martedì 15 ottobre 2013

Cambiare prospettiva, almeno per un giorno.

A volte mi chiedo se sia vero che non abbiamo mai abbastanza tempo per fare tutto: lavoro, figli, casa, sport, hobby, amici, parenti.

Certo, giornate da 48 ore aiuterebbero, però forse basterebbe meno.

Basterebbe accorgersi che non è vero che DOBBIAMO fare questo o quest'altro, ma che SCEGLIAMO, più o meno consapevolmente, più o meno razionalmente, più o meno sotto minaccia (di catastrofi familiari, crisi economiche, ricatti emotivi ecc.) di fare ciò che facciamo.

Non vale sempre in assoluto, certo, ma il più delle volte, siamo noi a scegliere, a stabilire una scala di priorità, che potrebbe essere rivista, modificata, adattata.Sta a noi decidere.

Perché non è vero che non ho tempo per leggere, la sera, e' vero semmai che ci sono giorni in cui preferisco dormire.

Non è vero che non posso finire quell'atto urgente, e ' vero però a volte che preferisco rimandare all'ultimo e giocare con mio figlio quella mezz'ora.

Preferisco mangiare un panino che passare un'ora a cucinare (questo sempre, anche se poi adoro mangiare piatti casalinghi), leggere che guardare il Tg (sempre di nuovo) ecc.

Le ore non crescono sugli alberi, purtroppo, però formulare i propri pensieri usando il verbo "scelgo" o " voglio", anziché "devo", aiuta.

A volte.

Per un giorno o un minuto soltanto.

Comunque, un minuto di serenità e leggerezza guadagnato.

 

giovedì 10 ottobre 2013

Latito, ma solo in apparenza

Sono ancora qui, viva e davanti al computer, anche se latito dai blog, il mio, dove vorrei scrivere riflessioni e pensieri che sfuggono appena formulati, e quelli delle altre /degli altri, che leggo ancora ma che ultimamente sto commentando poco.

Chiedo scusa.

Lavorativamente parlando, è un periodo impegnativo, di scadenze, di urgenze, di modifiche legislative che destabilizzano, a cui si aggiungono problemi di hardware e software.
Perchè ormai anche la professione richiede tecnologia e non è affatto un miglioramento, nonostante quello che il governo e gli informatici vogliono farci credere.
La qualità del lavoro e il tempo perso aumentano, anzichè diminuire.

E poi, naturalmente, c'è la progettazione della ristrutturazione della casa, che cerco di delegare all'Alpmarito ma di cui, bene o male, un minimo mi devo interessare anche io.
Non è che non me ne freghi nulla, anzi, è che, dipendesse da me, per ogni soluzione rifletterei mesi interi.
Ovviamente non si può.

E il nano. Con lavaggi nasali a gogò, sciroppi lenitivi e capricci sistematici al mattino ed alla sera.
La pediatra, da cui lo portato martedì sera, da un lato suggerisce "cambi di molecole" (= cambio di medicine, tanto per spendere un pò e riempire la casa di tubetti e fialette mezze vuote), dall'altra assicura che non ci sono "rumori patologici", che è solo un brutto raffreddore "grasso", che probabilmente lo accompagnerà di nuovo per tutto l'inverno, quindi "non c'è da preoccuparsi" e "non c'è bisogno che lo porti di nuovo", però "se non passa, fra un pò lo riporti": chiarissimo, lampante.
Così, se quando mi ha dato l'appuntamento (che tanto non serve a nulla perchè aspetti un'ora lo stesso) mi sono sentita una mamma ansiosa, uscita dallo studio medico ero diventata una "mamma ansiosa e scema".
 E poi.
All'asilo pare che il nano sia un bimbo vivace ma molto obbediente e autonomo.
A casa, l'obbedienza è un accessorio e la voglia di fare tutto "io da solo!" provoca non pochi disastri, senza che possa neppure cercare di arginarla, perchè so che è un bene che voglia crescere ed essere capace di fare da sè.

E c'è la ricerca di un lavoro per l'Alpmarito, non facile di questi tempi, soprattutto non volendo emigrare all'estero o in città lontane.
E c'è la mia mamma, che soffre e non so come aiutare, e la mia nonnina, che fa da parafulmine con la sua salute già non proprio di ferro.
E ci sono io, che vorrei riuscire a frequentare la piscina almeno una volta alla settimana, non dico per sentirmi in forma, che ce ne passa, ma per sfogarmi un pò.
Niente, non ci riesco.

Tutto nella norma, insomma.
Il solito autunno.

Di nuovo c'è che il nano, intanto, cresce ed è sempre più bello, con il suo cappellino di lana bianco e azzurro da cui spuntano i ricciolini biondissimi e le scarpe da ginnastica nuove (regalo di "nonna bissi", come dice lui  = nonna bis) che fa ammirare a tutti e che mi ha chiesto di fotografare, mettendosi in posa, in piedi con le gambine incrociate ed un sorrisone felice.
Il nano, che non smette mai di chiaccherare, che usa parole come "decollo" e "atterraggio" quando gioca con gli elicotteri, che chiama il pasto "pranzo" e "cena" correttamente ma vorrebbe sempre solo pasta e riso, la sua "pappa" per eccellenza.
Che ieri non ricordava il nome "zucchine" ed allora mi ha chiesto "la verdura", però poi ogni tanto chiama la mela pera.
Che si diverte a fingere di andare con il cavalcabile o il tricilo in stazione  a Torino "all'univettità" come  lo zio o ad Aosta come la mamma o a Roma (??), costruisce autorimesse per le sue macchinine perchè "fuoi piobe" , canticchia e ci sgrida ("bibba!") quando ci scappa una parolaccia.
Che corre o saltella o vuole stare in braccio, ma camminare normalmente mai.
Il nano, a cui stanno venendo tanti piccoli "rasta", perchè non riesco mai a pettinargli per bene i ricciolini:  urla e piange e io, che ricordo il male che pativo da bambina con i capelli lunghi, non ho cuore di insistere.
E poi abbiamo ricominciato il corso di acquaticità (sabato pomeriggio) e lui, dopo un momento di smarrimento, si è tuffato in acqua a braccia aperte, fiducioso e allegro, per un'ora intera, giocando al trenino con la barra galleggiante (non so come si chiami) e rifiutando categoricamente l'uso del salvagente.
Una gioia per gli occhi e per il cuore.



venerdì 4 ottobre 2013

A che gioco giochiamo?

Questa settimana avrei voluto scrivere del saggio di Loredana Lipperini, Di mamme c'è n'è più d'una, che ho letteralmente divorato, ma non ci sono riuscita.
Troppe impressioni e riflessioni che hanno bisogno di sedimentare e pochissimo tempo a disposizione in questi giorni impegnativi, sotto molti punti di vista.
Quindi, vi parlo del romanzo che ho letto tra la Lipperini ed un'altra saggio (ancora sul mio comodino).

"A che gioco giochiamo?"  di Madeleine Wickham, alias Sophie Kinsella




 Dalla Kinsella ti aspetti un libro leggero, ben scritto ma di evasione ed era per questo che lo aveva scelto tra due letture più impegnative.
E invece questo breve romanzo (250 pagine circa) mi ha stupito.
Si ritrovano i personaggi, femminili ma anche maschili, per una volta, dalla personalità esagerata e un po' irreale che, secondo me, caratterizzano tutti i libri dell'autrice ma, come ne La regina della casa, colei che più sembra frivola e volgare alla fine dimostra una personalità sfaccettata e non priva di senso morale.
Perché il romanzo e' tutto incentrato sugli inganni dell'apparenza, sull'invidia sociale, sulla percezione che i personaggi hanno della loro vita e del loro status e come, invece, li vedono amici e familiari.
Ed alla fine, vince l'amore sincero, la vita familiare e professionale non perfetta (e quale e' davvero tale?) che però si regge su sentimenti autentici, al di la' della grandezza della casa, del numero di
camere degli ospiti, delle marche occhieggianti dai guardaroba, dei modelli di auto e della forma fisica.
I protagonisti, tre coppie di coniugi "amici", più una coppia formata da padre e figlia, si incontrano per un weekend di tennis nella casa di Patrik e Caroline.
Tra recite organizzate dai figli, partite a tennis, aperitivi e barbecue, ospiti e padroni di casa parlano e si fanno battute, non sempre felici di essere insieme.
Ed alla fine gli equilibri si rompono e ciascuno si svela per ciò che è, inaspettatamente, scoprendo che l'apparenza, certe volte, inganna e l'erba del vicino e' sempre più bella, ma solo fino a che non ti ci sei seduto sopra.

Un libro non impegnativo ma ben riuscito, scritto bene, non eccellente ma neppure banale. Non correrei a comprarlo in libreria ma, se ne avete l'opportunità, leggetelo e riflettete.
Ne uscirete un po' più contente della vostra vita e dei vostri amici!
Questo post partecipa all'iniziativa del Venerdì del libro di HomeMadeMamma
(http://www.homemademamma.com/2013/10/04/venerdi-del-libro-open/ che ringrazio una volta di più per questa bellissima idea.

venerdì 27 settembre 2013

Ne parliamo a cena

Ne parliamo a cena, di Stefania Bertola
I giovedì sera, con cadenza caoticamente periodica, Costanza, amante da sedici anni in attesa, e le sue cugine, Veronica, quattro figli +1, un marito fin troppo perfetto ed un ménage familiare invidiabile, Sofia, una figlia che fa di tutto tranne studiare, una separazione in corso e gusti un po' retro', Bibi, che non è fatta per essere continuativamente materna e preferisce lasciare ogni tanto ai suoi gemelli un forte influsso periodico, girando il mondo vestita di cashmire da capo a piedi e Irene, un figlio, un quasi ex marito e due uomini che alterna con nonchalance ma poco entusiasmo, si trovano a cena per sviscerare, a turno, la vita di ciascuna di loro, confrontando drammi, dispensando consigli inutili, condividendo gioie e pensieri.
Il tutto allietate da piatti dai nomi improbabili, frutto delle ricette di famiglia e delle sapienti mani delle zie.
Nel frattempo, la vita delle cugine prosegue, nella Torino moderna, in un negozio di Carta e Cuci, cartoleria-merceria paradiso delle donne che non hanno tempo ma il poco che hanno adorano perderlo che gestiscono insieme Sofia, Costanza e la loro amica Carolina, allegramente zitella, per scelta e vocazione.
Tra improbabili appostamenti al buio, ex mariti agguerriti, amanti incostanti e recidivi, fidanzati non desiderati, tutti dai nomi sabaudi e dai caratteri originali, ristoranti rosa a nuvolette, case di Barbie, cassettoni rossi e case contese, si svolgono le avventure quotidiane di queste eroine dei nostri giorni.
Un romanzo leggero, che forse si dimentica in fretta, ma frizzante, scorrevole, ironico e mai banale.
Insomma, una perfetta lettura di evasione, femminile senza essere melensa e divertente quanto basta!
Ecco il mio suggerimento della settimana per partecipare al Venerdì del Libro di Home Made Mamma, www.homemademamma.com

giovedì 26 settembre 2013

Senza papà


Ora che la parentesi di lavoro in trasferta all'estero dell'Alpmarito si è conclusa e le impressioni del periodo si sono un pò sedimentate, posso dirlo: è stata un'esperienza formativa.
Dura, certo, ma formativa.

Ho capito quanto avevo finito per contare su di lui per molte decisioni e aspetti della vita quotidiana.
Ho capito che, nonostante la fatica, gli impegni ed il nano, nonostante la mancanza di lui e le mie insicurezze, sono ancora una persona completa che sa bastare a se stessa, che sa badare a se stessa.

Ho capito che non ho bisogno di lui per essere felice o anche solo per arrivare intera a fine giornata, ma ho più che mai voglia di stare con lui e di condividere le mie giornate con lui.

Perchè mi completa, mi aiuta e mi supporta, anche se nei miei sogni mi lascia sempre nei guai (sarà
una paura inconscia o una spia di malessere??E' da anni che me lo chiedo e ci scherziamo).

Ho scoperto che il mio rapporto con il nano può essere ancora appagante ed esclusivo, nonostante sia cresciuto, ma preferisco che non sia così per troppo tempo.

Ho visto con i miei occhi quanto il nano voglia bene al suo papà e quanto ne sentisse la mancanza e ho avuto la conferma che i passi indietro che mi sono costretta sian dalla sua nascita a fare per lasciare loro degli spazi quotidiani di gioco, attitivà, tenerezza, momenti di vita pratica, hanno lasciato un segno più che positivo.
Perchè a volte siamo noi mamme a non voler delegare, a voler custodire gelosamente, anche con un pò di masochismo, il nostro essere madri affannate e indispensabili, a non voler "mollare" il timone.

Ho potuto apprezzare quanto il nano fosse più forte e capace di gestire la ontananza, il cambiamento di abitudini e le sue emozioni (che pure emergevano), di quanto avrei mai immaginato.
Ho visto che è sicuro del nostro amore e del suo papà e questo è bellissimo e mi dice che non stiamo sbagliando nelle scelte fondamentali.
Abbiamo capito, tra l'altro, che un papà part time (da lunedì a venerdì in altra sede e rientrante solo il sabato e domenica), anche se è una scelta (volontaria o non troppo) di molte famiglie, anche se potrebbe diventare una scelta obbligata anche per noi, non sarebbe il bene per la nostra famiglia.
Dunque, per il momento, tentiamo ancora altre strade.

E poi...ho dovuto ammettere, con un pò di genuino stupore, quanto fosse importante e "corposo" il contributo dell'Alpmarito alle faccende domestiche ed alla gestione pratica del nano.
Non che non lo sapessi, non che questo elimi il fatto che il spesso devo chiedere per ottenere aiuto ma è innegabile che, vivere per un pò di tempo senza di lui, mi abbia fatto capire quanto mi supportasse davvero quando c'era.

Non significa che smetterò di lamentarmi, sia chiaro, però è una consapevolezza che mi porto nel cuore e di cui, d'ora in poi, cercherò di tenere conto!
Perchè un grazie ed un sorriso in più, a volte, possono fare la differenza.

lunedì 23 settembre 2013

Igiene e cura di sè...in versione sportiva!

Quella di ieri è stata una giornata intensa, stancante ma molto emozionante. L'Alpmarito ed io abbiamo portato ad arrampicare due dei nostro nipotini e due cuginette, oltre al nano, naturalmente (il quale, a dire il vero, ha apprezzato di più la compagnia, il grande prato in cui ha corso e giocato a palla e la sabbia del campo da beach-volley, ma per ora va benissimo così!).
L'entusiasmo dei bambini, la loro curiosità nel capire come e perchè ci si doveva legare, nell'ascoltare i consigli sui movimenti più opportuni e sulle prese migliori, la loro attenzione nel controllare di aver indossato il caschetto, la loro felicità nel riuscire, la loro determinazione, il gioco del confronto, la voglia di salire ancora e ancora, che cresceva di pari passo con la nostra stanchezza, ci hanno ripagato da tutto il tempo e l'attenzione dedicati a loro e, naturalmente, dalla fatica (fisica e mentale!).
Questo è quello che noi crediamo sia insegnare al nano (ma non solo) ad aver cura di sè.
Cura del proprio corpo, inteso non tanto nella sua estetica, soprattutto per un bambino, quanto nella sua funzionalità e potenzialità espressiva, nella sua "fisicità".
E della propria mente, perchè nulla è più vero, secondo noi, dell'antico detto "mens sana in corpore sano".
Mi permetto di parlare al plurale perchè so che questa è una delle convinzioni che io e l'Alpmarito condividiamo: lo sport, il movimento, il gioco fisico come palestra di vita e "cura" per il corpo e la mente.
Non solo. Come espressione di sè, momento di formazione e crescita della propria personalità e del proprio carattere.
Perchè prendersi cura di sè vuol dire anche confrontarsi con il propri limiti mentali e fisici, sforzarsi di superarli, spingersi al miglioramento.
Comprendere che la pazienza e la tenacia danno sempre risultati, avere coraggio, lottare per divertirsi e amare il nostro corpo non per come appare ma per ciò che ci permette di fare, per la gioia che ci consente di trarre dal movimento, che si esplichi in una passeggiata, in una corsa, in una scalata, in una nuotata, nel giocare a pallone e così via.
E poi prendersi cura di sè significa anche dedicare del tempo a ciò che ci rende felici e a trasmettere questa felicità, o almeno provarci, a chi amiamo.
E' questo che cerchiamo di insegnare al nano, ovviamente con l'esempio, perchè in questo campo le parole possono poco.
E l'igiene, cosa c'entra,starete pensando?
Ecco, in fondo il termine "igiene" (di origine greca), significa proprio "sano, salutare, curativo".
Cosa c'è di più igienico dello sport e del movimento, per cui, in fondo, siamo tutti dotati?
Quanto alle pratiche di prevenzione delle malattie, cui l'igiene rimanda, devo dire che i comportamenti che adottiamo con il nano sono gli stessi che adottavamo prima di diventare genitori ORA.
Specifico ora perchè, quando il nano era piccolino, mi sono ritrovata a sterilizzare a ciclo continuo biberon (rigorosamente di vetro, perchè delle reazioni di certe plastiche al calore non c'è da fidarsi), tettarelle (rigorosamente in silicone, che non si deforma con il calore, a differenza del caucciù) e ciucci (anch'essi di silicone), facendoli bollire in un grande pentolone d'acqua calda per dieci minuti ogni volta.
Per il resto, però, devo dire che ho usato additivi o disinfettanti per la lavatrice per un periodo molto limitato, convinta dall'Alpmarito e dall'osservazione pratica della realtà, della loro inutilità, e ho lavato casa quasi come prima (cucina a parte, che era ed è sempre un disastro e quindi necessità di più cura) e non ho mai lavato a 90 gradi vestiti o accessori.
Il primo vero bagnetto, poi, glielo abbimo fatto a due mesi di vita, per timore di indebolire la sua fragile pelle (e su consiglio della pediatra) e anche oggi, ci limitiamo a quando è necessario (tipo d'estate se suda molto o quando gioca con terra, sabbia & co, il che avviene spesso).
Quanto il nano ha imparato a spostarsi e ad afferare gli oggetti, poi, confesso di aver smesso di sterilizzare: impossibile stargli dietro!!!
Ciò che mi ha sempre infastidito era ed è soltanto vedere amici, conoscenti o parenti che toccano il mio nano senza che avere le mani pulite...grrrr.
Lavarsi le mani, questo sì che lo facciamo spesso e a lungo e insistiamo tanto con il nano: libero di sporcarsi ma poi obbligato a lavarsi manine, faccino ed all'occorenza piedini!
La mia fissa: i vestiti macchiati..non li sopporto, nè addosso a lui nè a me, lo cambio e basta (sforzandomi di non drigli che non deve sporcarsi e non lamentarmi, anche se ogni tanto mi scappa qualche sospiro di troppo), anche se dopo mezza giornata siamo a punto e capo!
Questo post partecipa al tema del mese del Blogstorming di Genitori Crescono: "Igiene e cura di sè", http://genitoricrescono.com/tema-mese-igiene-cura/
http://genitoricrescono.com/blogstorming/cosa-e-il-blogstorming

giovedì 19 settembre 2013

Capricciosa routine

Casa tra le montagne.
Ore 06.00: suona la sveglia dell'Alpmarito, che si alza, si veste e scappa via.
Ore 06.30/06.45, dipende dai giorni: suona la mia sveglia.
Mi alzo, faccio i miei addominali, scaldo il mio bicchiere d'acqua e metto su la caffettiera, già pronta dalla mattina prima.
Faccende di casa varie.
Ore 07.00/07.15: si sveglia il nano.
Io: "Nano, buongiorno!!Hai dormito bene?"
Nano: "No!!"
Io: "Su dai, nano, vieni a fare colazione con la mamma?"
Nano: "NO!!NO VOIO!"
Io: "Beh, io inizio a bere il caffè, quando vuoi vieni eh?"
Nano: "NO!"
MI dirigo in zona cucina (chiamarla stanza è troppo, visto il nostro quasi open space).
Dopo un pò, arriva stropicciandosi gli occhietti.
Io: "Eccoti! Allora, vuoi fare colazione?"
Nano: "NO!!!"
Io:"Preferisci i biscotti, il muffin, il pane al cioccolato o i wafer?"
Nano: "No voio niente"
Io:"Un pò d'acqua, almeno?" (Con il latte ho rinunciato da tempo).
Nano: "NO!!!"
Immancabilmente, mentre io finisco caffè e biscotti, lui decide di sedersi e sbaffarsi un muffin/biscotto/panino (purchè sia l'unica cosa che NON ho messo in tavola).
Io:"Mentre tu mangi vado a vestirmi, nano, ok?"
Nano: "NO!"
Vado comunque e intanto sono le 7.30/7.45 e sono già in ritardo.
Io: "Hai finito? Dobbiamo vestirci e lavarci i dentini"
Nano: "No finito io"
Dopo un pò, tra una faccenda e l'altra: "Su nano, andiamo a vestirci e lavarci"
Nano: "IO NO VOIO"
Io: "Mettiamo questa maglietta e questi pantaloni?"
Nano: "No, io non piace"
Io: "Vuoi scegliere tu, allora?"
Nano: "NO!!"
E via così, fino a che, sfinita, non fingo di andarmene uscendo in balcone e chiudendo la porta.
Pianti disperati e finalmente, se va bene alle 7.45, se va male alle 8.00, è vestito.
Restando scarpe e giacca, infine fatti indossare a forza, dopo altri svariati NO!

Ora mi chiedo: dove c...o sbaglio???!!
Va bene affermare la propria identità però così mi pare un pò troppo, o no???

martedì 17 settembre 2013

Difficili domande, impossibili risposte. O forse no.

Nel fine settimana appena trascorso mi sono trovata a riflettere, con l'Alpmarito, su quanto sia determinante la nostra influenza, in quanto genitori, sul futuro del nano e dei figli in generali.
Ho iniziato a rimuginarci dopo due episodi apparentemente banali.
Uno.
Andiamo in montagna, con l'intenzione di fare una passeggiata tranquilla a mezza costa di un paio d'ore con il nano, biciclettina munito.
Dimentichiamo il casco, nei soliti faticosi preparativi del mattino.
Il nano parte in bici per un sentiero sali-scendi disseminato, ovviamente, di radici di alberi, sassolini ecc.
Io freno, chiedendo di non stare vicino alla riva, di andare piano, di prestare attenzione, "perchè è pericoloso".
L'Alpmarito sbuffa.
Poi si prosegue a bordo strada: il nano sempre sul filo del marciapiede e io già che immagino una caduta con colpo in testa sullo spigolo del marciapiede.
E insisto con le raccomandazioni.
Poi il nano sbanda un pò e, reso insicuro dalle mie parole, in pratica si appoggia a terra, più che cadere, scende dalla bici, si mette a spingerla a mano e mi dici che è troppo pericoloso.
Mi sono sentita uno schifo.
Gli sto facendo venire paure che forse non sono così motivate.
Perchè si può cadere e battere la testa ovunque e mica viaggiamo sempre tutti con il casco.
Ho esagerato, come mi capita spesso quando si tratta di mio figlio.
L'Alpmarito me lo ha fatto notare e mi sono imposta di riflettere di più prima di parlare, di selezionare in anticipo i casi in cui vi è davvero motivo di insistere per la sicurezza e gli altri in cui saremmo comunque disarmati rispetto agli eventi (il casco, però, cercherò di ricordarlo sempre!).

Due.
Un'ora dopo, visita da parente che ci racconta di non essere soddisfatta delle scelte scolastiche e pre-professionali delle sue figlie, ormai maggiorenni. Pensa che stiano accontonando i loro personali talenti e che prendano con leggerezza il cammino scelto. Dice che non si rendono conto che la vita è breve e che quasi mai si fa in tempo a ricominciare o tornare indietro, perchè poi ci si mettono di mezzo tante altre questioni e persone.

Noi, risaliti in auto, pensiamo ad alta voce: quanto si è consapevoli, da ragazzini, quando si sceglie la scuola superiore? Quanto si capisce davvero che aprire una porta significa chiuderne un'altra? E dopo, quando si sceglie (ammesso che si possa) una facoltà universitaria o un mestiere?
Quanto pensiamo di essere liberi e invece di fatto non scegliamo, perchè nella nostra testa "gli altri" hanno già eliminato ogni diversa possibilità?
E quanto influiscono i genitori, in questo? Quanto ne sono consapevoli?
Temo che la risposta sia troppo per la penultima domanda e troppo poco per l'ultima.

Ci ripromettiamo di non in fluenzare eccessivamente i figli, di lasciarli liberi di seguire le loro inclinazioni, di non dare troppi giudizi, di fargli scegliere autonomamente.
E magari ci sembra pure che sia così quando chiediamo loro che sport vogliono praticare e che scuola superiore vogliono frequentare (solo per fermarci alle "grandi" domande).
Eppure, probabilmente, è già tardi: abbiamo già espresso giudizi, con il nostro esempio, con la scelta delle persone da frequentare, con le nostre amicizie, con il nostro stile di vita ecc., e, da piccoli, abbiamo già deciso per loro un'infinità di volte. Volonti o nolenti.

Ed allora, mi chiedo se la casa che abbiamo comprato sia quella giusta, se non a lungo termine almeno per ora. Se l'asilo nido sia quello giusto.
Vivere in un certo luogo NON è indifferente.
Ho avuto amici e compagni che hanno smesso di studiare perchè farsi quasi un'ora di pulmann all'andata e uno al ritorno tutti i giorni, la mattina presto, era troppo.
Che si sono trovati isolati, perchè i loro amici coetani erano restati in paese/città e loro per studiare si erano dovuti spostare.
Per non parlare del'ooferta di sport/corsi/occasioni culturali e sociali che ogni scelta del luogo di residenza comporta.
E sono tutte decisioni che compiamo noi genitori a monte, per i nostri figli.

Vivere in città significa un certo numero di possibilità alternative di frequentazioni e attività.
Vivere in un paese di provincia signofica averne molte meno, forse guadagnando in serenità, rapporti umani e benessere ambientale.
Però dipende da caso a caso.
Decidere di vivere in baita in mezzo alle piste da sci significa sacrifici per figli e genitori, a fronte di un contatto con la natura e una semplicità di vita senza uguali. Forse.
Noi ci abbiamo pensato e ripensato, a dove comprare casa, ma tutto ha un prezzo, ogni soluzione ha svamtaggi e vantaggi e non sappiamo ancora qauli saranno i desideri del nano, quali i suoi bisogni e le sue necessità. Possiamo solo ipotizzarli sulla scorta della nostra esperienza personale, ahimè limitata e soggettiva.

Chi vince, chi perde?

I dubbi rodono, anche se pensi di far bene.
Quando sento di scelte di stili di vita più "estremi", poi, le mie perplessità aumentano.
Bello vivere "tutto naturale", rinunciare a un pò di cose per crearne altre da sè, reciclare, spostarsi a piedi o non spostarsi affatto, rinunciare alla TV ed al PC, essere vegetariani o vegani,trasferirsi in un paese lontano, magari radicalemnte diverso dal nostro, ecc....magari i figli sembrano felici, da piccoli. Crescendo, però, cosa ne penseranno? Siamo così sicuri che non si tratti di una scelta egoistica e che, a sua volta, non sia stata "determinata" dalle decisioni dei nostri genitori.
Non credo.
Forse il segreto, in questo come in tutto, sta nell'equilibrio.
Fosse semplice trovarlo...

Non ho facili risposte perchè non sono facili domande.
Anche questo è essere genitori.

venerdì 13 settembre 2013

Il cacciatore di teste

Un thriller non convenzionale.
E' il primo romanzo che leggo di questo autore, che piace molto all'Alpmarito.
La copertina mi aveva, sino ad ora, tenuta lontana, come pure il titolo.
Invece mi ha catturato e condotto, in breve tempo, alla fine.
E' un thriller, niente di particolarmente impegnativo o profondo, però ben scritto, avvincente e per nulla scontato, con colpo di scena finale e tasselli che vanno al loro posto solo al momento giusto.
In più, la figura del "cacciatore di teste", con una fissazione per l'altezza delle persone, che si racconta e racconta in prima persona, e' molto originale. Come di consueto, mi astengo dal raccontarvi la trama, nel timore di rovinarvi il piacere della lettura.
Non mi hanno convinto solo le figure femminili, troppo "povere" e negative, il ricorso ad un improbabile prodotto di alta tecnologia, che a mio parere risulta troppo forzato, quasi da film americano, ed un errore davvero banale ed evitabile: ad un certo punto l'autore afferma che non esistono tre numeri dispari consecutivi che siano anche primi.
Forse che 1,3,5,7 non sono numeri primi, dispari e consecutivi?! Roba da seconda media!
In definitiva, però, mi sento di consigliarlo, agli amanti del genere e non, perché e' sicuramente diverso dai soliti thriller e si legge piacevolmente e senza sforzo, a ritmo serrato, quasi fosse un film.
Questo post partecipa all'iniziativa Il venerdì del libro di Home Made Mamma. Trovate gli altri partecipanti e tutte le spiegazioni qui: www.homemademamma.com

mercoledì 11 settembre 2013

Spero

Vorrei scrivere un post pieno di leggerezza, di ricordi di posti lontani, di sole che ancora brilla, nonostante l'aria autunnale, del sorriso del mio bambino.

Invece non ho avuto neanche il tempo di aggiornare i post sul Portogallo con l'inserimento delle immagini, dopo 3 settimane dal rientro.
Nè ho ancora ordinato la stampa di quelle foto che giacciono da un anno sull'hardisk, in attesa.
Nè sono riuscita a riprendere una qualche attività sportiva.
E la casa rimane un casino.
Sono tornata senza essere mai andata via, non con la testa.
Sono tornata e sono stata catturata dagli impegni, dal lavoro (ed è anche una fortuna), dalle preoccupazioni.
Per la mia famiglia, qualla d'origine, che si è, in qualche modo, spezzata,
per il nano che ha ricominciato con tosse e raffreddori e lavaggi nasali,
per l'Alpmarito, senza più un lavoro ma con tanti progetti e idee in testa
e preoccupazioni e paure (non vuole mostrarli ma so che ci sono),
per la casa che ci aspetta ma sarà un lungo viaggio,
per il futuro ed il presente,
per gli amici che non riusciamo a vedere, nonostante i nostri sforzi,
che forse dovremmo ammettere che allora non sono poi così tanto amici,
ma fa male,
e per loro, soprattutto.

Guardo il nano, anche se febbricitante, con gli occhi rossi ed il nasino che cola ma comunque sano e felice, e poi penso a lui.
Al nostro "nuovo" cuginetto, arrivato con tanto, troppo anticipo, e già segnato dalla vita, dall'incompetenza o dal senso di onnipontenza di medici e infermieri poco accorti, dalla sfortuna, dall'ingiustizia; a lui, che lotta per crescere, anche se, ormai, per sempre rimarrà senza un pezzo di sè.
Penso alla sua mamma ed il suo papà, che vivono con angoscia e speranza, ormai per lui, solo per lui, come solo dei genitori.

E penso a lei,
la mia amica, bella dentro e fuori, 
e a lui,
il mio miglior amico, che la ama.
Penso a loro, alle prese con una malattia che ha colpito lei ma con lei anche lui.
Una malattia che non merita, che non meritano.
Non adesso, poi.

E penso ad altri cugini,
lontani nel grado di parentela e nello spazio
ma non nel mio cuore.
Anche loro alle prese con la malattia,
e, anche se questa volta riguarda una persona anziana, l'età non basta a rendere accettabile il dolore.

Penso a loro e mi sento fortunata.
E in colpa, anche.

Se avessi fede, pregherei per loro.
Se la salute si potesse regalare o comprare, correrei in negozio.
Se conoscessi le parole per farli stare meglio, le direi.
Se fosse medico, li curerei.

Invece.
Non posso donare salute, non conosco parole magiche, non sono un medico e non ho fede.

Telefono, ogni tanto, perchè bisogna entrare in punta dei piedi nel dolore altrui e non voglio che l'interesse si trasformi per loro in pressione, fatica, invadenza. E non so mai quanto sia gradito e quanto no.
Chiedo, e spero.

Spero che, per una volta, al mondo sia rimasta un pò di giustizia.