Questa foto risale al Dicembre del 2009, il nostro viaggio di nozze.
All'epoca, purtroppo, non possedevo ancora una Reflex, anzi, non sapevo neppure che esistessero.
Ed è stato un peccato.
I veri ricordi, la vera ricchezza, però, è quella che ci si porta dentro e io questo viaggio e questi luoghi, non li dimenticherò mai.
Faceva freddo, molto freddo, ma eravamo preparati al peggio.
Quello a cui non eravamo preparati, era la pioggia invece della tanto sognata neve, il buio che non se ne andava mai, che anche se te lo raccontano non sai comunque come reagirai, perchè la luce in Italia è quasi scontata, e ancora: l'abitudine degli abitanti di compreimere in poche ore la propria vita sociale, l'apertura di musei, negozi, centri commerciali, ristoranti, monumenti, tutto, allo stesso ritmo delle cortissime giornate.
Parlando e parlando, abbiamo capito la dimensione intima e famigliare dell'inverno, vissuto da loro, così diversa dal nostro rifugiarsi nel caos, nella luce e nel rumore proprio quando le giornate si fanno fredde e corte.
Abbiamo guidato per centinaia di chilometri in mezzo a strade gelate, tra campi deserti e boschi immensi, senza incontrare nulla e nessuno, tranne, ogni tanto, come un'oasi nel deserto o un iceberg in mezzo al mare del Nord, posti come questo o uno scuolabus carico di alunni, che non capisci da dove venga e dove vada..
e tanto altro, ma tutto in una foto e in un post, non ci sta.
Qui ci siamo fermati, abbiamo scattato e ci siamo detti: restiamo qui, vogliamo vivere così...così fuori dal mondo, in una dimensione magica e surreale, così liberi, così tutt'uno con la natura, così "sospesi".
Invece poi siamo risaliti in macchina, con un sospiro, un brivido e già un pò di nostalgia, e abbiamo proseguito il nostro viaggio, in Svezia e nella vita.
Questo post partecipa all'iniziativa del Fotoviaggiando del lunedì, http://patatofriendly.blogspot.it/2013/02/fotoviaggiando-del-lunedi-emozioni.html, di Francesca Patato Friendly, http://patatofriendly.blogspot.it
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lunedì 11 marzo 2013
venerdì 8 marzo 2013
A noi
A noi,
che ogni giorno all'alba ci svegliamo e iniziamo a correre
pur non essendo gazzelle della savana,
a noi,
considerate il sesso debole,
ma che facciamo girare il mondo,
a noi,
che sopportiamo tutto,
troppo spesso in silenzio,
a noi,
che sappiamo quanto un nuovo taglio di capelli possa influire sull'umore,
a noi,
che riconosciamo il potere delle parole,
a noi,
che abbiamo al responsabilità di crescere i futuri uomini del domani,
a noi,
bersaglio indifeso di uomini violenti,
a noi,
che incastriamo impegni e doveri con l'abilità di un'equilibrista,
a noi,
che improvvisiamo cene, merende e aperitivi,
per rendere tutti felici,
a noi,
che la macchina serve per spostarsi e non importano marca, modello, briciole sparse o colore,
ma solo che sia sicura per la nostra famiglia e..
vada avanti,
a noi,
maltrattate dal mercato del lavoro,
di cui però siamo la forza emergente,
a noi,
entrate con prepotenza in professioni per cui esiste soltanto, ancora, la definizione maschile,
a noi,
che dobbiamo faticare il doppio per raggiungere lo stesso risultato di un uomo,
a noi,
che se siamo belle siamo ritenute stupide
e se "normali", al massimo simpatiche
a noi,
che vorremmo parlare di amore e sogni,
e siamo costrette a farlo tra di noi,
a noi,
che sappiamo capire quando è davvero il momento di lottare,
e sappiamo farlo,
a noi,
vittime di pregiudizi, consigli e giudizi non richiesti,
a noi,
che piangiamo per nulla ma sopportiamo in silenzio il vero dolore,
a noi,
che inventiamo,
investiamo,
creamo,
procreamo,
cresciamo,
dialoghiamo,
discutiamo,
ci interroghiamo e ci rispondiamo,
a noi,
che lottiamo per i nostri diritti,
a noi,
che ancora non abbiamo reale possibilità di scelta,
a noi,
che ci emozioniamo per un paio di scarpe o una borsa nuova,
ma non siamo frivole,
o almeno,
non più di chi si emoziona per un calcio ad un pallone, visto in televisione,
a noi,
che leggiamo,
ci informiamo,
cuciniamo,
puliamo,
stendiamo il bucato,
ascoltiamo i nostri figli,
telefoniamo alle amiche,
tutto nello stesso momento,
e ce la facciamo davvero,
e neppure tanto male,
a noi,
che abbiamo i sensi di colpa quando ci dedichiamo a noi stesse,
a noi,
che amiamo gli sport
anche quelli ritenuti "maschili"
e ce ne freghiamo,
a noi,
che possiamo essere glamour
anche correndo o sciando,
a noi,
che ci trucchiamo in macchina, al semaforo,
a noi,
per cui fare acqusiti con le amiche è una terapia,
e qualche volta costa meno dell'analista,
a noi,
a cui un fiore è sempre gradito,
a noi,
in eterna lotta con una bilancia,
di cui in fondo, però, ce ne freghiamo,
a noi,
che un bacio appiccicoso
è meglio di un gioiello,
a noi,
che abbiamo la fortuna di sentirci chiamare "mamma",
a noi,
che spesso non possiamo decidere del nostro corpo,
ma non rinunciamo a decidere della nostra testa,
a noi,
che amiamo gli altri più di noi stesse,
a noi,
che quando vogliamo,
sappiamo trovare le parole giuste per un'amica,
a noi,
che conosciamo il potere di un abbraccio,
a noi,
che parliamo troppo,
ma mai a vanvera,
a noi,
che siamo brillanti nello studio,
a noi,
che l'organizzazione è il ostro forte,
anche quando non sembra,
a noi,
che qualunque cosa serva,
a chiunque,
è nella nostra borsa,
a noi,
che facciamo prima ancora che ci sia richiesto,
a noi,
che vediamo lavori ed incombenze che sfuggono anche all'uomo più attento,
a noi,
che troviamo vestiti nei cassetti e cibo in frigo senza bisogna di domandarlo a qualcuno,
a noi,
che troppo spesso ancora chiniamo la testa,
a noi,
che sappiamo ironizzare su tutto,
anche su noi stesse,
a noi,
che la sindrome premestruale esiste davvero,
ma quanche volta la usiamo come scusa anche quando non c'è,
a noi,
che abbiamo pochi rappresentanti nella socità e nel potere,
ma solo perchè abbiamo troppo da fare nella vita quotidiana,
a noi,
per cui guerra uguale morte di persone care, nostre o altrui,
e null'altro,
a noi,
che l'economia domestica la padroneggiamo fin dalla culla,
a noi,
che con un sorriso e lo sguardo giusto,
sappiamo piegare le volontà maschili,
a noi,
che dietro un grande uomo,
c'è sempre una grande donna,
a noi,
che siamo disposte a riunciare a tutto,
tranne che ad essere donne.
A noi e a tutte le donne che ancora una festa non ce l'hanno, perchè è già tanto se hanno acqua potabile o possono uscire di casa senza rischiare la vita.
che ogni giorno all'alba ci svegliamo e iniziamo a correre
pur non essendo gazzelle della savana,
a noi,
considerate il sesso debole,
ma che facciamo girare il mondo,
a noi,
che sopportiamo tutto,
troppo spesso in silenzio,
a noi,
che sappiamo quanto un nuovo taglio di capelli possa influire sull'umore,
a noi,
che riconosciamo il potere delle parole,
a noi,
che abbiamo al responsabilità di crescere i futuri uomini del domani,
a noi,
bersaglio indifeso di uomini violenti,
a noi,
che incastriamo impegni e doveri con l'abilità di un'equilibrista,
a noi,
che improvvisiamo cene, merende e aperitivi,
per rendere tutti felici,
a noi,
che la macchina serve per spostarsi e non importano marca, modello, briciole sparse o colore,
ma solo che sia sicura per la nostra famiglia e..
vada avanti,
a noi,
maltrattate dal mercato del lavoro,
di cui però siamo la forza emergente,
a noi,
entrate con prepotenza in professioni per cui esiste soltanto, ancora, la definizione maschile,
a noi,
che dobbiamo faticare il doppio per raggiungere lo stesso risultato di un uomo,
a noi,
che se siamo belle siamo ritenute stupide
e se "normali", al massimo simpatiche
a noi,
che vorremmo parlare di amore e sogni,
e siamo costrette a farlo tra di noi,
a noi,
che sappiamo capire quando è davvero il momento di lottare,
e sappiamo farlo,
a noi,
vittime di pregiudizi, consigli e giudizi non richiesti,
a noi,
che piangiamo per nulla ma sopportiamo in silenzio il vero dolore,
a noi,
che inventiamo,
investiamo,
creamo,
procreamo,
cresciamo,
dialoghiamo,
discutiamo,
ci interroghiamo e ci rispondiamo,
a noi,
che lottiamo per i nostri diritti,
a noi,
che ancora non abbiamo reale possibilità di scelta,
a noi,
che ci emozioniamo per un paio di scarpe o una borsa nuova,
ma non siamo frivole,
o almeno,
non più di chi si emoziona per un calcio ad un pallone, visto in televisione,
a noi,
che leggiamo,
ci informiamo,
cuciniamo,
puliamo,
stendiamo il bucato,
ascoltiamo i nostri figli,
telefoniamo alle amiche,
tutto nello stesso momento,
e ce la facciamo davvero,
e neppure tanto male,
a noi,
che abbiamo i sensi di colpa quando ci dedichiamo a noi stesse,
a noi,
che amiamo gli sport
anche quelli ritenuti "maschili"
e ce ne freghiamo,
a noi,
che possiamo essere glamour
anche correndo o sciando,
a noi,
che ci trucchiamo in macchina, al semaforo,
a noi,
per cui fare acqusiti con le amiche è una terapia,
e qualche volta costa meno dell'analista,
a noi,
a cui un fiore è sempre gradito,
a noi,
in eterna lotta con una bilancia,
di cui in fondo, però, ce ne freghiamo,
a noi,
che un bacio appiccicoso
è meglio di un gioiello,
a noi,
che abbiamo la fortuna di sentirci chiamare "mamma",
a noi,
che spesso non possiamo decidere del nostro corpo,
ma non rinunciamo a decidere della nostra testa,
a noi,
che amiamo gli altri più di noi stesse,
a noi,
che quando vogliamo,
sappiamo trovare le parole giuste per un'amica,
a noi,
che conosciamo il potere di un abbraccio,
a noi,
che parliamo troppo,
ma mai a vanvera,
a noi,
che siamo brillanti nello studio,
a noi,
che l'organizzazione è il ostro forte,
anche quando non sembra,
a noi,
che qualunque cosa serva,
a chiunque,
è nella nostra borsa,
a noi,
che facciamo prima ancora che ci sia richiesto,
a noi,
che vediamo lavori ed incombenze che sfuggono anche all'uomo più attento,
a noi,
che troviamo vestiti nei cassetti e cibo in frigo senza bisogna di domandarlo a qualcuno,
a noi,
che troppo spesso ancora chiniamo la testa,
a noi,
che sappiamo ironizzare su tutto,
anche su noi stesse,
a noi,
che la sindrome premestruale esiste davvero,
ma quanche volta la usiamo come scusa anche quando non c'è,
a noi,
che abbiamo pochi rappresentanti nella socità e nel potere,
ma solo perchè abbiamo troppo da fare nella vita quotidiana,
a noi,
per cui guerra uguale morte di persone care, nostre o altrui,
e null'altro,
a noi,
che l'economia domestica la padroneggiamo fin dalla culla,
a noi,
che con un sorriso e lo sguardo giusto,
sappiamo piegare le volontà maschili,
a noi,
che dietro un grande uomo,
c'è sempre una grande donna,
a noi,
che siamo disposte a riunciare a tutto,
tranne che ad essere donne.
A noi e a tutte le donne che ancora una festa non ce l'hanno, perchè è già tanto se hanno acqua potabile o possono uscire di casa senza rischiare la vita.
giovedì 7 marzo 2013
Il bambino più bello del mondo
"Chi è il bambino più bello del mondo?"
"Chi è il mio bambino?"
Lo chiedo al mio nano spesso, mentre lo cambio o me lo mangio di baci.
Fino a un paio di settimane fa, mi rispondevo da sola, mentre lui rideva.
Poi ha iniziato a rispondere dicendo il suo nome e a ridere soddisfatto.
Questa mattina, ha gridato: "Io!!" forte e chiaro, complici gli insegnamenti del nonno dei giorni scorsi.
E a me, sono venute le lacrime agli occhi.
"Chi è il mio bambino?"
Lo chiedo al mio nano spesso, mentre lo cambio o me lo mangio di baci.
Fino a un paio di settimane fa, mi rispondevo da sola, mentre lui rideva.
Poi ha iniziato a rispondere dicendo il suo nome e a ridere soddisfatto.
Questa mattina, ha gridato: "Io!!" forte e chiaro, complici gli insegnamenti del nonno dei giorni scorsi.
E a me, sono venute le lacrime agli occhi.
Nano mio, che felicità poterti stringere a me e vederti crescere, acquistare consapevolezza della tua identità e sorridere e ridere allegro...momenti come questo compensano tutto, anche le ultime notti che ci hai fatto passare, incolpevolmente, quasi in bianco per la tosse.
E ricorda: per la tua mamma, sarai sempre tu il bambino più bello del mondo.
lunedì 4 marzo 2013
Oggi mi sento fortunata
Nonostante tutto, oggi mi sento fortunata.
Sono stanca, il lavoro pesa, la difficoltà di incastrare gli impegni, stare dietro alle esigenze degli altri ed alle mie, chiedere aiuto continuamente per gestire il nano, tutto quanto è difficile, una sfida quotidiana.
A cui si aggiungono dubbi, timori, sogni da realizzare, strade da individuare, prima ancora che da percorrere.
Eppure, oggi mi sento fortunata.
Perchè ho un nano sempre allegro , socievole e solare, che cresce alla velocità del lampo.
Perchè ho na famiglia d'origine unita e amorevole e una madre con qualche difetto ma infiniti pregi.
Perchè stiamo bene.
Perchè ho due nipotine adorabili e una cognata con cui vado d'accordo.
Perchè sabato io e l'Alpmarito abbiamo portato in piscina il nostro nano e la nipotina più grande e lei, con me, ha superato la paura e si è divertita e abbiamo trascorso dei momenti di intimità preziosi.
Perchè poi è seguito un rilassante aperitivo con fratello, cognata e la nipote piccola e il nano si è sbaffato un pacchetto di taralli e innumerevoli salatini e non ha fatto danni al locale.
Perchè abitiamo ad un'ora d'auto da un posto così
Perchè ho un marito e alcuni amici, uno in particolare, che condividono tutto questo con me, anzi, che mi hanno fatto scoprire tutto questo e mi aspettano, anche se sono sempre la più lenta e mi lamento!!!
Perchè ieri ero distrutta dal caldo, sì dal caldo, che un weekend sono a -15 e quello dopo + 25 sotto un sole cocente, però intorno a me c'è tutto questo
E anche questo...Perchè quasi non ci speravo più, perchè abbiamo imboccato il canalino sbagliato e il versante muoveva sotto gli sci e il fondo era pessimo e mentre gli altri a scendere hanno tribolato, io di più....
ma alla fine, c'era anche questo, ad attenderci
E, soprattutto, questo:
Perchè quasi nulla va come lo avevi immaginato, ma l'importante è arrivare tutti interi e fare qualche curva che meriti....il mio adorabile biondino...
Perchè oggi ho lavorato tutto il giorno e questo mi piace, mi piace il mio lavoro, quasi sempre, oggi sì, e mi piace aver tempo di lavorare, con il nano, ben accudito dalla nonna, nella stanza accanto che ogni tanto fa capolino e mi dice: "Ciao!" e mi mostra qualche gioco e ride...
Per tutto questo, oggi mi sento fortuna.
Edinburgo e gli amici
Edinburgo, ottobre-dicembre 2012 |
Guardo questa foto e ricordo cinque giorni magnifici trascorsi a camminare per una città incantevole, in giornate incredibilmente terse (tranne una) e gelide, con un nano tranquillo nel suo passeggino e una coppia di amici, di quelli veri, di quelli che spesso hanno idee diverse dalle tue ma con cui puoi sempre parlare, di quelli che abitano lontano e magari, visti gli impegni quotidiani ed il diverso stile di vita, senti raramente, ma quando accade, è come se aveste appena finito di parlare, di quelli che sai che ci sono, comunque.
Ma anche, il primo vero viaggio del nano, la scoperta di un Paese molto diverso dal nostro, di musei interessanti, caffè lunghi e annacquati, persone vestite in modo stravagante e alquanto anticonvenzionale e strambo, in rapporto al clima, pub vietati ai minori, anche in orari non sospetti, gentilezza, prezzi elevati ma posti che meritano, cibo gradevole, supermercati aperti anche la sera tardi e che fungono pure da Bancomat, dogana all'aereoporto (non ci ero più abituata!) e tante tante chiaccherate.
Una piccola parte di Scozia scoperta anche nei suoi aspetti burocratici/sociali/lavorativi/scolastici e di vita quotidiana, grazie ai racconti dei nostri amici che ci vivono e lavorano, perchè noi quando viaggiamo siamo curiosi, avidi di informazioni, le più disperate.
E non vedo l'ora di tornarci, magari questa estate, anche se casa mia, è qui.
Perchè è bello andare ma anche tornare.
Questo post partecipa all'iniziativa di http://patatofriendly.blogspot.it, il fotoviaggiando del lunedì, http://www.patatofriendly.blogspot.it/2013/02/fotoviaggiando-del-lunedi-emozioni.html.
venerdì 1 marzo 2013
Il treno dei ricordi ed il ricordo dei treni
Ieri
sera, bloccata ad un passaggio a livello dietro alla mia "vecchia
casa", ho guardato i treni passare e ho pensato.
Ho
pensato a quanto ho odiato e odio i treni: la sporcizia, il caldo
infernale d'estate e il gelo umido dell'inverno, perchè aria
condizionata e riscaldamento funzionano solo nei vagoni di prima
classe - quando va bene - , il senso di soffocamento, con i
finestrini sempre bloccati (per me, che amo andare in cima alle
montagne e stare attaccata ad una parete di roccia...), i vicini che
urlano e ciaccottano quando vorresti solo dormire, la musica degli
altri sparata nelle loro cuffie e nei tuoi momenti di riposo, la
mancanza cronica di posti a sedere, gli ombrelli sgocciolanti sulle
tue gambe e su quelle degli altri passeggeri, l'affollamento da carro
bestiame, anche e soprattutto in piedi, bimbi annoiati che strillano
e salgono in piedi sui sedili, figli della maleducazione di genitori
che non si esimono dal fare lo stesso, uomini e donne orgogliosi di
renderti partecipe di lunghe conversazioni telefoniche con amici,
consorti, amanti, madri, di cui non potrebbe importarti di meno,
scritte ovunque e di qualunque tipo, perchè i beni pubblici non sono
di nessuno, vero?
E
soprattutto, le coincidenze che non esistono, neppure più sulla
carta, i ritardi cronici, spesso più lungi del tempo di viaggio
"previsto", perchè di garantito sui treni non c'è nulla,
neppure l'obbligo di pagare il biglietto, basta essere rom o
stranieri senza un soldo in tasca perchè il controllore non si
sforzi neppure di chiedertelo, il biglietto, figurarsi di farti la
contravvenzione, le fermate improvvise ed impreviste nel bel mezzo
del nulla, le obliteratrici rotte, le attese infinite e le
giustificazioni che non bastano mai.
Ho
ricordato a quanto è stato diverso viaggiare per qualche giorno con
i treni in Svezia e Norvegia, la pulizia, la gentilezza, la
puntualità maniacale, del tipo, "attenzione, il treno è in
ritardo di 3 minuti, ci scusiamo per il disagio" ed era davvero
così, solo così e lo leggevi negli sgurdi mortificati di addetti e
controllori.
Ho
ricordato i tragitti, di solito a piedi, da e per la stazione, con lo
zaino, la borsetta e/o la valigia colma di cibo, vestiti e affetti.
Ho
rammentato le attese del mattino, alle 6.08 a.m., quando nel gelo dell'inverno o
nella frescura dell'estate, altre facce stropicciate dal sonno
attendono con te e tutto intorno è buio e silenzio.
Ho
pensato ai colleghi di corso, agli amici vecchi e nuovi, agli
incontri casuali, a mio marito, all'epoca non ancora tale, ai libri
letti e riletti, sottolienati e studiati, all'MP3,
compagni
di un pezzo di vita,
ogni
tragitto, un piccolo viaggio.
Ho
pensato alla stanchezza e al peso della domenica sera, quando il
treno riportava in città per la settimana di studio studenti
nostalgici, ho pensato alla stanchezza e alla leggerezza del venerdì
sera, quando il treno riportava a casa, lontano dalla libertà
dell'assenza dei genitori, ma vicino ai luoghi del cuore, stipati
come sardine, in piedi tra un sedile e l'altro.
Ho
ricordato gli scioperi dell'ultimo minuto, i guasti improvvisi, gli
autobus sostitutivi, quando c'erano, e si salvi chi può.
E ho
capito perchè ora sono disposta a rinunciare a vestiti, cene fuori,
tempo per leggere, pur di viaggiare in auto, anche se il prezzo del
carburante aumenta.
Ho
capito perchè per diletto ho viaggiato in nave, in aereo, in auto, a
piedi ed in bicicletta, ma ho fatto solo un viaggio in treno e NON in
Italia.
Di treni,
all'università e molto oltre, ne ho avuto abbastanza e li evito,
almeno finchè posso.
mercoledì 27 febbraio 2013
Allattamento: le conseguenze dell'estremismo
Da pochi giorni ho finito
di leggere un interessantissimo saggio, che mi ha stimolato molte
riflessioni.
Una di queste riguarda un
tema in realtà toccato solo marginalemente, che però mi sta
particolarmente a cuore: l’allattamento al seno.
Per tutta la gravidanza e
ancora adesso, che il nano ha superato l’anno ed è a dir poco
svezzato, mi sento chiedere continuamente: allatti? Ma neanche più
la sera/la mattina? Lo hai allattato tu?
Alla mia risposta (no,
no, solo per tre mesi e in modo misto), le reazioni sono due:
“Ma come? Ma perchè?
(Saranno fatti miei, o no??!!) Poverino!! (Ma come ti
permetti??)” con sguardo di disprezzo e/o estremo
dispiacere, come se avessi appena detto che lo avevo abbandonato o
che è affetto da una rara malattia.
Oppure: “Neanche io,
ma è cresciuto bene lo stesso, eh, sai non ho potuto perchè...”,
seguito da elenchi di ragioni, con atteggiamento solidale.
In pratica, sembra che
chi abbia allattato si senta superiore e ti giudichi una pessima
madre, chi non lo ha fatto, senta la necessità di scusarsi e
giustificarti.
Ecco, i primi mesi ho
vissuto tutto questo malissimo, anche se cercavo di non darlo a
vedere, poi la malinconia post parto è passata e ora provo solo
fastidio.
Ho smesso di sentirmi in
colpa.
Credo che sia in atto un
vero e proprio lavaggio del cervello delle neomamme e donne in
gravidanza a favore dell’allattamento al seno.
E che sia un
atteggimaneto “talebano” che ingenera ansie, timori, sensi di
colpa, eccessive aspettative.
E che mi fa paura, come
tutti gli estremismi.
Durante la gravidanza e
dopo di essa, in tutti i consultori, studi di pediatri,
poliambulatori, reparti ospedalieri o ASL legati in qualche modo alla
maternità, ho trovato cartelloni e opusucoli propagandistici, una
vera e propria pubblicità, PRO L.M.
Informavano che, in base
a non meglio specificati “studi scientifici”, il L.M. vant una
superiorità indiscussa, fa risparmiare (e su questo, non ci piove!),
e persino che i bambini allattati al seno in modo esclusivo sono PIU’
INTELLIGENTI!
A parte il fatto che il
solo pensare che si possa trasmettere l’intelligenza con il latte
mi pare assurdo (e le madri poco intelligenti, allora? Cosa
trasmetteranno?), vorrei proprio capire cosa possa esserci di
scientifico in questi fantomatici studi: forse che hanno sottosposto
al test del Q.I. un campione significativo di neonati? E dopo quanti
anni, in che condizioni? E il campione era davvero significativo (per
numero e selezione)? Ma soprattutto, come fanno a sapere che, se
questi bambini non avessero assunto L.M. in via esclusiva il loro
Q.I. sarebbe stato inferiore o viceversa?
Ho trovato cartelloni e
linee guide del Ministero della Sanità che”suggeriscono”
(facendo un vero e proprio terrorismo psicologico) di allattare al
seno i bambini fino ai DUE ANNI, IN VIA ESCLUSIVA!
Ora.
Capisco che si voglia far
comprendere l’importanza dell’alimento materno, anche al fine di
ribaltare quella “moda” del L.A. che è stata in voga nella
generazione delle nostre madri.
Non stento a credere che
il L.M. sia perfettamente bilanciato e ideale per i primi mesi di
vita del neonato (anche se ci sono studi, fatti analizzando il L.M.,
che dimostrano come possa essere inquinato da sostanze tossiche,
ingerite dalla madre con il cibo e/o l’acqua).
Trovo assurdo, però, che
si possa credere e sostenere che il L.M. renda più intelligenti!
Eppure: le donne vengono
spinte da ostetriche, pediatri, infermieri, medici e amiche
all’allattamento, al rooming in ecc. e colpevolizzate se
manifestano segnali di disagio o dissentono.
Durante i monitoraggi, in
ospedale, ho dovuto sorbirmi ore di ridicoli video sull’allattamento
e così nei corridoi del reparto maternità, giorno e notte.
Video in cui si decantava
la bellezza dell’allattamento, quanto fosse naturale, si suggeriva
di allattare in pubblico, a richiesta, in via esclusiva, sino ai
tre anni e oltre, e venivano mostrate "comodissime"
posizioni possibili, persino quella a quattro zampe, giuro.
Ridicolo.
Vorrei sapere, al di
fuori della donna del video, chi allatterebbe a 4 zampe un bambino di
tre anni, neanche fosse la lupa con Romolo e Remo, in Italia; vorrei
sapere dove gli hanno visti, gli autori del video, i
bar/negozi/ristoranti con l’angolo allattamento, in Italia.
Ma soprattutto, vorrei
che mi spiegassero per quante donne è davvero possibile conciliare
l’allattamento naturale esclusivo con il lavoro, quante dispongono
di un comodo frigo in ufficio per conservare il latte, quante
riescono a “tirarsi” il latte in ufficio o prima di uscire
(perchè si ha tanto tempo il mattino, vero?!), quante godono
effettivamente dei permessi per l’allattamento e quanto di queste
fortunate donne riescono a usarli davvero per dare il L.M. ai loro
figli, FINO AI TRE ANNI o, comunque, ad allattare - andare a lavoro,
tornare –allattare – tornare a lavoro.
Vorrei saperlo
soprattutto perché il consiglio è, come se non bastasse, allattare
“a richiesta”!
E ancora, se davvero
fosse più che sufficiente il L.M. in via esclusiva fino ai due anni,
perchè i bambini vengono svezzati dai 4/6 mesi? Vogliamo davvero
credere che i pediatri prendano soldi dai produttori di alimenti per
neonati? Perchè i bambini CHIEDONO anche altri cibi?
La nostra generazione e
quella dei nostro genitori, cresciuti in numero significativo a L.A.
è forse una generazione di idioti?
Sembra che ci sia una
volontà sociale di riportare la donna al ruolo di madre e basta, in
casa a sfornare figli ed allattare, a richiesta, come una serva.
Qual è il ruolo dei
padri, in tutto questo?
D’accordo, ovvio che
vale la pena tentare e non arrendersi alla prima difficoltà, che il
L.M. è sicuramente meglio, se possibile, e che se la mamma è
davvero felice di allattare e di continuare a farlo durante lo
svezzamento, nulla deve impedirglielo.
Anzi.
Bisognerebbe atrezzare i
luoghi pubblici e gli esercizi commerciali ad hoc.
Quel che non comprendo è
l’estremismo, l’obbligo, l’imposizione.
Io non ho mai desiderato
allattare, non mi sembrava naturale. Punto.
Ci ho provato comunque e
con determinazione e perseveranza. Ha funzionato male e a singhiozzo.
Ho pensato che fosse
colpa mia.
A distanza di mesi
(mesi!) ho scoperto che il problema era fisico e del nano e che
avrebbe potuto essere facilmente risolto!
Questo, dopo che
pediatra, assistente all’allattamento, ostetriche e infermiere del
nido avevano ripetutamente e insistentemente controllato
l’attaccamento (di queste ultime, alcune con la delicatezza di
ippopotami e una buona dose di maleducazione), avevano insistito
mentre io ero ero stremata e sofferente, mi avevano accusato di
lamentarmi per nulla ecc.
Ci ho provato. Risultato:
lavoro, nulla, vita sociale, nulla, riposo, inesistente, pasti,
disastrosi, bimbo che non prendeva peso, coliche e pianti disperati e
quindi “aggiunte”.
Quando ho smesso, sono
rinata, fisicamente e mentalmente, ed è lentamente passata anche la
malinconia (a volte quasi vera e propria depressione), con esse le
coliche ed i pianti.
Al nano è rimasta una
fame atavica, in compenso!
Certo, non è comodo
sterilizzare tettarelle e biberon, avere sempre dietro acqua bollita
e bollente, non è economicamente vantaggioso, non è l’ideale ma
non è neppure “il Male”.
Ho potuto ricominciare a
lavorare con più serenità, dormire, mangiare, vivere.
Tra amiche e conoscenti
neomamme ho scoperto, indagando, che TUTTE dopo un mese al massimo,
hanno finito per dare degli orari alle poppate, pochissime hanno
mantenuto il L.M. esclusivo per 4/6 mesi e quelle che lo hanno fatto,
sono state spinte non solo e non tanto dal benessere del bimbo, ma
dal piacere cher ne traevano (anche se la maggior parte dei padri non
ne era affatto entusiasta, anzi).
Bellissimo per loro,
bellissimo se si riesce a prezzo di sacrifici non eccessivi, ma non è
così per tutti.
Anzi.
Perchè non si dice la
verità, tutta la verità alle donne in gravidanza e alle neomamme?
Sembra, ad esempio, che
tutti ignorino gli effetti sulla salute dell’occhio che può avere
l’allattamento, nelle donne con disturbi visivi, tacciano sulla
spossatezza fisica e mentale che l'allattamento a richiesta può
procurare, sul fatto che i bimbi allattati al seno dormono meno di
notte, sembra che nessuno voglia parlare delle difficoltà lavorative
e sociali derivanti dal non potersi mai organizzare con gli orari e
stare lontane dal bimbo, nascondano i problemi di coppia che possono
derivarne ecc.
Lasciamo le donne libere
di scegliere almeno questo, nella vita.
Rispettiamo e difendiamo
non solo i bambini, ma anche le madri.
Perchè in fondo, non
utilizzare gli appositi seggiolini, non vaccinare il proprio figlio,
lasciare un bimbo solo in casa o nella vaschetta del bagnetto, anche
solo per un minuto ecc. sono comportamenti che possono avere,
purtroppo, conseguenze serie, se non tragiche, allattare o non
allattare, invece, non ne ha nessuna conseguenza significativa, tanto
meno scientificamente provata.
Essere madri felici e
serene e non sentirsi in colpa (o almeno, non anche per questo) ha
enormi conseguenze, per tutti.
venerdì 22 febbraio 2013
Metti un pomeriggio a zonzo..
E allora, ho accompagnato una coppia di amici di lunga data in visita in quel che considero un "gioiellino" di casa nostra, il Forte di Bard.
La giornata era gelida e uggiosa, con qualche fiocco di neve..
Ma il luogo merita comunque, in ogni stagione.
Il Forte ospita tre musei permanenti, il Museo delle Alpi, bellissimo anche da visitare con i bimbi, perchè molto interattivo e moderno, un Museo delle Prigioni e un piccolo museo appositamente studiato per i bimbi, Le Alpi dei ragazzi.
La vista sulla vallata sottostante è magnifica e anche il borgo e la "cinta muraria" che si può attraversare per raggiungere il Forte (dotato comunque anche di ascensori trasparenti).....il tutto percorribile in passeggino.
Questa volta, ho visitato una mostra fotografica temporanea da poco aperta, già ospitata nelle due passate edizioni, il Wildlife Photographer of the Year.
Se amate la fotografia e l'ambiente, merita, merita davvero, insieme all'altra mostra temporanea ancora in corso: "Dalla Terra all'Uomo".
Entrambe, soprattutto la seconda, non solo soltanto esposizioni di (splendide e originali) fotografie di rare specie animali e magnifici angoli della Terra, ma anche una forma di sensibilizzazione ai temi ambientali e animalisti.
Insomma, vale la pena di guardare le foto, ma anche e soprattutto, di leggere con attenzione le didascalie e commenti che le accompagnano.
Dalla esposizione di Yann Arthus-Bertrand io sono uscita un pò sconvolta e ancora più certa che di imparare non si finisce mai e che molti comportamenti, che crediamo "ecologici e virtuosi" in relatà non lo sono, perchè abbiamo ignorato una parte delle loro conseguenze...
L'unica salvezza? Consumare di meno, cibo e tutto, senza cadere in nessun eccesso.
Non potevano mancare i libri relativi alle due bellissime mostre attualmente presso il Forte di Bard...perchè oggi è venerdì e vorrei partecipare alla iniziativa di Homemademamma, http://www.homemademamma.com/2013/02/22/venerdi-del-libro-italiani-di-domani/!
Meritano di essere letti, sfogliati, esposti in bella mostra e riguardati, offerti in prestito agli amici e, non ultimo, studiati.
I portfoli di Wildlife Photographer of the Year (quello di quest'anno ancora mi manca) raccolgono le fotografie esposte, con i commenti della giuria, le specifiche tecniche di scatto (obiettivo, ISO, diframma, tempi di esposizione filtri ecc.) e le considerazioni dei fotografi, che raccontanto le loro intenzioni, le emozioni che volevano trasmettere e il modo con cui hanno catturato la scena.
Unica pecca - almeno per me -: sono interamente in inglese (e costano, anche se meno di molti altri libri fotografici).
Ne vale comunque la pena, anche solo per le foto.
L'altro, invece (in italiano), è un libro fotografico che definirei di "denuncia", oltre che di "viaggio", in senso lato.



Questo non è un post pubblicitario, soltanto un
suggerimento entusiastico di una visitatrice, però il link del sito del
Forte ve lo lascio comunque: www.fortedibard.it, insieme a due info
pratiche: il Forte si trova a Bard, nella Bassa Valle d'Aosta (uscita
autostradale Torino - Aosta: Pont Saint Martin, poi proseguire per pochi km sulla
statale in direzione Aosta,), c'è anche una caffetteria (ed altre nel
Borgo di Bard) e negozietti di suovenir, le toilette sono pulite e
numerose, gli spazi ampi, adatti a bimbi e passeggini, però nei Musei
qualche scalino c'è, quindi meglio essere in due per sollevarlo.
Se
volete visitare le due mostre temporanee di foto con attenzione,
calcolate pure almeno tre ore - e comprate i biglietti cumulativi, convengono-, se aggiungete il/i Museo/i, vi ci vuole
tutta la giornata.
All'esterno fa freddo, perchè il Forte è in
posizione sopraelevata e in mezzo ad una vallata, con conseguenti forti
correnti d'aria, tenetelo presente.
Ci sono parcheggi liberi nelle vicinanze, serviti da marciapiedi, negozi di alimentari (anche per acquistare prodotti locali), e un parcheggio proprio sotto il Forte, a pagamento.ù
Nel Borgo sottostante il Forte transitano pochissime macchine, nella strada che sale al Forte nessuna, quindi i bambini possono correre tranquilli.
C'un bellissimo porco giochi nel Paese dall'altro lato del fiume (Comune di Hone) rispetto a Bard, ma è abbastanza lontano (10 - 15 min. a piedi) ed è situato dietro la biblioteca comunale (chiedete alla gente del luogo).
Se volete ulteriori info, di qualunque tipo, sarò lieta di aiutarvi, se possibile.
Questo post vuole essere anche un'adesione, in anticipo, alla bella idea del lunedì di Francesca (http://patatofriendly.blogspot.it/, "Il foto-viaggiando del lunedì" (http://www.patatofriendly.blogspot.it/2013/02/fotoviaggiando-del-lunedi-emozioni.htm).
Tutte le foto pubblicate appartengono a Mamma Avvocato, è vietata la riproduzione, pubblicazione, copiatura su qualunque supporto e/o qualunque mezzo di comunicazione, salvo espressa autorizzazione.
Grazie.
mercoledì 20 febbraio 2013
Un nome antico
Il
nome del mio nano viene da lontano.
E’
un nome antico, greco, presente nella mitologia (anche se identifica un
personaggio dalla sorte nefasta, ma comunque di nobile stirpe).
Volevamo
un nome privo di significati religioso, quindi non cristiano, non ebraico, non
islamico.
Un
nome che si portasse dietro il sapore di una antica civiltà, di una lingua che
ho studiato con passione al liceo, non il pesante fardello di secoli di soprusi
e oppressioni in nome di un qualche dio.
Volevamo
un nome che non fosse troppo comune, che fosse ancora capace di distinguere ed
identificare, un nome che non avessero altri dieci bambini nella stessa scuola
o nello stesso parco giochi.
Volevamo
un nome “di famiglia”, ma non di cugini o parenti con lo stesso cognome, per
non ingenerare confusione.
Volevamo
un nome che suonasse bene con il cognome, che non fosse troppo lungo, per
ridurre il rischio di diminutivi (che né io né l’Alpmarito amiamo), né troppo
corto, perché il nome è pur sempre importante.
Volevamo
un nome che si ricordasse ma allo stesso tempo non fosse troppo strano o
astruso da risultare “vecchio” o ridicolo.
Volevamo
un nome dal significato augurale, non banale.
Ne
abbiamo trovati due.
Uno
è greco antico, dal significato di “comandante di popoli, re”, privo di santi
e/o martiri (o almeno, mia suocera ha tentato in tutti i modi di cercarne uno e
non ci è riuscita quindi..).
Era
il nome di mio nonno, il mio amato nonno, ma anche di un grande sportivo di
altri tempi.
L’altro,
in teoria scartato all’ultimo, è di origine bretone, significa
“forte/coraggioso”, è discretamente diffuso e in altri paesi francofoni, poco in
Italia ma abbastanza dove viviamo noi ed è anche il nome di un forte alpinista
dei nostri tempi.
Il
santo c’è, la suocera l’ha scovato, ma giuro che non ne avevamo idea.
Avevo
sempre pensato che avrei dato a mio figlio un nome solo, per evitargli inutili
complicazioni, e che fosse assurdo il nome di nonni, bisnonni o altri parenti
non viventi.
Eppure,
ho cambiato idea con naturalezza, anche perché il secondo nome, che l’Alpmarito
a suo insindacabile giudizio riteneva “normale” e “comune”, glielo ha aggiunto
in ospedale, al momento delle dimissioni,spinto dai colleghi, stupiti del nome
“originale” da noi scelto.
E
niente, non avevo la forza (e neppure la voglia, a dire il vero, perché in
fondo era la nostra “seconda scelta”) di oppormi.
Così
ora il nano ha due nomi, che in realtà conterebbero come uno, visto che non c’è
la virgola a separarli e che sono entrambi nel codice fiscale, però tutti
continuano a usare solo il primo e mi guardano male ogni volta che lo presento
con entrambi (Tutti tranne mia suocera, che usa qualunque nomignolo o
vezzeggiativo pur di evitare quel nome che evidentemente non le piace e che il
secondo non lo prende neppure in considerazione. Ma questo è un altro
discorso.)
Chissà
perché Jean Luc o Maria Rosa o Pierangelo o Gianluigi vengono mantenuto integri
e altri nomi vengono spezzati senza pietà…
Abbiamo
incontrato resistenze quando annunciavamo al mondo il nome prescelto,
incrociamo ancora occhiate perplesse e richieste di chiarimenti e/o ripetizioni
ogni volta che lo presentiamo a qualcuno, eppure ogni giorno che passa sono più
convinta della scelta, perché gli abbiamo regalato due nomi che sono un
biglietto da visita, forti e decisi, e lui è perfetto per loro e chi ci/lo
conosce, conferma.
Questo post partecipa a Blog Tank di Donna Moderna, tema del mese: "Il primo dono che fai a tuo figlio è il nome."
martedì 19 febbraio 2013
Rispetto: la responsabilità di dare l'esempio
Rispetto.
E’
un sostantivo che sa di altri tempi, altre epoche, altri comportamenti.
Perché
pare che siano pochi, oggi, ad avere rispetto.
Rispetto
per le idee e le opinioni, che non vuol dire non criticare e non discutere, ma
farlo e poi stringersi la mano e amici come prima; vuol dire avere l’apertura
mentale e la volontà di “ascoltare” davvero l’altro, non tappargli la bocca con
la prepotenza e la sopraffazione, non “lasciarlo parlare” passivamente; vuol
dire avere il coraggio di cambiarle, le proprie idee e le opinioni.
Quanti
sono oggi gli Stati, le famiglie e i luoghi di lavoro in cui questo rispetto
per le idee viene calpestato? Troppi.
Rispetto
per lo Stato, rispetto per il bene pubblico che è anche nostro, appunto,
rispetto per le Istituzioni (e ribadisco, non vuol dire non poter criticare) e
rispetto dello Stato verso i cittadini.
Perché
se gli atti vandalici e le proteste che sfociano in distruzione di tutto e
tutti e finanche lesioni, sono da condannare, altrettanto vale per le prese in
giro dei cittadini perpetrate da Enti pubblici, enti pseudo privatizzati e
politici di ogni schieramento.
Perché
il rispetto, deve essere reciproco.
Rispetto
per i ruoli e le “autorità”: insegnanti, professori, forza pubblica, “capi”
ecc.
Perché
se di fronte ai nostri figli mettiamo in discussione l’autorità del
professore/allenatore/maestro ecc., rischiamo di far venire meno il senso del
limite e di impedire a chi riveste tali ruoli di svolgere il proprio lavoro.
Poi, magari, nella nostra testa o al di fuori di quell’ambito possiamo essere
in disaccordo, ma di fronte ai figli, no.
Rispetto
per la donna e per l’uomo.
Che
non significa (o meglio, non solo) istituire un Ministro per le “pari
opportunità” o scrivere nella Costituzione che gli uomini e le donne hanno
“pari dignità sociale”.
Significa
rispettare le nostre diversità e riconoscere pari diritti e doveri, in ogni
campo.
Significa,
nella coppia, fare insieme o alternativamente tutte le attività quotidiane,
curare i figli, gestire le incombenze domestiche allo stesso modo, perché è forse
proprio questo rispetto “di tutti i
giorni” ad avere il maggior impatto sulla nostra vita.
E significa
che non deve essere sempre la “mamma” o la “donna” ad arrivare in ritardo a
lavoro per accompagnare i figli a scuola, a chiedere i permessi per guardarli o
portarli dal medico quando sono malati, a ricordarsi che non c’è più latte in
frigo o carta igienica in bagno, a segnarsi le date dei vaccini o le scadenze
delle bollette, a stendere il bucato o caricare la lavatrice /lavastoviglie anche
se sono le undici di sera e sei stanchissima, e..il senso è chiaro, mi pare.
Rispetto
nella professione / lavoro, perché non è tollerabile che nel 2013: giovane
donna, anche se in tailleur e con una ventiquattrore = segretaria; giovane uomo,
anche se in jeans e/o polo = avvocato/medico ecc. (giuro: è così e non importa
se dalla porta dello studio entra un cliente uomo e donna, giovane o vecchio!)
Rispetto
verso gli anziani, che hanno dato tanto ai noi e non meritano di essere
maltrattati, insultati, abbandonati quando hanno bisogno (anche se vanno ai 30 Km/h su una strada
extraurbana a scorrimento veloce!!!!E qui, non sono esente da colpa).
Rispetto
per i bambini, che passa attraverso asili nido, spazi gioco adeguati, prati e
cortili in cui sia consentito giocare a calcio e ridere, ritmi di vita che
tengano conto di loro, delle loro esigenze.
E
ancora: atteggiamenti, programmi televisivi, vestiario non da adulti
“miniaturizzati” ma da bambini davvero.
Rispetto
per le sconfitte e per le vittorie.
Perché
vincere piace a tutti e rinforza l’autostima, ma è attraverso le sconfitte che
si cresce e si diventa più forti.
E
per vivere, vi vogliono forza e coraggio, anche il coraggio di accettare un
rifiuto, una porta sbattuta in faccia, un (uno? Cento!) curriculum cestinato
senza risposta, la fine di un amore.
Rispetto.
Ho
sempre pensato che il mio primo figlio sarebbe stata femmina e immaginavo che avrei dovuto insegnarle a
lottare, dimostrare quanto vale, essere sempre più intelligente, attenta e
studiosa degli uomini, per raggiungere il suo personale obiettivo, valorizzare
il fisico ma ricordare che la bellezza è effimera e soggettiva, invitarla a
camminare a testa alta con orgoglio in un mondo di uomini pieni di preconcetti.
Invece
ho un maschietto e quando l’ho realizzato (dopo la nascita), mi sono sentita
sommergere dalla responsabilità: responsabilità di educare un futuro uomo,
insegnandogli che non esistono mestieri da uomo e incombenze da uomo e altri da
donna, che i sentimenti possono essere manifestati pur avendo un pisellino, che
è lecito piangere.
Soprattutto,
responsabilità di insegnarli che essere più forti fisicamente non vuol dire
poterne abusare ma, al contrario, avere il dovere di controllarsi e non fare
del male agli altri.
Spero
di dimostrarmi all’altezza di quest’arduo compito che per me passa dall’esempio
dei genitori e dei familiari.
Perché
i fatti, più delle parole, in questo campo fanno la differenza.
Questo post partecipa al blogstorming di genitori
crescono: tema del mese, “Rispetto!” http://genitoricrescono.com/tema-mese-rispetto/
http://genitoricrescono.com/blogstorming/cosa-e-il-blogstorming/
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