lunedì 14 ottobre 2019

Nuoto dunque sono

Nuoto dunque sono


Ho portato il ricciolino in piscina e, per un fortunato incastro, sono riuscita a nuotare un’oretta anche io.
E mentre nuotavo, pensavo a come il nuoto sia una delle costanti della mia vita, pari forse solo alla frequentazione della montagna.

Nuotavo quando ero piccina, con il giubbotto salvagente o i braccioli, al lago e al mare.
Nuotavo da bambina, nella piscina comunale, in corsi collettivi con un’insegnante severissima che non scalfiva il mio divertimento.
Nuotavo alla scuola elementare, con il maestro Marcello, che era anche istruttore di nuoto e che ci portava tutti gli anni per dieci lezioni.
Nuotavo mentre facevo anche danza classica.
Nuotavo quando ormai avevo lasciato la danza e facevo scherma.
Nuotavo quando alla scherma si era unito il pianoforte.
Nuotavo quando mia madre incinta del mio fratellino mi guardava dalla gradinata.
Nuotavo quando mio fratello maggiore aveva già smesso da un pezzo e il piccolo iniziava a camminare.
Nuotavo da ragazzina, con la scuola media, al lago d’estate, in corsi collettivi in piscina.
Nuotavo quando iniziavo ad avere il ciclo e a chiedermi come conviverci in acqua.
Nuotavo anche se mi faceva venire l’otite.
Nuotavo anche quando soffrivo spesso di sinusite.
Nuotavo durante la mia prima vacanza senza genitori, ospite di un’altra famiglia al mare.
Nuotavo al liceo, con la classe, alle gare di istituto, interscolastiche e provinciali, ma anche il pomeriggio dopo la scuola o il sabato mattina, che ci fossero amiche oppure no.
Nuotavo nel periodo dell’Universita’, nelle piscine di Torino qualche volta, quando tornavo a casa sempre, sfruttando le ore di “nuoto libero” e gli abbonamenti scontati per studenti.
Nuotavo mentre quasi tutto il mio tempo libero era impegnato con quello che ora è mio marito, ad arrampicare in palestra o in falesia.
Nuotavo nel periodo della pratica forense, tre volte a settimana in pausa pranzo, andando e tornando a piedi, trangugiando un panino al volo nel tragitto.
Ed era bello perché si era formato un bel gruppo di amici, tra i frequentatori abituali della piscina, a forza di macinare bracciate fianco a fianco nella pausa risicata. Ci chiamavamo “i giannuotatori” e qualcuno ancora lo sento.
Nuotavo ogni volta che ne avevo l’occasione, nel weekend o nelle serate libere, quando lui non era a casa o avevamo bisogno dei nostri spazi.
Nuotavo tanto mentre studiavo per l’esame da avvocato, prima lo scritto, poi l’orale, l’ansia da smaltire, in qualche modo.
Nuotavo mentre iniziavo la professione, ancora in pausa pranzo, ancora tre volte a settimana, spesso con i giannuotatori.
Nuotavo mentre speravo nell’arrivo di un bambino.
Nuotavo incinta, dalla prima settimana all’ultima, che tanto il fagiolino non voleva saperne di uscire e bisognava stimolarlo.
E lui, che non sentivo mai muovere, in acqua sembrava ballare di gioia.
Nuotavo senza prendermi alcuna infezione come temeva il ginecologo, senza sentire dolori o contrazioni ma moderando lo sforzo quel tanto che bastava.
Nuotavo da neomamma, ritagliandoli uno spazio di cui avevo un disperato bisogno.
Nuotavo dopo il corso di acquaticita’, poche vasche rubate mentre il papà lavava e rivestiva il ricciolino.
Nuotavo durante i suoi primi corsi di nuoto senza genitori, nella corsia di fianco, sbirciandolo con orgoglio.
Nuotavo mentre speravo in un’altra maternità che sembrava non sarebbe mai arrivata.
Nuotavo dopo ogni mese trascorso senza novità, per vincere la delusione è sentirmi forte, ancora.
Nuotavo dopo il test positivo, in attesa della visita e pure dopo, pur avendo saputo che erano due o forse, proprio per questo.
Nuotavo in gravidanza, finché me lo hanno consentito.
Nuotavo dopo il parto, ormai raramente ma intensamente.
A pensarci bene, nuotavo anche nella pancia di mia mamma, 
come dicono facciano tutti i fagiolini nel loro liquido amniotico.
Nuoto ancora, quando posso.
È cambiata la frequenza e la velocità, non le sensazioni e la voglia di nuotare.
Nuoto e ogni volta, è come se non avessi mai smesso.

Nuoto e intanto penso.
Nuoto dunque penso.
Cogito, ergo sum.
Nuoto, dunque sono.


Sono, e penso che finché potrò andare a nuotare, continuerò ad essere io.

venerdì 11 ottobre 2019

Le letture di Mamma Avvocato: Semplicemente perfetto, di Jostein Gaarder

All'inizio dell'autunno ho letto un libro breve ma intenso, che invita a riflettere su un tema forte: la diagnosi di  malattia, la consapevolezza della vicinanza della morte, l'eventualità del suicidio.

Il tema è affrontato come un lungo monologo interiore, con l'espediente di una lettera ai parenti o, meglio, di un flusso di pensieri che il protagonista scrive senza aver ancora deciso se lasciare il racconto ai familiari o distruggerlo dopo la creazione.
In ogni caso, non vi è troppa angoscia o tristezza, nè particolari rimorsi, ma uno sguardo lucido e vivido che scava nell'intimo e nella natura che circonda il protagonista, alla ricerca del senso della vita e della morte.
Un senso che alla fine viene trovato, anche senza il rifugio, per certi versi comodi, della religione.


Interessante e intenso, quasi poetico, è "Semplicemente perfetto" di Jostein Gaarder (ed. Longanesi, 2018, pag. 132), più famoso come l'autore del "Il mondo di Sofia".

Un libro forte ma lieve, che puo' toccare corde profonde.

 "...Per quasi tutta la vita siamo condannati a vivere con la consapevolezza che tutto il meraviglioso spettacolo che abbiamo vissuto - una terra dalle incredibili forme di vita, un oceano con una miriade di esseri diversi ed un cielo stellato sopra di noi, lontano miliardi di anni luce, tanto che possiamo solo sognare di scoprire cosa contenga - , tutto questo, dopo pochi anni, siamo condannati a lasciarlo, e per me il momento si sta avvicinando.
E' un duro prezzo da pagare.
Abbiamo tutti un debito pesante al quale nessuno di noi è in grado di sfuggire, e adesso l'Esattore se ne sta sulla soglia con in mano l'orrenda cambiale. Prestito scaduto. Scade con l'esatto valore nominale. Ho avuto in prestito il mondo intero e adesso devo restituirlo, non in comode rate, ma tutto insieme..." Da "Semplicemente perfetto" di Jostein Gaarder, pag. 96-97.

Con questo post partecipo al consueto appuntamento con i venerdì del libro di Home Made Mamma.

martedì 8 ottobre 2019

In Ticino con i bambini: la cascata Piumogna ed il parco giochi di Faido

Il CANTON TICINO, in SVIZZERA, mi ha colpito perchè mi è sembrato per molti aspetti simile alla Valle d'Aosta ed al Canavese.
Tra le analogia, la presenza di splendide cascate e "guie", laghi, valli montane che si dipartono dalla vallata centrale e tanto verde.

Cascata del torrente Piumogna, a Faido

Tra le cascate, quella della Piumogna, a FAIDO è una delle più belle e rinomate del Ticino ed è facilmente raggiungibile, anche con bambini e passeggino gemellare. 

La cascata Piumogna, il prato che la circonda e il ponte in legno
Faido, a circa 700 metri di quota, è un borgo alpino al centro della Valle Leventina, raggiungibile in autostrada (A2 svizzera, dal Passo di San Gottardo a Lugano, uscita di Quinto).
Tra fine '800 e inizi del '900, grazie alla sua posizione privilegiata lungo il principale importante asse stradale e ferroviario, Faido era una meta turistica rinomata per nobiltà e alta borghesia, tanto che furono costruiti moltissimi hotel e ville di pregio per ospitare i numerosi visitatori.
Con il tempo, la località è passata di moda, però l'ambiente è molto bello.

Vista della cascata Piumogna

La base della cascata del torrente Piumogna, alta 43 metri, si trova vicino al centro del paese ed non lontano dalla stazione ferroviaria, è ben segnalata dalla cartellonistica e vi sono, proprio nei pressi, parcheggi sia gratuiti che a pagamento.

Parco giochi di Faido

A piedi, in due minuti dal parcheggio, ci si trova dinnanzi alla cascata (mt. 711), da ammirare anche seduti nelle apposite panchine.

Il parco giochi di Faido

Si può poi di fermarsi all'ampio parco giochi ed alla prima area pic nic, di fronte, oppure di percorrere il sentiero naturalistico che attraversa il ponte di pietra, scende a destra alla cascata ed al prato che la circonda, prosegue su un ponte di legno (della larghezza adatta al nostro passeggino doppio) e nel boschetto, ove si trovano anche pannelli illustrati che spiegano le abitudini degli abitanti del bosco, proponendo una serie di quiz ai bambini, che possono così essere maggiormente coinvolti nella breve camminata ed apprendere divertendosi.

I pannelli con curiosità e quiz del percorso naturalistico
Alla fine del boschetto attrezzato con tavoli, panche, barbecue e griglie per i pic nic, vi è una diramazione:
- o si riattraversa il fiume e in cinque minuti di sentiero largo e sterrato, si torna al punto di partenza, terminando il percorso naturalistico con i pannelli per bambini,

Boschetto attrezzato a lato con tavoli, panche e griglie
- oppure si prosegue dritti imboccando uno dei sentieri segnalati (abbandonando però il passeggino) 
- o, infine, si sale (sempre senza passeggino, però)  tornando verso la cascata, per arrivare alla "cascata alta", mt. 771, dove si trovano la grande scritta "FAIDO" in stile Hollywood, illuminata di sera, ed i resti della prima centrale idroelettrica del Ticino (risalente al 1889).


Da qui, un ponticello medioevale in pietra consente di ammirare la piana sottostante, con il paese, e le cime delle montagne,


Panorama dall'alta cascata Piumogna
per poi ridiscendere in breve alla base della cascata ed al parco giochi.

Il giro completo del percorso naturalistico più la salita alla cascata alta ed ai resti della centrale idroelettrica con i bambini e ritorno alla cascata Piumogna per recuperare il passeggino,

Quel che resta della prima centrale idroelettrica del Ticino
 ci ha richiesto un'oretta, a cui si è aggiunta una lunga e piacevole sosta al parco giochi, davvero grande e invitante per i bambini.
Volendo, però, ci sono tantissime escursioni più lunghe che si imboccano o passano dalla cascata Piumogna e che sono ben segnalate dagli appositi cartelli indicatori.
Inoltre, nelle vicinanze, ci sono le gole del Piottino, che speriamo di andare a visitare la prossima volta che saremo in zona.

Nel "castelletto" in pietra che domina il parco giochi, si trova anche un baretto e la partenza di una piccola funivia, che però erano entrambi chiusi a settembre, quando ci siamo stati noi, ed i bagni pubblici, aperti e puliti.

*Post non sponsorizzato

In Ticino con i bambini, soprattutto se il tempo è brutto, vi consiglio anche una visita alla fabbrica, con annesso museo, di cioccolata della Alprose, a Caslano, sul lago di Lugano.




venerdì 4 ottobre 2019

Le letture di Mamma Avvocato: i libri dell'estate 2019

Questa estate ho letto, anche se non sempre in modo soddisfacente.
Ecco allora una panoramica dei miei libri dell'estate 2019, agosto e settembre (le letture di giugno e luglio consigliate le trovate qui, qui e qui).

Quando l'estate volgeva ormai al termine, è arrivata una ventata di freschezza con  "Divino amore" di Stefania Bertola (ed. Einaudi, 2019, pag. 258).


I romanzi di questa scrittrice mi piacciono quasi sempre, d'altro canto, per la loro ambientazione tra le strade di Torino, che mi fa sentire un pò "a casa"; per i suoi personaggi, quasi tutti femminili, così fuori dalle righe ma, nello stesso tempo, così ordinari nella loro quotidianità, per il modo in cui gioca a combinare trame originali e un po' improbabili basate su incontri apparentemente casuali che, nella realtà, non sono poi così rari, soprattutto in una città che sembra tanto grande ma è in fondo un paesone in cui, gira e rigira, in ogni ambiente si conoscono tutti; per la sua ironia, che non guasta mai; per la schiettezza con cui si esprimono le sue "eroine".
Insomma, anche questo romanzo mi ha divertito e rilassato, come i precedenti della Bertola (li trovate sotto l'etichetta "Bertola", appunto!).

" - Pure l'amore si costruisce?...(omissis)..
Kevin ci pensa un attimo. Non è una domanda da prendere alla leggera.
 - L'amore ..dipende quale. Certi sono come i mobili che compri dai cinesi. Porti a casa, usi tre mesi, e poi si butta. Certi sono come i mobili dell'Ikea, che fai un casino di fatica a montarli e poi sono bellissimi ma dopo qualche anno i cassetti tipo si sfondano."
- Ah-, Rodrigo sembra soddisfatto della risposta. - Vedi? Non è roba che dura. O se dura, ti stufa, come i mobili delle zie.
- Tranne certe volte, che magari trovi un armadio o un como' al mercatino dell'usato, e capisci subito che di quello non ti stancherai mai, se lo modifichi un po'. Devi sempre modificarlo un po'.Tipo una credenzina che abbiamo noi, che l'abbiamo diointa di azzurro, prima era carina ma potevamo stufarci. Adesso è una roba che non mi stanco mai di guardala. Non lo so perché. Sarà quel punto di azzurro.
Rodrigo annuisce, e chiude.
...."
Stefania Bertola, "Divino amore", pag. 240-241.


Leggero, scorrevole e abbastanza divertente anche "La famiglia prima di tutto" di Sophie Kinsella (ed. Mondadori, 2019, pag. 330), un'altra autrice in cui mi rifugio con soddisfazione quando ho bisogno di letture tranquille (anche di questa scrittrice, troverete altri consigli di lettura nel blog, se vorrete).
Questa volta, però, confesso che la protagonista femminile mi ha fatto arrabbiare, almeno per 2/3 del romanzo: troppo arrendevole, debole, manipolata, sentimentale...
Avrei voluto darle uno schiaffo e dirle di svegliarsi. Ed in effetti, nel finale...
Non dirò oltre, per non rovinare la lettura, che comunque consiglio.



Prima, nel pieno del caldo estivo, mi hanno tenuto compagnia la sera storia insolite e forti, frutto di indagini giornalistiche condotte, con dovizia di ricerche, da Jon Krakauer, in "Estremi. Dall'Everest al Pacifico: avventure di uomini straordinari"  (Ed. Corbaccio, 2018, pag. 185).


Una raccolta senza un filo conduttore evidente, se non la peculiarità di scelte insolite, che mi ha mostrato i retroscena della moda dei campus  estivi di formazione nella natura per adolescenti, che in America ha assunto più volte tinte fosche e tragiche, ma anche parlato di alpinismo, impatto dell'uomo sull'ambiente nei parchi nazionali e dell'ìambiente sull'uomo, con i pericoli di vulcani solo apparentemente sopiti.
Consigliato, anche per stimolare la curiosità e la voglia di conoscere realtà diverse.

Non sono mancati altri romanzi, come "Sindrome da cuore in sospeso" di Alessia Gazzola, il prequel della serie dedicata ad Alice Allevi, che ancora non avevo letto e che mi ha mostrato una Allevi più giovane e immatura, alle prese con la decisione di scegliere la specializzazione in medicina da iniziare e l'inizio del suo amore per il professore Claudio Conforti, dopo che avevo già conosciuto tutta l'evoluzione della protagonista, sino all'ultimo romanzo, "Il ladro gentiluomo" non dei più allegri ma sempre appassionante.
Piacevole e imperdibile, se amate la serie.

La stessa Alessia Gazzola mi ha sorpresa con un altro romanzo, con protagonista sempre una giovane donna ma non medico legale, in "Lena e la tempesta", uscito nel 2019 (Ed. Garzanti, pag. 186).


D'altro canto, "Non è la fine del mondo", con cui l'autrice aveva "abbandonato" Alice Allevi per un romanzo rosa diverso, senza però perdere lo stile divertente, schietto e frizzante che la contraddistingue, mi era piaciuto ancora di più dei libri dedicati al medico legale romano, per cui non avevo particolari timori nello scegliere "Lena e la tempesta".
Il romanzo infatti mi è piaciuto, però non quanto mi aspettavo, perchè la storia, pur positiva, prende avvio da un grave trauma subito dalla protagonista, presto svelato dalla stessa Lena narrante, e dalla necessità di elaborarlo per imparare ad amare. Insomma, una lettura abbastanza forte.

Alice Basso, conosciuta con "L'imprevedibile piano della scrittrice senza nome", non mi ha convinta altrettanto con "Scrivere è un mestiere pericoloso" (ed. Garzanti, 2016, pag. 337), che comunque consiglio perchè ha una trama isolita e ben costruita, scorrevole e con due protagonisti, Vani Sarca ed il commissario, che è difficile non apprezzare.
Ritengo tuttavia preferibile approcciarsi alla scrittrice con il primo romanzo, prima di leggere questo.


 Infine, ma non ultimi in ordine di apprezzamento, Andy McNab, con "Silencer" (ed. Longanesi, 2017, pag. 455)



e Manolo, ovvero Maurizio Zanolla, che racconta la sua infanzia e la sua vita da arrampicatore in "Eravamo immortali" (ed. Fabbri, aprile 2018, pag. 385).


Dei romanzi di Andy McNab ho già scritto molto, sul blog (l'ultima volta, qui; la prima, qui), perchè io li trovo insuperabili, se cercate romanzi d'azione e di spionaggio avvincenti e realistici e li volete scritti in modo scorrevole.
D'altro canto, l'autore dal 1984 al 1993 ha fatto parte del SAS - Special Air Service, il reparto d’elite dell’esercito britannico, quindi conosce la realtà che romanza.
In più è difficile non affezionarsi al protagonista, Nick Stone, seguendolo nella sua crescita e maturazione personale, di missione in missione.
Insomma, per me è una certezza del genere "thriller" o "spionaggio" e non mi perdo nessuno dei suoi libri (o meglio, di quelli tradotti in italiano), perchè non mi deludono mai.

Manolo, all'anagrafe Maurizio Zanolla, è invece....il Mago.
Ovvero, se arrampicate lo sapete di certo.
Se non arrampicate, dovreste almeno cercare di conoscere la sua storia, perchè è uno dei più forti climber italiani e uno dei primi arrampicatori in libera d'Italia  (per esempio, è stato il primo italiano a fare una via d'arrampicata di difficoltà 8b con l'Ultimo Movimento in Totoga nel 1986, senza contare l'8a con Masala Dosa sulla falesia di San Silvestro nel 1992 in free solo).
Io ho avuto la fortuna di osservarlo e sentirlo raccontare le sue scalate dal vivo, anni fa, e vi assicuro che fa venire i brividi.
Il suo libro, a parte i capitoli dedicati ad infanzia e giovinezza, molto interessanti per chi apprezza le biografie, è dedicato a chi l'arrampicata un pò la conosce, perchè è un'insieme di aneddoti e racconti di scalate importanti.
Mancano, a mio parere, maggiori riflessioni intime e personali, che avrebbero arricchito la narrazione.
Consigliato agli amanti della roccia.


Nel mentre, c'è stata anche qualche lettura per bambini e ragazzi fatta ad alta voce insieme al ricciolino (a cui dedicherò un altro post) e un paio di libri che non consiglierei, di cui dunque non sto a scrivere.

Con questo post torno a partecipare all'appuntamento con i venerdì del libro di Home Made Mamma.

mercoledì 2 ottobre 2019

In Ticino con i bambini: la fabbrica ed il museo del cioccolato Chocolat Alprose

Alzi la mano l'adulto o il bambino a cui non piace la cioccolata.
Ce ne sono?
A cui non piaccia nessun tipo o marca di cioccolata?
E' possibile?
Si può non andarci pazzi, si può consumare con moderazione, si può riservarla alle occasioni speciali o preferire il gusto salato, però ogni tanto un pezzo di cioccolata o una tazza di cioccolata calda, piace a tutti, no?

E non vuoi visitare CICCOLANDIA o SCHOKOLAND ?

Ebbene, in Canton Ticino (Svizzera) una mattina ho portato i bambini a visitare la CHOCOLAT ALPROSE, la fabbrica di cioccolata della Alprose che si trova a Caslano, sul lago di Lugano.


Si tratta di uno STABILIMENTO PRODUTTIVO in cui, tramite una passerella interna sospesa, si può osservare con calma il processo di creazione del cioccolato, di formazione di tavolette e cioccolatini e l'imballaggio completo del prodotto, leggendo i pannelli esplicativi e guardando, se necessario, i video proiettati negli schermi posti sulla passerella.
Devo dire però che ciò che si puo' osservare dal vivo rende da solo il processo produttivo e di imballaggio facilmente comprensibile anche ai bambini.
All'interno dello stabilimento non si può fotografare ma all'esterno e nell'annesso piccolo museo e spaccio di prodotti, sì. 

Il viaggio nel mondo del cioccolato infatti, per i bambini inizia già all'esterno della struttura, perchè davanti all'ingresso si trovano tre mucche pezzate rosse a grandezza naturale, che hanno subito incuriosito i miei figli.
Poi, passando sotto un piccolo portico carico d'uva, si arriva all'ingresso, dove si trova sia il NEGOZIO, ove è possibile acquistare tutti i prodotti della Alprose, 


comprese confezioni regalo per adulti e bambini, a prezzi competitivi (sia per la Svizzera, che per l'Italia, anche se per gli svizzeri sono proprio prezzi molto bassi, per noi solo ragionevoli).
Accanto, vi è la biglietteria per la visita a stabilimento e museo (5 franchi adulti, 2 franchi bambini dai 7 ai 16 anni, gratuito bambini fino ai sei anni compiuti).


Ad accogliere chi entra, una cascata di cioccolato liquido e un assaggio su un grissino, offerto a grandi e piccini. 


Il MUSEO è costituito da una grande sala con alle pareti la storia del cioccolato, dalla scoperta delle fave di cacao alla creazione del c.d. "cioccolato bianco", nonchè alla fondazione della Chocolat Alprose (1957, per gli amanti delle date), nonchè una parete interattiva


da "toccare" per scoprire le aree di coltivazione del cacao, di importazione delle materie prime necessarie a produrre il cioccolato, di esportazione del prodotto finito, il ciclo produttivo, gli ingredienti ecc.


In centro, macchinari antichi e moderni e, protette da teche, servizi di porcellana e argento per la cioccolata calda.

Infine, contenitori dove annusare le fave di cacao e la frutta secca


La chicca? Gli assaggi liberi dei vari tipi di cioccolato, in contenitori posti nel negozio, così da poter scegliere i propri gusti preferiti.


Il museo è piccolo ma molto interessante e alla portata dei bambini, lo spaccio conveniente, la visita allo stabilimento istruttiva e anche divertente: i miei figli hanno apprezzato soprattutto l'impacchettamento, con tutti quei nastri su cui scorrevano i cioccolatini "nudi" per poi essere avvolti nell'alluminio o nela carta, ripassare sul nastro per lo strato di carta colorata, essere trasportati su "nastri ascensori" e poi mischiati per creare i sacchetti misti, ecc.
Insomma, ne vale la pena, anche come soluzione per un paio d'ore diverse dal solito quando fuori piove o fa freddo.


Attenzione, però: il negozio è aperto anche quando lo stabilimento è chiuso, ovvero il sabato e la domenica, pero' in quel caso non potete visitarlo ed è davvero un peccato.
Quindi abbiate cura di andarci dal lunedi' al venerdì, in orari lavorativi (09.00 - 17.00) e non il weekend o i giorni festivi, se volete visitare il luogo e non solo acquistare cioccolato.

Info utili
Davanti alla fabbrica vi è un'area per il parcheggio dei visitatori, gratuito.
All'ingresso dell'area negozio vi sono i servizi, che noi abbiamo trovato puliti, ed un distributore automatico di bevande. Con il passeggino si può girare la stanza museo e lo spaccio, non la passerella, perchè vi si accede con una rampa di scale.
Però si tratta di una passerella breve, perciò se potete tenere il bimbo in braccio un quarto d'ora, non ci sono ostacoli ad andare con i bimbi piccoli.

Nei dintorni 
In Ticino vi consiglio anche una gita alla cascata Piumogna, a Faido. E' il luogo perfetto per brevi escursioni nella natura, una pausa rinfrescante vicino al torrente, pic nic o anche solo una sosta al grande e bello parco giochi che si trova proprio a fianco della cascata.

* Post NON sponsorizzato

lunedì 30 settembre 2019

Ode ai genitori del mattino

Ode ai genitori del mattino 

Ode alle mamme che si svegliano stanche come se non fossero ancora andate a dormire
e preparano la colazione o l’ennesimo biberon con gli occhi stropicciati di sonno, stiracchiando comunque un sorriso.
Ode alle mamme che a dormire non ci sono ancora andate
e prima di concedersi il meritato riposo dopo una notte di lavoro
trovano la forza di accompagnare i figli a scuola.
Ode alle mamme che si svegliano all’alba, 
per una corsa in solitudine, 
un momento di meditazione,
una pratica di yoga,
un caffè in pace,
prima che la casa si risvegli,
e si ricominci a correre.
Ode alle mamme che si svegliano all’alba,
per accendere la lavatrice,
stendere i panni,
stirare le camicie o svuotare la lavastoviglie,
prima che piedini infantili saltellino in giro
manine afferrino le sue e vocine esigenti chiedano attenzione.
Ode alle mamme che accolgono in cucina,
con torta o biscotti appena sfornati,
l’odore buono dell’impasto nell’aria e sulla pelle
o merendine e biscotti confezionati
l’odore buono del gusto preferito
Ode alle mamme che ingurgitano la colazione in piedi,
facendo la spola tra un figlio e l’altro,
perché tutto funzioni
e a quelle che la colazione della madre è sacra, nessuno disturbi.
Ode alle mamme già esaurite alle sette del mattino,
che dopo coccole e moine e tentativi di imbonimento vario,
senza alcun apprezzabile risultato,
gettano la spugna e iniziano a urlare,
che è tardi, tardissimo, bisogna sbrigarsi,
buttando giù dal letto i pargoli,
lanciando vestiti,
sequestrando la colazione
e caricando di peso in auto figli piangenti.
Ode alle mamme che non ci provano nemmeno,
con coccole e moine,
e alla fine, comunque, i figli a scuola li portano in orario 
e i bambini sono sereni e contenti.
Ode alle mamme con gli occhi lucidi,
dietro la porta di nidi e asili,
che si è chiusa trattenendo il bimbo in lacrime,
e il loro cuore stretto in una morsa.
Ode alle mamme allegre,
che cantano ascoltando la radio,
in cucina, sotto la doccia, in auto,
scherzando mentre camminano mano nella mano al loro bambini,
verso una porta che varcano sorridenti,
per uscirne fiduciose e un po' più serie,
già proiettate alle incombenze quotidiane.
Ode alle mamme che corrono con i figli in braccio,
facendo slalom su un marciapiede troppo affollato,
e veloci accompagnano e baciano i loro bimbi,
per poi schizzare via nel traffico congestionato.
Ode alle mamme che già pregustano il caffè con le altre
al bar davanti alla scuola,
libere dai bambini e dai pensieri,
per cinque minuti almeno, di chiacchiere in compagnia.
Ode alle mamme che salutano gli altri genitori,
che ricordano i nomi degli altri bambini,
che dispensano sorrisi e parole gentili,
anche nella frenesia del mattino.
Ode alle mamme che non salutano nessuno,
chiuse nei loro pensieri 
o assorbite dalla propria intimità materna.
Ode alle mamme che si alzano in silenzio,
in silenzio si vestono, mangiano ed escono,
lasciando i bimbi ancora addormentati
e un bacio lieve sulle loro guance morbide,
sospirando perché vorrebbero esserci,
ad accompagnarli al suono della campanella,
mano nella mano dentro quel cortile chiassoso
e invece…eppure forse…
Ode alle mamme che ridono guardando i bimbi saltare nelle pozzanghere 
con gli ombrelli o le mantelle colorate e un po’ sbilenche
e non importa se si bagnano, che tanto poi si asciugano
e quelle che no, per carità non ti bagnare, non prendere freddo, non ti sgualcire, che se ti ammali poi, come facciamo?
Ode alle mamme che fanno le trecce, pettinano, lavano e sistemano,
abbinando vestiti e calzature,
e ode a quelle che non ci pensano neppure
e magari capita che il figlio lo portino a scuola in pigiama.
Ode alle mamme che parcheggiano dove c’e’ posto, 
anche se significa fare una parte del tragitto a piedi.
Ode anche a quelle che parcheggiano dove capita, 
che la doppia fila è routine e i posti riservati sono riservati a loro.
D’altronde hanno il suv, vuoi mettere?
Ode alle mamme di gemelli,
che ai commenti “li avrei voluto tanto anche io, che fortuna”,
sorridono pensando “è solo perché non sai cosa significa!”.
Ode alle mamme di gemelli,
che avanzano con passo lungo, doppio zainetto, doppio passeggino, doppio grembiulino, un bambino per parte, il sorriso in viso,
la soddisfazione di essere arrivate in tempo, senza troppi drammi,
felici di essere mamme di gemelli.
Ode alle mamme che di figli ne portano uno
e a quelle che ne portano due, tre, quattro, cinque o anche di più,
magari in scuole diverse, in orari diversi
ed alla fine dovrebbero concedere loro il patentino da tassista,
così, ad honorem.
Ode alle mamme che i figli li svegliano, nutrono e preparano con una sola mano,
l’altra a tenere il cellulare,
basta non anche a guidare.
Ode alle mamme organizzate, 
che hanno già pronto al risveglio,
i vestiti da indossare, la borsa da afferrare e la tavola a cui mangiare.
Ode alle mamme che improvvisano,
sempre,
dalla sveglia al suono della campanella,
e ci riescono pure bene.
Ode alle mamme di bimbi disabili,
che oltre che contro il tempo e la sveglia,
devono lottare con le istituzioni e l’indifferenza
e gli immancabili maleducati che occupano il posto auto loro riservato
e riescono pure a non mandarli a stendere.
Ode alle mamme riposate e rilassate, che si svegliano con calma 
e con calma e gentilezza preparano i bambini
arrivando in perfetto orario o addirittura un po' in anticipo.
Sempre che esistano, queste ultime mamme.

Ode ai papà, che fanno come le mamme di cui sopra
o anche diverso, ma lo fanno.


Ode ai genitori del mattino, 
perché sono bravi.

Sì, comunque vada.