Una sera della scorsa settimana io e l'Alpmarito abbiamo partecipato ad un incontro organizzato dalle Tate famigliari del paese con un esperto di educazione infantile, che lavora per due atenei universitari.
Il titolo era "il Gioco come trasformazione".
L'esperto ci ha parlato del fatto che le persone si trasformano e crescono per tutta la vita e dell'importanza che il gioco riveste per questo processo di crescita, nei bambini ma anche negli adulti e negli anziani.
In particolare, ci è stato detto e spiegato, attraverso delle attività in cui siamo stati coinvolti (scivere e leggere ad alta voce un anneddoto che ci riguardava, inventare in gruppetti una storia con i vari aneddoti e poi rappresentarla teatralmente), che l'apprendimento è stimolato dalla "testimonianza", ossia dall'esempio fornito dagli adulti, genitori e insegnanti in primis.
E su questo, credo non ci siano dubbi.
Poi, dalla "condivisione", ossia da giochi che prevedono delle interazioni, delle condivisioni del proprio vissuto e delle proprie idee con il vissuto altrui.
Sulle prime, non avevo capito il concetto, poichè l'esperto ha esordito affermando che i giochi proposti al bambino non dovrebbero mai essere solitari.
E io su questo non sono d'accordo: trovo che giocare da soli stimoli creatività, fantasia, conoscenza di sè, riflessioni, crescita personale, insegni a bastare a se stessi ed arricchisca l'io.
Successivamente ho compreso che l'intento non era quello di escludere il gioco individuale ma spiegare il ruolo importante dell'interazione con gli altri per la crescita e stimolare noi genitori a giocare con i figli, mettendoci del nostro, non restando soggetti passivi.
Tutto ciò senza, e questo era il terzo punto, "sostituirsi" ai bambini, ossia bloccare le loro idee o i loro tentativi, per accorrere in loro aiuto, a partire da tutti i gesti della vita quotidiana fino al gioco.
Senza proporgli sempre attività diverse e guidarli eccessivamente, anzichè lasciarli liberi, ad esempio, di disegnare ciò che vogliono, inventare regole, impersonare il personaggio che preferiscono ecc.
Spesso noi genitori tendiamo a voler proteggere i nostri figli dagli errori oppure non abbiamo il tempo di lasciare che sperimentino e provino a fare da soli o, ancora, temiamo che si annoino.
Così facendo, però, rallentiamo anche la loro crescita.
Peccato che a volte, dalla teoria alla pratica, il passo sia lungo!
Infine, il professore ha posto l'accento sul valore positivo di un sentimento che tutti tendiamo ad evitare: l'imbarazzo.
Diversi studi avrebbero dimostrato che, invece, l'imbarazzo è positivo perchè stimola il nostro cervello a cercare risposte nuove e più efficaci, fungendo da stimolo positivo.
Dunque, non dovremmo mai evitare ai nostri figli situazioni di imbarazzo.
Per quel che mi riguarda, però, io non credo del tutto a questa ricerca: nelle situazioni imbarazzanti molto difficilmente riesco a dare il meglio di me e a trovare soluzioni alternative, soprattutto se si tratta comunque di situazioni in cui è in gioco qualcosa di importante, come sul lavoro.
Il discorso cambia se si tratta di giochi, spettacoli, esibizioni o situazioni di vita quotidiana da mamma: in quei casi tutto è rimediabile!
Certo è, comunque, che affrontare situazioni difficili e imbarazzanti spesso aiuta ad accrescere la propria autostima, le proprie capacità e la prorpia preparazione all'imprevisto.
Sempre se ne usciamo indenni, ovvio!
Con i bambini, credo che la differenza tra l'imbarazzo come situazione di crescita o come "trauma", stia nella capacità degli adulti di non denigrarli o sminuirli, neanche inconsapevolmente, e farli sentire comunque accettati.
Il consiglio finale ? Non smettere mai di giocare e di proporre attività e giochi differenti ai nostri figli, nonchè di lanciarci noi stessi in attività e situazioni nuove.
E su questo punto, non ho nulla da dire!!!
E voi, cosa ne pensate di questi quattro punti e dei consigli dell'esperto ?
E dell'imbarazzo ?
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