lunedì 2 giugno 2014

Di inserimento alla materna, di orti, di bici e di emozioni: in una parola, mamma.

E poi, all'improvviso, lo vedi grande.
Cresce, troppo in fretta.
Te lo avevano detto, prima che diventassi mamma, ma tu non ci avevi creduto.
I primi mesi, poi, sembravano non passare mai (e in certe giornate è ancora cosi').
E invece.

Fai l'inserimento alla scuola materna e presto dovrai salutare le maestre del nido, quasi delle seconde mamme.
Lui è felice ed entusiasta, non vede l'ora di andare alla "scuola dei bimbi grandi ma ancora un po' piccoli", come la chiama lui (perché quella "dei bimbi grandi" è quella dei cuginetti, la scuola elementare).
E lo vedi timido, con il suo doudou in mano ed il ciuccio, che nasconde nella tua borsa prima di entrare, pero' non ha il coraggio di presentarsi con il suo nome e vuole stare in braccio a te.
Canzoncine di benvenuto, giochi per conoscersi, bolle di sapone nel prato, con una bacinella ed una cannuccia e lui che da confidenza solo ad un'altra bambina timida come lui.
Pero' dopo non vorrebbe andare via e a pranzo vuole rientrare al nido, "con i suoi amici", "tanto poi tu vieni a prendermi dopo, mamma".
E la volta dopo, un altro mercoledi' mattina, il secondo incontro di questo inserimento anomalo con la mamma o il papà, pensato per i genitori piu' che per i bimbi (e le maestre te lo dicono pure, perché sono mamme anche loro e sanno come è), lui è di nuovo timidissimo e se ne sta in disparte.
Poi le maestre consegnano ad ogni bambino un vasetto con il suo nome, una bacinella piena di terra e un barattolo con semi di fagiolino, da cui pescare per creare la propria piantina e lui è entusiasta e tu ancora di piu' perché questa è la scuola che volevi, quella in cui coinvolgono i bimbi in attività semplici ma istruttive, quella in cui la natura convive con l'alfabeto, i numeri, i giorni della settimana e lo studio del francese.
E finalmente smette di piovere e allora...stivali e via, nell'orto della scuola, a piantare le patate.
Gli altri bimbi fanno un giro e poi vanno a giocare con farina e altalene, lui no.




Chiede "posso, ancoa una?", in un ciclo infinito, e pianta patate con la maestra e rastrella e ascolta attento mentre gli insegnano che bisogna lasciare uno spazio di piede di bimbi tra una patata e l'altra perché possano crescere, che prima di seminarle vanno tagliate e lasciate riposare perché mettano fuori i butti e poi in autunno con quelle patate tutti i bimbi, anche lui, faranno la farina e poi i gnocchi, che il nano adora.
I suoi occhi brillano, è attento e felice, conquistato.
E la foto di gruppo non gli interessa, il vasetto da portare a casa si' e "mamma vai pure, io vado a mangiare con i miei amici".
E tu hai le lacrime agli occhi e scappi via, vai a correre e pensare...il magone è tutto tuo, perché sta crescendo e un po' ti fa paura e se lui sembra pronto, tu le mura rassicuranti del nido non le vorresti lasciare, pero' non bisogna farglielo capire, questo mai.
E' il tuo bimbo, quella che la mattina vuole essere portato a fare colazione in braccio e coccolato, quello dell'ancora un bacino, con il ditino sollevato a sottolineare uno.
Quello che quando è stanco o spaventato vuole ciuccio e doudou, quello che vuole mamma e papà.
E invece.


Torni dall'ufficio e lo trovi in cortile con i nonni che ti chiama orgoglioso e felice e ti mostra che ha imparato a pedalare sul trattorino: "e adesso io sono pronto, posso avere la bici dei grandi? Guarda mamma sono capace adesso, posso averla anche io?"
E dopo una settimana cosi' ti convinci e parti con il papà per andarla a cercare, questa bici tanto sognata, "con i pedali veri!!!"
E quando entri nel negozio e vedi le piu' piccole e ti sembrano grandi e invece la prova, gli va, pero' insiste che sia quella arancione, non quella rosa che gli sta facendo testare il commesso, e lo guardi negli occhi e vedi l'emozione, la felicità, l'entusiasmo, l'appagamento ed il nervosismo della prima volta....lo vedi grande e ti tornano le lacrime, di nuovo.
E sai che questo giorno, 29.05.2014, lo ricorderai.
E poi, vabbè, torni a casa seduta davanti, al posto del passeggero, con la bici incastrata tra ginocchia, cruscotto, spalle e mascella e preghi che non ti arrestino e di non avere un incidente.
E poi lui va, con lo stesso sconfinato entusiasmo che riversava sull'altra bici, la prima, compagna di tante avventure.


Solo che, questa volta, spinge sulle sue gambette magre e tu devi correre per stargli dietro.
E ride, felice.





E tu pensi, un po' orgogliosa e molto preoccupata, che adesso non lo ferma piu' nessuno
(e ti toccherà pure metterti a piantar patate in giardino!!!).

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