimbombo dentro una conchiglia, riflesso di una realtà più grande.
La allattai per un'eternità. Quando la spostai da un seno all'altro, controllai l'orologio: era passata un'ora ed eravamo solo a metà. Si attacco' di nuovo e i miei sospiri divennero un basso lamento.....
Sapevo cosa volevo e sapevo come darglielo. sembrava facile, e forse lo era per altre madri, ma non per me. Ero stata attaccata a lei per ore, giorni, settimane e adesso avevo bisogno di qualche momento per me.....
Le misi in bocca il biberon. Doveva imparare a bere il latte artificiale. L'allattamento al seno era troppo per me. Non avrei resistito e, se volevo tenere la bambina, dovevo trovare un modo di essere madre che non fosse al di sopra delle mie possibilità."
Perché non esistono madri peggiori o migliori, ma solo madri che ci provano, fino a trovare il loro modo di essere mamme, anche attraverso la scelta estrema di un forzato distacco o quella, certo meno drammatica ma altrettanto significativa, di un biberon.
Perché come i fiori, anche i comportamenti possono essere ambivalenti, avere più di un significato.
Sullo sfondo, sempre i fiori, i loro colori, la loro bellezza, la loro magia e la forza di un linguaggio simbolico e quasi dimenticato che risveglia i sentimenti, e...la voglia di primavera!
Torre di Santo Stefano, Ivrea (TO)
P.s. L'autrice ha davvero avuto in affidamento più di un bambino e ha figli, ovviamente. Nella mia edizione il romanzo si chiude con una sua interessante intervista.Con questo post partecipo all'iniziativa del "Venerdì del libro" di Home Made Mamma, Www.homemademamma.com
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