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giovedì 30 gennaio 2014

Questione di carattere

Sono notti quasi insonni.
Io ho appena ingurgitato l'ultimo antibiotico della scatola, rendendomi conto che sono già passati sei giorni e manco me ne sono accorta. Il raffreddore, però, non accenna a diminuire e pure il mal di orecchie.
L'Alpmarito soffre per il post ustione.
Il nano ha una tosse catarrosa che fa paura e si aggira inquieto tra il suo lettino ed il lettone, chiama mamma e mi vuole vicino, ovunque, tira calci e tossisce, si lamenta e tossisce, cerca il suo doudou e cambia letto e poi torna. Fuori nevica.

E mio figlio mostra tutto il suo carattere, che definire determinato e' dir poco, non si smuove di un millimetro dalle sue decisioni, una volta assunte. E non è uno di quei bambini incerto nel decidere quando gli proponi delle scelte. No. Lui ti ascolta, ti guarda con i suoi occhioni seri e sentenzia, senza più cambiare idea.
E' così sul gusto del gelato, su cosa preferisce per cena, sulla scelta del gioco o sul colore della maglietta da indossare. E su queste cose assecondo e stimolo la sua autonomia decisionale. Però forse dovrei rivedere le mie idee educative.
Martedì, dalla pediatra (controllo di questa tosse, per evitare un'altra brinchite, che da quando ne ha avute due il primo anno sono terrorizzata = pomeriggio di lavoro perso e piani saltati): mi chiede se riesco a fargli l'aereosol, dico che no, non c'è storia, perché è sempre stato così. Allora mi dice di fargli frequenti lavaggi nasali e dargli uno sciroppino alle erbe espettorante. Chiedo se e' dolce, per andare sul sicuro.Lo è, mi assicura. Esco e compro lo sciroppo alla sempre modica cifra di 16 euro, tanto per.
Almeno non è nulla di grave, mi consolo, non ancora.
Ho promesso al nano un premio, per il caso in cui si fosse fatto visitare senza piangere come un disperato.
Lui ora vuole riscuotere e mi chiede un libro di peppa pig. Detesto peppa, ma lui sceglie di chiedere un libro e io gongolo. Vada per il libro.
Torniamo a casa e "propongo" lo sciroppo. Nulla da fare. Provo con imporgli una scelta: o lo sciroppo o l'aereosol, tanto immagino la risposta, aniz, ne sono certa.
Errore. preferisce l' aerosol e, in effetti, sta zitto e fermo per tutti i quindici minuti e così la mattina dopo e la sera dopo e forse questa mattina, se riesco a svegliarlo.
Solo che la pediatra non mi ha detto cosa mettere nell'aereosol, logicamente, quindi metto soluzione salina e quattro gocce di fluibron, che mi aveva prescritto tutte le volte precedenti.
Per ora la tosse non migliora ma il nano resta fermo nel suo proposito. Bando allo sciroppo.
E io non insisto (sabato l'ho costretto ad ingurgitare tachipirine perché aveva la febbre ed è andato in bagno tossendo e sputando nel bidet finché non ha vomitacchiato...e ha solo due anni e tre mesi, alleluia).
Stesso pomeriggio, post aereosol.

Cambio il nano e mi accorgo di avere solo più quattro pannolini di numero, perciò commento ad alta voce che dobbiamo ricordarci di comprarli domani.
Il nano mi guarda e serissimo mi dice che no, non servono, perché lui è grande e non ne ha più bisogno. Vuole le mutande come S, una sua compagna di nido, e i pannolini posso darli a A., la cuginetta più piccola.
Sono le sei di sera, non ho voglia di uscire e mi accontento di usare i body come canottiere, ripescando negli scatoloni quattro mutandine dei completini estivi. Tanto di notte il pannolino lo mettiamo lo stesso.
Risultato? Un numero imprecisato di pipì addosso, maestre sorprese da questa decisione repentina e, temo, dalla mia totale impreparazione e disorganizzazione con i cambi, ma disponibili a sopperire il primo giorno con indumenti di scorta dell'asilo (vi ho già detto quanto amo queste maestre?! No??Tantissimo!), lavatrici a gogo', stendino sempre aperto (che con la neve fuori, non è che l'aria sia proprio secca), commenti raccolti sul fatto che non è proprio la stagione giusta (ed infatti, ma mica l'ho deciso io, di fretta non ne avevo proprio), rete di scambio vestiti usati attivata e....un nano deciso e determinato nonostante, per il momento, le pipì nel water si contino sulle prime dita di una sola mano.

Non so, forse sbaglio io, ma visto il caratterino del nano, ho avuto paura che non assecondandolo in questa decisione l'avremmo pagata cara in seguito. Perché se poi in primavera avesse detto no, sarebbe stato no davvero.
Ho un dubbio, però: chi comanda in casa nostra?!!????
E i vostri figli, sono anche loro così? Come reagite voi?

martedì 28 gennaio 2014

Ma le altre mamme come fanno??!! Scuola dell'infanzia e sensi di colpa, ancora.

Riunioni di presentazione della scuola dell'infanzia. Ne seguo due: quella del paese in cui vivo (A) quella del paese vicino (B) dove già il nano e' al nido.

Lascio perdere il terzo istituto, privato parificato, in centro al paese perché troppo scomodo per il parcheggio e perché, appunto privato.

Asilo B: le maestre sono sei per 56 bambini, età media quaranta /quarantacinque al massimo, con figli.

Ci illustrano i loro progetti e lo svolgimento della giornata al nido, mostrandoci un video di foto raccolte negli anni, l'entusiasmo nella voce e nei gesti, la voglia di rendere partecipi.

Parlano di progetti sulle emozioni, di psicomotricità, di castagna te con i nonni, recite, carnevale! gite sul territorio! scoperta degli elementi! appello e momento del pasto in francese! momenti di gioco libero! della scelta di non far indossare il grembiulino perché scomodo per i bimbi che devono imparare ad andare in bagno e togliersi/ mettersi la maglia da soli, perché devono imparare a sporcarsi ed a non farlo, degli autoritratti, dell'elaborazione delle esperienze attraverso autoritratti.

Ci mostrano aule spaziose e luminose e tanto spazio verde.

Aggiungono che qualche progetto verrà tagliato dal Comune, che in piscina non li portano perché non hanno i soldi, che non c'è il dopo scuola per lo stesso motivo.

Entrata: dalle 7.45 alle 9.00, uscita, dalle 16.15 alle 17.30.

Il mercoledì uscita alle 15 al massimo. In questa regione "d'eccellenza' funziona così, almeno le insegnanti fanno aggiornamento negli orari di lezione e non nelle ore libere e i genitori possono far fare attività extra ai figli (si, certo, averne di tempo).

E niente lavaggio dei denti, se no i bimbi se si scambiano lo spazzolino e non è igienico. E quando giocano fuori, li lasciano a briglia sciolta (parlano di autonomia ma io temo sia voglia di prendersi una pausa e stare ne in pace).

Per me non basta, io fino alle sei e trenta/ sette sono in ufficio. Dovrei tagliare la pausa pranzo, quando la faccio e correre, oppure appoggiarmi ancora ai nonni, anzi tutte e due.

Con i nonni ho parlato e mi hanno fatto capire, con parole non dette e incoraggiamento a scegliere la scuola A, che non vogliono impegni fissi, neppure se si tratta di un'ora quattro sere a settimana e tre il mercoledì pomeriggio, alternandosi tra loro.

D'altro canto, il figlio e' mio, loro hanno già dato, si sono arrangiati e hanno fatto le loro scelte e poi in questi due anni ho pesato tanto e lo so bene. Non posso pretendere, lo capisco.

Però.

Sono uscita dalla scuola B con l'idea di un posto stimolante e allegro. Come me, l'Alpmarito.

Sono uscita dalla scuola A cercando di convincermi che non è tanto male, che tutti in paese ne parlano comunque bene, che è comoda e che gli insegnanti al giorno d'oggi sono preparati e che è semplicemente molto simile alla scuola materna di una volta, quella dove sono andata io e mi sono sempre trovata benissimo, non ho avuto difficoltà alle elementari e mi divertivo.

Ma non riesco ad ingannarmi: l'impressione e' quella della precarietà, del caotico e della mancanza di entusiasmo.

Le maestre, tre su quattro, hanno letto il POS che avevano stampato, alquanto generico, e dato le informazioni pratiche su orari, mensa, grembiulino, ma senza spiegare il perché, senza metterci del loro, senza foto ne' tante parole.

Una non ha parlato, l'altra andrà in pensione a settembre, un'altra e' in maternità e torna a settembre ma non c'era, il dopo scuola lo fa una ragazza di cui non dicono e non sanno nome e cognome e poi non si sa se sarà sempre lei.

Le aule sono più piccole, l'edificio più vecchio, il giardino e' un fazzoletto di erba finta a lato strada, anche se dicono (e so che è così) che li pertano spesso a spasso nelle vigne dietro la scuola.

Però ha il dopo scuola e quindi, a prezzi modici, terrebbero il nano fino alle sei e trenta tutti i giorni. Ed è esattamente davanti al mio studio, basta attraversare la strada.

Non so decidere e mi chiedo come facciano le altre mamme.

E ' giusto lasciarlo dalle 8 del mattino alle 6.30 di sera a scuola e/ o con estranei, anziché farlo stare un'oretta con i nonni quando non posso e se no con me?

E' meglio l'entusiasmo o la comodità organizzativa?

I nonni saranno disponibili, al di la della resistenza e del formale "non impegno", o no? Saranno altri tre anni di richieste di favori e salti ad incastro?

La mia e' solo un'impressione e mi lascio influenzare troppo dalle apparenze?alla scuola A l'Alpmarito non è potuto venire ma un'altra mamma mi ha riferito di aver avuto le stesse sensazioni, più un parcheggio che un luogo formativo, anche se tutti parlano bene di tutte e due le scuole.

E poi ci sono le altre mamme, la maggior parte e' a casa o non ha problemi di orario alle cinque e trenta., le poche che ne hanno scelgono la scuola A senza farsi domande perché è comodo.

Ai miei tentativi di proporre una soluzione condivisa tra le mamme con lo stesso problema (coprire il mercoledì pome e un'ora la sera), avanzata con tanta fatica perché in queste occasioni sono super timida, ho ricevuto un risposta solo sguardi vacui e nessun cenno di intesa o incoraggiamento.

Ma le altre mamme come fanno????!!!

E oggi devo decidere. Avrei voglia di tornare in entrambe le scuole prima, di chiedere ancora e ancora in giro ma so che, in fondo, non servirebbe.

La verità e' che tutta questa angoscia decisionale riflette i miei sensi di colpa latenti, che razionalmente scaccio perché so essere inutili, dannosi e comunque ingiustificati, faccio già il meglio che posso; nel subconscio, però, riemergono prepotentemente e mi rendono fragile emotivamente ed insicura.

La verità e' che, per quanto non aspiri a imitare nessuna in particolare e sia convinta di fare bene, dedicando tempo ed energie anche al lavoro e al marito (che poi non sono così tante), non sono la mamma che mi immaginavo o, ancor meglio, mi immaginavo che non avrei sofferto particolarmente nel lasciarlo al dopo scuola o con i nonni per andare a lavorare e, magari, a farmi una nuotata ogni tanto.

E invece.

domenica 17 novembre 2013

Quella cavolata della decrescita felice

Credo che quello della "decrescita felice" non sia un mito ma la cavolata del secolo.
Mi scusino tutti quelli che aderiscono al movimento che ne prende il nome (che non conosco così bene da poter dare giudizi), mi scusino in anticipo tutti quelli danno al termine un significato diverso da quello che gli attribuisco io.

Perché lo devo dire.
E' da quando ho letto il saggio della Lipperini (Mammavvocato: Di mamma ce n'è più d'una, Loredana Lipperini) che ci rifletto.
E' da quando mi sono imbattuta nel blog genitoricrescono che ci penso.
Ma anche da molto prima, dalla prima volta che ho visto il termine nero su bianco.

Non c'è felicità nella privazione di qualcosa a cui pensi di tenere.
Neppure se in realtà si rivela superflua e ininfluente, neppure se per gli altri e' inutile, neppure se in altri luoghi e in altri tempi sarebbe stata considerata un lusso impensabile.

Può esserci una ritrovata sensazione di leggerezza e una nuova consapevolezza, questo si', nella rinuncia.
Anche se sofferta, può aiutarci a capire cosa e chi e' davvero importante per noi.
E credo nella necessità di cambiare il mondo in cui viviamo, a partire da noi, con piccoli gesti, per consumare meno e, soprattutto, consumare meglio.
In questo, anni di lavoro in rifugio mi hanno aiutato: so perfettamente che non ho bisogno di molti oggetti per essere felice, purché abbia pasta in abbondanza e la compagnia giusta (= famigliari, nano, qualche amico sincero), non mi serve neppure una salute perfetta (= posso convivere con l'allergia e le ginocchia scricchiolanti).

Però, però.
Un conto e' avere un lavoro che piace ma che stressa, uno stipendio che consente vacanze sugli sci, una casa grande, cene fuori e piccoli lussi fashion, eppure non avere tempo per se è per i propri cari, perché presi nella ruota infernale del "devo lavorare per mantenere questo stile di vita e perché se mi fermo ora la carriera e' bruciata e non si può tornare indietro e poi in fondo non mi accontento mai, c'è sempre un altro traguardo, maggiori responsabilità e l'opinione della società" ecc. ecc.
Un conto e' avere tutto questo e scegliere di rallentare per vivere con meno e ritmi più umani, d'accordo con la tua dolce metà ed i figli, sapendo che avrai comunque abbastanza di che vivere e divertirti.

Un altro e' aver investito anni e risparmi (spesso dei genitori, però sempre soldi sono e nulla e' gratis), tempo e fatiche nello studio e nel lavoro e scoprire che con la scusa della crisi il tuo guadagno orario, ammesso che trovi un posto, e' inferiore a quello di una collaboratrice domestica e in più non hai salvagenti, perché il tuo contratto e' precario (magari no, ma tutti sanno quanto sia facile, nella maggior parte delle ditte, licenziare comunque) o lavori in proprio e anche se hai pagato contributi a gogo', quando sei tu ad avere bisogno dell'indennità di disoccupazione, non arriva e se arriva ci paghi giusto mutuo/affitto e bollette, se va male neppure il nido, perché le rette si basano sul reddito dell'anno prima e che ora non ci sia più, frega nulla a nessuno.
Oppure, semplicemente, il posto non lo trovi, i clienti non hanno soldi o, se il lavoro c'è, e' all'estero e devi disgregare la famiglia per trovarlo o uno dei due deve rinunciare al proprio per seguire l'altro.
Cero, a volte emigrare e' un'opportunità e non tutte le coppie che hanno un coniuge che lavora fuori casa dal lunedì al venerdì per anni, poi scoppia.
Però per i figli (e coniuge) avere un genitore/ partner da weekend non e' il massimo.
Lo dice mio marito, che ci è passato, da figlio.
Lo dicono tutti i nostri amici che hanno avuto un padre così.
E i pochi che conosco che si sono spostati spesso per via del lavoro dei genitori.

Scoprire che per quanto sforzi tu faccia, per quanto tu abbia studiato, investito, sudato, le prospettive sono solo di peggiorare, di decrescere, di rinunciare ad uno stile di vita che hai avuto la fortuna di conoscere, di dire addio a frequenti visite a musei & co, perché' costano troppo, di ridurre lo sport, perché pure quello costa, quando invece senti di averne bisogno di non poterne fare a meno a lungo,perché nutrire la tua anima e il tuo cervello di stimoli e conoscenze, allenare il tuo corpo TI SERVE per sentirti vivo, perché è parte di te....

Ecco, allora non è decrescita, e' depressione.


Perché questo sfogo?
Perché certe volte la paura prende il sopravvento, paura del futuro, nostro ma soprattutto di nostro figlio, anche se noi non siamo soli, abbiamo famiglie (non più entrambe solide ed unite, ahimè, ma presenti) alle spalle, cibo in tavole e tetto sopra la testa.
Perché a volte non basta.
Perché i segnali fanno pensare ad un futuro ancora peggiore, anche se non smettiamo di cogliere anche motivi di speranza, sperando che prendano il sopravvento.
Perché fa male vedere chi ha dato e non riceve, chi sogna ed è frustrato.
Fa male sapere che c'è chi è in maternità ma lavora comunque qualche ora da casa perché la ditta ne ha bisogno e lei è una persona coscienziosa e vuole essere onesta con chi lo è con lei.
Fa male sapere che c'è chi ancora non sa che il suo sogno di un figlio, molto probabilmente porterà con se la sospensione, spero temporanea, di una carriera che sta costruendo con fine settimana passati a studiare e giornate lavorative che iniziano e finiscono alle otto, precedute e seguite da un'ora di auto, senza quasi incrociare il partner.
Fa male sapere che c'è chi ha accumulato esperienze, ha studiato, rinunciato a ferie e permessi per anni, accettato qualunque incarico pur di lavorare e imparare e ora si trova ignorato dall'INPS e con prospettive, almeno nell'immediato, quasi a zero.
Fa male sapere che c'è chi lavora male ma "ha il nome" e spilla denaro a clienti ingenui e chi lavora bene ma "e' giovane e donna" e se la filano in pochi.
Fa male sapere che, come al solito, a pagare il prezzo più alto sono le donne, specialmente se già madri o aspiranti tali.


Perché è bello cucinare con le proprie mani, per il secondo compleanno del nano, affinché i bambini mangino più sano, affinché abbia proprio la torta che piace a lui, per offrire agli amichetti, ai loro genitori, agli amici, ai parenti, qualcosa di buono e non troppo pasticciato da sgranocchiare.

Perché da soddisfazione, perché ricevere nella propria casa e' anche voglia di aprirsi al mondo, di accogliere, di entrare in intimità e io vorrei che il nano ne imparasse il valore.

Però sapere che è anche l'unico modo per non spendere una fortuna e che bisognerà rinunciare a qualche invitato e comunque di feste farne due, altrimenti non ce la si fa, non è che renda tanto felici.

E invece, sul web e fuori, e' tutto un trionfo di "mi faccio il pane da sola", " faccio i detersivi da sola", " faccio i giochi da sola" "devo risparmiare come faccio a fare la festa" (e qui quasi sempre e' la mamma a fare, fare, fare da se', poveretta), " rinuncio alle vacanze ma cerco di cogliere il lato bello comunque", "non so cosa fare il fine settimana con i bambini perché costa tutto troppo ed il centro commerciale e' diseducativo e poi tanto lo shopping e' escluso " ecc., che alimenta la depressione.

Ecco perché, per me, la decrescita di cui tanto si parla oggi ha il gusto amaro della sconfitta.
Perché il sapore della felicità non può essere quello dei sogni che si sciolgono in bocca, ingoiati a forza, nell'acido che sale dallo stomaco.

venerdì 8 novembre 2013

Due anni. Di te, di me, di noi.

Due anni.
Due anni di te, di me, di noi.
Due anni di soprese, scoperte, spaventi, paure, delusioni, conquiste, speranza, fiducia, gioia, risate, felicità.
Due anni di giochi e di libri illustrati.
Due anni di seggiolini, passeggini e altri trabicoli con e senza ruote con complicati sistemi di chiusura, che neppure la laurea in ingegneria dell'Alpmarito è stata di molto aiuto.
Due anni di sorrisi, vagiti, parole.
Due anni senza cinema, con pochi viaggi, poche uscite a due, poco sport, poco tempo "libero".
Due anni di acquaticità, di passeggiate, di giri in bicicletta, di parchi giochi, di biblioteche, di coccole nel lettone, di solletico e costruzioni.
Due anni di cibo in terra, biberon da sterilizzare, seggiolone da pulire, verdure da cucinare.
Due anni di lavatrici raddoppiate.
Due anni di colore, musica, suoni.
Due anni di allegria.
Due anni di armadi liberati per far spazio ai tuoi vestiti, di ripiani sgombrati per far spazio ai tuoi libri, di scatole e cassetti svuotati per riporre i tuoi giochi.
Due anni di vita diversa, per adattare noi a te e tu a noi, quel tanto o poco che basta.
Due anni e una testolina pelata pelata che si è trasformata in tanti ricciolini biondi biondi.
Due anni e tante risate e solletico.
Due annni e corse e saltelli.
Due anni e tante cadute, bernoccoli e dita schiacciate.
Due anni e tanti scatoloni di vestiti che non vanno più.
Due anni e tanti oggetti che sembravano indipensabili e non lo sono stati, o lo sono stati ma per un mese, due, sei o nove al massimo e ora non si sa dove caspita riporli.
Due anni e via le sbarre dal lettino.
Due anni e una personalità già formata, la tua, da imparare a conoscere e rispettare.
Due anni di convivenza in tre.

Due anni, infinito amore.

Avevo letto molto, ascoltato tanto, riflettuto ancor di più.
Eppure mai avrei potuto immaginare, in quel letto di ospedale, spaventata e incredula, ciò che è stato.
Un dolore quasi impossibile (e no, non sono riuscita a dimenticarlo, proprio no), uno stato di ansia latente che ti rimane sempre dentro, perchè sei mio figlio e la mia felicità dipende dalla tua, ormai, inutile negare o sminuire la realtà, nonostante i tentativi disperati di razionalizzare.
E poi, soprattutto, un amore e una gioia che crescono ogni giorno di più, anche quando pensi che, continuando di questo passo, il tuo cuore scoppierà e traboccherà.
Per quanto si cerchi di prepararsi, dubito che si sia davvero mai pronti. O almeno, non lo ero io.


E se un giorno leggerai queste righe, nano, sappi che non sono infallibile, non so tutto e non posso prevedere tutto, ma mi impegno con tutta me stessa per te, per noi, perchè tu possa crescere felice e sereno, autonomo e sicuro di te, responsabile e ottimista, realista quanto basta ma cinico mai, e perchè, con te, possa crescere anche io, pur restando me stessa, e la nostra famiglia.


Solo, per favore, basta con questi capricci disperati con i quali ci allieti da qualche settimana a questa parte, basta con questi risvegli notturni e questo rifiuto ostinato ad addormentarti nel tuo lettino e restarci tutta la notte, basta con i muffins per cena.
Davvero, basta.

Perchè, sai, così non vale, è scorretto, è sleale.
Perchè ci avevi abituato bene fin dalla tua nascita e ora ci cogli totalmente impreparati, e perchè, sappilo, la pazienza non è mai stata una delle mie virtù (e neanche una di quelle di tuo padre, nonostante quello che dice).


domenica 3 novembre 2013

Nano in crescita, film, riflessioni e...tempo regalato!

Il mio nano sta diventando grande.
Oggi, in piscina, nuotava come un pesciolino con la macchinina (tubo galleggiante piegato a u e sostenuto alle estremita' da un altro pezzo di tubo con due fori), usciva dai tunnels e si tuffava con sicurezza e poi mi è sembrato cresciuto in altezza. La sua fisionomia sta diventando quella di un bimbo e non più di un bebè, fa frasi complesse, canticchia e chiacchiera tantissimo, si toglie i pantaloni e le calzine da solo e sa mettersi scarpe, ciabattine e stivali in autonomia.
E poi è così bello con i suoi ricciolini d'oro!!
Ieri mi ha strappato un piantino perché così, di punto in bianco, ha deciso di fermarsi a dormire dalla nonna, dopo il tour dei cimiteri e una lunga passeggiata in centro città.Mentre ci stavamo vestendo per tornare a casa, lui, serenamente e semplicemente, ha detto che voleva rimanere con la nonna a fare nanna e pappa e si è anche dimostrato molto infastidito quando gli abbiamo chiesto se era davvero deciso...

In effetti, lui quando decide decide!
Ci ha salutato abbracciandoci e mandandoci un bacino, gli abbiamo telefonato dopo cena e lui tutto allegro ci ha dato la buonanotte e oggi mi ha detto che si è divertito molto.
Io, invece, ieri sera appena fuori casa sono scoppiata a piangere perché non mi aspettavo che prendesse lui l'iniziativa così,senza preavviso...l'Alpmarito, sempre razionale, ha sostenuto che era sintomo della sicurezza e tranquillità che gli avevamo trasmesso ed era fiero di lui...verissimo però un po' di groppo in gola mi è rimasto!
E quindi.....Tempo regalato (la maiuscola non è casuale), improvvisamente, così tanto che non sapevamo neppure cosa farcene, li per li!
Abbiamo visto un film intero e cenato con calma, rendendoci conto che era bello perché il nano comunque c'era ed era solo un intermezzo alla vita con lui. E io pensavo a come avevo fatto a vivere senza di lui per anni!(Molto sentimentale, vero? Forse per il fatto che in fondo era il giorno di Ognissanti, una ricorrenza non proprio allegra e il nano sembra crescere a vista d'occhio).Questa mattina mi sono svegliata presto per ottimizzare il tempo, tra commissioni, riordino e un po' di nostalgia...masochismo?!
Ma torniamo al film: "Warriors", la storia commovente di due fratelli lottatori e di un torneo di MMA (lotta mista) con un premio finale di 5 milioni di dollari.La storia di come l'infanzia segni la nostra vita, di come un padre, a modo suo, possa amare i suoi figli anche se malato ed alcolista, di come ci sia sempre tempo di perdonare e della forza dei legami di sangue.E poi, e' la storia di due ragazzi che si battono per il bene delle persone che amano, dimostrando che motivazione ed allenamento possono fare di un uomo un campione.Sarà perché mi piacciono i film che hanno a che fare con gli sport, boxe inclusa, sarà perché era il primo film senza interruzioni che vedevano da mesi ma..ieri ha assunto un sapore speciale!Quasi come quello della zuppa di cavolo di mamma e nonna, mangiata al pranzo di Ognissanti...quanto amo la cucina tradizionale (soprattutto se mi basta sedermi e mangiare solo)!!


Sabato a pranzo, un'altra sorpresa: il nano ci ha lasciato parlare a lungo con lo zio, giocando da solo e leggendo i suoi libri in autonomia sul divano.Magari sarà un evento più unico che raro ma dimostra che sta crescendo e formandosi la sua personalità.

Poi naturalmente c'è stato il giro dei cimiteri e la nonna di nuovo malata e i lavori alla casa che sono iniziati davvero e....mi fermo a pensare che lui non sarà qui, con me, a vederla, che non conosce il suo bis- nipotino che porta il suo nome, che non ha mai potuto vedere l'Alpmarito e che in 15 anni la mia vita e' cambiata tantissimo ma se penso a lui, e' come se fosse sempre accanto a me e mi sembra ieri che veniva a prendermi a scuola e parlavamo...e mi manca, mi mancherà sempre.



giovedì 28 marzo 2013

Di una bella collaborazione e di passeggini

Da oggi inizio una nuova piccola avventura.
Una collaborazione (free) con un bel sito, in divenire: http://www.consiglididonna.it, gestito da una coppia davvero gentile, competente e simpatica.
Quindi, ogni tanto, troverete dei miei articoli anche lì.
Niente di stratosferico, è solo un hobby, ma visto che mi piace scrivere e trovo molto bella l'idea di essere d'aiuto, nel nostro piccolo, ad altre donne e mamme alle prese con maternità, vita quotidiana e nanetti, ho colto questa bella opportunità.
Spero che abbiate voglia di andare a sbirciare su questo sito, tra l'altro molto carino...

Questa volta, vi racconto di come io e l'Alpmarito abbiamo scelto e trovato passeggino e trio (nel nostro caso, in realtà, duo): http://www.consiglididonna.it/durante-la-gravidanza/tempo-libero/acquisti-per-il-bebe/scelta-del-passeggino

mercoledì 23 gennaio 2013

Di bimbi, di lettoni e di lettini

Dopo una serata in compagnia di una coppia di amici con una bimba coetanea del mio, in cui ci siamo confrontati sulla questione lettone o non lettone, ho riflettuto su questo post http://patatofriendly.blogspot.it/2013/01/oggi-ho-bisogno-di-umorismoo-forse-di.html#comment-form e su quelli, più o meno recenti, scritti da altre mamme sull'argomento.
 
I nostri amici ci hanno spiegato di non riuscire a far dormire la loro bimba nel suo lettino, anche se posto nella stanza dei genitori, perchè si addormenta solo nel lettone dopo la poppata al seno della sera, abitudine che mamma e piccola hanno sin dalla nascita e mantegono ancora.
Se la spostano una volta addormentata, si sveglia e piange.
Nessuno dei due era contento di questa situazione, che compromette la serenità del loro sonno, ma la mia amica non si sente ancora pronta ad affrontare il "problema".
Di fronte a queste confidenze e quelle di altre amiche alle prese con frequenti risvegli notturni e/o con la difficoltà a far dormire i bambini nel loro lettino, io mi sento contemporaneamente fortunata, orgogliosa e vergognosa.
Fortunata perchè sono una di quelle (forse poche) mamme (ssshh...non ditelo a nessuno, se no mi attiro la sfiga!!!) felicemente dotata di un nano che dai due mesi dormiva quasi ininterrottamente tutta la notte, e nel suo lettino.
Orgogliosa perchè per riuscire a far dormire il nano nel suo lettino e nella sua stanza praticamente da subito, io e l'Alpmarito abbiamo dovuto affrontare non pochi sforzi:
Non che non ci siano notti insonni, ma per ora (e incrocio le dita) sono eccezioni, non la regola.
Come abbiamo fatto? Siamo stati "cattivissimi".
Passati i primi due mesi, in cui il nano passava tutta o gran parte della notte nel lettone, per poterlo allattare a richiesta (e chiedeva sempre) o si addormentava sulla pancia del papà in preda a terribile coliche, abbiamo deciso di applicare, liberamente, il metodo descritto in questo libro, gentilmente imprestatomi da mia madre: "Come insegnare ai bambini a dormire tutta la notte", di Charles E. Schaefer e Michaele R. Petronko, edizione del 1989 (ebbene sì, non è cambiato nulla!).
Mettevamo il nano ancora sveglio nel suo lettino, nella sua stanzetta (aperta) con carillon e magari lettura di una favola (che non guasta mai) e poi ci allontanavamo spegnendo la luce.
Se piangeva, anadavamo a turno a controllare che stesse bene, a fargli due coccole, a volte prendendolo in braccio due minuti ma più spesso no, in modo da non farlo sentire solo e abbandonato e andando via di nuovo.
Una notte ha pianto ad intermittenza per ore (due-tre? Di notte i minuti sembrano ore, figurarsi le ore!): straziante e distruttivo.
Inutile dire che, in primi giorni, la mattina eravamo due stracci, piegati dalla stanchezza e pieni di sensi di colpa (o almeno io, l'Alpmarito non ne sono così sicura), ma HA FUNZIONATO!
In una settimana (con un paio di cedimenti per stanchezza che ci hanno costretti, la notte dopo, a ricominciare da capo, anzi peggio), l'operazione è riuscita.
Il ciuccio (abbiamo dovuto forzarlo per farglielo tenere in bocca, ma considerando che è anche raccomandato per diminuire il rischio di morte in culla ed è praticamente indispensabile con le coliche, abbiamo insistito) e il passaggio all'allattamento misto, diventato dopo i tre mesi esclusivamente artificiale, ci hanno aiutato.
Prima la pancia del nano non era mai sufficientemente piena, con il bibe, la storia è cambiata e sono passate anche le coliche (lo so che il latte materno è meglio, ma questa è un'altra storia).
Non dico che sia stato facile, anzi, resistere al pianto disperato del mio bimbo, peraltro in pieno baby blues o malinconia post parto che fosse, è stato veramente faticoso, mi sentivo male dentro.
Però con lui nel lettone non riuscivamo proprio a dormire (e non ci riusciamo adesso, quando è malato e vuole restare con noi, il che accade di rado).
A parte lo spazio e la straordinaria capacità del nano di contorcersi nel letto e mettersi in posizione che nenache un artista circense, io ero letteralmente terrorizzata all'idea di schiacciarlo o che soffocasse con il piumino o che avesse troppo caldo in mezzo a noi e questo potesse costituire un rischio per la morte in culla...mi svegliavo continuamente con l'ansia, gelando perchè il piumino era sempre in basso per non coprire il nano, dormivo con gli incubi.

Ora mettiamo il nano nel lettino, gli leggiamo una storia o due e spegniamo la luce e lui, due volte su tre si addormenta tranquillo (dopo aver chiesto lui stesso di fare "nanna"), l'altra rugna un pò ma passa in fretta, magari canticchia o si aziona da solo il carillon e poi si addormenta.
Perchè provo anche un pò di vergogna, allora? Perchè io ho comunque sempre e costantemente sonno e, anche quando il nano dorme dalle 9 di sera alle sette del mattino ininterrottamente,
non mi basta mai!
E sì, perchè qui la fortuna a cui accennavo prima si compensa con la sfiga di essere una di quelle persone (so che ne esistono altri esemplari, datemi un segno) che per essere al 100% dovrebbe dormire 10 ore per notte, che con 9 sopravvive bene ma con 8...accumula stanchezza e nervosismo a gogò!

E ora non venitemi a dire che la vera crisi "del lettone" e l'ansia da separazione non sono ancora arrivate e fra qualche mese o anno sarà mooolto peggio perchè magari è così ma, al momento, preferisco dormire beata!