"Qualcuno con cui correre" di David Grossman, ed. Oscar Mondadori, pagine 362, prima edizione 2008, Euro 9,00.
L'autore e' uno scrittore contemporaneo di Gerusalemme, dove e' in gran parte ambientato il romanzo.
Avevo già letto recensioni positive di questo libro e di altri dello stesso autore però per me era ancora uno sconosciuto.
Ebbene, questo e' uno dei più bei romanzi che ho letto negli ultimi mesi.
Tamar e Assaf, entrambi sedicenni, Shay, diciottenne con problemi di droga, Leah e la piccola Noah, la tenerissima Teodora, l'ardito cancelliere di Tribunale in pensione, gli artisti di strada, l'innamorato senza speranza Karnaf, Matzilah, Pessah, i suoi bulldog umani, Idan e Adi: ciascun personaggio e' indimenticabile ma i protagonisti..........ti entrano nel cuore come, naturalmente, la cagna Dinka, vero filo conduttore della vicenda, guida, amica, compagna di avventure.
Un romanzo sull'amore, sull'adolescenza, sui rapporti famigliari, sulla droga e l'amicizia, che racconta quanto sia facile perdersi e quanto coraggio, determinazione e lealtà servano invece per ritrovarsi o trovarsi, soprattutto in quel difficile momento della vita in cui, disorientati e confusi ma anche coraggiosamente idealisti, da bambini si diventa adulti.
Solo le prime 50 pagine sembrano scorrere un po' a fatica, poi la storia prende ritmo, ci si abitua alla narrazione su due livelli temporali e da due punti di vista (quello di Assaf e quello di Tamar) e ci si fa catturare anche dai personaggi e passaggi più surreali.
Bello, poetico, coinvolgente.
Molto consigliato!
Con questo post partecipo, come tutti i venerdì, all'appuntamento con i libri di Home Made mamma.
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venerdì 13 giugno 2014
mercoledì 11 giugno 2014
#parto da qui. Praticamente, la gestazione di un elefante.
Sei nato a 41 settimane + 5,
praticamente la gestazione di un elefante. Gli ultimi giorni sono
stati stancanti, tra un monitoraggio infinito e l'altro. Era un mese
che non dormivo più di 5 ore per notte, per l'ansia, per il mal di
schiena.
Tu nulla, ti facevi beffe
di noi e della nostra voglia di sapere, di conoscerti, di scoprire se
eri una fagiolina o un fagiolino.
Finalmente, alle 23.30
del 7 novembre, quando mi ero appena addormentata, si sono rotte le
acque. E io che temevo di non accorgermene!!
Doccia, vestizione e via
in ospedale, come insegnato al corso preparto. Ricovero in tutta
tranquillità, in assenza di contrazioni (anche quelle preparatorie,
del resto, erano state rare e quasi inesistenti).
Ci informano che c'è
ancora tanto liquido e se non partirà da solo mi indurranno il parto
solo in serata. Il tuo papà torna a casa a riposare, io resto a
rigirarmi nel letto di un rumoroso ospedale.
Verso le sette del
mattino, la prima contrazione, non troppo forte.
Mezz'ora dopo,un'altra.
Aumentano di intensità e frequenza ma senza fretta. Chiamo il tuo
papà, che si presenta verso le 10 e vaga per il reparto maternità
per un bel momento senza trovarmi, perchè io, intanto, mi sono
rifugiata sotto la doccia da almeno un'ora, mentre qualcuno passa
ogni tanto a controllare se sto bene e portarmi asciugamani puliti.
Alle 11.30 vado in sala
monitoraggio perchè ora le contrazioni si succedono quasi senza
posa: si inziza a fare sul serio.
Dopo un pò chiedo
l'epidurale.Risposta: "E' troppo presto!"
La richiedo dopo
mezz'ora: "Oh, no, è troppo tardi, ormai è dilatata!"
Poco dopo sento che devo
spingere. Via, sala parto.
Tutto bene finchè, di
colpo, l'ostetrica si zittisce e dice all'infermiera di chiamare
subito il medico. Passa un attimo e richiama, più agitata.Ha
cambiato voce.La sento dire che non c'è più battito. Oppure lo
spiega al tuo papà o lo dice al telefono, non so. So solo che si
ferma tutto, anche le contrazioni.
Poi le mani del tuo papà
spostano la cintura per il monitoraggio, trafficano sul pancione...il
battito torna. Mi fanno un nodo stretto, il medico arriva tutto
bardato, ci guarda e se ne va. Operazione scongiurata. Per fortuna
c'è il tuo papà.
Peccato solo che io non
senta più nulla, per lo spavento. Alla fine, non so come, si
riprende e all'01.50 p.m., finalmente, nasci tu.
L'ostetrica ti porta
subito nella stanza a fianco per il ceck up: non ricordo di averti
sentito piangere, so solo che chiedo all'ostetrica: "E'
intero, ha tutto?" Lei sorride e mi rassicura.
Io sono sfinita dalla
fame e dal sonno, il tuo papà ha una faccia stravolta, tu sembri un
ranocchietto e mi accorgo di non aver chiesto se sei maschio o
femmina, me lo dice il tuo papà.Non mi capacito: sei uscito da me,
davvero?
Ci lasciano in una stanza
vuota, sul letto, tu nudo ma con il cappellino di cotone a righe
azzurre e verdi acqua, sul mio petto, con una coperta di lana
sopra.Ho freddo e sonno.
Ti guardo, tu mi guardi,
con gli occhi spalancati.
Incredulità totale.
Mi madre poi, mi dirà
che gli sono sembrata di colpo piccola e indifesa, tornata bambina.E
così mi sono sentita.
Alla fine ci
addormentiamo, mentre il tuo papà e la nonna ci vegliano a turno.
Dopo ore tranquille,
vengono a prenderti e vai con il papà a fare il bagnetto. Torni
vestito, con la tutina più piccola, quella che ti hanno regalato gli
zii, grigia e beige, ed il cappellino di cotone rosa, con scritto
"Born in 2011". L'infermiera ha insistito per
mettertene uno pulito e ti è toccato quello di riserva.
Ti presenti al mondo
così.
Mamma Avvocato
Con questo racconto (in versione "non sintetica"), partecipo alla bellissima iniziativa di Francesca, Gab e Maria Elena: Parto da qui !
Se volete partecipare anche voi, affrettatevi, avete tempo fino a domenica!!
domenica 8 giugno 2014
"Ultimamente" io
Da qualche tempo Verdeacqua pubblica mensilmente i suoi "ultimamente", inviatando tutti noi a scrivere i nostri.
Questa volta raccolgo l'invito.
Ultimamente sogno troppo e concludo troppo poco.
Ultimamente sogno troppo e concludo troppo poco (la ripetizione non è casuale).
Ultimamente penso sempre a vacanze che non posso permettermi, e non solo per denaro.
Ultimamente compio gli anni (oggi) e non è che mi faccia cosi' piacere.
Ultimamente la mia amica continua a stare male e io non riesco ad arrivare a lei.
Questa volta raccolgo l'invito.
Ultimamente sogno troppo e concludo troppo poco.
Ultimamente sogno troppo e concludo troppo poco (la ripetizione non è casuale).
Ultimamente penso sempre a vacanze che non posso permettermi, e non solo per denaro.
Ultimamente ho un desiderio che non riesco ancora ad esprimere in questo spazio e che ancora non si avvera.
Ultimamente questo mi spaventa tanto e nello stesso tempo mi solleva.
Ultimamente sono stanca e questo
strascico di inverno che non passa mai non aiuta, per niente.
Ultimamente cerco di pensare positivo
ma fatico tanto, troppo.
Ultimamente sono sconfortata dai risultati elettorali.
Ultimamente compio gli anni (oggi) e non è che mi faccia cosi' piacere.
Ultimamente la mia amica continua a stare male e io non riesco ad arrivare a lei.
Ultimamente la mia famiglia d'origine non è più un porto sicuro e mi sento in un mare in tempesta.
Ultimamente corro e ci sto pure prendendo gusto.
Ultimamente guardo una piantina che spunta e cresce, protendendosi ogni giorno di più verso il sole e poi guardo lui, il mio amore piccolo che ha piantato i semini alla scuola materna poco più di una settimana fa e mi stupisco di quanto cresca in fretta, anche lui, proteso verso il sole ed il domani.
Ultimamente mi commuovo facilmente.
Soprattutto a vedere gli occhi di un amico innamorato.
Con quella luce che non si può descrivere.
Soprattutto a vedere gli occhi di un folletto felice che pedala forsennato in sella alla sua bici arancione.
Ultimamente nella mia pelle ci sto meglio, negli orari e nelle scadenze imposte dal lavoro e dagli altri, sempre meno.
Ultimamente a volte indosso scarpe con i tracchi.
Ultimamente, forse, sta nascendo una nuova amicizia.
Ultimamente a volte indosso scarpe con i tracchi.
Ultimamente, forse, sta nascendo una nuova amicizia.
Ultimamente sono sempre io, confusa e a volte felice, altre no.
Ultimamente voglio chiudere in positivo, anche i post.
Perché oggi sono 32.
Ultimamente voglio chiudere in positivo, anche i post.
Perché oggi sono 32.
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venerdì 6 giugno 2014
Un libro, uno spettacolo. "Piripu' Bibi!"
Giovedì scorso ricevo la telefonata inattesa di un'amica (una di quelle con la A maiuscola) che mi propone di portare i nostri bimbi (il nano e la sua bimba, coetanei) a Teatro, nella mia città, domenica.
C'è uno spettacolo tutto per loro in lingua Piripu'. Non capisco. Lei non ne sa molto ma dice che sembra interessante e divertente. Ovviamente mi fido, anche perché mi basta l'idea di trascorrere qualche ora insieme, e accetto subito.
Sarà la prima volta a teatro per il nano e ho un po' timore che possa non piacergli ma mi dico che se è pensato per i bimbi dai 2 anni in su, porteranno pazienza: abbiamo visto uno spettacolo di Pippi Calzelunghe con una attrice sola, bravissima, in biblioteca qualche tempo fa ma chiaramente l'ambiente era diverso, per il nano la storia era ancora troppo difficile da seguire e lo spazio eccessivamente affollato.
Il teatro G., invece, e' ampio ma accogliente.
Domenica arriviamo all'appuntamento trafelati, un po' in ritardo come al solito, ma tanto c'è ancora un po' da attendere. Mi stupisce e rincuora vedere tante famiglie con bimbi di ogni età così felici di poter assistere!
Poi i bimbi vengono fatti salire sul palco, perché lo spettacolo e' allestito e pensato per loro, mentre i genitori possono rimanere in platea.
Mentre la bimba della mia amica si lancia senza timore e, da seduta nel cerchio più esterno, alla fine dello spettacolo e' praticamente in prima fila che balla, il nano preferisce rimanere tra le mie braccia la maggior parte del tempo, salvo un paio di capatine sul palco. Va bene così, e' un bimbo a carburazione lenta e già lo prevedevo e comunque segue con attenzione lo spettacolo quasi fino alla fine (quando si mette a esplorare la sala e giocare con le macchinine ed un altro bimbo appena più piccolo, tra l'altro anche suo cuginetto, tra le sedie, senza però disturbare).
La scena e' una bella foresta di alberi di legno, i protagonisti burattini colorati che si muovono tra lenzuola bianche che creano giochi di ombre, le "attrici" che li manovrano molto brave, la narrazione semplice, anche se la lingua e' tutta inventata e io non capisco molto dalle parole, il risultato e' molto carino e piace a tutti i bimbi, soprattutto ai nostri!
Fuori, infatti non manchiamo di comperare uno dei tre libri della collana in lingua Piripu' da cui è tratto lo spettacolo, ovviamente lo stesso per entrambi, quello con il viola in copertina (la Bimba ha gusti precisi ed il nano la imita ammirato, anche perché il viola non gli dispiace affatto!).."Rulba Rulba!" di Emanuela Bussolati
E poi si avviano, piccoli lettori in crescita...
Un gelato, giochi, chiacchiere, una passeggiata e il pomeriggio scorre via così, allegro e sereno, come i nostri bimbi, come la mia amica. Grazie!
La collana, Carthusia Edizioni, e' al momento composta di tre albi illustrati ideati e scritti da Emanuela Bussolati e pensati per la lettura genitori e figli, in una lingua "....adatta a fare le voci", a sussurrare o borbottare, a strozzare gli occhi e aggrottare le sopracciglia...una lingua speciale fatta di attenzione, di affetto e di voglia di mettersi in gioco..", come spiega la stessa autrice.
Gli altri titoli sono "Tarari' tararera....", Super Premio Andersen 2010 - Libro dell'anno, e "Badabum", prezzo Euro 14,90.
Con questo post partecipo al Venerdì del Libro di Home Made Mamma.
C'è uno spettacolo tutto per loro in lingua Piripu'. Non capisco. Lei non ne sa molto ma dice che sembra interessante e divertente. Ovviamente mi fido, anche perché mi basta l'idea di trascorrere qualche ora insieme, e accetto subito.
Sarà la prima volta a teatro per il nano e ho un po' timore che possa non piacergli ma mi dico che se è pensato per i bimbi dai 2 anni in su, porteranno pazienza: abbiamo visto uno spettacolo di Pippi Calzelunghe con una attrice sola, bravissima, in biblioteca qualche tempo fa ma chiaramente l'ambiente era diverso, per il nano la storia era ancora troppo difficile da seguire e lo spazio eccessivamente affollato.
Il teatro G., invece, e' ampio ma accogliente.
Domenica arriviamo all'appuntamento trafelati, un po' in ritardo come al solito, ma tanto c'è ancora un po' da attendere. Mi stupisce e rincuora vedere tante famiglie con bimbi di ogni età così felici di poter assistere!
Poi i bimbi vengono fatti salire sul palco, perché lo spettacolo e' allestito e pensato per loro, mentre i genitori possono rimanere in platea.
Mentre la bimba della mia amica si lancia senza timore e, da seduta nel cerchio più esterno, alla fine dello spettacolo e' praticamente in prima fila che balla, il nano preferisce rimanere tra le mie braccia la maggior parte del tempo, salvo un paio di capatine sul palco. Va bene così, e' un bimbo a carburazione lenta e già lo prevedevo e comunque segue con attenzione lo spettacolo quasi fino alla fine (quando si mette a esplorare la sala e giocare con le macchinine ed un altro bimbo appena più piccolo, tra l'altro anche suo cuginetto, tra le sedie, senza però disturbare).
La scena e' una bella foresta di alberi di legno, i protagonisti burattini colorati che si muovono tra lenzuola bianche che creano giochi di ombre, le "attrici" che li manovrano molto brave, la narrazione semplice, anche se la lingua e' tutta inventata e io non capisco molto dalle parole, il risultato e' molto carino e piace a tutti i bimbi, soprattutto ai nostri!
Fuori, infatti non manchiamo di comperare uno dei tre libri della collana in lingua Piripu' da cui è tratto lo spettacolo, ovviamente lo stesso per entrambi, quello con il viola in copertina (la Bimba ha gusti precisi ed il nano la imita ammirato, anche perché il viola non gli dispiace affatto!).."Rulba Rulba!" di Emanuela Bussolati
E poi si avviano, piccoli lettori in crescita...
Un gelato, giochi, chiacchiere, una passeggiata e il pomeriggio scorre via così, allegro e sereno, come i nostri bimbi, come la mia amica. Grazie!
La collana, Carthusia Edizioni, e' al momento composta di tre albi illustrati ideati e scritti da Emanuela Bussolati e pensati per la lettura genitori e figli, in una lingua "....adatta a fare le voci", a sussurrare o borbottare, a strozzare gli occhi e aggrottare le sopracciglia...una lingua speciale fatta di attenzione, di affetto e di voglia di mettersi in gioco..", come spiega la stessa autrice.
Ed e' davvero così!
All'inizio ammetto di essere rimasta molto spiazzata e di non aver ancora compreso appieno il significato di alcune parole però al nano piace molto e questa settimana se lo è fatto leggere in continuazione, rispondendo alla mia sciocca domanda: "secondo te, cosa significa: " Pole pole!", con l'ovvia risposta: "Mamma, pole pole, no? io capisco!"
Come a dire, da bravo bilinguista, che le lingue non vanno tradotte, ma comprese per come sono.
Gli altri titoli sono "Tarari' tararera....", Super Premio Andersen 2010 - Libro dell'anno, e "Badabum", prezzo Euro 14,90.
Con questo post partecipo al Venerdì del Libro di Home Made Mamma.
lunedì 2 giugno 2014
Di inserimento alla materna, di orti, di bici e di emozioni: in una parola, mamma.
E poi, all'improvviso, lo vedi grande.
Cresce, troppo in fretta.
Te lo avevano detto, prima che diventassi mamma, ma tu non ci avevi creduto.
I primi mesi, poi, sembravano non passare mai (e in certe giornate è ancora cosi').
E invece.
Fai l'inserimento alla scuola materna e presto dovrai salutare le maestre del nido, quasi delle seconde mamme.
Cresce, troppo in fretta.
Te lo avevano detto, prima che diventassi mamma, ma tu non ci avevi creduto.
I primi mesi, poi, sembravano non passare mai (e in certe giornate è ancora cosi').
E invece.
Fai l'inserimento alla scuola materna e presto dovrai salutare le maestre del nido, quasi delle seconde mamme.
Lui è felice ed entusiasta, non vede l'ora di andare alla "scuola dei bimbi grandi ma ancora un po' piccoli", come la chiama lui (perché quella "dei bimbi grandi" è quella dei cuginetti, la scuola elementare).
E lo vedi timido, con il suo doudou in mano ed il ciuccio, che nasconde nella tua borsa prima di entrare, pero' non ha il coraggio di presentarsi con il suo nome e vuole stare in braccio a te.
Canzoncine di benvenuto, giochi per conoscersi, bolle di sapone nel prato, con una bacinella ed una cannuccia e lui che da confidenza solo ad un'altra bambina timida come lui.
Pero' dopo non vorrebbe andare via e a pranzo vuole rientrare al nido, "con i suoi amici", "tanto poi tu vieni a prendermi dopo, mamma".
E la volta dopo, un altro mercoledi' mattina, il secondo incontro di questo inserimento anomalo con la mamma o il papà, pensato per i genitori piu' che per i bimbi (e le maestre te lo dicono pure, perché sono mamme anche loro e sanno come è), lui è di nuovo timidissimo e se ne sta in disparte.
Poi le maestre consegnano ad ogni bambino un vasetto con il suo nome, una bacinella piena di terra e un barattolo con semi di fagiolino, da cui pescare per creare la propria piantina e lui è entusiasta e tu ancora di piu' perché questa è la scuola che volevi, quella in cui coinvolgono i bimbi in attività semplici ma istruttive, quella in cui la natura convive con l'alfabeto, i numeri, i giorni della settimana e lo studio del francese.
E finalmente smette di piovere e allora...stivali e via, nell'orto della scuola, a piantare le patate.
Chiede "posso, ancoa una?", in un ciclo infinito, e pianta patate con la maestra e rastrella e ascolta attento mentre gli insegnano che bisogna lasciare uno spazio di piede di bimbi tra una patata e l'altra perché possano crescere, che prima di seminarle vanno tagliate e lasciate riposare perché mettano fuori i butti e poi in autunno con quelle patate tutti i bimbi, anche lui, faranno la farina e poi i gnocchi, che il nano adora.
I suoi occhi brillano, è attento e felice, conquistato.
E la foto di gruppo non gli interessa, il vasetto da portare a casa si' e "mamma vai pure, io vado a mangiare con i miei amici".
E tu hai le lacrime agli occhi e scappi via, vai a correre e pensare...il magone è tutto tuo, perché sta crescendo e un po' ti fa paura e se lui sembra pronto, tu le mura rassicuranti del nido non le vorresti lasciare, pero' non bisogna farglielo capire, questo mai.
E' il tuo bimbo, quella che la mattina vuole essere portato a fare colazione in braccio e coccolato, quello dell'ancora un bacino, con il ditino sollevato a sottolineare uno.
Quello che quando è stanco o spaventato vuole ciuccio e doudou, quello che vuole mamma e papà.
E invece.
Torni dall'ufficio e lo trovi in cortile con i nonni che ti chiama orgoglioso e felice e ti mostra che ha imparato a pedalare sul trattorino: "e adesso io sono pronto, posso avere la bici dei grandi? Guarda mamma sono capace adesso, posso averla anche io?"
E tu pensi, un po' orgogliosa e molto preoccupata, che adesso non lo ferma piu' nessuno
(e ti toccherà pure metterti a piantar patate in giardino!!!).
Torni dall'ufficio e lo trovi in cortile con i nonni che ti chiama orgoglioso e felice e ti mostra che ha imparato a pedalare sul trattorino: "e adesso io sono pronto, posso avere la bici dei grandi? Guarda mamma sono capace adesso, posso averla anche io?"
E dopo una settimana cosi' ti convinci e parti con il papà per andarla a cercare, questa bici tanto sognata, "con i pedali veri!!!"
E quando entri nel negozio e vedi le piu' piccole e ti sembrano grandi e invece la prova, gli va, pero' insiste che sia quella arancione, non quella rosa che gli sta facendo testare il commesso, e lo guardi negli occhi e vedi l'emozione, la felicità, l'entusiasmo, l'appagamento ed il nervosismo della prima volta....lo vedi grande e ti tornano le lacrime, di nuovo.
E sai che questo giorno, 29.05.2014, lo ricorderai.
E sai che questo giorno, 29.05.2014, lo ricorderai.
E poi, vabbè, torni a casa seduta davanti, al posto del passeggero, con la bici incastrata tra ginocchia, cruscotto, spalle e mascella e preghi che non ti arrestino e di non avere un incidente.
E poi lui va, con lo stesso sconfinato entusiasmo che riversava sull'altra bici, la prima, compagna di tante avventure.
Solo che, questa volta, spinge sulle sue gambette magre e tu devi correre per stargli dietro.
E ride, felice.
E tu pensi, un po' orgogliosa e molto preoccupata, che adesso non lo ferma piu' nessuno
(e ti toccherà pure metterti a piantar patate in giardino!!!).
venerdì 30 maggio 2014
"La rabbia delle mamme"
"La rabbia delle mamme" di Alba Mercoli, pag. 316, euro 10,50, Mondadori Oscar
"Nell'immagine edulcorata con cui la nostra società mitizza spesso il ruolo materno, uno dei terreni che mi sembrano in assoluto più pericolosi e dannosi per genitori e bambini e' la negazione dell'ostilità e dei pensieri distrutti che invece in certi momenti fanno inevitabilmente parte dell'esperienza, soprattutto nella depressione post partum, esattamente come i pensieri di dolcezza e tenerezza in altri, a volte contemporaneamente.
Sembra che ci sia un vero e proprio tabù sociale che impedisce che se ne possa parlare, come se pensiero e agito distruttivo fossero la stessa cosa e non due cose completamente diverse fra di loro, quali sono invece nella realtà.
Spesso l'aggressività e' frutto di rapporti non risolti con il passato che, se non affrontati, possono ritorcersi contro i figli. Perché dietro alla paura di non essere adeguata e di non farcela, scrive, l'autrice: "...c'è, insomma, la parte piccola, non cresciuta, impaurita e spaventata che anche noi adulti ci portiamo sempre dentro spesso senza saperlo".
Dal momento che, se si pone sistematicamente in atto un certo meccanismo mentale e un certo modello di comportamento, i figli impareranno quello, e' importante "rompere la catena" degli atteggiamenti sbagliati o negativi, quelli che ci fanno stare male, per evitare di trasmettere un insegnamento errato ai nostri figli.
Ad esempio, se i nostri figli ci vedono reagire con aggressività e nervosismo alle difficoltà ed alla stanchezza, faranno, un domani, lo stesso, oppure si troveranno a soffocare la loro rabbia per non ricadere nel nostro errore, rischiando che esploda in modo distruttivo.
Se negheranno l'imperfezione, perché noi non ci permettiamo di esternarla e così hanno imparato, saranno probabilmente insicuri e pieni di sensi di colpa. Ecc.
"Bisogna crescere per fare i grandi, non bastano gli anni segnati sulla carta d'identità....
Quando un bambino si può permettere di fare il piccolo, e non il grande perché deve fare da genitore ai suoi genitori e' più facile che una volta cresciuto ossa fare il grande con i suoi figli senza chiedere loro per automatismo inconscio di fargli da genitore, privandoli così involontariamente e senza neanche rendersene conto della loro infanzia e perpetuando un altro anello di una catena transgenerazionale di trasmissione di ferite e dolore."
Tutto questo non significa che sia sempre colpa dei genitori, non significa che dobbiamo farci prendere dai sensi di colpa, perché si tratta di meccanismi non consapevoli.
Consigliato alle neo mamme, alle mamme già da un po' e alle donne in attesa, per non farsi fregare dal meccanismo dell'idealizzazione e del senso di colpa, perché:
Ho preso questo libro in biblioteca per caso, senza sapere di cosa parlasse e senza conoscere l'autrice, attirata dal titolo.
Mi è piaciuto.
E' un po' ripetitivo nei concetti fondamentali, probabilmente perché nasce come raccolta di riflessioni sull'esperienza di psicoterapia di gruppo e studio delle difficoltà legate alla maternità ed al rapporto genitori - figli condotta in molti anni dall'autrice, però e' comunque molto interessante, anche per le storie esemplificative di molti stati d'animo e che aiutano a guardare ai problemi anche nell'ottica dei bambini, e per le testimonianze di molte mamme che vi sono riportate.
Io l'ho trovato in qualche modo "liberatorio", oltre che molto sincero."Nell'immagine edulcorata con cui la nostra società mitizza spesso il ruolo materno, uno dei terreni che mi sembrano in assoluto più pericolosi e dannosi per genitori e bambini e' la negazione dell'ostilità e dei pensieri distrutti che invece in certi momenti fanno inevitabilmente parte dell'esperienza, soprattutto nella depressione post partum, esattamente come i pensieri di dolcezza e tenerezza in altri, a volte contemporaneamente.
Sembra che ci sia un vero e proprio tabù sociale che impedisce che se ne possa parlare, come se pensiero e agito distruttivo fossero la stessa cosa e non due cose completamente diverse fra di loro, quali sono invece nella realtà.
...Anzi, un pensiero del genere e' sanissimo poterselo concedere in certi momenti in cui si è troppo esausti e provati dalle difficoltà con un bambino: diventa un ulteriore fattore di protettivo per lui perché aiuta a riconoscere e legittimare la fatica dei genitori ma a preservare allo stesso tempo il bambino e a non passare all'agito distruttivo. Aiuta a far si che il pensiero resti un pensiero e non si trasformi in un atto.
....Perché concedersi il pensiero di solito aiuta a non farlo e a non far ricadere in modi più sottili e potenzialmente dannosi sul bambino un'aggressività mentalmente negata anche a se stessi ma perfettamente percepita dal piccolo.
Sono invece le improbabili mamme perfette da pubblicità televisiva quelle che fanno inconsapevolmente soffrire di più i loro bambini senza volerlo, a causa del loro tipo di funzionamento mentale che ha bisogno di essere aiutato a evolvere perché difficilmente riesce ad entrare in sintonia con i bisogni reali di un bambino piccolo....
Perché il voler essere perfette implica inevitabilmente varie difficoltà psicologiche importanti alla base, quali: una profonda mancanza di autostima, spesso camuffata dall'opposto, cioè da una apparente sicurezza...., una negazione della complessità della vita, che si percorre cadendo ma anche rialzandosi; un funzionamento mentale di tipo magico - onnipotente... In cui non vengono riconosciuti i limiti, ne' i propri, ne' quelli della situazione e neanche quelli del bambino; un'aspettativa inevitabile di perfezione anche sul bambino, che lo danneggiera',...una difficoltà nell'accettazione di se' e dei propri punti deboli, ma anche in quella del figlio e dei suoi punti deboli; il trasformarsi spesso da in nei momenti di esasperazione proprio per la frustrazione finale di non essere all'altezza di un modello così irreale di se'. Questi confonde e destabilizza i bambini che finiscono per ritrovarsi in certi momenti nella necessità di doversi difendere da chi li dovrebbe proteggere."
Il pensiero di fondo del libro, secondo me, e' che parlare di aggressività, concedersene il pensiero, aiuta a stemperare, sfogarsi e non passare all'azione, perché: "Nessun pensiero di rabbia ha mai ammazzato nessuno, tantomeno un bambino. I pensieri sono pensieri, non azioni."Spesso l'aggressività e' frutto di rapporti non risolti con il passato che, se non affrontati, possono ritorcersi contro i figli. Perché dietro alla paura di non essere adeguata e di non farcela, scrive, l'autrice: "...c'è, insomma, la parte piccola, non cresciuta, impaurita e spaventata che anche noi adulti ci portiamo sempre dentro spesso senza saperlo".
Dal momento che, se si pone sistematicamente in atto un certo meccanismo mentale e un certo modello di comportamento, i figli impareranno quello, e' importante "rompere la catena" degli atteggiamenti sbagliati o negativi, quelli che ci fanno stare male, per evitare di trasmettere un insegnamento errato ai nostri figli.
Ad esempio, se i nostri figli ci vedono reagire con aggressività e nervosismo alle difficoltà ed alla stanchezza, faranno, un domani, lo stesso, oppure si troveranno a soffocare la loro rabbia per non ricadere nel nostro errore, rischiando che esploda in modo distruttivo.
Se negheranno l'imperfezione, perché noi non ci permettiamo di esternarla e così hanno imparato, saranno probabilmente insicuri e pieni di sensi di colpa. Ecc.
"Bisogna crescere per fare i grandi, non bastano gli anni segnati sulla carta d'identità....
Quando un bambino si può permettere di fare il piccolo, e non il grande perché deve fare da genitore ai suoi genitori e' più facile che una volta cresciuto ossa fare il grande con i suoi figli senza chiedere loro per automatismo inconscio di fargli da genitore, privandoli così involontariamente e senza neanche rendersene conto della loro infanzia e perpetuando un altro anello di una catena transgenerazionale di trasmissione di ferite e dolore."
Tutto questo non significa che sia sempre colpa dei genitori, non significa che dobbiamo farci prendere dai sensi di colpa, perché si tratta di meccanismi non consapevoli.
Si tratta, piuttosto, di avere il coraggio di affrontare ciò che fa stare male per superarlo, anche vincendo questo tabù dei sentimenti contrastanti verso i nostri figli che tendiamo a negare.
E ancora, significa cercare di riconoscere le battaglie perse e non sprecare energie in esse e, soprattutto, nei conflitti lasciare agli altri una via d'uscita onorevole, non volerli umiliare e sconfiggere a tutti i costi (e in questo io ho molto da imparare, perché spesso mi accorgo di comportarmi da bambina con il mio stesso figlio..).
Secondo l'autrice, in questo percorso un gruppo di ascolto attivo e non giudicante, il confronto sincero con altre persone che vivono le nostre stesse esperienze e' determinante, aiuta a sconfiggere i tabù e riconoscersi mamme "sufficientemente buone" che, poi, conclude la Mercoli, e' il modo migliore di fare la mamma.
Insomma, quell'ascolto e quel gruppo di considivisione che io ho trovato sul web!Consigliato alle neo mamme, alle mamme già da un po' e alle donne in attesa, per non farsi fregare dal meccanismo dell'idealizzazione e del senso di colpa, perché:
"...sono proprio un eccesso di idealizzazione e la retorica della maternità in particolare che si ritorcono contro tante neo mamme facendole soffrire insieme ai loro bambini......permettere di esprimere e legittimare anche i momenti di rifiuto che l'esperienza del diventare genitori porta inevitabilmente con se', contribuirebbe a diminuire il malessere che li accompagna e la paura sottostante di non essere all'altezza del ruolo. Aiuterebbe a sentire di fare davvero il proprio meglio e a essere genitori "sufficientemente buoni" per il proprio bambino. Il quale, a sua volta, non ha bisogno di genitori perfetti, per fortuna, ma semplicemente dei suoi genitori che sono loro, solo loro e nessun altro al mondo, con i loro punti di forza ma anche con le loro fragilità e insicurezze...."
Con questo post partecipo al Venerdì del Libro di Home Made Mammamartedì 27 maggio 2014
Senso del pudore e domande difficili
Dopo un lunedì ed una notte di pioggia, dopo una mattinata grigia con il vento forte (ovviamente freddo) e qualche goccia ancora, mentre vado a prendere il nano al nido, inaspettamente, spunta un sole caldo.
Quando saliamo in auto, lasciata parcheggiata all'aperto, ho quindi caldo e mi tolgo la maglia di cotone spesso ch avevo indossato (patendo comunque il freddo) questa mattina.
Rimango in canotta, di quelle semplici stile Intimissimi, grigia, sportiva.
Il nano: "Mamma! Ma sei nuda!!"
Io: "No nano, sono in canottiera, mica nuda".
Il nano: "No mamma non si può andare in giro in canottiera, sembri nuda!"
Io: "Quando fa caldo caldo si può, amore."
Il nano: "In ufficio no, però. La metti dopo, per andare in ufficio?"
Io: "Sì tesoro, stai tranquillo".
In auto, passiamo di fianco ad un cantiere stradale e due cantieri edili: uomini che lavorano a torso nudo.
Il nano: "Mamma guarda, sono nudi!!"
Io: "sì, perchè fa caldo."
Il nano: "Ma neanche la canottiera?"
Io: "Amore, gli uomini che non lavorano in ufficio possono stare anche a torso nudo, quando fa caldo."
Il nano: "In ufficio no?"
Io: "No, non sta tanto bene."
Il nano: "E le mamme, possono stare nude fuori?"
Io: "No, in canottiera sì, nude no, magari al mare".
Silenzio assorto.
Stessa scena appena arrivati in casa di mia madre (nano: "Mamma, la metti la maglia adesso che vai in ufficio!", io: "Sì nano, adesso la metto"; nano: "Nudi non si può").
La nonna, al nano: "Ma da dove arrivi tu, dal Marocco?"
Il nano: "No, nonna, dall'asilo!"
Asilo valdostano, senza dubbio.
Che faccio, la prossima volta gli parlo del topless e delle convenzioni sociali??!!
Quando saliamo in auto, lasciata parcheggiata all'aperto, ho quindi caldo e mi tolgo la maglia di cotone spesso ch avevo indossato (patendo comunque il freddo) questa mattina.
Rimango in canotta, di quelle semplici stile Intimissimi, grigia, sportiva.
Il nano: "Mamma! Ma sei nuda!!"
Io: "No nano, sono in canottiera, mica nuda".
Il nano: "No mamma non si può andare in giro in canottiera, sembri nuda!"
Io: "Quando fa caldo caldo si può, amore."
Il nano: "In ufficio no, però. La metti dopo, per andare in ufficio?"
Io: "Sì tesoro, stai tranquillo".
In auto, passiamo di fianco ad un cantiere stradale e due cantieri edili: uomini che lavorano a torso nudo.
Il nano: "Mamma guarda, sono nudi!!"
Io: "sì, perchè fa caldo."
Il nano: "Ma neanche la canottiera?"
Io: "Amore, gli uomini che non lavorano in ufficio possono stare anche a torso nudo, quando fa caldo."
Il nano: "In ufficio no?"
Io: "No, non sta tanto bene."
Il nano: "E le mamme, possono stare nude fuori?"
Io: "No, in canottiera sì, nude no, magari al mare".
Silenzio assorto.
Stessa scena appena arrivati in casa di mia madre (nano: "Mamma, la metti la maglia adesso che vai in ufficio!", io: "Sì nano, adesso la metto"; nano: "Nudi non si può").
La nonna, al nano: "Ma da dove arrivi tu, dal Marocco?"
Il nano: "No, nonna, dall'asilo!"
Asilo valdostano, senza dubbio.
Che faccio, la prossima volta gli parlo del topless e delle convenzioni sociali??!!
venerdì 23 maggio 2014
Studio illegale
Gli avvocati non sono tutti uguali.
Ci sono quelli di provincia, più o meno specializzati in alcuni settori e/o materia e quelli che più o meno "si occupano di tutto".
Ci sono quelli che lavorano nei grandi studi legali delle grandi città, tutto vetro e cemento, organizzati sotto forma di associazioni professionali, alla americana, con soci anziani e meno anziani, avvocati alle prime armi e praticanti, esperti super specializzati e legali che hanno il solo, ma importantissimo compito, di attrarre clienti.
Ci sono gli avvocato delle grandi città, che frequentano grandi tribunali, sempre elegantissimi, ma solo per le udienze "importanti" o in cui presenzia il cliente.
Per loro, le "commissioni" in Cancelleria e le udienze di routine sono "roba" da avvocati dipendenti o da praticanti.
Ci sono quelli che in udienza non ci vanno mai, perché redigono contratti, preparano transazioni e grosse operazioni societarie, seduti ad un tavolo da riunione tutto mogano e vetro, dopo che qualche giovane collaboratore, nell'ombra, ha sudato ore e ore seduto ad una scomoda scrivania in un cubicolo per preparare il testo.
Ci sono quelli delle piccole cittadine, a volte senza segretaria o collaboratori che seguono la pratica dall'inizio alla fine da soli, fotocopie, depositi e udienze comprese.
Ci sono quelli che fatturano "a ore" e ti ci mettono pure il rimborso spese dei pasti e dei chilometri e quelli che vanno avanti a "forfait".
Quelli del patrocinio a spese dello Stato e quelli "io solo le cause che sono sicuro di vincere e i clienti solvibili".
Ci sono avvocati veri, che praticano la professione sul campo, e quelli finti, che si fregiano del titolo ma poi fanno politica e dei problemi della giustizia e degli "operatori della giustizia" non ne sanno nulla, che a far riforme (assai discutibili) a tavolino sono capaci tutti.
Ci sono quelli che sono liberi professionisti davvero, in studi indipendenti, e quelli che non possono o non vogliono esserlo e, seppur con partita IVA, sono di fatto dipendenti, con i pregi e difetti che questa situazione comporta.
Ci sono le donne, ormai la maggioranza dei giovani professionisti eppure sempre discriminate, dai clienti più che dai colleghi e dai giudici, che guadagnano meno pur lavorando di più.
Donne che spesso e volentieri si sentono apostrofare come "Dottoressa" (quando va bene) o "Signora", perché l'avvocato e' per definizione un uomo (o anche solo perché persiste l'amletico dubbio: si dice comunque "avvocato" o "avvocatessa"? La risposta giusta e' "avvocato" e non ci offendiamo, tranquilli).
Ci sono i più competenti ed i più abili a vendere fumo più che sostanza.
Ci sono gli onesti e deontologicamente corretti e i meno, perché anche gli avvocati sono eseri umani.
Magari non sembra, a volte, ma è così.
Quel che è certo e' che esistono due categorie di avvocati: quelli che "fanno gli avvocati" e quelli che "sono avvocati".
Questi ultimi sono la maggioranza e, anche se non lo ammetteranno mai, pure i primi finiscono, con il tempo, per acquisire una forma mentis che ti porta a ragionare SEMPRE da avvocato, ad approcciarti a tutto e tutti pensando ad ipotetiche ed eventuali contenziosi, a norme giuridiche applicabili, a prove e soluzioni processuali.
Il libro di Duchesne, che racconta una parte del percorso professionale di Andrea Campi, detto Endriu, giovane e super qualificato avvocato di un rinomato studio "internazionale", specializzato in operazioni societarie e contratti, "libero professionista" che DEVE essere in studio entro le nove, ha solo un'ora di pausa pranzo e NON può uscire prima delle otto, meglio le dieci di sera e che dipende dai capricci del capo, "però vuoi mettere che figata, sono un'avvocato d'affari!", questo lo esprime benissimo.
Se siete curiosi di conoscere un pezzettino di questo mondo, descritto con sguardo disincantato, in modo ironico e scorrevole, ma anche con amore per una professione che traspare comunque tra le righe e nel finale amaro, leggetelo. Non vi annoierete.
E capirete perché io scelto di NON fare l'avvocato d'affari, ma l'avvocato di provincia, "libero professionista" (che poi null'altro vuol dire che "schiavo del cliente di turno", soprattutto se a fine mese ci devi arrivare, però "schiavo" sempre e solo fino ad un certo punto).
Ricordate, però, che quello descritto nel libro è solo una piccola parte di un mondo molto variegato.
Studio Illegale, Duchesne, alias Federico Baccomo, pag. 318, Marsilio Editore, 17 Euro
Lo scrittore e' anche autore del seguitissimo (in ambito legale) blog: http://studioillegale.wordpress.com/2009/03/18/were-a-funny-combination-me-and-i/#more-145, ormai non più aggiornato ma che è sempre un piacere leggere, magari tutto di seguito, come un romanzo.
Con questo post partecipo al Venerdì del Libro di Home Made Mamma, come tutti i venerdì!
Ci sono quelli di provincia, più o meno specializzati in alcuni settori e/o materia e quelli che più o meno "si occupano di tutto".
Ci sono quelli che lavorano nei grandi studi legali delle grandi città, tutto vetro e cemento, organizzati sotto forma di associazioni professionali, alla americana, con soci anziani e meno anziani, avvocati alle prime armi e praticanti, esperti super specializzati e legali che hanno il solo, ma importantissimo compito, di attrarre clienti.
Ci sono gli avvocato delle grandi città, che frequentano grandi tribunali, sempre elegantissimi, ma solo per le udienze "importanti" o in cui presenzia il cliente.
Per loro, le "commissioni" in Cancelleria e le udienze di routine sono "roba" da avvocati dipendenti o da praticanti.
Ci sono quelli che in udienza non ci vanno mai, perché redigono contratti, preparano transazioni e grosse operazioni societarie, seduti ad un tavolo da riunione tutto mogano e vetro, dopo che qualche giovane collaboratore, nell'ombra, ha sudato ore e ore seduto ad una scomoda scrivania in un cubicolo per preparare il testo.
Ci sono quelli delle piccole cittadine, a volte senza segretaria o collaboratori che seguono la pratica dall'inizio alla fine da soli, fotocopie, depositi e udienze comprese.
Ci sono quelli che fatturano "a ore" e ti ci mettono pure il rimborso spese dei pasti e dei chilometri e quelli che vanno avanti a "forfait".
Quelli del patrocinio a spese dello Stato e quelli "io solo le cause che sono sicuro di vincere e i clienti solvibili".
Ci sono avvocati veri, che praticano la professione sul campo, e quelli finti, che si fregiano del titolo ma poi fanno politica e dei problemi della giustizia e degli "operatori della giustizia" non ne sanno nulla, che a far riforme (assai discutibili) a tavolino sono capaci tutti.
Ci sono quelli che sono liberi professionisti davvero, in studi indipendenti, e quelli che non possono o non vogliono esserlo e, seppur con partita IVA, sono di fatto dipendenti, con i pregi e difetti che questa situazione comporta.
Ci sono le donne, ormai la maggioranza dei giovani professionisti eppure sempre discriminate, dai clienti più che dai colleghi e dai giudici, che guadagnano meno pur lavorando di più.
Donne che spesso e volentieri si sentono apostrofare come "Dottoressa" (quando va bene) o "Signora", perché l'avvocato e' per definizione un uomo (o anche solo perché persiste l'amletico dubbio: si dice comunque "avvocato" o "avvocatessa"? La risposta giusta e' "avvocato" e non ci offendiamo, tranquilli).
Ci sono i più competenti ed i più abili a vendere fumo più che sostanza.
Ci sono gli onesti e deontologicamente corretti e i meno, perché anche gli avvocati sono eseri umani.
Magari non sembra, a volte, ma è così.
Quel che è certo e' che esistono due categorie di avvocati: quelli che "fanno gli avvocati" e quelli che "sono avvocati".
Questi ultimi sono la maggioranza e, anche se non lo ammetteranno mai, pure i primi finiscono, con il tempo, per acquisire una forma mentis che ti porta a ragionare SEMPRE da avvocato, ad approcciarti a tutto e tutti pensando ad ipotetiche ed eventuali contenziosi, a norme giuridiche applicabili, a prove e soluzioni processuali.
Il libro di Duchesne, che racconta una parte del percorso professionale di Andrea Campi, detto Endriu, giovane e super qualificato avvocato di un rinomato studio "internazionale", specializzato in operazioni societarie e contratti, "libero professionista" che DEVE essere in studio entro le nove, ha solo un'ora di pausa pranzo e NON può uscire prima delle otto, meglio le dieci di sera e che dipende dai capricci del capo, "però vuoi mettere che figata, sono un'avvocato d'affari!", questo lo esprime benissimo.
Se siete curiosi di conoscere un pezzettino di questo mondo, descritto con sguardo disincantato, in modo ironico e scorrevole, ma anche con amore per una professione che traspare comunque tra le righe e nel finale amaro, leggetelo. Non vi annoierete.
E capirete perché io scelto di NON fare l'avvocato d'affari, ma l'avvocato di provincia, "libero professionista" (che poi null'altro vuol dire che "schiavo del cliente di turno", soprattutto se a fine mese ci devi arrivare, però "schiavo" sempre e solo fino ad un certo punto).
Ricordate, però, che quello descritto nel libro è solo una piccola parte di un mondo molto variegato.
Studio Illegale, Duchesne, alias Federico Baccomo, pag. 318, Marsilio Editore, 17 Euro
Lo scrittore e' anche autore del seguitissimo (in ambito legale) blog: http://studioillegale.wordpress.com/2009/03/18/were-a-funny-combination-me-and-i/#more-145, ormai non più aggiornato ma che è sempre un piacere leggere, magari tutto di seguito, come un romanzo.
Con questo post partecipo al Venerdì del Libro di Home Made Mamma, come tutti i venerdì!
mercoledì 21 maggio 2014
P come...
P come passeggiate.
P come Piemonte.
P come papà, alias Alpmarito, che mi sprona a prepararmi ed uscire, che se ascoltassi la mia pigrizia da fine settimana (leggi: stanchezza), non so se lo farei ma poi di sicuro me ne pentirei.
L'arrivo, tanto atteso, della primavera, ha portato con sè la voglia di escursioni e di gite fuori porta.
Tanto in alto non si può ancora andare, perchè la neve resiste, e con il nano le gite lunghe sono, per il momento, fuori portata.
Così sfoghiamo la nostra voglia di stare all'aria aperta con passeggiate nei dintorni, qualche ripida salita e la scoperta (o ri- scoperta) di angoli del Piemonte poco conosciuti o nascosti che, invece, andrebbero valorizzati.
Perchè condividere la bellezza è un dovere morale.
ANDRATE (TO) - Canavese
Noi siamo saliti da Bienca ad Andrate in meno di 1 ora, in gran parte passando per il sentiero (e la mulattiera) nei boschi che costitusce uno dei tratti della mitica corsa di montagna: "Ivrea - Mombarone", tanto amata e conosciuta da eporediesi e canavesani.
L'ultimo tratto per raggiungere Andrate è sull'asfalto.
Il sentiero è indicato con frecce e segni gialli ma l'imbocco a Bienca non è facile da trovare.
Noi abbiamo sostato nell'area sportiva di Andrate, dotata di giochi per i bimbi, per riposare, mangiare un panino e far sfogare il nano.
Anche le cittadine hanno il loro fascino, soprattutto in una domenica (o in un sabato pomeriggio) di sole. Asti, poi, è particolarmente elegante e accogliente, anche se piccolina.
P come Piemonte.
P come papà, alias Alpmarito, che mi sprona a prepararmi ed uscire, che se ascoltassi la mia pigrizia da fine settimana (leggi: stanchezza), non so se lo farei ma poi di sicuro me ne pentirei.
L'arrivo, tanto atteso, della primavera, ha portato con sè la voglia di escursioni e di gite fuori porta.
Tanto in alto non si può ancora andare, perchè la neve resiste, e con il nano le gite lunghe sono, per il momento, fuori portata.
Così sfoghiamo la nostra voglia di stare all'aria aperta con passeggiate nei dintorni, qualche ripida salita e la scoperta (o ri- scoperta) di angoli del Piemonte poco conosciuti o nascosti che, invece, andrebbero valorizzati.
Perchè condividere la bellezza è un dovere morale.
ANDRATE (TO) - Canavese
Noi siamo saliti da Bienca ad Andrate in meno di 1 ora, in gran parte passando per il sentiero (e la mulattiera) nei boschi che costitusce uno dei tratti della mitica corsa di montagna: "Ivrea - Mombarone", tanto amata e conosciuta da eporediesi e canavesani.
L'ultimo tratto per raggiungere Andrate è sull'asfalto.
Il sentiero è indicato con frecce e segni gialli ma l'imbocco a Bienca non è facile da trovare.
Noi abbiamo sostato nell'area sportiva di Andrate, dotata di giochi per i bimbi, per riposare, mangiare un panino e far sfogare il nano.
Finalmente senza calze..(no, non sono queste le scarpe che uso per le canmminate, tranquilli!!!)
ASTI
Anche le cittadine hanno il loro fascino, soprattutto in una domenica (o in un sabato pomeriggio) di sole. Asti, poi, è particolarmente elegante e accogliente, anche se piccolina.
lunedì 19 maggio 2014
Creatività e riciclo - parte seconda
La scorsa settimana vi avevo raccontato del nostro primo approccio ai colori a dita e della bella iniziativa del nido del nano, per insegnare a non sprecare e a ricreare (http://www.mammavvocato.blogspot.it/2014/05/creativita-e-riciclo.html).
Qualche sera fa abbiamo fatto il bis, dedicandoci a creare originali cornici con materiale di recupero e devo ammettere che io ci ho preso gusto, tanto da riuscire a realizzarne due, ovviamente secondo le indicazioni e preferenze del nano che, tra una corsa con gli amichetto e l'altra, si è divertito ad incollare sassolini, a scegliere le foto, ritagliare il cartoncino e decidere sagome e piccoli ornamenti.Ed ecco il risultato di tanta fatica!
Anche il retro vuole la sua parte, no?
(Il foglio bianco serve solo a coprire la foto, che in questo caso ho incollato direttamente sul cartone)
Vi piacciono? Quale preferite?La seconda, visto il suo peso specifico (si capisce che il nano adora i sassolini, vero?!), dovremo appenderla, magari vicino alla porta di ingresso, per dare il benvenuto ad amici e visitatori!
La mia ammirazione per l'entusiasmo, la passione, l'amore per i bimbi, la creatività e la pazienza delle maestre (o educatrici, come si dice adesso), cresce di pari passo con queste iniziative e con la scoperta dei meravigliosi "lavoretti" che eseguono con i "loro bimbi", come questo:
Un bel lupo nero, per esorcizzare le paure dei bambini giocando con favole e travestimenti...
Che dite, mi dona eh?
Inutile aggiungere che, da quando hanno dato avvio al "progetto lupo", il nano ha due amichetti immaginari lupacchiotti, "ma buoni però", battezzati "Tommy e Jelly"!
P.s. Voi lo sapevate quanti oggetti e decorazioni si possono creare e aggiustare con la colla a caldo?? Io no ed e' stata una rivelazione!
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