"La frontiera invisibile" di Kilian Jornet,
Fabbri ed., euro 16,00 pag. 222
Che io ami la montagna e lo sport all'aria aperta in generale, credo sia ormai chiaro a chiunque abbia avuto occasione di leggermi.
Il motivo per cui questo libro mi ha conquistata, però, non è solo il fatto che parli di alpinismo, del Cervino, dell'Himalaya, del Tibet e della corsa in montagna.
Non è stata determinante neppure la circostanza di aver assistito, l'anno scorso, ad una serata in cui l'autore ha raccontato la sua corsa sul Cervino, il suo record di velocità, con tanto di emozionante video.
Un serata bellissima, nella quale vedere dal vivo un ragazzo che è un vero talento, dal fisico non comune e dal sorriso accattivante e timido al tempo stesso.
Uno che quando corre in montagna, anche in alta montagna, sembra saltare felice da un sasso all'altro, come un bambino spericolato. E si vede che è nel suo elemento.
Il motivo per cui il libro mi è piaciuto e mi è rimasto dentro, però, e' un altro:
il fatto che Kilian Jornet parli a cuore aperto, svelando le sue riflessioni, i suoi pensieri, i suoi timori, le sue difficoltà.
E dimostri la sua grande umiltà.
E poi, la constatazione di condividere alcuni suoi pensieri, alcuni suoi modi di concepire la vita è di aver fatto riflessioni molto simili.
"E' tra questi crinali che Lionel Terray scopri' quello che siamo veramente noi che viviamo tra le mappe e sogniamo cime aguzze: siamo "I conquistatori dell'inutile", l'immagine più bella della storia, eche Terray scelse come titolo del suo libro. Perché scalare le vette non ha nessun utilità secondo l'ottima commerciale che oggi governa il mondo: lassù non troviamo niente di materiale, ma a livello spirituale troviamo tutto, assolutamente tutto. " pag. 17
"Solo fra rocce e ghiaccio, fra cielo e ghiacciai, avrei potuto ritrovare me stesso; le montagne non ti vogliono strappare lacrime o sorrisi, non ti chiedono scusa ne' ti fanno i complimenti, non porgono condoglianze ne' tendono tranelli. Le montagne sono come gli specchi: ti ci vedi dentro, nudo, così come sei." Pag. 26
Forse perché certe esperienze, come la frequentazione abituale di rifugi e alta montagna, anche se a tutt'altro livello, e lunghe ore in marcia per sentieri, sono scuole di vita.
Perché discutere di etica dell'alpinismo significa discutere del l'etica in generale.
"Il problema ...e' insegnare ai nostri figli che ciò che siamo non è il risultato di ciò che facciamo, ma ciò che facciamo è il frutto di ciò che abbiamo.
Eppure, ciò che siamo e' ciò che abbiamo.
La libertà non consiste nell'avere tutto, ma nell'avere la possibilità di scegliere, no?
La libertà, per me, non è comprare una casa grande per poter dormire ogni notte in una stanza diversa, ma stare davanti alla casa e poter decidere in quale stanza vuoi vivere. La libertà e' nella decisione, non nell'accumulazione." Pag. 132
"Avere catene può farci male, perché se quella che ci sorregge si spezza precipitiamo vertiginosamente. Ma senza nessun tipo di catene, fluttuiamo nel vuoto, smarriti, e non sappiamo dove andare.
Abbiamo bisogno di catene a cui aggrapparci, che ci aiutino nel cammino.
Anche se oggi sono in montagna, perché ne ho bisogno per vivere, per vivere ho bisogno anche di amore, dell'amore dell'amicizia, di imparare; per essere libero ho bisogno anche di sognare.
Dentro di me si è spezzata una catena fortissima, ma negare i sogni che avevo, negare le mie passioni, sarebbe negare la mia libertà.
Si, essere libero significa decidere col cuore quali sono le mie catene e seguirle con la ragione, con la consapevolezza di ciò che può accadere se dovessero spezzarsi, ma anche di ciò che può accadere se si raggiunge la cima."
Ma anche se non li amate.
Perchè poi le amerete.
"Sai che cos'è la felicità? La felicità pura? Non si prova nel momento in cui si riesce in qualcosa, quando è già iniziato il processo di assimilazione. No, la felicità pura si prova nell'istante prima di raggiungerla, quando ti rendi conto che stai per farcela. ...Per noi fu quello il nostro istante di felicità pura, li, sulla cresta dell'Aiguille d'Argentiere, sferzati dal vento e sotto il cielo velato.
Ma la linea che separa la felicità dal dolore e' molto più sottile di quanto si possa immaginare. Si pensa che la distanza tra questi due opposti sia grande, che il cammino dall'uno all'altro sia lungo, così che si possa avere il tempo di scoprire pian piano, nel bene o nel male, tutte le sfumature possibili. Ma non è così. Piuttosto, si crea un buco spazio- temporale che ti trasporta o, meglio, ti fa precipitare in un attimo dalla felicità più pura al dolore." Pag. 22
E niente, vale la pena: leggetelo.
Con questo post partecipo al Venerdì del Libro di Home Made Mamma.
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