Rispetto.
E’
un sostantivo che sa di altri tempi, altre epoche, altri comportamenti.
Perché
pare che siano pochi, oggi, ad avere rispetto.
Rispetto
per le idee e le opinioni, che non vuol dire non criticare e non discutere, ma
farlo e poi stringersi la mano e amici come prima; vuol dire avere l’apertura
mentale e la volontà di “ascoltare” davvero l’altro, non tappargli la bocca con
la prepotenza e la sopraffazione, non “lasciarlo parlare” passivamente; vuol
dire avere il coraggio di cambiarle, le proprie idee e le opinioni.
Quanti
sono oggi gli Stati, le famiglie e i luoghi di lavoro in cui questo rispetto
per le idee viene calpestato? Troppi.
Rispetto
per lo Stato, rispetto per il bene pubblico che è anche nostro, appunto,
rispetto per le Istituzioni (e ribadisco, non vuol dire non poter criticare) e
rispetto dello Stato verso i cittadini.
Perché
se gli atti vandalici e le proteste che sfociano in distruzione di tutto e
tutti e finanche lesioni, sono da condannare, altrettanto vale per le prese in
giro dei cittadini perpetrate da Enti pubblici, enti pseudo privatizzati e
politici di ogni schieramento.
Perché
il rispetto, deve essere reciproco.
Rispetto
per i ruoli e le “autorità”: insegnanti, professori, forza pubblica, “capi”
ecc.
Perché
se di fronte ai nostri figli mettiamo in discussione l’autorità del
professore/allenatore/maestro ecc., rischiamo di far venire meno il senso del
limite e di impedire a chi riveste tali ruoli di svolgere il proprio lavoro.
Poi, magari, nella nostra testa o al di fuori di quell’ambito possiamo essere
in disaccordo, ma di fronte ai figli, no.
Rispetto
per la donna e per l’uomo.
Che
non significa (o meglio, non solo) istituire un Ministro per le “pari
opportunità” o scrivere nella Costituzione che gli uomini e le donne hanno
“pari dignità sociale”.
Significa
rispettare le nostre diversità e riconoscere pari diritti e doveri, in ogni
campo.
Significa,
nella coppia, fare insieme o alternativamente tutte le attività quotidiane,
curare i figli, gestire le incombenze domestiche allo stesso modo, perché è forse
proprio questo rispetto “di tutti i
giorni” ad avere il maggior impatto sulla nostra vita.
E significa
che non deve essere sempre la “mamma” o la “donna” ad arrivare in ritardo a
lavoro per accompagnare i figli a scuola, a chiedere i permessi per guardarli o
portarli dal medico quando sono malati, a ricordarsi che non c’è più latte in
frigo o carta igienica in bagno, a segnarsi le date dei vaccini o le scadenze
delle bollette, a stendere il bucato o caricare la lavatrice /lavastoviglie anche
se sono le undici di sera e sei stanchissima, e..il senso è chiaro, mi pare.
Rispetto
nella professione / lavoro, perché non è tollerabile che nel 2013: giovane
donna, anche se in tailleur e con una ventiquattrore = segretaria; giovane uomo,
anche se in jeans e/o polo = avvocato/medico ecc. (giuro: è così e non importa
se dalla porta dello studio entra un cliente uomo e donna, giovane o vecchio!)
Rispetto
verso gli anziani, che hanno dato tanto ai noi e non meritano di essere
maltrattati, insultati, abbandonati quando hanno bisogno (anche se vanno ai 30 Km/h su una strada
extraurbana a scorrimento veloce!!!!E qui, non sono esente da colpa).
Rispetto
per i bambini, che passa attraverso asili nido, spazi gioco adeguati, prati e
cortili in cui sia consentito giocare a calcio e ridere, ritmi di vita che
tengano conto di loro, delle loro esigenze.
E
ancora: atteggiamenti, programmi televisivi, vestiario non da adulti
“miniaturizzati” ma da bambini davvero.
Rispetto
per le sconfitte e per le vittorie.
Perché
vincere piace a tutti e rinforza l’autostima, ma è attraverso le sconfitte che
si cresce e si diventa più forti.
E
per vivere, vi vogliono forza e coraggio, anche il coraggio di accettare un
rifiuto, una porta sbattuta in faccia, un (uno? Cento!) curriculum cestinato
senza risposta, la fine di un amore.
Rispetto.
Ho
sempre pensato che il mio primo figlio sarebbe stata femmina e immaginavo che avrei dovuto insegnarle a
lottare, dimostrare quanto vale, essere sempre più intelligente, attenta e
studiosa degli uomini, per raggiungere il suo personale obiettivo, valorizzare
il fisico ma ricordare che la bellezza è effimera e soggettiva, invitarla a
camminare a testa alta con orgoglio in un mondo di uomini pieni di preconcetti.
Invece
ho un maschietto e quando l’ho realizzato (dopo la nascita), mi sono sentita
sommergere dalla responsabilità: responsabilità di educare un futuro uomo,
insegnandogli che non esistono mestieri da uomo e incombenze da uomo e altri da
donna, che i sentimenti possono essere manifestati pur avendo un pisellino, che
è lecito piangere.
Soprattutto,
responsabilità di insegnarli che essere più forti fisicamente non vuol dire
poterne abusare ma, al contrario, avere il dovere di controllarsi e non fare
del male agli altri.
Spero
di dimostrarmi all’altezza di quest’arduo compito che per me passa dall’esempio
dei genitori e dei familiari.
Perché
i fatti, più delle parole, in questo campo fanno la differenza.
Questo post partecipa al blogstorming di genitori
crescono: tema del mese, “Rispetto!” http://genitoricrescono.com/tema-mese-rispetto/
http://genitoricrescono.com/blogstorming/cosa-e-il-blogstorming/
http://genitoricrescono.com/blogstorming/cosa-e-il-blogstorming/
Mi ci ritrovo davvero tanto nel tuo post, lo condivido in pieno.
RispondiEliminaAnche io ho partecipato questo mese e mi sono chiesta come insegnare il rispetto per l'Altro e sono approdata...ai viaggi... (ormai mi conosci...)
Se hai voglia di leggerlo lo trovi qui!
A presto!
Fra
http://www.patatofriendly.blogspot.it/2013/02/il-rispetto-e-i-viaggi.html
Come non approvare e condividere?
RispondiEliminaanche se io non sento il peso della responsabilità di educarli... dò per scontato che verrano su bene. Con le buone o con le meno buone! eheheh!
Condivido tutto, soprattutto l'ultimo pezzo, anch'io devo crescere due maschietti ... futuri uomini del domani
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