Troppi impegni, troppe scadenze, troppi problemi.
Però l'appuntamento con il Venerdì del Libro non voglio saltarlo di nuovo.
E siccome son giorni impegnativi, vi parlo di un libro non proprio allegro e rilassante.
"Un karma pesante" di Daria Bignardi, ed Mondadori, 2010, pag. 190
Poi, però, presa dalle passeggiate e dalle esplorazioni del nano, non lo avevo letto.
Non sempre si è capaci di fare più mestieri o si hanno più talenti e, considerando che ritengo la Bignardi presentatrice de "Le invasioni barbariche" molto brava e la Bignardi che avevo conosciuto in un rifugio di montagna, dove lavoravo, ormai molte estati fa, mi era stata subito simpatica, temevo che come scrittrice si sarebbe rivelata una delusione.
Poi nei giorni scorsi ho letto le recensioni positive di due blogger, in occasione del Venerdì del Libro (scusate, non ricordo di chi si trattasse), anche se relative ad altri romanzi della Bignardi, e l'ho ripreso in mano.
Ecco, non è che il libro non mi sia piaciuto, però non mi ha neppure entusiasmato:
è scritto abbastanza bene, il personaggio principale, la regista Eugenia, e' complesso e sfaccettato, come piace a me, nonchè ben descritto, però la storia, che poi è il racconto di episodi della vita della protagonista, raccontati in prima persona, non mi ha convinto.
Mancano avvenimenti, un filo conduttore chiaro e c'è un non so che di abbozzato e incompleto, anche nel racconto del rapporto con il marito e con il fratello.
In compenso, ci sono rilfessioni profonde e dal sapore autobiografico, sentimenti che sembrano veri, perchècontrastati, contrastanti e non univoci, come accade nella realtà.
Non c'è molta allegria, questa no, però il finale è ricco di speranza e di consapevolezza.
Insomma, non da scartare ma neanche da non perdere.
In ogni caso, la lettura conferma la mia impressione che l'autrice sia una persona completa e interessante.
"Nessuno sopporta il tuo dolore, la tua tristezza, nemmeno chi ti ama di più. Soprattutto chi ti ama di più. È più facile che a darti una mano sia il primo che passa, che quelli che ti vogliono bene."
(A volte è vero, l'ho provato sulla mia pelle. Altre, per fortuna, no.)
"Le bambine mi danno così tanta gioia che quasi non riesco a parlarne: è come se fosse troppa, per me, come se non me la meritassi del tutto.
Crescerle e' faticoso, molto più difficile che fare film, e sono meno brava, ma è la cosa più importante che faccio, quello che mi ancora a terra, il senso che cercavo, per banale e primordiale che sia.
Nono sarei stata capace di vivere, senza di loro. Sarei volata via, come un pallone troppo gonfio che spezza il filo: qualcuno mi avrebbe vista sparire in cielo e poi - puf - sarei esplosa, disintegrata nel niente.
Non che pensi di lasciare tracce sulla Terra - ricordo già poco io dei nonni, niente dei bisnonni-, in cent'anni, uno sputo di tempo, spariamo tutti. È il loro amore a tenermi qui: da sola, non so se sarei stata capace di volermi bene abbastanza per restare, per cercare di essere una persona degna, o almeno decente.
Vivere per cosa? Per il piacere? Che noia.
Il male sarebbe già un poco più interessante, un sentimento meno effimero, ma l'unico male accettabile e' quello che possiamo fare a noi stessi, e non è un progetto vincente.
La sola possibilità che abbiamo, quaggiù, e' vivere per gli altri."
(Io, per molti versi, condivido).
Voi avete letto altri libri suoi? Vi sono piaciuti? E questo?
Nessun commento:
Posta un commento
Un commento educato è sempre gradito!