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La rabbia delle mamme" di Alba Mercoli, pag. 316, euro 10,50, Mondadori Oscar
Ho preso questo libro in biblioteca per caso, senza sapere di cosa parlasse e senza conoscere l'autrice, attirata dal titolo.
Mi è piaciuto.
E' un po' ripetitivo nei concetti fondamentali, probabilmente perché nasce come raccolta di riflessioni sull'esperienza di psicoterapia di gruppo e studio delle difficoltà legate alla maternità ed al rapporto genitori - figli condotta in molti anni dall'autrice, però e' comunque molto interessante, anche per le storie esemplificative di molti stati d'animo e che aiutano a guardare ai problemi anche nell'ottica dei bambini, e per le testimonianze di molte mamme che vi sono riportate.
Io l'ho trovato in qualche modo "liberatorio", oltre che molto sincero.
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Nell'immagine edulcorata con cui la nostra società mitizza spesso il ruolo materno, uno dei terreni che mi sembrano in assoluto più pericolosi e dannosi per genitori e bambini e' la negazione dell'ostilità e dei pensieri distrutti che invece in certi momenti fanno inevitabilmente parte dell'esperienza, soprattutto nella depressione post partum, esattamente come i pensieri di dolcezza e tenerezza in altri, a volte contemporaneamente.
Sembra che ci sia un vero e proprio tabù sociale che impedisce che se ne possa parlare, come se pensiero e agito distruttivo fossero la stessa cosa e non due cose completamente diverse fra di loro, quali sono invece nella realtà.
...Anzi, un pensiero del genere e' sanissimo poterselo concedere in certi momenti in cui si è troppo esausti e provati dalle difficoltà con un bambino: diventa un ulteriore fattore di protettivo per lui perché aiuta a riconoscere e legittimare la fatica dei genitori ma a preservare allo stesso tempo il bambino e a non passare all'agito distruttivo. Aiuta a far si che il pensiero resti un pensiero e non si trasformi in un atto.
....Perché concedersi il pensiero di solito aiuta a non farlo e a non far ricadere in modi più sottili e potenzialmente dannosi sul bambino un'aggressività mentalmente negata anche a se stessi ma perfettamente percepita dal piccolo.
Sono invece le improbabili mamme perfette da pubblicità televisiva quelle che fanno inconsapevolmente soffrire di più i loro bambini senza volerlo, a causa del loro tipo di funzionamento mentale che ha bisogno di essere aiutato a evolvere perché difficilmente riesce ad entrare in sintonia con i bisogni reali di un bambino piccolo....
Perché il voler essere perfette implica inevitabilmente varie difficoltà psicologiche importanti alla base, quali: una profonda mancanza di autostima, spesso camuffata dall'opposto, cioè da una apparente sicurezza...., una negazione della complessità della vita, che si percorre cadendo ma anche rialzandosi; un funzionamento mentale di tipo magico - onnipotente... In cui non vengono riconosciuti i limiti, ne' i propri, ne' quelli della situazione e neanche quelli del bambino; un'aspettativa inevitabile di perfezione anche sul bambino, che lo danneggiera',...una difficoltà nell'accettazione di se' e dei propri punti deboli, ma anche in quella del figlio e dei suoi punti deboli; il trasformarsi spesso da in nei momenti di esasperazione proprio per la frustrazione finale di non essere all'altezza di un modello così irreale di se'. Questi confonde e destabilizza i bambini che finiscono per ritrovarsi in certi momenti nella necessità di doversi difendere da chi li dovrebbe proteggere."
Il pensiero di fondo del libro, secondo me, e' che parlare di aggressività, concedersene il pensiero, aiuta a stemperare, sfogarsi e non passare all'azione, perché: "
Nessun pensiero di rabbia ha mai ammazzato nessuno, tantomeno un bambino. I pensieri sono pensieri, non azioni."
Spesso l'aggressività e' frutto di rapporti non risolti con il passato che, se non affrontati, possono ritorcersi contro i figli. Perché dietro alla paura di non essere adeguata e di non farcela, scrive, l'autrice: "..
.c'è, insomma, la parte piccola, non cresciuta, impaurita e spaventata che anche noi adulti ci portiamo sempre dentro spesso senza saperlo".
Dal momento che, se si pone sistematicamente in atto un certo meccanismo mentale e un certo modello di comportamento, i figli impareranno quello, e' importante "rompere la catena" degli atteggiamenti sbagliati o negativi, quelli che ci fanno stare male, per evitare di trasmettere un insegnamento errato ai nostri figli.
Ad esempio, se i nostri figli ci vedono reagire con aggressività e nervosismo alle difficoltà ed alla stanchezza, faranno, un domani, lo stesso, oppure si troveranno a soffocare la loro rabbia per non ricadere nel nostro errore, rischiando che esploda in modo distruttivo.
Se negheranno l'imperfezione, perché noi non ci permettiamo di esternarla e così hanno imparato, saranno probabilmente insicuri e pieni di sensi di colpa. Ecc.
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Bisogna crescere per fare i grandi, non bastano gli anni segnati sulla carta d'identità....
Quando un bambino si può permettere di fare il piccolo, e non il grande perché deve fare da genitore ai suoi genitori e' più facile che una volta cresciuto ossa fare il grande con i suoi figli senza chiedere loro per automatismo inconscio di fargli da genitore, privandoli così involontariamente e senza neanche rendersene conto della loro infanzia e perpetuando un altro anello di una catena transgenerazionale di trasmissione di ferite e dolore."
Tutto questo non significa che sia sempre colpa dei genitori, non significa che dobbiamo farci prendere dai sensi di colpa, perché si tratta di meccanismi non consapevoli.
Si tratta, piuttosto, di avere il coraggio di affrontare ciò che fa stare male per superarlo, anche vincendo questo tabù dei sentimenti contrastanti verso i nostri figli che tendiamo a negare.
E ancora, significa cercare di riconoscere le battaglie perse e non sprecare energie in esse e, soprattutto, nei conflitti lasciare agli altri una via d'uscita onorevole, non volerli umiliare e sconfiggere a tutti i costi (e in questo io ho molto da imparare, perché spesso mi accorgo di comportarmi da bambina con il mio stesso figlio..).
Secondo l'autrice, in questo percorso un gruppo di ascolto attivo e non giudicante, il confronto sincero con altre persone che vivono le nostre stesse esperienze e' determinante, aiuta a sconfiggere i tabù e riconoscersi mamme "sufficientemente buone" che, poi, conclude la Mercoli, e' il modo migliore di fare la mamma.
Insomma, quell'ascolto e quel gruppo di considivisione che io ho trovato sul web!
Consigliato alle neo mamme, alle mamme già da un po' e alle donne in attesa, per non farsi fregare dal meccanismo dell'idealizzazione e del senso di colpa, perché:
"...sono proprio un eccesso di idealizzazione e la retorica della maternità in particolare che si ritorcono contro tante neo mamme facendole soffrire insieme ai loro bambini......permettere di esprimere e legittimare anche i momenti di rifiuto che l'esperienza del diventare genitori porta inevitabilmente con se', contribuirebbe a diminuire il malessere che li accompagna e la paura sottostante di non essere all'altezza del ruolo. Aiuterebbe a sentire di fare davvero il proprio meglio e a essere genitori "sufficientemente buoni" per il proprio bambino. Il quale, a sua volta, non ha bisogno di genitori perfetti, per fortuna, ma semplicemente dei suoi genitori che sono loro, solo loro e nessun altro al mondo, con i loro punti di forza ma anche con le loro fragilità e insicurezze...."
Con questo post partecipo al Venerdì del Libro di
Home Made Mamma