mercoledì 27 novembre 2013

Lato A

Leggo molto, penso troppo, scrivo poco.

C'è che non riesco a scrollarmi il pessimismo di dosso.
C'è che tutto si dimostra peggiore di quel che speravo.
C'è che il clima sociale e politico non aiuta.
C'è che mia cugina sta sempre peggio e soffro per lei, per le sue figlie ed i suoi nipoti e le penso sempre, anche se non lo sanno.
C'è che alla mia amica, già alle prese con un serio problema di salute, hanno pure svaligiato casa, rubando risorse e ricordi.
C'è che nella mia famiglia d'origine si respira tensione, fatica, dolore.
C'è che nella famiglia di mio marito non si respira un bel nulla, un muro di gomma insensibile.
C'è che fino alla primavera, andava decisamente meglio e poi il mio mondo si è sgretolato e io vorrei solo stringermi forte al nano e all'Alpmarito ed essere felici perché ci siamo e siamo in salute.
Però il mio umore oscilla e non riesco a rilassarmi mai.
C'è che la scorsa settimana ho chiuso dei bei boulder e delle vie di 6a di 30 movimenti a vista.
Però è da giovedì sera che non riesco più ad alzare un braccio e le mie spalle gridano vendetta anche mentre dormo. Forse non ho più l'età.
C'è che intorno a noi è tutta crisi e sconforto e ci sono più malattie e funerali che lieti eventi.
Ed in effetti, non è che ciò che vediamo e respiriamo faccia venire voglia di metter su famiglia.
Perché non c'è aiuto per chi lo merita, in Italia.
C'è che ho ricominciato con il vaccino per l'allergia, dopo una pausa di due sole settimane, e vivo con la nausea ed il mal di stomaco costante, eliminando un cibo dopo l'altro.
C'è che questa mattina il treno e' partito in ritardo di 30 minuti e adesso  di 10 e " nessuno se ne importa " ( Pino Daniele docet).

C'è che sarà un Natale povero e in tutti sensi, solo che dei regali non me ne frega niente, del calore e dell'affetto, dell'atmosfera e della magia, invece, si. Ed è questa la povertà che mi spaventa di più.
C'è che ascolto gli sfoghi di tutti, ma non ho nessuno con cui sfogarmi io, se non questo spazio bianco virtuale.

E poi c'è il rovescio della medaglia.
Perché voglio, devo, ho bisogno,
di raccontarmi e raccontarvi anche quello.

venerdì 22 novembre 2013

44 Scotland Street...sognando Edimburgo, ancora.

44 Scotland Street e' il titolo di un romanzo di Alexander McCall Smith, Tea editore, che ho trovato tra le novità della biblioteca del paese la scorsa settimana.
La circostanza che fosse ambientato ad Edimburgo e la copertina, con questa casa che somiglia tanto a quelle del luogo, me lo hanno fatto immediatamente cogliere dallo scaffale.
Il romanzo e' carino, senza infamia e senza lode, una lettura leggera che scorre veloce e fa sorridere ma con una trama un po' povera, che ruota intorno ad un quadro di dubbio autore e ad una ragazza al suo secondo anno sabbatico.
I personaggi, davvero molto originali (dal bambino, forse prodigio o forse no, che cerca di ribellarsi ad una madre che lo ama troppo e troppo ciecamente, per quel che vorrebbe che fosse più che per quel che è, imbevuta di letture pedagogiche e in preda alla sua personale missione di mamma, al vecchio professore di arte stravagante, all' antropologa zitella dalle battute sagaci, al bello ma vuoto agente immobiliare) sono il bello del libro, anche se nel complesso sembra manchi qualche cosa, l'approfondimento dei caratteri e della storia, per esempio.
Ciò nonostante, se siete stati ad Edimburgo, vale la pena di cercarlo in biblioteca e leggerlo (non è il tipo di libro che si legge due volte, secondo me): mi ha ricordato molto la città, meta del nostro primo viaggio all'estero con il nano e nuova residenza di una coppia di amici, con i suoi sotterranei nascosti ed affascinanti, che ci hanno incantato, il suo castello arroccato, la sua atmosfera viva, le sue luci nordiche...riportandomi indietro di un anno quasi esatto, quando il nano, ora biondo e boccoloso, era ancora pelatino ma altrettanto vivace..

E non vedo l'ora di tornarci, non appena sarà possibile (la prima volta e' andata così: Mammavvocato: Edinburgo e gli amici.)
Questo post partecipa al Venerdì del libro di Home Made mamma (www.homemademamma.com).

domenica 17 novembre 2013

Quella cavolata della decrescita felice

Credo che quello della "decrescita felice" non sia un mito ma la cavolata del secolo.
Mi scusino tutti quelli che aderiscono al movimento che ne prende il nome (che non conosco così bene da poter dare giudizi), mi scusino in anticipo tutti quelli danno al termine un significato diverso da quello che gli attribuisco io.

Perché lo devo dire.
E' da quando ho letto il saggio della Lipperini (Mammavvocato: Di mamma ce n'è più d'una, Loredana Lipperini) che ci rifletto.
E' da quando mi sono imbattuta nel blog genitoricrescono che ci penso.
Ma anche da molto prima, dalla prima volta che ho visto il termine nero su bianco.

Non c'è felicità nella privazione di qualcosa a cui pensi di tenere.
Neppure se in realtà si rivela superflua e ininfluente, neppure se per gli altri e' inutile, neppure se in altri luoghi e in altri tempi sarebbe stata considerata un lusso impensabile.

Può esserci una ritrovata sensazione di leggerezza e una nuova consapevolezza, questo si', nella rinuncia.
Anche se sofferta, può aiutarci a capire cosa e chi e' davvero importante per noi.
E credo nella necessità di cambiare il mondo in cui viviamo, a partire da noi, con piccoli gesti, per consumare meno e, soprattutto, consumare meglio.
In questo, anni di lavoro in rifugio mi hanno aiutato: so perfettamente che non ho bisogno di molti oggetti per essere felice, purché abbia pasta in abbondanza e la compagnia giusta (= famigliari, nano, qualche amico sincero), non mi serve neppure una salute perfetta (= posso convivere con l'allergia e le ginocchia scricchiolanti).

Però, però.
Un conto e' avere un lavoro che piace ma che stressa, uno stipendio che consente vacanze sugli sci, una casa grande, cene fuori e piccoli lussi fashion, eppure non avere tempo per se è per i propri cari, perché presi nella ruota infernale del "devo lavorare per mantenere questo stile di vita e perché se mi fermo ora la carriera e' bruciata e non si può tornare indietro e poi in fondo non mi accontento mai, c'è sempre un altro traguardo, maggiori responsabilità e l'opinione della società" ecc. ecc.
Un conto e' avere tutto questo e scegliere di rallentare per vivere con meno e ritmi più umani, d'accordo con la tua dolce metà ed i figli, sapendo che avrai comunque abbastanza di che vivere e divertirti.

Un altro e' aver investito anni e risparmi (spesso dei genitori, però sempre soldi sono e nulla e' gratis), tempo e fatiche nello studio e nel lavoro e scoprire che con la scusa della crisi il tuo guadagno orario, ammesso che trovi un posto, e' inferiore a quello di una collaboratrice domestica e in più non hai salvagenti, perché il tuo contratto e' precario (magari no, ma tutti sanno quanto sia facile, nella maggior parte delle ditte, licenziare comunque) o lavori in proprio e anche se hai pagato contributi a gogo', quando sei tu ad avere bisogno dell'indennità di disoccupazione, non arriva e se arriva ci paghi giusto mutuo/affitto e bollette, se va male neppure il nido, perché le rette si basano sul reddito dell'anno prima e che ora non ci sia più, frega nulla a nessuno.
Oppure, semplicemente, il posto non lo trovi, i clienti non hanno soldi o, se il lavoro c'è, e' all'estero e devi disgregare la famiglia per trovarlo o uno dei due deve rinunciare al proprio per seguire l'altro.
Cero, a volte emigrare e' un'opportunità e non tutte le coppie che hanno un coniuge che lavora fuori casa dal lunedì al venerdì per anni, poi scoppia.
Però per i figli (e coniuge) avere un genitore/ partner da weekend non e' il massimo.
Lo dice mio marito, che ci è passato, da figlio.
Lo dicono tutti i nostri amici che hanno avuto un padre così.
E i pochi che conosco che si sono spostati spesso per via del lavoro dei genitori.

Scoprire che per quanto sforzi tu faccia, per quanto tu abbia studiato, investito, sudato, le prospettive sono solo di peggiorare, di decrescere, di rinunciare ad uno stile di vita che hai avuto la fortuna di conoscere, di dire addio a frequenti visite a musei & co, perché' costano troppo, di ridurre lo sport, perché pure quello costa, quando invece senti di averne bisogno di non poterne fare a meno a lungo,perché nutrire la tua anima e il tuo cervello di stimoli e conoscenze, allenare il tuo corpo TI SERVE per sentirti vivo, perché è parte di te....

Ecco, allora non è decrescita, e' depressione.


Perché questo sfogo?
Perché certe volte la paura prende il sopravvento, paura del futuro, nostro ma soprattutto di nostro figlio, anche se noi non siamo soli, abbiamo famiglie (non più entrambe solide ed unite, ahimè, ma presenti) alle spalle, cibo in tavole e tetto sopra la testa.
Perché a volte non basta.
Perché i segnali fanno pensare ad un futuro ancora peggiore, anche se non smettiamo di cogliere anche motivi di speranza, sperando che prendano il sopravvento.
Perché fa male vedere chi ha dato e non riceve, chi sogna ed è frustrato.
Fa male sapere che c'è chi è in maternità ma lavora comunque qualche ora da casa perché la ditta ne ha bisogno e lei è una persona coscienziosa e vuole essere onesta con chi lo è con lei.
Fa male sapere che c'è chi ancora non sa che il suo sogno di un figlio, molto probabilmente porterà con se la sospensione, spero temporanea, di una carriera che sta costruendo con fine settimana passati a studiare e giornate lavorative che iniziano e finiscono alle otto, precedute e seguite da un'ora di auto, senza quasi incrociare il partner.
Fa male sapere che c'è chi ha accumulato esperienze, ha studiato, rinunciato a ferie e permessi per anni, accettato qualunque incarico pur di lavorare e imparare e ora si trova ignorato dall'INPS e con prospettive, almeno nell'immediato, quasi a zero.
Fa male sapere che c'è chi lavora male ma "ha il nome" e spilla denaro a clienti ingenui e chi lavora bene ma "e' giovane e donna" e se la filano in pochi.
Fa male sapere che, come al solito, a pagare il prezzo più alto sono le donne, specialmente se già madri o aspiranti tali.


Perché è bello cucinare con le proprie mani, per il secondo compleanno del nano, affinché i bambini mangino più sano, affinché abbia proprio la torta che piace a lui, per offrire agli amichetti, ai loro genitori, agli amici, ai parenti, qualcosa di buono e non troppo pasticciato da sgranocchiare.

Perché da soddisfazione, perché ricevere nella propria casa e' anche voglia di aprirsi al mondo, di accogliere, di entrare in intimità e io vorrei che il nano ne imparasse il valore.

Però sapere che è anche l'unico modo per non spendere una fortuna e che bisognerà rinunciare a qualche invitato e comunque di feste farne due, altrimenti non ce la si fa, non è che renda tanto felici.

E invece, sul web e fuori, e' tutto un trionfo di "mi faccio il pane da sola", " faccio i detersivi da sola", " faccio i giochi da sola" "devo risparmiare come faccio a fare la festa" (e qui quasi sempre e' la mamma a fare, fare, fare da se', poveretta), " rinuncio alle vacanze ma cerco di cogliere il lato bello comunque", "non so cosa fare il fine settimana con i bambini perché costa tutto troppo ed il centro commerciale e' diseducativo e poi tanto lo shopping e' escluso " ecc., che alimenta la depressione.

Ecco perché, per me, la decrescita di cui tanto si parla oggi ha il gusto amaro della sconfitta.
Perché il sapore della felicità non può essere quello dei sogni che si sciolgono in bocca, ingoiati a forza, nell'acido che sale dallo stomaco.

martedì 12 novembre 2013

Il motore della speranza

Oggi sono stata sorpresa. In positivo. Tre volte.
Non è cosa da poco.
Intanto, in pausa pranzo ho approfittato del fatto di essere "bloccata" ad Aosta per lavoro per andare a nuotare (prima regola di ogni sportivo o aspirante tale: sacca sempre pronta in macchina, per poter cogliere al volo le occasioni).
Temperatura gradevole, vista splendida grazie all'enorme vetrata aperta sulle montagne innevate, rese ancor più belle dal cielo azzurro intenso limpido, e...una corsia riservata solo ai "nuotatori veloci".
Ecco, io di questa cosa ho disquisito a lungo con i compagni di nuotate in tutte le piscine che mi sono trovata a frequentare con regolarità, perché è un'accortezza semplice, minima ma fondamentale.
Dimostra rispetto. Rispetto per i nuotatori veloci, per capacità o necessità (io, ad esempio, nuoto come una furia, senza pause, per 60 minuti, perché il tempo e' poco e cerco di sfruttarlo al massimo e poi mi serve da valvola di sfogo), che non devono "rompere il fiato" o aspettare spazientiti o "cozzare" contro i piedi del nuotatore più lento davanti a lui. Rispetto per i nuotatori più lenti, che possono prendersi i loro tempi senza essere superati con spruzzi e scontri vari, senza sbuffi altrui e senza pressioni.
Facile, no? Comunque alla fine la corsia "veloce" non l'ho usata, perché c'erano già due nuotatori decisamente più lanciati di me e non volevo essere d'intralcio.
Peccato che, nuotando mi sia improvvisamente resa conto che non avevo ritirato nell'armadietto, lasciandola appesa nello spogliatoio, la borsetta, con portafogli, telefono, chiavi casa e auto e persino orecchini e fede (non riesco a tenerla per nuotare)...panico, esco gocciolante e mi precipito a controllare..attimi di paura, nulla, poi chiedo alla receptionist e la trovo lì, completa. Una donna, uscendo, l'ha trovata e la portata alla reception.
Non ci speravo, lo confesso, e già mi ero fatta il mio filmino dei problemi e costi a catena che la perdita avrebbe comportato, per non parlare del fatto che, dopo essere sopravvissuta a 5 anni di Torino e borseggi in treno e autobus, mai avrei immaginato di incappare in un simile errore.
E invece, l'onesta' esiste ancora e averne ogni tanto segnale regala una sferzata di ottimismo!
Infine, una piacevole scoperta di tutt'altro genere: il libro "Detto con il cuore. Racconti autentici da mamma a mamma" a cura di Francesca Valla (la famosa Tata Francesca), Mondadori editore.
Si tratta di un progetto editoriale voluto da Bepanthenol (www.bepanthenol.it) per aiutare le mamme alle prese con la maternità e sostenere la Fondazione Ariel (www.fondazioneariel.it) cui sarà devoluto parte del ricavato.
Ho avuto l'opportunità di leggere in anteprima tre delle storie di donne che contiene e mi sono emozionata, commossa e intenerita.
Perché c'è dentro tutto il coraggio, la tenacia, la determinazione, la forza, l'amore, la dolcezza, l'ansia, il desiderio di protezione, l'attenzione e la (sana) dedizione per i propri figli che accomuna, credo tutte (o quasi) le mamme del mondo, di ogni tempo, cultura e latitudine.
Tre storie diverse in cui mamme come noi raccontano come hanno affrontato rispettivamente la paura di qualcosa di brutto, un lutto devastante in famiglia e le difficoltà di avvio dell'allattamento, in modo ugualmente intenso e "vero".
E anche leggere queste storie di amore e forza, secondo me, alimenta la speranza di un futuro migliore.
Perché dipende anche da noi.
P.s. Per chi è interessato e abita nelle vicinanze, il libro sarà presentato il 20 novembre alle 17.30 allo store Mondadori di Milano, via Marghera n. 28, con la partecipazione della stessa Francesca Valla.

venerdì 8 novembre 2013

Due anni. Di te, di me, di noi.

Due anni.
Due anni di te, di me, di noi.
Due anni di soprese, scoperte, spaventi, paure, delusioni, conquiste, speranza, fiducia, gioia, risate, felicità.
Due anni di giochi e di libri illustrati.
Due anni di seggiolini, passeggini e altri trabicoli con e senza ruote con complicati sistemi di chiusura, che neppure la laurea in ingegneria dell'Alpmarito è stata di molto aiuto.
Due anni di sorrisi, vagiti, parole.
Due anni senza cinema, con pochi viaggi, poche uscite a due, poco sport, poco tempo "libero".
Due anni di acquaticità, di passeggiate, di giri in bicicletta, di parchi giochi, di biblioteche, di coccole nel lettone, di solletico e costruzioni.
Due anni di cibo in terra, biberon da sterilizzare, seggiolone da pulire, verdure da cucinare.
Due anni di lavatrici raddoppiate.
Due anni di colore, musica, suoni.
Due anni di allegria.
Due anni di armadi liberati per far spazio ai tuoi vestiti, di ripiani sgombrati per far spazio ai tuoi libri, di scatole e cassetti svuotati per riporre i tuoi giochi.
Due anni di vita diversa, per adattare noi a te e tu a noi, quel tanto o poco che basta.
Due anni e una testolina pelata pelata che si è trasformata in tanti ricciolini biondi biondi.
Due anni e tante risate e solletico.
Due annni e corse e saltelli.
Due anni e tante cadute, bernoccoli e dita schiacciate.
Due anni e tanti scatoloni di vestiti che non vanno più.
Due anni e tanti oggetti che sembravano indipensabili e non lo sono stati, o lo sono stati ma per un mese, due, sei o nove al massimo e ora non si sa dove caspita riporli.
Due anni e via le sbarre dal lettino.
Due anni e una personalità già formata, la tua, da imparare a conoscere e rispettare.
Due anni di convivenza in tre.

Due anni, infinito amore.

Avevo letto molto, ascoltato tanto, riflettuto ancor di più.
Eppure mai avrei potuto immaginare, in quel letto di ospedale, spaventata e incredula, ciò che è stato.
Un dolore quasi impossibile (e no, non sono riuscita a dimenticarlo, proprio no), uno stato di ansia latente che ti rimane sempre dentro, perchè sei mio figlio e la mia felicità dipende dalla tua, ormai, inutile negare o sminuire la realtà, nonostante i tentativi disperati di razionalizzare.
E poi, soprattutto, un amore e una gioia che crescono ogni giorno di più, anche quando pensi che, continuando di questo passo, il tuo cuore scoppierà e traboccherà.
Per quanto si cerchi di prepararsi, dubito che si sia davvero mai pronti. O almeno, non lo ero io.


E se un giorno leggerai queste righe, nano, sappi che non sono infallibile, non so tutto e non posso prevedere tutto, ma mi impegno con tutta me stessa per te, per noi, perchè tu possa crescere felice e sereno, autonomo e sicuro di te, responsabile e ottimista, realista quanto basta ma cinico mai, e perchè, con te, possa crescere anche io, pur restando me stessa, e la nostra famiglia.


Solo, per favore, basta con questi capricci disperati con i quali ci allieti da qualche settimana a questa parte, basta con questi risvegli notturni e questo rifiuto ostinato ad addormentarti nel tuo lettino e restarci tutta la notte, basta con i muffins per cena.
Davvero, basta.

Perchè, sai, così non vale, è scorretto, è sleale.
Perchè ci avevi abituato bene fin dalla tua nascita e ora ci cogli totalmente impreparati, e perchè, sappilo, la pazienza non è mai stata una delle mie virtù (e neanche una di quelle di tuo padre, nonostante quello che dice).


giovedì 7 novembre 2013

Libri e regali!

Nel mio peregrinare tra i blog, durante l'estate mi ero imbattuta in post sullo "scambio" di libri per bambini, scoprendo la bellissima iniziativa di Federica di http://mammamogliedonna.it, Regala un libro per le vacanze.
Purtroppo era troppo tardi per partecipare.
Questa volta, però, mi sono ternuta aggiornata e.... sono corsa ad iscrivermi a....


(trovate qui:  http://mammamogliedonna.it/2013/11/regala-un-libro-per-natale.html  e qui: http://madrecreativa.blogspot.it/2013/11/regala-un-libro-per-natale.html   tutte le istruzioni per partecipare; tra l'altro, è semplicissimo!).

Perchè lo faccio?

Perchè adoro i libri e mi piace parlarne (= post con l'etichetta "libro", "libri" e "venerd' del libro"!!!)
Perchè trovo interessante leggere le altri recensioni.
Perchè spesso, divorato un romanzo o un saggio, non vedo l'ora di gridare al mondo quanto mi sia piaciuto
(e qualche volta, quanto non mi abbia entusiasmato).
E, ovviamente, ho un figlio, al quale leggo con piacere ogni genere di libro, perchè sono convinta che esistano infiniti buoni motivi per leggere ad un bambino (ne volete qualcuno? http://www.mammavvocato.blogspot.it/2013/01/20-buoni-motivi-per-regalare-libri-ai.html)
Un figlio con il quale mi piace sfogliare le pagine, commentare le figure, imparare le parole, ridere, scherzare, scoprire e qualche volta criticare (http://www.mammavvocato.blogspot.it/2013/01/libri-per-piccolissimiperche-cosi.html)
Perchè, oltre tutto, i libri per i piccoli sono così allegri e colorati! (Quali piacciono al nano? Questi, ad esempio -http://www.mammavvocato.blogspot.it/2013/01/sempre-proposito-di-libri-per-i.html; http://www.mammavvocato.blogspot.it/2013/06/le-nuove-entrate-della-nostra-libreria.html; http://www.mammavvocato.blogspot.it/2013/07/come-gli-insegno-ad-amare-i-libri.html -  anche se ora è già cresciuto, anche da questo punto di vista)
Con il quale voglio condividere questa passione per i libri che, tra l'altro, è un vizio di famiglia (ve lo ricordate? Ne ho parlato, ad esempio, qui:  http://www.mammavvocato.blogspot.it/2013/07/come-gli-insegno-ad-amare-i-libri.html  e qui: http://www.mammavvocato.blogspot.it/2013/06/le-nuove-entrate-della-nostra-libreria.html)

In ultimo, ma non certo in ordine di importanza, perchè grazie al web ed al mio blog ho scoperto mamme, papà, donne e uomini speciali, con il quale condividere emozioni, riflessioni, pensieri e risate attraverso uno schermo.
Persone che ormai considero, a tutti gli effetti, amici.
E non vedo l'ora di poterne approfittare per un contatto "fisico", anche se mediato dai quei meravigliosi oggetti quadrati o rettangolari pieni di fogli e storie e mondi lontani e vicini, che prendono il nome di libri.

martedì 5 novembre 2013

Voglio crederci

Smettila di cercare e troverai. E se non trovi, non te la prendere, perché non stai cercando. E' questa l'arte del cercare senza cercare. Lao Tzu
Nel frattempo, aspetto che il Giudice si liberi per l'udienza.

domenica 3 novembre 2013

Nano in crescita, film, riflessioni e...tempo regalato!

Il mio nano sta diventando grande.
Oggi, in piscina, nuotava come un pesciolino con la macchinina (tubo galleggiante piegato a u e sostenuto alle estremita' da un altro pezzo di tubo con due fori), usciva dai tunnels e si tuffava con sicurezza e poi mi è sembrato cresciuto in altezza. La sua fisionomia sta diventando quella di un bimbo e non più di un bebè, fa frasi complesse, canticchia e chiacchiera tantissimo, si toglie i pantaloni e le calzine da solo e sa mettersi scarpe, ciabattine e stivali in autonomia.
E poi è così bello con i suoi ricciolini d'oro!!
Ieri mi ha strappato un piantino perché così, di punto in bianco, ha deciso di fermarsi a dormire dalla nonna, dopo il tour dei cimiteri e una lunga passeggiata in centro città.Mentre ci stavamo vestendo per tornare a casa, lui, serenamente e semplicemente, ha detto che voleva rimanere con la nonna a fare nanna e pappa e si è anche dimostrato molto infastidito quando gli abbiamo chiesto se era davvero deciso...

In effetti, lui quando decide decide!
Ci ha salutato abbracciandoci e mandandoci un bacino, gli abbiamo telefonato dopo cena e lui tutto allegro ci ha dato la buonanotte e oggi mi ha detto che si è divertito molto.
Io, invece, ieri sera appena fuori casa sono scoppiata a piangere perché non mi aspettavo che prendesse lui l'iniziativa così,senza preavviso...l'Alpmarito, sempre razionale, ha sostenuto che era sintomo della sicurezza e tranquillità che gli avevamo trasmesso ed era fiero di lui...verissimo però un po' di groppo in gola mi è rimasto!
E quindi.....Tempo regalato (la maiuscola non è casuale), improvvisamente, così tanto che non sapevamo neppure cosa farcene, li per li!
Abbiamo visto un film intero e cenato con calma, rendendoci conto che era bello perché il nano comunque c'era ed era solo un intermezzo alla vita con lui. E io pensavo a come avevo fatto a vivere senza di lui per anni!(Molto sentimentale, vero? Forse per il fatto che in fondo era il giorno di Ognissanti, una ricorrenza non proprio allegra e il nano sembra crescere a vista d'occhio).Questa mattina mi sono svegliata presto per ottimizzare il tempo, tra commissioni, riordino e un po' di nostalgia...masochismo?!
Ma torniamo al film: "Warriors", la storia commovente di due fratelli lottatori e di un torneo di MMA (lotta mista) con un premio finale di 5 milioni di dollari.La storia di come l'infanzia segni la nostra vita, di come un padre, a modo suo, possa amare i suoi figli anche se malato ed alcolista, di come ci sia sempre tempo di perdonare e della forza dei legami di sangue.E poi, e' la storia di due ragazzi che si battono per il bene delle persone che amano, dimostrando che motivazione ed allenamento possono fare di un uomo un campione.Sarà perché mi piacciono i film che hanno a che fare con gli sport, boxe inclusa, sarà perché era il primo film senza interruzioni che vedevano da mesi ma..ieri ha assunto un sapore speciale!Quasi come quello della zuppa di cavolo di mamma e nonna, mangiata al pranzo di Ognissanti...quanto amo la cucina tradizionale (soprattutto se mi basta sedermi e mangiare solo)!!


Sabato a pranzo, un'altra sorpresa: il nano ci ha lasciato parlare a lungo con lo zio, giocando da solo e leggendo i suoi libri in autonomia sul divano.Magari sarà un evento più unico che raro ma dimostra che sta crescendo e formandosi la sua personalità.

Poi naturalmente c'è stato il giro dei cimiteri e la nonna di nuovo malata e i lavori alla casa che sono iniziati davvero e....mi fermo a pensare che lui non sarà qui, con me, a vederla, che non conosce il suo bis- nipotino che porta il suo nome, che non ha mai potuto vedere l'Alpmarito e che in 15 anni la mia vita e' cambiata tantissimo ma se penso a lui, e' come se fosse sempre accanto a me e mi sembra ieri che veniva a prendermi a scuola e parlavamo...e mi manca, mi mancherà sempre.



venerdì 1 novembre 2013

Di filosofia e di racconti

Ho letto la recensione di questo saggio in uno dei venerdì che Home Made mamma dedica ai libri e devo dire che mi ha molto incuriosito.
Così, quando l'ho visto sullo scaffale della biblioteca della mia città, non me lo sono lasciato scappare.
Lou Marinoff, "Platone e' meglio del Prozac"

Devo ammettere che non è stata una lettura semplice: le prime 100 pagine non passavano più e mi ero quasi arresa a riportarlo in biblio senza leggerlo.
Troppo egocentrismo dell'autore, troppe lodi sperticate della "consulenza filosofica", quasi fosse la panacea di tutti i mali, troppa pubblicità al suo "metodo" o alla sua professione.
Invece ho proseguito ed alla fine mi è anche piaciuto: certo, i riassunti del pensiero dei vari filosofi mi sembrano eccessivamente semplicistici e brevi (ma d'altro canto, non vuole essere un bignami filosofico) e le pecche di cui sopra permangono per tutto il libro, pero le citazioni dei filosofi e gli esempi pratici dell'applicazione della filosofia ai vari problemi della vita mi sono sembrato molto stimolanti e istruttivi.
In conclusione, quindi, se avete tempo e voglia di un ripassino della filosofia del liceo e, soprattutto, di fermarvi a riflettere sul modo in cui affrontate la vita ed i grandi quesiti esistenziali, e' il saggio che fa per voi.
Idem, se vi dibattete da un po' nel pantano dell'indecisione...male non può certamente farvi!
Ecco una breve raccolta dei passi e delle citazioni che ho trovato più interessanti e in cui mi sono ritrovata.
"L'uomo altro non è se non ciò che fa di se stesso. E' questo il primo principio dell'esistenzialismo." Jean Paul Sartre. Se l'universo non ha determinazioni, siamo totalmente liberi di scegliere il nostro cammino. La perenne potenzialità può apparire scoraggiante perché impone continue scelte, però è anche liberatoria. ...L'esistenzialismo attribuisce anche valore all'autenticità, alla responsabilità individuale e al libero arbitrio. Sicche', la buona novella e' che devi scegliere come affrontare il vuoto creato da una dichiarata morte di Dio. Molti, attingendo all'esistenzialismo, concludono che la vita e' priva di scopo e si chiedono perché data la situazione, dovrebbero preoccuparsi di alcunché. Qui si inserisce la mia argomentazione preferita per evitare la caduta nella depressione esistenziale: se la vita quale ci è nota non è che un incidente assurdo ed improbabile, tanto più numerosi sono i motivi per apprezzarla.Se dal nulla veniamo ed al nulla ritorniamo, perché non trascorrere il tempo che abbiamo a disposizione godendoci, appunto, quel poco che la vita ci offre? Il nostro tempo e' prezioso, letteralmente insostituibile. Dunque, vivi in maniera autentica.Il nodo e' che devi stabilire cosa significa per te vivere in maniera autentica, ma certamente implica un impegno nei confronti della vita stessa, non un ritrarsi da essa. Usa dunque il tuo libero arbitrio per scegliere una rinnovata valutazione positiva di ogni istante, anziché la disperazione.....


....Se fai bene il tuo lavoro, i frutti maturano di per se'. Se fantastichi di gustare i frutti anziché lavorare bene, quelli non matureranno affatto.Anche tu hai la capacità di fare della tua attività un'opera d'arte. Aspira dunque a essere come un grande artista, qualunque cosa tu faccia tenta di ricavare soddisfazione semplicemente dalla consapevolezza di avere fatto un buon lavoro....

P.s. Già al liceo, mi ero accorta dell'affinità di pensiero tra gli esistenzialisti ed il mio modo di vedere la vita...evidentemente, in questi anni, non sono poi cambiata così tanto!

Non finisce qui. Questa settimana, eccezionalmente, raddoppio.
"Il primo miracolo di George Harrison" di Stefania Bertola
Raccolta di racconti brevi (a volte brevissimi) surreali, ironici, un po' cattivi e certamente dissacranti, ambientati a Torino.
Per chi ama i racconti, non è male, perché il libro e' originale e scritto bene, come tutti i romanzi di questa autrice.
Io, però, personalmente non sono una grande lettrice di racconti, mi lasciano sempre un po' l'amaro in bocca.
Questo post partecipa al Venerdì del Libro di Home Made Mamma: www.homemademamma.com


martedì 29 ottobre 2013

Mamme perfette o mamme imperfette? Questo e' il dilemma!

Avvertenza! Se arriverete in fondo a questo lungo post, probabilmente vi troverete a commentare tra voi e voi che manca di filo logico e a tratti e' contraddittorio. Lo so, ma che volete che vi dica, non ho ancora finito di farmi domande, figuriamoci se ho tutte le risposte!!!Non dite che non vi ho avvertiti.

In queste ultime ore mi è capitato di leggere più di un post sulla imperfezione delle mamme (ad esempio, quello di gab: di nuovo W.W. Imperfetta, quello di Giovanna, Le mamme della domenica fingono - 1 kg di costanza, quello di The yummy mom).

Ho letto i commenti e ho ripensato alla sensazione che ho avuto domenica quando, approfittando del sonnellino pomeridiano del nano, prima di una festa di compleanno in apposito locale per bimbi (= rumore, gonfiabili, paura di perderlo, urla, musica, genitori imbarazzati e bimbi felici e sovra eccitati), mi sono sciroppata le ultime puntate della serie mamme imperfette (alla sera, chi riesce a vederla?) e quella sul test della perfezione mi ha colpito particolarmente, per il discorso dei figli ai genitori.

Perché credo che sia giusto affrontare anche il nostro essere mamme con spirito critico, vedendone i pro e i contro, e con ironia.

Perché credo sia giusto poter dire la verità sulla maternità, sulla vita di coppia, sullo sconvolgimento provocato dal'arrivo di un figlio.

Perché sono certa che tutti noi abbiamo il diritto di lamentarci come di rendere gli altri partecipi della nostra gioia, quando e come vogliamo (sempre che qualcuno abbia voglia di leggerci, ma questo e' un altro discorso), senza che venga mai messo in dubbio il nostro diritto di essere madri o i nostro sentimenti verso i figli.

E non è giusto vergognarsi perché ci sono dei momenti in cui vorremmo solo stare da sole o tornare indietro, al prima, per qualche ora.

Così come il fatto che siamo in tempo di crisi non può e non deve impedire a chi soffre di lamentarsi del suo lavoro, quando crede di averne motivo, allo stesso modo, la circostanza che ci siano donne che non hanno la fortuna di poter essere mamme non significa che chi lo è debba sempre mordersi la lingua invece di parlare o fingere che la vita con bimbi e marito sia idilliaca.

Facendolo, tra l'altro, rischia di far del male alle altre donne, costringendole ancor più nello stereotipo di mamma che va per la maggiore (che è sempre quella della mamma che si sacrifica, secondo me, nonostante gli anni ed il femminismo).

Soprattutto sul web, nel suo blog, ma anche con le amiche, i parenti e i conoscenti, ciascuno di noi ha il diritto di dire ciò che pensa, anche se può apparire scomodo, purché lo faccia con tatto e senza offese, ovviamente.

Questo, però, vale per tutti/e, anche per quelle mamme a cui piace raccontare solo le emozioni, le esperienze, i giochi, le iniziative belle che affrontano con i figli, quelle a cui piace mostrarsi brave e capaci.

Anche perché, magari, il resto non hanno proprio voglia di raccontarlo e ricordarlo.

Si, certo, magari le c.d mamme perfette a volte mi stanno un po' antipatiche, magari sembrano irreali e penso che in fondo non la dicano tutta e non vedo niente di male a ironizzare un po' su di loro e di noi.

Pero' cerco anche di non dimenticare il pericolo che, per sfuggire alla mania di perfezione, all'ansia da prestazione, al senso del dovere sociale di essere madri, mogli, donne ineccepibili sempre e comunque, che assilla molte di noi donne (e madri), si cada in un elogio acritico e non costruttivo della imperfezione.

Insomma, non vorrei alimentare, io per prima, quella rappresentazione sempre e solo duale delle madri che ha denunciato con estrema acutezza Loredana Lipperini, nel suo "Di mamma ce n'è più d'una".

E temo allo stesso modo le mamme super bio-fai da te' e le mamme super tradizionaliste quanto le femministe integraliste. E sorrido e mi sento capita quando leggo post come quelli sovra citati.mi sento un po' meno sola, ecco.

Le c.d. mamme perfette che si sforzano di essere sempre positive e non lamentarsi mai, secondo me, rischiano di soffocare i figli che sentono, anche senza che venga esplicitato, il peso del sacrificio che il genitore compie per loro (anzi, in fondo per se stesso, secondo me, anche se non lo ammetterà mai) e forse non vedranno l'ora di scappare.

Io, invece, penso che i bambini debbano imparare da noi che mostrare cedimento o debolezza, essere tristi e un po' scocciate e saperci ridere su, affrontare con ironia i momenti bui e qualche volta piangere di stanchezza o sconforto, fa parte della vita, e' normale. Altrimenti, come faranno a reagire alle delusioni, alla noia e alla tristezza che prima o poi proveranno? Si sentiranno inadeguati, si vergogneranno?

Perciò non bisogna fare dell'imperfezione un mito, anzi.

Però neppure accontentarsi della mediocrità.

Come al solito, forse e' solo questione di cercare l'equilibrio, di tendere alla perfezione riconoscendo che e' uno stimolo a fare meglio ma non può sempre essere una realtà quotidiana, a volte mai.

Ammesso che si riesca a definire la perfezione, come mamma e come persone.

Ma questa e' un'altra storia!

P.s. A scanso di equivoci, preciso che con questo post non intendo accusare le scrittrici dei blog citati ne' chi li ha commentati di alcunché, tanto meno di aver esagerato in un senso o nell'altro. Anzi, mi sono serviti da spunto per riflettere.


 

lunedì 28 ottobre 2013

Riflessioni sulla genitorialità e nano acquatico

Venerdì ho assistito ad una conferenza / scambio di idee in tema di "Riconoscimento", inteso, da quanto ho capito, come capacità dei genitori di "vedere" il proprio figlio come individuo a sè e dargli il giusto "peso" nella famiglia.
Alcuni esmpi, però, a volte nulla c'entravano con il riconoscimento, come lo intendo io.
Attaccare un bottone alla maglia del figlio, ad esempio, secondo me, è un dovere, un obbligo educativo e morale, non un gesto di "riconoscimento", così come ricordarsi di andarlo a prendere al termine delle attività extrascolastiche (un pò di provocazione per risvegliare l'uditorio?)!
Il senso del discorso globale, comunque, era che ciascuno genitore dovrebbe dare il giusto peso alla personalità del figlio, ai suoi gusti, preferenze ed espressioni, con parole (che secondo la relatrice oggi usiamo fin troppo) ma anche con azioni e "non azioni" (ad es., rispettando i suoi silenzi o i suoi sfoghi), ovviamente secondo il proprio stile.

E fin qui, mi è parso un discorso alquanto scontato, a parte stimolare una riflessione (che non guasta mai) sul fatto che spesso siamo portati a proiettare sui figli i nostri gusti o diamo per scontato che le sue preferenze rimangano immutate nel tempo, nonchè che i gesti e le parole che contano per noi e per nostro figlio non sono necessariamente gli stessi degli altri genitori e relativa prole, poichè ciascuno di noi ha una personalità differente (tradotto: se mio figlio non da particolare importanza al cibo o a giochi creativi ma adora avere la possibilità di fare un giro in bicicletta o vestirsi con determinati colori, sarà un maggior "riconoscimento" per lui colorargli la maglietta o uscire prima da lavoro per portarlo al parco invece di cucinargli una torta o costruire con lui un castello di carta e non importa se vanno più di moda le seconde azioni che le prime o se le altre mamme penseranno che sei una pessima madre perchè non hai portato la torta fatta in casa alla festa della scuola).

Ho trovato molto interessante, invece, il discorso "sociologico" di fondo, espresso secondo me molto bene e riassumbile in una affermazione: la famiglia degli anni '50 in Italia era soprattutto "normativa", quella di oggi è tendenzialmente "affettiva"
Anzi, la stortura è che spesso è troppo "affettiva" (ad esempio, seconod la Dott.ssa, è eccessivo chiamare i figli "amore") e se, da un lato, ciò può rendere le persone più sensibili e comunicative, dall'altro le lascia impreparate ad affrontare difficoltà e frustrazioni.
I concetti di "normativo" e "affettivo" venivano poi associati a quelli di "canone materno" e "canone paterno", indicandi tipologie educative e "modi di porsi" nei confronti dei figli (non necessariamente riconducibili alla figura materna o paterna, soprattutto nei tempi attuali).
Non proprio calzante per la mia esperienza personale però stimolante, perchè mi ha costretto a ripensare all'educazione che ho ricevuto (secondo me ben bilanciata) e che stiamo impostando con il nano (forse un pò troppo "normativa" da parte mia).

E poi ho riconsiderato certi gesti di mia suocera: per lei preparare all'Alpmarito piatti che io non posso mangiare o non mi piacciono ma a lui sì (in mini porzioni consegnate all'ultimo, che ti costringono a ripensare tutta la cena in un nano secondo) è un gesto di cura e ricoscimento (che non riesce ad esprimere a parole o in altro modo)...considerarlo così mi aiuta a tollerarlo meglio!
In ogni caso, queste occasioni di riflessioni e confronto secondo me, a piccole dosi, sono molto utili, anche se, tra i partecipanti, ci sono sempre le solite mamme "so tutto io", "io il libro l'ho già letto e so già tutte le risposte giuste", con mania di protagonismo, che mi costringono a mordermi la lingua! 

E poi sabato ad acquaticità abbiamo portato il nano nella piscina grande: era serio serio ed è stato bravissimo!! A fine lezione avrà fatto mille tuffi e mille discese sullo scivolo in vasca, felice e concentrato.
Sembra che questo momento ssettimanale tutto per lui in acqua, con noi due vicino, gli piaccia tanto, anche se preferisce non avere intorno troppi bimbi (avevamo già capito che non ama affollamento e confusione): e questo basta per decicdere di iscriverlo anche alle prossime sei lezioni, pur se significa pasare lì tutti i sabati pomeriggio.
Sarà un buon "riconoscimento"?

venerdì 25 ottobre 2013

Delitto (e indagini) tra Piemonte e Liguria

"Commissario Rebaudengo: Un indagine al nero di seppia" di Cristina Rava 



Un giallo nostrano, ambientato tra Albenga ed Alassio, con un commissario di polizia che più piemontese non si può, cuneese fin nel midollo, amante di bollito e bagna cauda, e un medico legale genovese dal nome simpatico e stravagante, Ardelia Spinola, che lo conquista con i suoi piatti di mare.

Due personaggi riservati e tranquillamente efficienti nel loro lavoro, come la gente della mia terra, alle prese con l'omicidio di una ragazzina.
Un libro che si legge con estremo piacere, soprattutto per chi, come me, e' piemontese e bazzica la Liguria, anche se forse l'assassino non è così difficile da indovinare, per lettori abituali di romanzi gialli.
Niente di macabro o impressionante nelle descrizioni (ed è per questo che ho potuto leggerlo fino a tarda notte senza restarne turbata, io che mi impressiono anche a vedere le americanate in tv e le serie criminali non le reggo a stomaco pieno), un po' di psicologia forense e bei dialoghi, mai scontati.
Insomma: ve lo consiglio!!!
Questo post partecipa ai Venerdì del Libro di Home Made Mamma: www.homemademamma.com


mercoledì 23 ottobre 2013

Di tutto un po'

Sono le otto e dieci del mattino ma fuori e' ancora buio, grigio cenere in un cielo cosparso di nebbiolina sottile, e piove.
Il nano, nella sua giacca a vento nuova blu e gialla fosforescente, lunga fino al ginocchio ma tanto comoda, con i ricciolini biondi che spuntano dal cappellino di lana bianco e azzurro e gli stivali di gomma rossi per fare ciac ciac nelle pozzanghere, e' un raggio di sole.
Sta diventando grande, il mio ometto.
Vuole fare tutto da solo, dal mettersi le scarpe al togliersi i pantaloni; vuole aiutare sempre, dall'apparecchiare la tavola, al lavare le verdure dritto sulla scaletta di legno che gli abbiamo comprato, al mettere a lavare i vestiti, a leggere, persino a tagliare le etichette..
All'asilo nido fa spesso cacca e pipì nel vasino, a casa meno ma forse dipende dal fatto che il pomeriggio e' con i nonni e la sera e' stanco e noi non ci siamo ben coordinati. Comunque ieri sera ha chiesto il water e lo ha usato...vittoria!!Era così soddisfatto e felice, si batteva le manine da solo!
E poi sabato io e l'Alpmarito abbiamo preparato due torte al cioccolato da portare agli amici, queste..

Con una spolverata di zucchero a velo aggiunto all'ultimo minuto...
....e ne abbiamo infornata anche una piccola solo per lui, che è rimasto incantato..
La casa profumava di buono e per una volta mi sono pure divertita a cucinare, perché era per loro, i miei amori ed i miei amici.

La mattina ci siamo riempiti dei colori dell'autunno sulle vigne, con una discreta camminata in collina dietro casa (le gioie della vita di provincia), il pomeriggio torte e acquaticita', con il nano scatenato, allegro, felice, che non voleva più uscire dall'acqua.
La sera, cena da una cara amica e la sua bella famiglia...ed è come se gli anni, pur passando, abbiano lasciato solo una traccia lieve, che non scalfisce il legame ma rende più stimolante colmare le lacune e ri-conoscersi.
Domenica ed una brutta notizia: l'amica che saremmo andati a trovare non sta affatto bene, non è giornata e quindi rimandiamo.
E vorrei abbracciare forte lei e il suo compagno, il mio amico d'infanzia, per dire loro che ci siamo e andrà tutto per il meglio.

Riformulati i programmi, nostro malgrado e con il cuore gonfio, ci dedichiamo agli acquisti per il nano (ogni tanto tocca), con la nonna che vuole regalargli cose utili per il compleanno.
Alla fine la spedizione ha esito positivo (vedi sopra giacca a vento e altro), nonostante capricci esagerati nel grande magazzino, con tanto di tentativi di fuga e rotolamenti sul pavimento non proprio pulito, nell'orgia di gente dedita alle compere.
D'altro canto, caldo e affollamento hanno infastidito anche noi.

E poi inizia la settimana, con il suo carico di lavoro, possibili buone nuove, alcune brutte notizie, qualche svago, molta stanchezza cronica.
Intanto ho ricominciato ad andare in piscina, almeno una volta a settimana, in pausa pranzo.
Costa tempo e fatica ma nuotare mi piace, lo adoro, non c'è storia.
E poi devo approfittare della (spero temporanea) maggior presenza dell'Alpmarito in casa.
Ieri sera, poi, siamo stati in palestra di arrampicata con il nano e, novità di quest'anno, due dei nipotini, che si stanno appassionando. E' già la seconda volta che andiamo e siamo solo ad ottobre, quasi non ci credo, mi pare un miracolo!
Peccato che dopo fosse tardissimo, che io abbia dovuto fare due giri per scaricare l'auto e poi..... metti in ordine la casa, svuota la sacca, doccia a me ed il nano, pigiama, asciuga i capelli e nanna con tanto di letture serali, mentre l'Alpmarito non era ancora rientrato ed intanto si erano fatte le dieci e trenta ed io ero stravolta.

Ma questa e' un'altra storia, questa e' vita.

venerdì 18 ottobre 2013

Di mamma ce n'è più d'una, Loredana Lipperini

Loredana Lipperini, Di mamma ce n'è più d'una.



Questo libro non è interessante, e' molto interessante e consiglio vivamente di leggerlo, conservarlo e rileggerlo.
Perché?
Perché è un saggio ma si legge scorrevolmente.
Perché con sguardo lucido svela molto del nostro essere donne e mamme nella società di oggi.
Perché aiuta a mettere a fuoco i problemi, a capire chi siamo e perché siamo prese da alcune tendenze del momento.
Perché è frutto di ricerche accurate, mi sembra.
Perché ci sono statistiche, dati, esempi che fanno impressione ma non si possono ignorare.
Perché siamo donne e/o mamme.

C'è di tutto in questo libro e questo rende difficilissimo riassumerne il contenuto.
Gli spunti di riflessione abbondano e dopo tre settimane dalla fine continuo a ripensare, rimuginare e metabolizzare, anche "verità" un po' scomode.
L'autrice parla del ruolo materno, del sempre più raro binomio lavoro-maternità, degli equilibrismi quotidiani, della solitudine sociale e affettiva delle madri, dell'incertezza indotta dalla messa in discussione degli insegnamenti delle generazioni che ci hanno precedute e dal proliferare di manuali di medici, psicologi, tate e tuttologi (e mamme che si improvvisano tali), del fenomeno delle mamme blogger (si, quello di molte di noi) e delle sue distorsioni, del marketing sul blog con la chimera del guadagno, della mania del naturale (e qui condivido al 100%) e del suo costo sociale, economico e, soprattutto, del suo peso sulle spalle delle donne, del movimento del "non ho niente e sono felice" ma non è così, del mito dell'allattamento artificiale (di nuovo, condivido al 100%), della parità di genere che non esiste, della violenza sulle donne, di politica e femminismo e molto altro.
E lo fa in modo sempre coerente e critico ma senza giudici affrettati o superficiali, senza proporre
soluzioni semplicistiche, senza, forse, che emerga una tesi di fondo unitaria (un po' di frammentazione del discorso c'è ma si perdona facilmente), ma va bene così.
Sta a noi riflettere e tirare le fila.
Qualche estratto dei passi che ho trovato più significativi, liberamente scelto e accostato (non me ne voglia l'autrice, qualora passi di qui- magari!)

" L'occupazione femminile resta ben sotto il 50 %, nonostante tutti gli studi di settore dimostrino che esiste un legame fra impiego femminile e natalità.
Ovvero, meno si lavora, meno figli nascono. E ancora: meno le donne lavorano, più l'Italia si impoverisce, e infatti si impoverirà di molto, nelle settimane che seguono quel Capodanno.
Invece, quel che si comincia già allora a sussurrare dopo le promesse di lacrime e sangue e che sarebbe meglio che le donne facessero un passo indietro.
Del resto, le giovani lavoratrici che restano incinte continuano a essere licenziante, certo indirettamente, con contratti non rinnovati o mancanza dei medesimi. Ad alcuni i datori di lavoro chiedono la data delle ultime mestruazioni prima di assumerle. Normale....Infine,..., il numero delle donne uccise dagli ex compagni avrebbe subito un'accelerazione impressionante nel 2012.
..
Eppure, le donne continuano a far si che questo paese non cada a pezzi, senza ricevere in cambio nulla, se non la consueta assunzione fra i nimbi del mito: siamo brave, siamo pazienti, siamo eroiche, siamo dee, vogliamo tutto, il cielo e la cucina. O, forse, stiamo tornando a desiderare solo la seconda, lasciando il cielo a tempi migliori...."

"La fierezza delle proprie mani operose...e fin qui niente di male.
Bisognerebbe, ed è bene dirlo e ridirlo, che ogni donna e uomo potessero considerare i propri gesti e le proprie passioni non come aderenti a un modello, ma come scelta. Bisognerebbe che fossero...liberi dalle costrizioni e dalle fazioni.
Invece, soprattutto sul corpo del madri, le donne si spaccano, si dividono, si azzannano....anche contro le loro madri.
Dunque, la maternità e il nodo. Prima negata ( perché bisognava contrattarla con il datore di lavoro, con il compagno, con se stesse) ora trionfante e apparentemente esclusiva. Il pendolo oscilla ancora è i punti che tocca sembrano essere sempre e solo due: l'emancipata e la madre,...Due modelli: invece di dieci, cento, miliardi. la rappresentazione delle donne non riesce ad essere prismatica, e' sempre, e solo, a due facce.
Ma questa faccia, quella del modello materno di ritorno, e' molto più difficile da raccontare, ed è quasi impossibile da indicare come pericolosa.
...
Tutto questo, per inciso, ha un nome: Gender backlash. Significa che si torna indietro. perché si ha altro a cui pensare, perché son cose da femministe, perché non è urgente. Anzi, e semmai urgente e benefico che le donne si facciano carico in prima persona della decrescita, felice o infelice che sia, accudendo i figli e provvedendo alle conserve...
...
Anche la maternità e' un Palazzo D' Inverno: dove è splendido aggirarsi ma da dove non si può uscire. A meno di non abdicare, condividendo quel che ci è stato attribuito come esclusivo: perché potere e libertà si elidono e per secoli la maternità e stato l'unico potere concesso alle donne. Dovrebbe inquietare il fatto che oggi torni ad essere prospettato come il più importante, l'irrinunciabile, il naturale, il primario."

Aspetto di leggere cosa ne penserete voi, dopo averlo letto o se lo avete già fatto.
Questo post partecipa al Venerdì del Libro di Home Made mamma: www.homemademamma.com

martedì 15 ottobre 2013

Cambiare prospettiva, almeno per un giorno.

A volte mi chiedo se sia vero che non abbiamo mai abbastanza tempo per fare tutto: lavoro, figli, casa, sport, hobby, amici, parenti.

Certo, giornate da 48 ore aiuterebbero, però forse basterebbe meno.

Basterebbe accorgersi che non è vero che DOBBIAMO fare questo o quest'altro, ma che SCEGLIAMO, più o meno consapevolmente, più o meno razionalmente, più o meno sotto minaccia (di catastrofi familiari, crisi economiche, ricatti emotivi ecc.) di fare ciò che facciamo.

Non vale sempre in assoluto, certo, ma il più delle volte, siamo noi a scegliere, a stabilire una scala di priorità, che potrebbe essere rivista, modificata, adattata.Sta a noi decidere.

Perché non è vero che non ho tempo per leggere, la sera, e' vero semmai che ci sono giorni in cui preferisco dormire.

Non è vero che non posso finire quell'atto urgente, e ' vero però a volte che preferisco rimandare all'ultimo e giocare con mio figlio quella mezz'ora.

Preferisco mangiare un panino che passare un'ora a cucinare (questo sempre, anche se poi adoro mangiare piatti casalinghi), leggere che guardare il Tg (sempre di nuovo) ecc.

Le ore non crescono sugli alberi, purtroppo, però formulare i propri pensieri usando il verbo "scelgo" o " voglio", anziché "devo", aiuta.

A volte.

Per un giorno o un minuto soltanto.

Comunque, un minuto di serenità e leggerezza guadagnato.

 

giovedì 10 ottobre 2013

Latito, ma solo in apparenza

Sono ancora qui, viva e davanti al computer, anche se latito dai blog, il mio, dove vorrei scrivere riflessioni e pensieri che sfuggono appena formulati, e quelli delle altre /degli altri, che leggo ancora ma che ultimamente sto commentando poco.

Chiedo scusa.

Lavorativamente parlando, è un periodo impegnativo, di scadenze, di urgenze, di modifiche legislative che destabilizzano, a cui si aggiungono problemi di hardware e software.
Perchè ormai anche la professione richiede tecnologia e non è affatto un miglioramento, nonostante quello che il governo e gli informatici vogliono farci credere.
La qualità del lavoro e il tempo perso aumentano, anzichè diminuire.

E poi, naturalmente, c'è la progettazione della ristrutturazione della casa, che cerco di delegare all'Alpmarito ma di cui, bene o male, un minimo mi devo interessare anche io.
Non è che non me ne freghi nulla, anzi, è che, dipendesse da me, per ogni soluzione rifletterei mesi interi.
Ovviamente non si può.

E il nano. Con lavaggi nasali a gogò, sciroppi lenitivi e capricci sistematici al mattino ed alla sera.
La pediatra, da cui lo portato martedì sera, da un lato suggerisce "cambi di molecole" (= cambio di medicine, tanto per spendere un pò e riempire la casa di tubetti e fialette mezze vuote), dall'altra assicura che non ci sono "rumori patologici", che è solo un brutto raffreddore "grasso", che probabilmente lo accompagnerà di nuovo per tutto l'inverno, quindi "non c'è da preoccuparsi" e "non c'è bisogno che lo porti di nuovo", però "se non passa, fra un pò lo riporti": chiarissimo, lampante.
Così, se quando mi ha dato l'appuntamento (che tanto non serve a nulla perchè aspetti un'ora lo stesso) mi sono sentita una mamma ansiosa, uscita dallo studio medico ero diventata una "mamma ansiosa e scema".
 E poi.
All'asilo pare che il nano sia un bimbo vivace ma molto obbediente e autonomo.
A casa, l'obbedienza è un accessorio e la voglia di fare tutto "io da solo!" provoca non pochi disastri, senza che possa neppure cercare di arginarla, perchè so che è un bene che voglia crescere ed essere capace di fare da sè.

E c'è la ricerca di un lavoro per l'Alpmarito, non facile di questi tempi, soprattutto non volendo emigrare all'estero o in città lontane.
E c'è la mia mamma, che soffre e non so come aiutare, e la mia nonnina, che fa da parafulmine con la sua salute già non proprio di ferro.
E ci sono io, che vorrei riuscire a frequentare la piscina almeno una volta alla settimana, non dico per sentirmi in forma, che ce ne passa, ma per sfogarmi un pò.
Niente, non ci riesco.

Tutto nella norma, insomma.
Il solito autunno.

Di nuovo c'è che il nano, intanto, cresce ed è sempre più bello, con il suo cappellino di lana bianco e azzurro da cui spuntano i ricciolini biondissimi e le scarpe da ginnastica nuove (regalo di "nonna bissi", come dice lui  = nonna bis) che fa ammirare a tutti e che mi ha chiesto di fotografare, mettendosi in posa, in piedi con le gambine incrociate ed un sorrisone felice.
Il nano, che non smette mai di chiaccherare, che usa parole come "decollo" e "atterraggio" quando gioca con gli elicotteri, che chiama il pasto "pranzo" e "cena" correttamente ma vorrebbe sempre solo pasta e riso, la sua "pappa" per eccellenza.
Che ieri non ricordava il nome "zucchine" ed allora mi ha chiesto "la verdura", però poi ogni tanto chiama la mela pera.
Che si diverte a fingere di andare con il cavalcabile o il tricilo in stazione  a Torino "all'univettità" come  lo zio o ad Aosta come la mamma o a Roma (??), costruisce autorimesse per le sue macchinine perchè "fuoi piobe" , canticchia e ci sgrida ("bibba!") quando ci scappa una parolaccia.
Che corre o saltella o vuole stare in braccio, ma camminare normalmente mai.
Il nano, a cui stanno venendo tanti piccoli "rasta", perchè non riesco mai a pettinargli per bene i ricciolini:  urla e piange e io, che ricordo il male che pativo da bambina con i capelli lunghi, non ho cuore di insistere.
E poi abbiamo ricominciato il corso di acquaticità (sabato pomeriggio) e lui, dopo un momento di smarrimento, si è tuffato in acqua a braccia aperte, fiducioso e allegro, per un'ora intera, giocando al trenino con la barra galleggiante (non so come si chiami) e rifiutando categoricamente l'uso del salvagente.
Una gioia per gli occhi e per il cuore.



venerdì 4 ottobre 2013

A che gioco giochiamo?

Questa settimana avrei voluto scrivere del saggio di Loredana Lipperini, Di mamme c'è n'è più d'una, che ho letteralmente divorato, ma non ci sono riuscita.
Troppe impressioni e riflessioni che hanno bisogno di sedimentare e pochissimo tempo a disposizione in questi giorni impegnativi, sotto molti punti di vista.
Quindi, vi parlo del romanzo che ho letto tra la Lipperini ed un'altra saggio (ancora sul mio comodino).

"A che gioco giochiamo?"  di Madeleine Wickham, alias Sophie Kinsella




 Dalla Kinsella ti aspetti un libro leggero, ben scritto ma di evasione ed era per questo che lo aveva scelto tra due letture più impegnative.
E invece questo breve romanzo (250 pagine circa) mi ha stupito.
Si ritrovano i personaggi, femminili ma anche maschili, per una volta, dalla personalità esagerata e un po' irreale che, secondo me, caratterizzano tutti i libri dell'autrice ma, come ne La regina della casa, colei che più sembra frivola e volgare alla fine dimostra una personalità sfaccettata e non priva di senso morale.
Perché il romanzo e' tutto incentrato sugli inganni dell'apparenza, sull'invidia sociale, sulla percezione che i personaggi hanno della loro vita e del loro status e come, invece, li vedono amici e familiari.
Ed alla fine, vince l'amore sincero, la vita familiare e professionale non perfetta (e quale e' davvero tale?) che però si regge su sentimenti autentici, al di la' della grandezza della casa, del numero di
camere degli ospiti, delle marche occhieggianti dai guardaroba, dei modelli di auto e della forma fisica.
I protagonisti, tre coppie di coniugi "amici", più una coppia formata da padre e figlia, si incontrano per un weekend di tennis nella casa di Patrik e Caroline.
Tra recite organizzate dai figli, partite a tennis, aperitivi e barbecue, ospiti e padroni di casa parlano e si fanno battute, non sempre felici di essere insieme.
Ed alla fine gli equilibri si rompono e ciascuno si svela per ciò che è, inaspettatamente, scoprendo che l'apparenza, certe volte, inganna e l'erba del vicino e' sempre più bella, ma solo fino a che non ti ci sei seduto sopra.

Un libro non impegnativo ma ben riuscito, scritto bene, non eccellente ma neppure banale. Non correrei a comprarlo in libreria ma, se ne avete l'opportunità, leggetelo e riflettete.
Ne uscirete un po' più contente della vostra vita e dei vostri amici!
Questo post partecipa all'iniziativa del Venerdì del libro di HomeMadeMamma
(http://www.homemademamma.com/2013/10/04/venerdi-del-libro-open/ che ringrazio una volta di più per questa bellissima idea.

venerdì 27 settembre 2013

Ne parliamo a cena

Ne parliamo a cena, di Stefania Bertola
I giovedì sera, con cadenza caoticamente periodica, Costanza, amante da sedici anni in attesa, e le sue cugine, Veronica, quattro figli +1, un marito fin troppo perfetto ed un ménage familiare invidiabile, Sofia, una figlia che fa di tutto tranne studiare, una separazione in corso e gusti un po' retro', Bibi, che non è fatta per essere continuativamente materna e preferisce lasciare ogni tanto ai suoi gemelli un forte influsso periodico, girando il mondo vestita di cashmire da capo a piedi e Irene, un figlio, un quasi ex marito e due uomini che alterna con nonchalance ma poco entusiasmo, si trovano a cena per sviscerare, a turno, la vita di ciascuna di loro, confrontando drammi, dispensando consigli inutili, condividendo gioie e pensieri.
Il tutto allietate da piatti dai nomi improbabili, frutto delle ricette di famiglia e delle sapienti mani delle zie.
Nel frattempo, la vita delle cugine prosegue, nella Torino moderna, in un negozio di Carta e Cuci, cartoleria-merceria paradiso delle donne che non hanno tempo ma il poco che hanno adorano perderlo che gestiscono insieme Sofia, Costanza e la loro amica Carolina, allegramente zitella, per scelta e vocazione.
Tra improbabili appostamenti al buio, ex mariti agguerriti, amanti incostanti e recidivi, fidanzati non desiderati, tutti dai nomi sabaudi e dai caratteri originali, ristoranti rosa a nuvolette, case di Barbie, cassettoni rossi e case contese, si svolgono le avventure quotidiane di queste eroine dei nostri giorni.
Un romanzo leggero, che forse si dimentica in fretta, ma frizzante, scorrevole, ironico e mai banale.
Insomma, una perfetta lettura di evasione, femminile senza essere melensa e divertente quanto basta!
Ecco il mio suggerimento della settimana per partecipare al Venerdì del Libro di Home Made Mamma, www.homemademamma.com

giovedì 26 settembre 2013

Senza papà


Ora che la parentesi di lavoro in trasferta all'estero dell'Alpmarito si è conclusa e le impressioni del periodo si sono un pò sedimentate, posso dirlo: è stata un'esperienza formativa.
Dura, certo, ma formativa.

Ho capito quanto avevo finito per contare su di lui per molte decisioni e aspetti della vita quotidiana.
Ho capito che, nonostante la fatica, gli impegni ed il nano, nonostante la mancanza di lui e le mie insicurezze, sono ancora una persona completa che sa bastare a se stessa, che sa badare a se stessa.

Ho capito che non ho bisogno di lui per essere felice o anche solo per arrivare intera a fine giornata, ma ho più che mai voglia di stare con lui e di condividere le mie giornate con lui.

Perchè mi completa, mi aiuta e mi supporta, anche se nei miei sogni mi lascia sempre nei guai (sarà
una paura inconscia o una spia di malessere??E' da anni che me lo chiedo e ci scherziamo).

Ho scoperto che il mio rapporto con il nano può essere ancora appagante ed esclusivo, nonostante sia cresciuto, ma preferisco che non sia così per troppo tempo.

Ho visto con i miei occhi quanto il nano voglia bene al suo papà e quanto ne sentisse la mancanza e ho avuto la conferma che i passi indietro che mi sono costretta sian dalla sua nascita a fare per lasciare loro degli spazi quotidiani di gioco, attitivà, tenerezza, momenti di vita pratica, hanno lasciato un segno più che positivo.
Perchè a volte siamo noi mamme a non voler delegare, a voler custodire gelosamente, anche con un pò di masochismo, il nostro essere madri affannate e indispensabili, a non voler "mollare" il timone.

Ho potuto apprezzare quanto il nano fosse più forte e capace di gestire la ontananza, il cambiamento di abitudini e le sue emozioni (che pure emergevano), di quanto avrei mai immaginato.
Ho visto che è sicuro del nostro amore e del suo papà e questo è bellissimo e mi dice che non stiamo sbagliando nelle scelte fondamentali.
Abbiamo capito, tra l'altro, che un papà part time (da lunedì a venerdì in altra sede e rientrante solo il sabato e domenica), anche se è una scelta (volontaria o non troppo) di molte famiglie, anche se potrebbe diventare una scelta obbligata anche per noi, non sarebbe il bene per la nostra famiglia.
Dunque, per il momento, tentiamo ancora altre strade.

E poi...ho dovuto ammettere, con un pò di genuino stupore, quanto fosse importante e "corposo" il contributo dell'Alpmarito alle faccende domestiche ed alla gestione pratica del nano.
Non che non lo sapessi, non che questo elimi il fatto che il spesso devo chiedere per ottenere aiuto ma è innegabile che, vivere per un pò di tempo senza di lui, mi abbia fatto capire quanto mi supportasse davvero quando c'era.

Non significa che smetterò di lamentarmi, sia chiaro, però è una consapevolezza che mi porto nel cuore e di cui, d'ora in poi, cercherò di tenere conto!
Perchè un grazie ed un sorriso in più, a volte, possono fare la differenza.

lunedì 23 settembre 2013

Igiene e cura di sè...in versione sportiva!

Quella di ieri è stata una giornata intensa, stancante ma molto emozionante. L'Alpmarito ed io abbiamo portato ad arrampicare due dei nostro nipotini e due cuginette, oltre al nano, naturalmente (il quale, a dire il vero, ha apprezzato di più la compagnia, il grande prato in cui ha corso e giocato a palla e la sabbia del campo da beach-volley, ma per ora va benissimo così!).
L'entusiasmo dei bambini, la loro curiosità nel capire come e perchè ci si doveva legare, nell'ascoltare i consigli sui movimenti più opportuni e sulle prese migliori, la loro attenzione nel controllare di aver indossato il caschetto, la loro felicità nel riuscire, la loro determinazione, il gioco del confronto, la voglia di salire ancora e ancora, che cresceva di pari passo con la nostra stanchezza, ci hanno ripagato da tutto il tempo e l'attenzione dedicati a loro e, naturalmente, dalla fatica (fisica e mentale!).
Questo è quello che noi crediamo sia insegnare al nano (ma non solo) ad aver cura di sè.
Cura del proprio corpo, inteso non tanto nella sua estetica, soprattutto per un bambino, quanto nella sua funzionalità e potenzialità espressiva, nella sua "fisicità".
E della propria mente, perchè nulla è più vero, secondo noi, dell'antico detto "mens sana in corpore sano".
Mi permetto di parlare al plurale perchè so che questa è una delle convinzioni che io e l'Alpmarito condividiamo: lo sport, il movimento, il gioco fisico come palestra di vita e "cura" per il corpo e la mente.
Non solo. Come espressione di sè, momento di formazione e crescita della propria personalità e del proprio carattere.
Perchè prendersi cura di sè vuol dire anche confrontarsi con il propri limiti mentali e fisici, sforzarsi di superarli, spingersi al miglioramento.
Comprendere che la pazienza e la tenacia danno sempre risultati, avere coraggio, lottare per divertirsi e amare il nostro corpo non per come appare ma per ciò che ci permette di fare, per la gioia che ci consente di trarre dal movimento, che si esplichi in una passeggiata, in una corsa, in una scalata, in una nuotata, nel giocare a pallone e così via.
E poi prendersi cura di sè significa anche dedicare del tempo a ciò che ci rende felici e a trasmettere questa felicità, o almeno provarci, a chi amiamo.
E' questo che cerchiamo di insegnare al nano, ovviamente con l'esempio, perchè in questo campo le parole possono poco.
E l'igiene, cosa c'entra,starete pensando?
Ecco, in fondo il termine "igiene" (di origine greca), significa proprio "sano, salutare, curativo".
Cosa c'è di più igienico dello sport e del movimento, per cui, in fondo, siamo tutti dotati?
Quanto alle pratiche di prevenzione delle malattie, cui l'igiene rimanda, devo dire che i comportamenti che adottiamo con il nano sono gli stessi che adottavamo prima di diventare genitori ORA.
Specifico ora perchè, quando il nano era piccolino, mi sono ritrovata a sterilizzare a ciclo continuo biberon (rigorosamente di vetro, perchè delle reazioni di certe plastiche al calore non c'è da fidarsi), tettarelle (rigorosamente in silicone, che non si deforma con il calore, a differenza del caucciù) e ciucci (anch'essi di silicone), facendoli bollire in un grande pentolone d'acqua calda per dieci minuti ogni volta.
Per il resto, però, devo dire che ho usato additivi o disinfettanti per la lavatrice per un periodo molto limitato, convinta dall'Alpmarito e dall'osservazione pratica della realtà, della loro inutilità, e ho lavato casa quasi come prima (cucina a parte, che era ed è sempre un disastro e quindi necessità di più cura) e non ho mai lavato a 90 gradi vestiti o accessori.
Il primo vero bagnetto, poi, glielo abbimo fatto a due mesi di vita, per timore di indebolire la sua fragile pelle (e su consiglio della pediatra) e anche oggi, ci limitiamo a quando è necessario (tipo d'estate se suda molto o quando gioca con terra, sabbia & co, il che avviene spesso).
Quanto il nano ha imparato a spostarsi e ad afferare gli oggetti, poi, confesso di aver smesso di sterilizzare: impossibile stargli dietro!!!
Ciò che mi ha sempre infastidito era ed è soltanto vedere amici, conoscenti o parenti che toccano il mio nano senza che avere le mani pulite...grrrr.
Lavarsi le mani, questo sì che lo facciamo spesso e a lungo e insistiamo tanto con il nano: libero di sporcarsi ma poi obbligato a lavarsi manine, faccino ed all'occorenza piedini!
La mia fissa: i vestiti macchiati..non li sopporto, nè addosso a lui nè a me, lo cambio e basta (sforzandomi di non drigli che non deve sporcarsi e non lamentarmi, anche se ogni tanto mi scappa qualche sospiro di troppo), anche se dopo mezza giornata siamo a punto e capo!
Questo post partecipa al tema del mese del Blogstorming di Genitori Crescono: "Igiene e cura di sè", http://genitoricrescono.com/tema-mese-igiene-cura/
http://genitoricrescono.com/blogstorming/cosa-e-il-blogstorming

giovedì 19 settembre 2013

Capricciosa routine

Casa tra le montagne.
Ore 06.00: suona la sveglia dell'Alpmarito, che si alza, si veste e scappa via.
Ore 06.30/06.45, dipende dai giorni: suona la mia sveglia.
Mi alzo, faccio i miei addominali, scaldo il mio bicchiere d'acqua e metto su la caffettiera, già pronta dalla mattina prima.
Faccende di casa varie.
Ore 07.00/07.15: si sveglia il nano.
Io: "Nano, buongiorno!!Hai dormito bene?"
Nano: "No!!"
Io: "Su dai, nano, vieni a fare colazione con la mamma?"
Nano: "NO!!NO VOIO!"
Io: "Beh, io inizio a bere il caffè, quando vuoi vieni eh?"
Nano: "NO!"
MI dirigo in zona cucina (chiamarla stanza è troppo, visto il nostro quasi open space).
Dopo un pò, arriva stropicciandosi gli occhietti.
Io: "Eccoti! Allora, vuoi fare colazione?"
Nano: "NO!!!"
Io:"Preferisci i biscotti, il muffin, il pane al cioccolato o i wafer?"
Nano: "No voio niente"
Io:"Un pò d'acqua, almeno?" (Con il latte ho rinunciato da tempo).
Nano: "NO!!!"
Immancabilmente, mentre io finisco caffè e biscotti, lui decide di sedersi e sbaffarsi un muffin/biscotto/panino (purchè sia l'unica cosa che NON ho messo in tavola).
Io:"Mentre tu mangi vado a vestirmi, nano, ok?"
Nano: "NO!"
Vado comunque e intanto sono le 7.30/7.45 e sono già in ritardo.
Io: "Hai finito? Dobbiamo vestirci e lavarci i dentini"
Nano: "No finito io"
Dopo un pò, tra una faccenda e l'altra: "Su nano, andiamo a vestirci e lavarci"
Nano: "IO NO VOIO"
Io: "Mettiamo questa maglietta e questi pantaloni?"
Nano: "No, io non piace"
Io: "Vuoi scegliere tu, allora?"
Nano: "NO!!"
E via così, fino a che, sfinita, non fingo di andarmene uscendo in balcone e chiudendo la porta.
Pianti disperati e finalmente, se va bene alle 7.45, se va male alle 8.00, è vestito.
Restando scarpe e giacca, infine fatti indossare a forza, dopo altri svariati NO!

Ora mi chiedo: dove c...o sbaglio???!!
Va bene affermare la propria identità però così mi pare un pò troppo, o no???

martedì 17 settembre 2013

Difficili domande, impossibili risposte. O forse no.

Nel fine settimana appena trascorso mi sono trovata a riflettere, con l'Alpmarito, su quanto sia determinante la nostra influenza, in quanto genitori, sul futuro del nano e dei figli in generali.
Ho iniziato a rimuginarci dopo due episodi apparentemente banali.
Uno.
Andiamo in montagna, con l'intenzione di fare una passeggiata tranquilla a mezza costa di un paio d'ore con il nano, biciclettina munito.
Dimentichiamo il casco, nei soliti faticosi preparativi del mattino.
Il nano parte in bici per un sentiero sali-scendi disseminato, ovviamente, di radici di alberi, sassolini ecc.
Io freno, chiedendo di non stare vicino alla riva, di andare piano, di prestare attenzione, "perchè è pericoloso".
L'Alpmarito sbuffa.
Poi si prosegue a bordo strada: il nano sempre sul filo del marciapiede e io già che immagino una caduta con colpo in testa sullo spigolo del marciapiede.
E insisto con le raccomandazioni.
Poi il nano sbanda un pò e, reso insicuro dalle mie parole, in pratica si appoggia a terra, più che cadere, scende dalla bici, si mette a spingerla a mano e mi dici che è troppo pericoloso.
Mi sono sentita uno schifo.
Gli sto facendo venire paure che forse non sono così motivate.
Perchè si può cadere e battere la testa ovunque e mica viaggiamo sempre tutti con il casco.
Ho esagerato, come mi capita spesso quando si tratta di mio figlio.
L'Alpmarito me lo ha fatto notare e mi sono imposta di riflettere di più prima di parlare, di selezionare in anticipo i casi in cui vi è davvero motivo di insistere per la sicurezza e gli altri in cui saremmo comunque disarmati rispetto agli eventi (il casco, però, cercherò di ricordarlo sempre!).

Due.
Un'ora dopo, visita da parente che ci racconta di non essere soddisfatta delle scelte scolastiche e pre-professionali delle sue figlie, ormai maggiorenni. Pensa che stiano accontonando i loro personali talenti e che prendano con leggerezza il cammino scelto. Dice che non si rendono conto che la vita è breve e che quasi mai si fa in tempo a ricominciare o tornare indietro, perchè poi ci si mettono di mezzo tante altre questioni e persone.

Noi, risaliti in auto, pensiamo ad alta voce: quanto si è consapevoli, da ragazzini, quando si sceglie la scuola superiore? Quanto si capisce davvero che aprire una porta significa chiuderne un'altra? E dopo, quando si sceglie (ammesso che si possa) una facoltà universitaria o un mestiere?
Quanto pensiamo di essere liberi e invece di fatto non scegliamo, perchè nella nostra testa "gli altri" hanno già eliminato ogni diversa possibilità?
E quanto influiscono i genitori, in questo? Quanto ne sono consapevoli?
Temo che la risposta sia troppo per la penultima domanda e troppo poco per l'ultima.

Ci ripromettiamo di non in fluenzare eccessivamente i figli, di lasciarli liberi di seguire le loro inclinazioni, di non dare troppi giudizi, di fargli scegliere autonomamente.
E magari ci sembra pure che sia così quando chiediamo loro che sport vogliono praticare e che scuola superiore vogliono frequentare (solo per fermarci alle "grandi" domande).
Eppure, probabilmente, è già tardi: abbiamo già espresso giudizi, con il nostro esempio, con la scelta delle persone da frequentare, con le nostre amicizie, con il nostro stile di vita ecc., e, da piccoli, abbiamo già deciso per loro un'infinità di volte. Volonti o nolenti.

Ed allora, mi chiedo se la casa che abbiamo comprato sia quella giusta, se non a lungo termine almeno per ora. Se l'asilo nido sia quello giusto.
Vivere in un certo luogo NON è indifferente.
Ho avuto amici e compagni che hanno smesso di studiare perchè farsi quasi un'ora di pulmann all'andata e uno al ritorno tutti i giorni, la mattina presto, era troppo.
Che si sono trovati isolati, perchè i loro amici coetani erano restati in paese/città e loro per studiare si erano dovuti spostare.
Per non parlare del'ooferta di sport/corsi/occasioni culturali e sociali che ogni scelta del luogo di residenza comporta.
E sono tutte decisioni che compiamo noi genitori a monte, per i nostri figli.

Vivere in città significa un certo numero di possibilità alternative di frequentazioni e attività.
Vivere in un paese di provincia signofica averne molte meno, forse guadagnando in serenità, rapporti umani e benessere ambientale.
Però dipende da caso a caso.
Decidere di vivere in baita in mezzo alle piste da sci significa sacrifici per figli e genitori, a fronte di un contatto con la natura e una semplicità di vita senza uguali. Forse.
Noi ci abbiamo pensato e ripensato, a dove comprare casa, ma tutto ha un prezzo, ogni soluzione ha svamtaggi e vantaggi e non sappiamo ancora qauli saranno i desideri del nano, quali i suoi bisogni e le sue necessità. Possiamo solo ipotizzarli sulla scorta della nostra esperienza personale, ahimè limitata e soggettiva.

Chi vince, chi perde?

I dubbi rodono, anche se pensi di far bene.
Quando sento di scelte di stili di vita più "estremi", poi, le mie perplessità aumentano.
Bello vivere "tutto naturale", rinunciare a un pò di cose per crearne altre da sè, reciclare, spostarsi a piedi o non spostarsi affatto, rinunciare alla TV ed al PC, essere vegetariani o vegani,trasferirsi in un paese lontano, magari radicalemnte diverso dal nostro, ecc....magari i figli sembrano felici, da piccoli. Crescendo, però, cosa ne penseranno? Siamo così sicuri che non si tratti di una scelta egoistica e che, a sua volta, non sia stata "determinata" dalle decisioni dei nostri genitori.
Non credo.
Forse il segreto, in questo come in tutto, sta nell'equilibrio.
Fosse semplice trovarlo...

Non ho facili risposte perchè non sono facili domande.
Anche questo è essere genitori.