venerdì 25 gennaio 2013

Venerdì del libro: “La regina della casa” di Sophie Kinsella




Un altro libro “leggero” e divertente, perché di questi tempi sono gli unici di cui ho voglia di scrivere.

La prima volta in cui l’ho letto, su suggerimento di un’amica che aveva fatto il mio stesso percorso di studi, facevo pratica legale, uscivo di casa alle 7.30 e tornavo alle 19.30, mi piaceva quel che facevo perchè era ciò che avevo sempre sognato (e mi piace ancora) ma mi ponevo tante domande: come sarebbe stato vivere tutta la vita così? Era questo che volevo? Che possibilità di successo professionale avrei avuto? Avrei dovuto restare in provincia o tornare in un grosso studio di città, dove avevo studiato?
Il libro mi ha divertito, mi ha fatto riflettere ed alla fine sono rimasta in provincia (non solo per via del libro, ovviamente!) pensando, però, che mai avrei potuto fare la domestica a vita o lavorare sempre in casa.

L’ho trovato in libreria, comprato e riletto pochi mesi fa, con un nano gironzolante per casa, da libera professionista forzata ad orario ridotto (ma davvero libera), senza certezze nel futuro, nella provincia della provincia.
Mi è presa una tremenda nostalgia della vita professionale e sociale della Mamma Avvocato di prima, quella pre-nano, per intenderci.
E, sorridendo e gustandomi il racconto, ho riflettuto di nuovo, con altre esigenze ed altre consapevolezze.
E non so, non è che abbia trovato risposta definitiva alle mie domande (magari!!) ma per ora rimango qui, in questa situazione e, come dice Samantha, sono un’avvocato, non ho mai fallito prima, non comincerò certo adesso.
Ed ora, perdonatemi la divagazione, la trama del libro.

La protagonista, Samantha, è una venitonovenne in carriera, lavora presso uno dei più grandi studi legali di Londra tutto il giorno e buona parte della notte, sempre, tutti i giorni della settimana, tutto l’anno.
“Chiude” transazioni finanziarie importanti, conclude contratti con cifre da capogiro e fattura ore su ore su ore di lavoro.
Ovviamente la sua professione le piace, ovviamente guadagna più di quanto possa spendere, più di quanto sia necessario (ma non è questo che la motiva).
E vuole diventare socia dello studio.
Invece...scappa: da un errore grossolano, da una festa di compleanno che di festa non ha proprio nulla, da una famiglia da cui non c’è neanche bisogno di fuggire, perchè esiste solo per qualche minuto ogni tanto, rigorosamente al telefono.
Scappa così, in tailleur, tacchi e borsetta e si ritrova in aperta campagna, lontana da tutto e tutti, a scoprire cosa significhi fare la domestica, badare ad una casa, cucinare, prendere ordini da qualcuno molto meno intelligente di te anche se di buon cuore ma, soprattutto, scopre di avere tempo:
serata libere, fine settimane liberi, la possibilità di bere un caffè seduta al tavolo, di sfogliare un giornale, fare la spesa e scambiare due chiacchere.
E trova anche qualcuno....è un romanzo allegro, distensivo, la storia d’amore non poteva mancare.
Alla fine si troverà di fronte ad un bivio, perchè nel romanzo non c’è spazio per le sfumature, per le vie di mezze: o prendi o lasci.
Sul piatto della bilancia:
da un lato un lavoro di prestigio, quello che ha sempre sognato, guadagno, soddisfazioni, intelligenza e anni di studio messi a frutto, una città viva e stimolante;
dall’altra, un paesino sperduto, rapporti d’amicizia, un lavoro dipendente non particolarmente stimolante e ripetitivo ma non meno soddisfacente e dignitoso, tempo libero, TEMPO LIBERO.
Cosa deciderà? Il finale non è così scontato e si presta a varie interpretazioni, perciò..non una parola di più.

Intanto però, il tocco ironico del libro vi colpirà perchè essere la regina della casa è un’arte, richiede abilità, pazienza, conoscenza delle regole e creatività (gli esperimenti culinari di Samantha? Se io sono un mezzo disastro in cucina lei è moooooltooo peggio) ma Samantha è una avvocato e ce la farà, con una buona dose di fortuna, un discreto esborso economico, un prezioso aiuto e tanta tanta improvvisazione, perchè: “Non ho mai fallito un colloquio in vita mia. Non comincierò certo adesso”.

P.s. Ma da dove viene questo pregiudizio, secondo cui gestire (BENE, intendo) una casa, sia meno difficile che gestire un’azienda o un ufficio?
Perchè io ancora non me ne capacito!

Questo post partecipa all'iniziativa Venerdì del libro di http://www.homemademamma.com/category/venerdi-del-libro/

giovedì 24 gennaio 2013

20 Buoni motivi per regalare libri ai bambini + 2

Perchè regalare libri ai bambini?

1. Perchè il libro è una esperienza tattile, visiva e olfattiva allo stesso tempo
2. Perchè le parole sono un mezzo potentissimo per comunicare con gli altri e il libro consente di impararne  sempre di nuove e di ampliare il proprio vocabolario
 3. Perchè ciascuno di essi ha un suo odore particolare, una sua consistenza specifica, chelo rende unico e, talvolta, indimenticabile
4. Perchè contiene sempre una sorpresa: se non lo leggi non saprai mai se dentro avresti trovato una storia, una frase, una parola che ti avrebbero colpito e sarebbero diventati parte di un tuo personale bagaglio...e la curiosità è troppo forte!
5. Perchè sono una finestra su altri mondi: quello dell'autore, quello di altri popoli e culture, quello dell'illustratore, quello della fantasia, tua e altrui
6. Perchè, se scelto e regalato con il cuore, più di qualunque altro giocattolo ti mostra quanto chi te lo ha donato ha pensato a te e di svela un pezzettino di lui
7. Perchè ci puoi giocare da solo o con gli amici o con i genitori, senza limiti di età o condizioni.
8. Perchè può trasmetterti molto di più del senso letterale delle parole, molto di più di quello che l'autore voleva dirti, perchè il significato che assume per te sarà sempre unico e diverso di quello che assumerà per gli altri ma se avrai la fortuna di incontrare altri bimbi o altre persone che amano i tuoi stessi libri, avrai trovato la tua anima gemella
9. Perchè ogni volta che lo leggi, ti regalerà emozioni diverse
10. Perchè in rapporto ad altri giochi e divertimenti, il suo costo è ancora contenuto
11.Perchè ogni nuovo libro è un compagno di vita, per un'ora o per l'intera esistenza e non lo saprai finchè non ne vedrai
12. Perchè è sempre lo stesso regalo (un libro) ma è sempre diverso (quel libro)
13. Perchè permette di immaginare, di creare immagini e dialoghi e ambientazioni e caratterizzazioni dei personaggi che siano solo tue e che potrai cambiare a tuo piacimento
14. Perchè i film tratti dai libri non sono mai belli come i libri a cui si ispirano
15. Perchè il libro giusto è una cura efficace contro tristezza, malinconia, noia, ansia, paura ..e non è mai stato segnalato alcun effetto collaterale, tranne la dipendenza
16. Perchè, appunto, da dipendenza come una droga ma non ha mai fatto male a nessuno
17. Perchè non è vero che se leggi troppo ti rovinerai la vista
18. Perchè puoi portarlo con te ovunque e leggerlo in qualsiasi posizione, in auto, in aereo, in barca, nel letto, in cucina, sulla tazza del water, seduto, sdraiato, a testa in giù, appeso in parete, dal medico, in Tribunale, per strada, in treno...
19. Perchè anche se ci giochi (da piccolo) o lo leggi a scuola quando non è il momento, la maestrà si sentirà sempre in colpa a sgridarti o non ti sgriderà affatto (e son soddisfazioni!!!)
20. Perchè puoi riutilizzarlo all'infinito e alla fine si riclica pure (che sia di carta, di plastica o di stoffa)
21. Perchè non serve saper leggere o conoscere la lingua in cui è scritto, per leggerlo e giocarci
22. Perchè arricchisce la vita, senza se e senza ma, sempre e comunque, anche quando non ti è piaciuto!

Ecco, come al solito ho sforato..son fatta così, le regole mi stanno sempre un pò strette!

Questo post partecipa all'iniziativa
Le tue #20buoneragioni per regalare un libro ad un bambino,
qui: http://mammamogliedonna.blogspot.it/2013/01/buone-ragioni-per-regalare-un-libro-ad-un-bambino.html 

mercoledì 23 gennaio 2013

Di bimbi, di lettoni e di lettini

Dopo una serata in compagnia di una coppia di amici con una bimba coetanea del mio, in cui ci siamo confrontati sulla questione lettone o non lettone, ho riflettuto su questo post http://patatofriendly.blogspot.it/2013/01/oggi-ho-bisogno-di-umorismoo-forse-di.html#comment-form e su quelli, più o meno recenti, scritti da altre mamme sull'argomento.
 
I nostri amici ci hanno spiegato di non riuscire a far dormire la loro bimba nel suo lettino, anche se posto nella stanza dei genitori, perchè si addormenta solo nel lettone dopo la poppata al seno della sera, abitudine che mamma e piccola hanno sin dalla nascita e mantegono ancora.
Se la spostano una volta addormentata, si sveglia e piange.
Nessuno dei due era contento di questa situazione, che compromette la serenità del loro sonno, ma la mia amica non si sente ancora pronta ad affrontare il "problema".
Di fronte a queste confidenze e quelle di altre amiche alle prese con frequenti risvegli notturni e/o con la difficoltà a far dormire i bambini nel loro lettino, io mi sento contemporaneamente fortunata, orgogliosa e vergognosa.
Fortunata perchè sono una di quelle (forse poche) mamme (ssshh...non ditelo a nessuno, se no mi attiro la sfiga!!!) felicemente dotata di un nano che dai due mesi dormiva quasi ininterrottamente tutta la notte, e nel suo lettino.
Orgogliosa perchè per riuscire a far dormire il nano nel suo lettino e nella sua stanza praticamente da subito, io e l'Alpmarito abbiamo dovuto affrontare non pochi sforzi:
Non che non ci siano notti insonni, ma per ora (e incrocio le dita) sono eccezioni, non la regola.
Come abbiamo fatto? Siamo stati "cattivissimi".
Passati i primi due mesi, in cui il nano passava tutta o gran parte della notte nel lettone, per poterlo allattare a richiesta (e chiedeva sempre) o si addormentava sulla pancia del papà in preda a terribile coliche, abbiamo deciso di applicare, liberamente, il metodo descritto in questo libro, gentilmente imprestatomi da mia madre: "Come insegnare ai bambini a dormire tutta la notte", di Charles E. Schaefer e Michaele R. Petronko, edizione del 1989 (ebbene sì, non è cambiato nulla!).
Mettevamo il nano ancora sveglio nel suo lettino, nella sua stanzetta (aperta) con carillon e magari lettura di una favola (che non guasta mai) e poi ci allontanavamo spegnendo la luce.
Se piangeva, anadavamo a turno a controllare che stesse bene, a fargli due coccole, a volte prendendolo in braccio due minuti ma più spesso no, in modo da non farlo sentire solo e abbandonato e andando via di nuovo.
Una notte ha pianto ad intermittenza per ore (due-tre? Di notte i minuti sembrano ore, figurarsi le ore!): straziante e distruttivo.
Inutile dire che, in primi giorni, la mattina eravamo due stracci, piegati dalla stanchezza e pieni di sensi di colpa (o almeno io, l'Alpmarito non ne sono così sicura), ma HA FUNZIONATO!
In una settimana (con un paio di cedimenti per stanchezza che ci hanno costretti, la notte dopo, a ricominciare da capo, anzi peggio), l'operazione è riuscita.
Il ciuccio (abbiamo dovuto forzarlo per farglielo tenere in bocca, ma considerando che è anche raccomandato per diminuire il rischio di morte in culla ed è praticamente indispensabile con le coliche, abbiamo insistito) e il passaggio all'allattamento misto, diventato dopo i tre mesi esclusivamente artificiale, ci hanno aiutato.
Prima la pancia del nano non era mai sufficientemente piena, con il bibe, la storia è cambiata e sono passate anche le coliche (lo so che il latte materno è meglio, ma questa è un'altra storia).
Non dico che sia stato facile, anzi, resistere al pianto disperato del mio bimbo, peraltro in pieno baby blues o malinconia post parto che fosse, è stato veramente faticoso, mi sentivo male dentro.
Però con lui nel lettone non riuscivamo proprio a dormire (e non ci riusciamo adesso, quando è malato e vuole restare con noi, il che accade di rado).
A parte lo spazio e la straordinaria capacità del nano di contorcersi nel letto e mettersi in posizione che nenache un artista circense, io ero letteralmente terrorizzata all'idea di schiacciarlo o che soffocasse con il piumino o che avesse troppo caldo in mezzo a noi e questo potesse costituire un rischio per la morte in culla...mi svegliavo continuamente con l'ansia, gelando perchè il piumino era sempre in basso per non coprire il nano, dormivo con gli incubi.

Ora mettiamo il nano nel lettino, gli leggiamo una storia o due e spegniamo la luce e lui, due volte su tre si addormenta tranquillo (dopo aver chiesto lui stesso di fare "nanna"), l'altra rugna un pò ma passa in fretta, magari canticchia o si aziona da solo il carillon e poi si addormenta.
Perchè provo anche un pò di vergogna, allora? Perchè io ho comunque sempre e costantemente sonno e, anche quando il nano dorme dalle 9 di sera alle sette del mattino ininterrottamente,
non mi basta mai!
E sì, perchè qui la fortuna a cui accennavo prima si compensa con la sfiga di essere una di quelle persone (so che ne esistono altri esemplari, datemi un segno) che per essere al 100% dovrebbe dormire 10 ore per notte, che con 9 sopravvive bene ma con 8...accumula stanchezza e nervosismo a gogò!

E ora non venitemi a dire che la vera crisi "del lettone" e l'ansia da separazione non sono ancora arrivate e fra qualche mese o anno sarà mooolto peggio perchè magari è così ma, al momento, preferisco dormire beata!

Serata in parete (artificiale)

Ieri sera, nonostante la stanchezza e il freddo, l'Alpmarito ed io, nano muniti, abbiamo deciso di farci del male e quindi, dopo una cena frettolosa e la faticosa vestizione nostra e del nano, siamo andati in palestra a Q.
Qui:

  Inutile aggiungere che chi si è divertito di più è stato proprio il nano, alle prese con le prese



mentre io penavo su circuiti che nel pre-gravidanza avrei fatto ad occhi chiusi senza troppo sforzo..


E niente, mi sono sentita pesante, rigida come un baccalà ed incapace però...
però la scalata,
anche in una palestra gelida,
anche correndo dietro al nano,
anche sapendo che a casa ti aspettano, ancora, riordino, doccia, bagnetto, impigiamata
anche sapendo che probabilmente il giorno dopo la pagherai,
....però la scalata
vale sempre la fatica fisica e mentale che richiede.
Tutte le foto sono di proprietà di Mamma Avvocato - è vietata qualunque forma di riproduzione o utilizzo








lunedì 21 gennaio 2013

Capricci.. noi, almeno, ci proviamo



Fino a qualche giorno fa, forse grazie alla sua tenera età, il nano non si era mai prodotto in veri e propri "capricci".
Ora però, complice anche uno stato di malessere diffuso dovuto a influenza e raffreddore e la scoperta dei "bon bon", io e l'Alpmarito (così soprannominato da ieri) assistiamo, per fortuna ancora raramente, a vere e proprie sceneggiate per futili motivi.

Il nano inzia a piangere ad un tono via via crescente (stile sirena), si getta a terra rotolandosi e battendo mani e piedi oppure, variazione sul tema, si avvicina al muro o ad un armadio, in piedi ci dà la schiena e, piangendo, batte i piedi.

La prima volta, ci siamo precipitati da lui, prendendolo in braccio, mentre si dimenava arrabbiato, per verificare che stesse bene, toccandogli il pancino, controllando il viso e le gengive (saranno i denti?, avrà battutto la testa, le gambe, le mani??), offrendo ciuccio, consolazione e paroline dolci, ovviamente senza esito.
Allora abbiamo provato a lasciarlo dove era e aspettare: il nano piangente, ogni tanto voltava la testa con nocuranza per controllare che lo stessimo osservando.
In caso di risposta positiva, continuava a volume più alto; se no, si interrompeva, sembrava calmarsi e poi, riottenuta la nostra attenzione, ricominciava.

Ok, ci siamo detti, sono ufficialmente "capricci".

Abbiamo lasciato che si sfogasse e si calmasse da sè (15 minuti tutti, ha costanza, non c'è dubbio), per poi proseguire nelle normali attività con qualche coccola (perchè sapesse che gli vogliamo bene comunque), e così tutte le volte successive.
Non sappiamo ancora se la tecnica adottata produrrà i risultati sperati, nè se saremo in grado di tenergli testa anche in pubblico, perchè per ora le scenate sono avvenute soltanto tra le mura domestiche.
Io personalmente, anche prima di diventare madre, pur provando un innegabile fastidio di fronte alle manifestazioni di capriccio di bimbi al supermercato, al ristorante, per strada, nei negozi, ecc., ho sempre ammirato in silenzio i genitori che non cedevano e provato pena per quelli che invece, presi dalla stanchezza o dalla vergogna, lo facevano.
Un piccolo sacrificio di sopportazione pensando agli adulti di domani.

In ogni caso, io e l'Alpmarito (che quando decide una cosa, è quella e basta) tenteremo di proseguire su questa strada della "resistenza passiva", senza agitarci o arrabbiarci a nostra volta ma spiegandogli (una volta o due, non dieci) la motivazione del nostro no, sperando di conseguire presto l'obiettivo di fargli comprendere l'inutilità del suo comportamento e scongiurare nuove scenate.
- lo scrivo qui, così da ricordarlo in momenti di sconforto!-

Perchè se è vero, come ho letto su riviste ed autorevoli saggi, che i capricci sono anche il modo in cui il bambino tenta di affermare la sua identità, vorremmo che comprendesse che i limiti che noi genitori gli poniamo non sono negoziabili, almeno non ora che non è in grado di comprenderne il motivo.

Credo che a lungo termine sia utile e rassicurante, per il nano, sapere che mamma e papà sanno dirgli di no e contenere la sua frustrazione e la sua rabbia, e inoltre che ciò possa costituire un buon punto di partenza per l'autorevolezza che, già immagino, dovremo dimostrare in futuro.
All'adolescenza o pre adolescenza, penseremo quando ci arriveremo!

Intanto però, un dubbio rimane.
Dove avrà imparato a fare la sceneggiata? E' un sapere innato di tutti i bimbi, lo ha visto all'asilo o è un suo tratto caratteriale? Speriamo solo non l'ultima ipotesi!

Questo post partecipa al blog think di donna moderna, E tu cosa fai di fronte ai capricci?.

venerdì 18 gennaio 2013

Venerdì del libro

Premesso che non sono avvezza a recensioni, oggi vorrei provare a cimentarmi anche io nell'iniziativa di http://www.homemademamma.com/

"La soavissima discordia dell'amore" di Stefania Bertola.


Si tratta di un romanzo "leggero" e divertente, di quelli che si leggono con piacere quando si è stanche e si vuole "staccare" o si ha bisogno di ridere in cuor proprio per risollevare l'umore.
Protagonisti sono gli attori di un teatro amatoriale, il Tesk, con le loro vicende di vita familiare e amorosa.
Se li descrivessi, dovrei svelare anche il finale delle loro storie e rovineri la lettura a voi, quindi vi basti sapere che si parla di matrimoni non voluti, sogni professionali, determinazione e ostinazione, gesti impulsivi e furibonde litigate e, naturalmente, amori "strani" tra opposti ,che si attraggono proprio perchè opposti, e amori che si completano.
Esilerante e fin troppo vero l'atteggiamento di Gianna e Ornella, madri disposte a tutte pur di celebrare nozze che "non si hanno da fare".
Appassionanti gli scontri verbali tra Agnese e Rocco.
Stupefacente la figura di Elsa, governante tutta improbabili proverbi, ma assai poco old style.
Divertentissimo il marito medico di Emilia, troppo infedele per stere sposato e troppo fedele per separarsi.
Ironico lo psicologo che scopre di poter guadagnare (e divertirsi) di più facendosi chiamare  "psicopata".
Simpatici i genitori di Agnese, cubani d'adozione.

Si ride anche solo leggendo gli improbabili nomi dei protagonisti!

Il carattere di ogni personaggio è esagerato, così come le vicende, un pò surreali, ma sempre sul filo della verosimiglianza e ciò rende il tutto più intrigante.
E poi, come tutti i romanzi della Bertola, è ambientato a Torino, città a me cara.
Per concludere, una piccola citazione:
 "Spesso nella vita delle donne avviene questo fatto interessante, e cioè che appena una comincia a stare meglio dopo un periodaccio, a una sua amica succede qualcosa per cui è lei a stare peggio, e il circolo delle consolazioni non si interrompe bensì cambia semplicemente senso, da orario ad antiorario o viceversa."


Buona lettura!

giovedì 17 gennaio 2013

Di film e di pensieri..

avevo in mente un post sui nonni o qualcosa di leggero e divertente, per dimenticare il nostro essere una famiglia influenzata, invece..

invece ieri sera ho visto un programma su MTV dal titolo "16 anni e incinta", in cui la protagonista, sedicenne e incinta, appunto, dopo dubbi, rimorsi e ripensamenti e dopo aver tenuto con se la sua bambina per il primo mese di vita, decide definitivamente di darla in adozione ad una coppia, rassicurata dal fatto che si tratta dei suoi zii, con cui ha un bel rapporto, nonostante vivano dall'altra parte dello Stato.

Non so se sia davvero una storia vissuta o no, se i protagonisti fossero attori o no, comunque il rpogramma mi ha colpito molto, sotto molti punti di vista.

In primo luogo, mi ha colpito l'enorme differenza tra i genitori americani e i genitori italiani, almeno per come emergeva dal programma e per l'idea dei genitori americani che mi sono fatta leggendo libri e vedendo film: la madre della ragazza (il padre non c'era) la sprona a decidere autonomamente, ponendole tanti interrogativi "scomodi" e problemi e soluzioni pratiche. Non le mette fretta e non dava giudizi ma la pone di fronte alle sue responsabilità. Da un lato le offre appoggio, un tetto per la nipote, aiuto materiale; dall'altro, con molto pragmatismo le ricorda che lei ha già cresciuto e mantenuto le sue figlie e continua a farlo e che si aspetta che l'adolescente faccia lo stesso, frequentando il college e lavorando in contemporanea, se vuole tenere la bimba, nonchè aiutando nei lavori domestici.
Contemporaneamente le assicura che, se farà tutto il possibile, lei colmerà le esigenze economiche rimanenti e le starà vicino il più possibile.
Alla fine la ragazza, che sognava di fare la giornalista a New York, sceglie l'adozione e parte per un college in città, lontano da casa.
Ecco: pur sperando di non trovarmi mai nella stessa situazione, io mi auguro un domani, di saper essere una madre così per il mio nano.
Mi chiedo però, se sarei capace di mandarlo a studiare e vivere così lontano a 16 anni.
Forse in relatà tanta precoce autonomia è uno svantaggio, forse a quei ragazzi mancheranno sempre radici ed un'idea solida di famiglia. Forse no. 
Nei film gli americani si spostano rapidamente e frequentemente da una città all'altra, da uno stato all'altro, anche molto giovani e lasciano senza rimpianti case e amicizie.
Ecco, non so se sia la realtà, ma fa riflettere.
Perchè io da una parte vorrei sapere essere un pò meno radicata, un pò più "coraggiosa", sentirmi meno pesantemente trattenuta qui. 
Dall'altra però, so che non sarei mai felice vivendo così, senza "metter radici" a lungo e senza la mia famiglia a portata di viaggio in auto (non dico dietro casa, eh?).


E poi c'è la scelta dell'adozione. 
La ragazza del programma riflette sul fatto che gli zii/genitori adottivi hanno la maturità, l'esperienza, la capacità economica di crescere la bambina meglio di lei, che potranno offrirle più opportunità e mandarla all'università. Lei invece, non può garantire nulla, nè per sè nè per la piccola.
Ebbene, pur credendo fermamente nel valore dell'istruzione e  della cultura, pur sapendo che i soldi non sono tutto ma aiutano e pur pensando che sedici anni sono pochini per diventare madre, vedendo il programma ho pensato che niente e nessuno può garantire nulla: le situazioni economiche e lavorative possono cambiare, la salute può peggiorare improvvisamente, i luoghi e le case possono essere distrutti (le calamità naturali ce lo ricordano periodicamente), i familiari, prutroppo, si possono perdere, un titolo di studio può servire oggi e domani non più..persino i sentimenti possono cambiare, ma l'amore di una madre e la voglia di dare il meglio per ed ai suoi figli, credo che raramente possa venire meno.
E la cosa più sorprendente è che, prima della nascita del nano, mi sarei fermata al ragionamento della ragazza.
Sono cambiata, è ufficiale.

Anche perchè alla fine del programma piangevo come una fontana, sotto gli occhi stupefatti del marito.

Oggi, prese un paio di ore di pausa dal lavoro e sotto aspirina, mi sono vista "Ricatto d'amore", una commedia romantica con Sandra Bullok e un attore molto intrigante (Ryan Reynolds, chissà se ha girato altri film!) e...ho pianto ancora, ma stavolta dal ridere e senza ritegno: ok, è ufficiale, non sono cambiata così tanto!

p.s. Ma com'è che il nano si ammala spesso ma guarisce in 48 ore e noi, io ed il marito, che in teoria di anticorpi dovremmo averne mooooolti di più, rimaniamo ko per una settimana (pur lavorando quasi sempre, si intende)? Capita anche a voi?